mercoledì 31 maggio 2017

MIGRANTI NEL MEDITERRANEO!

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Interventi di Silvia Laddomada e Anna Presciutti
Silvia Laddomada

Il Mediterraneo, crocevia di popoli con storie e civiltà diverse fin dal tempo delle antiche civiltà fluviali, è oggi un ponte di transito di popolazioni del Continente africano, ma anche asiatico, che approdano sulle coste italiane e spagnole, e sono dirette altrove.
Arrivano a migliaia, stipati su deboli e insicure imbarcazioni di fortuna; sono giovani, uomini, donne, a volte c’è una notevole quantità di minorenni. Gente che ha trovato a fatica i soldi per il viaggio ( che è più costoso, se irregolare e clandestino ) e ha il coraggio di affrontare il mare, mettendo a rischio la propria vita. Sono migranti (stanno lasciando volontariamente il paese per cercare lavoro e migliori condizioni di vita), sono rifugiati (sono perseguitati per motivi di razza, religione, politica), sono profughi (lasciano il proprio paese a causa di guerra, catastrofi naturali). Oggi sono circa 120 milioni le persone che vivono fuori dal proprio paese di origine, per questo la nostra epoca è stata definita “età delle migrazioni”.
All’inizio del 1900 gli Europei emigravano verso altri continenti, gli italiani emigravano versi i paesi industrializzati europei o verso il triangolo industriale italiano: Milano, Torino, Genova.
Negli ultimi 30 anni siamo stati invasi dagli immigrati. Ricordiamo ciò che avvenne nell’agosto del 1991, quando nel porto di Brindisi, nonostante il divieto delle autorità italiane, arrivò la nave Vlora, carica di 10.000 albanesi che, attratti dalle immagini televisive, si illudevano che l’Italia fosse un paese ricco e pacifico. Da allora sono arrivati in Italia tanti migranti, dall’Est Europa e ora in modo massiccio dall’Africa e dall’Asia.
Il loro arrivo crea tensioni, difficoltà perché spesso nelle periferie delle grandi città, gli immigrati vivono in condizioni di povertà, di degrado, di illegalità. E se trovano un’occupazione, lo vediamo,
svolgono lavori poco qualificati, faticosi, precari, che vengono rifiutati dai cittadini locali. Spesso danno vita ad attività prima inesistenti, come l’assistenza domestica, le colf, o l’assistenza agli anziani, le badanti.
L’accoglienza è un atto di umana solidarietà ( la convenzione SAR del 1979 dell’Unione Europea impone sempre e comunque, il soccorso e l’accompagnamento in luogo sicuro), ma spesso diventa difficile l’osservanza delle norme che regolano una civile convivenza, per cui l’integrazione è sempre più lontana.
Anna Presciutti ha fatto una ricerca di informazioni utili e attuali.

Chi entra in Italia in modo regolare deve avere il passaporto, o un documento di riconoscimento, il visto d’ingresso o per 3 mesi o di durata più lunga. Il mancato rispetto di queste procedure, che spettano al Paese in cui lo straniero è entrato, pone l’immigrato nelle condizioni di irregolare, di clandestino e ne comporta l’espulsione.
Con fondi europei vengono poi finanziati i progetti, di soggetti pubblici e privati, per favorire l’integrazione degli stranieri. Chi non ha il permesso di soggiorno, viene trattenuto in centri di detenzione per irregolari e poi riaccompagnato al Paese d’origine, a spese dell’Europa.
Da questi centri molti scappano via, perché non vogliono farsi identificare o perché hanno legami con amici o parenti in altro Paese.
Nel 2015, in Italia, 1 irregolare su 2 è stato rimpatriato ( a carico dello Stato 5 biglietti aereo per ogni clandestino). In previsione degli sbarchi, nel 1990, 12 paesi membri dell’Unione Europea, hanno firmato la Convenzione di Dublino ( entrata in vigore nel settembre del 1997), per garantire ai rifugiati un’adeguata protezione. In base a questo trattato, i cittadini extracomunitari possono far richiesta di asilo solo in un paese, membro dell’Unione Europea, di solito nel primo in cui arrivano.
Qual è il limite del Trattato di Dublino?
Negli ultimi anni i flussi migratori hanno raggiunto livelli inaspettati e non prevedibili negli anni 90. La regola sulla quale si è aperto il confronto - e che molti considerano anacronistica - è quella dell’obbligo di registrarsi nel Paese di arrivo, dove il profugo è costretto a chiedere lo status di rifugiato, senza poter proseguire per un altro Paese membro, anche se lo desidera. Questa regola ha finito per congestionare i centri di identificazione dei Paesi più facili da raggiungere via mare o via terra, come l'Italia e l'Ungheria, e per creare una situazione paradossale che vede da un parte profughi che vorrebbero raggiungere altri Paesi, come la Germania, il Regno Unito o la Svezia, ma non possono; dall'altra, Paesi che non riescono ad accogliere e gestire i migranti in arrivo ma sono costretti a trattenerli, registrarli e ospitarli.
La Convenzione sulla accoglienza firmata a Dublino, nel tempo è stata criticata, per avere regole eccessivamente larghe e vaghe e per essere fondamentalmente ingiusta verso i paesi “di frontiera”, per via dell’obbligo dei rifugiati di identificarsi e rimanere nel primo paese dell’Unione in cui mettono piede. Le norme di Dublino sono “vecchie”, sono state concepite immaginando flussi regolari di rifugiati e una sostanziale complicità tra i paesi dell’Unione; in questo modo i rifugiati che avevano legami familiari sarebbero stati trasferiti nei paesi competenti e quelli senza particolari legami sarebbero stati “spontaneamente” accolti nei vari paesi europei di frontiera.
Nel tempo, e oggi in misura maggiore, moltissimi rifugiati entrano nell’Unione Europea illegalmente, senza documenti e cercando di non farsi identificare nel primo paese in cui sbarcano, perché in genere è meno ricco dei paesi dell’Europa centrale e settentrionale, dove spesso gli stranieri sono diretti e dove vogliono chiedere asilo.
Per migliorare il funzionamento delle norme di Dublino, Juncker ha chiesto di distribuire in vari paesi dell’Unione, che dovranno ospitarli e gestire le loro richieste, i 120 mila richiedenti asilo, che oggi si trovano nei paesi di frontiera: Grecia, Italia, Ungheria.
Il Viminale ha lanciato un nuovo piano per accogliere i migranti: coinvolgere le Regioni, creando tavoli di coordinamento tra i vari sindaci e cercando di dividere in modo migliore i rifugiati in tutti i Comuni. Secondo l’accordo Viminale-Anci nei Comuni fino a 2000 abitanti dovrebbero essere ospitati 6 migranti; nei Comuni che hanno più di 2000 abitanti dovrebbero essere ospitati 4 migranti per ogni mille abitanti. Attualmente sono quasi 2900 i Comuni che hanno deciso di aprire le porte dell’accoglienza, su oltre 8000 totali.
Come si gestisce la prima emergenza?
Nei Centri di primo soccorso, i migranti ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati, possono chiedere la protezione internazionale. Se sono stranieri giunti in modo irregolare, sono trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione. Sulle nostre coste arrivano migranti eritrei, nigeriani, somali, sudanesi e siriani. La maggioranza di loro è presente in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. Sono impiegati nel settore dei servizi alla persona, degli alberghi e ristoranti, delle costruzioni, dell’agricoltura, dell’industria e del trasporto.
Acquisita la cittadinanza, i migranti non sono un peso per l’Italia, poiché il bilancio tra tasse pagate dagli immigranti e spesa pubblica per l’immigrazione è in attivo di quasi 4 miliardi di euro. Ci sono poi dei pregiudizi da sfatare: “gli immigrati ci rubano il lavoro”; no, forse sono una risorsa, in un’Europa che invecchia, l’aumento di immigrati compensa la riduzione della popolazione in età lavorativa. Gli stranieri, inoltre, non riducono l’occupazione degli italiani, ma occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni, soprattutto nei settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazione modesta e con contratti non stabili.

"Li ospitiamo negli alberghi e gli diamo 35 euro al giorno?”
I Centri di accoglienza straordinaria sono strutture temporanee; già a partire dal 2014, in considerazione dell’aumento del flusso migratorio, le prefetture, le Regioni, gli Enti locali cercano ulteriori posti di accoglienza nei singoli territori regionali, e quando non li trovano si rivolgono anche a strutture alberghiere. Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno, che non finiscono in tasca ai migranti, ma vengono erogati agli Enti gestori dei centri e servono a coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche a pagare lo stipendio degli operatori che ci lavorano. Della somma complessiva solo 2,5 euro in media, il cosiddetto “pocket money” è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane ( dalle ricariche telefoniche alle sigarette). Questi euro non sono soldi gestiti dal governo italiano, sono soldi di un Fondo speciale europeo( ogni europeo devolve, tramite le tasse, 2 euro all’anno a questo Fondo), che l’Europa stanzia, giornalmente, per accogliere i richiedenti asilo, ripartendoli tra i Paesi membri. L’Italia è al secondo posto in termini di remunerazione.

giovedì 25 maggio 2017

L’EMIGRAZIONE E’ UNA NUOVA INVASIONE BARBARICA?

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Relazione di Silvia Laddomada



L’emigrazione è un fenomeno sociale, antico quanto l’uomo. Già nella preistoria, quando si viveva nelle caverne ( 2 milioni di anni fa ), gli esseri umani non ebbero sedi fisse. Vivendo di caccia, di pesca e di raccolta di frutti selvatici, essi si spostavano continuamente per procurarsi il cibo. Nelle zone in cui si diffuse l’agricoltura, la vita e le abitudini di uomini e donne cambiarono, costruirono case stabili, di pietra o argilla, divennero sedentari, molti si stabilirono lungo i fiumi, utili per l’irrigazione dei terreni e seppero organizzarsi in classi sociali, prima nei villaggi, poi nelle città. Ricordiamo le grandi civiltà fluviali sviluppatesi in Egitto (Nilo) e in Mesopotamia (Tigri, Eufrate) oggi corrispondente all’Iraq, a partire dal 3000 a.C.

Ma ci furono popoli di pastori e allevatori che spostandosi verso le steppe rimasero nomadi, questi vivevano nelle tende, avevano un bagaglio scarso di oggetti personali, non conoscevano la scrittura. Da parte dei sedentari, il nomade era il “diverso”, l’incivile, spesso disprezzato e odiato, sentimenti che i nomadi probabilmente ricambiavano.
Nel 2000 a.C. questi pastori nomadi diedero vita a serie di ondate migratorie, la più massiccia fu quella dei popoli dell’Asia Centrale e della Persia Meridionale, i quali cominciarono a spingersi a raggiera verso ovest e verso sud in gruppi numerosi. Al termine delle loro migrazioni essi occupavano un territorio vasto, esteso dall’India fino all’Europa.
Da loro deriva il nome di indoeuropee, dato sia alle popolazioni sia alle lingue da loro parlate, tutte discendenti da una stessa antica lingua, a noi sconosciuta.

Le migrazioni indoeuropee furono un avvenimento di grande importanza, che produsse scontri tra i popoli, ma anche mescolanze e fusioni, e favorì lo scambio fra culture diverse.
Nel 1200 a.C. parte un’altra ondata migratoria dall’Oriente, i semiti (famosi gli Ebrei, i Fenici).
Tra i popoli indoeuropei un posto di prestigio spetterà ai Micenei ( o Achei, come li chiamerà Omero, cantando le loro imprese nei suoi poemi, Iliade e Odissea) da cui discenderà l’interessante civiltà greca. Ovunque giunsero, i Micenei (greci) lasciarono l’impronta della loro civiltà.
                                                                                                                                
Nel 1100 a.C. un’ondata migratoria di Dori invase la Grecia. Cosa potevano fare i Greci? Cercando salvezza dagli invasori, cercando terre meno povere da coltivare, emigrarono verso le isole del Mare Egeo, o sulle coste dell’Asia Minore, come profughi, ripopolando alcune loro città o fondando nuove piccole città.
Fra l’8° e 6° secolo, un’ondata migratoria si abbatte sull’Italia meridionale, arrivano contadini poveri, minacciati dalla fame e dalla servitù per debiti, mercanti in cerca di fortuna, qualche potente sconfitto nelle lotte frequenti e costretto alla fuga. Si emigrava anche perché all’aumento della popolazione non corrispondeva, diciamo, un benessere individuale.

I territori dell’Italia meridionale in cui sorgono le città-colonie greche prendono il nome di Magna Grecia, qui le comunità di emigranti mantengono intatte le usanze della madrepatria: le strutture delle città, i templi, l’arte, la religione, la forma di governo. Se ci sono state difficoltà con gli indigeni, cioè gli abitanti del posto, si è giunti poi ad una serena e reciproca convivenza e integrazione. ( Ci sono degli studi a questo proposito fatti dal prof. Gert-Jan Burges relativi al territorio della nostra Amastuola).
Nella città greca di Atene e nelle colonie dell’Italia meridionale hanno origine conoscenze, modi di pensare, comportamenti sociali e politici che sono alla radice di alcuni aspetti della nostra vita di oggi.
Nel 4°-3° secolo i Celti, presenti al nord Europa si espandono verso l’Italia, ( i Galli per i Romani).
In Italia verso il 1000 a.C. abbiamo numerosi popoli, poi sottomessi da Roma che poi sconfisse Cartagine e creò la prima provincia romana d’Africa. Poi Roma crea un vasto Impero, dalla Spagna all’Asia Minore. La mescolanza dei popoli trasformò lo stato romano, cambiarono usanze e mentalità; soprattutto l’influenza della cultura greca fu notevole, anche se molti la disapprovavano, perché contraria ai virtuosi costumi degli antichi Romani.

Ma grazie ai valori della democrazia greca, si giunge a Roma alla parità dei diritti tra patrizi e plebei, agli ordinamenti repubblicani, messi in crisi dalla guerre civili e degenerati nell’assolutismo
di Giulio Cesare fino alla formazione dell’Impero, che portò all’imposizione della lingua, cultura e politica sui popoli sottomessi.
Ma al momento della massima espansione, le frontiere sembravano poco sicure, bisognava rinforzare i confini contro il pericolo di attacchi e aggressioni. Per Roma costituivano una minaccia i popoli nomadi o seminomadi che vivevano verso il Danubio. I Romani li chiamavano barbari, che in greco significa stranieri o inferiori. Per i Romani erano barbari quei popoli che vivevano oltre i confini, considerati non solo stranieri, ma anche rozzi e incivili, in quanto estranei alla civiltà romana. Questi popoli verso il 400 d.C. cominciarono a spostarsi in massa, lunghe file di carri con donne, vecchi e bambini avanzarono verso i confini di Roma che non poté respingerli, così ebbero inizio le invasioni barbariche. Cosa spingeva questi popoli a emigrare?

La fame, la miseria, le guerre interne, arrivarono gli Unni ( Attila), i Visigoti, i Vandali, gli Ostrogoti. Essi invasero l’Impero quando ormai era in decadenza. Non erano incivili, erano utili, erano una soluzione, si formarono regni romano-barbari e si arrivò allo scontro, ma anche all’integrazione, come con i Longobardi e poi con i Franchi di Carlo Magno nell’800, che aprì le scuole per diffondere l’istruzione e dette origine alla vita nei castelli feudali. E poi arrivarono i Bizantini, gli Arabi con la religione islamica. Sono emigranti, forse conquistatori, comunque pericolosi pirati. La civiltà però si evolve, gli Arabi appresero le tradizioni culturali del Mediterraneo, vi aggiunsero il loro contributo e le diffusero nel mondo (noto è il sistema di numerazione, 1,2,3 che gli Arabi appresero dall’India). E poi Vichinghi, provenienti dal nord Europa, chiamati notoriamente i Normanni, che
fondarono in Sicilia un nuovo regno, mostrandosi tolleranti e rispettosi verso Arabi, Bizantini, Longobardi.
Dopo i Normanni gli Svevi (matrimonio tra Costanza, normanna, e Enrico VI svevo) che portarono con Federico II alla formazione del regno di Sicilia e Italia meridionale, e culturalmente alla Scuola Siciliana, che promosse tante culture e civiltà. E poi i francesi Angioini, “barbari” chiamati dal papa, e poi gli Aragonesi spagnoli, imparentati con gli Svevi.
E poi il dominio spagnolo nel 1600, con la crisi economica e dei costumi che ne conseguì, ( Promessi Sposi), quello di Napoleone alla fine del 1700, allorché gli italiani erano sostenitori delle idee della rivoluzione francese e formarono le Repubbliche Giacobine, si adottò il tricolore verde, bianco, rosso. I nostri patrioti pagarono questo entusiasmo spesso con la morte. Il Tricolore che fu anche la bandiera dei patrioti italiani durante il Risorgimento. Il poeta milanese Giovanni Berchet scrisse: “il verde la speme tant’anni pasciuta, il rosso la gioia di averla compiuta, il bianco la fede fraterna d’amor”. Napoleone Imperatore ci ha lasciato il Codice, una raccolta di leggi che servì da modello a tutti i codici successivi, anche in altri paesi del mondo; la riforma scolastica, con introduzione del Liceo, dell’Università, del Politecnico, della Scuola Militare.
Dopo il Congresso di Vienna ( 1815 ) l’Italia passa sotto l’Austria a Nord e sotto i Borboni di Spagna a Sud. L’Italia con le guerre di indipendenza raggiunge l’unità.

Ma alla fine del 1800 e inizio 1900 anche gli italiani furono costretti ad emigrare. La grande depressione economica che investì l’Europa portò 21 milioni di europei al di là dell’Oceano, verso gli Stati Uniti, il Canada, l’America latina, l’ Australia. Un flusso ininterrotto di povera gente che si imbarcava mossa dalla speranza di trovare altrove condizioni di vita migliore che in Patria, con grandi difficoltà ma con tanta voglia di lavorare ed integrarsi.
Le conquiste della Libia nell’età coloniale fece sperare che questa terra potesse accogliere migliaia di contadini, costretti ad emigrare in America.
Poi sono giunte le guerre mondiali, e sulle macerie delle guerre si é incominciata la ricostruzione. In Italia la base delle entrate era un’economia agricola, le grandi città industriali erano poche e concentrate al nord: l’antico triangolo industriale Milano, Torino, Genova.
Poi prese il via uno sviluppo industriale che fece balzare l’Italia al 2° posto in Europa, il famoso boom economico che si verificò tra il 1953 e il 1973. Molto influì la creazione della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Ma alla crescita del Centro Nord, industrializzato fece da contraltare il crollo del Sud contadino, a causa di una errata programmazione dello Stato. Così i contadini meridionali emigrarono verso le industrie del Nord, 9 milioni di italiani si spostarono tra il 1955 e il 1963. Torino divenne la 3^ città meridionale dopo Napoli e Salerno. Nelle città del Nord, poco disposte ad accogliere i nuovi arrivati, i giovani immigrati vissero un disagio mai provato, anche la gestualità
del comportamento distingueva un contadino da un operaio. Molti dialetti veloci e taglienti, erano incomprensibili.
Le città erano impreparate ad accoglierli, mancavano alloggi a buon mercato, i residenti erano ostili verso i nuovi venuti e si rifiutavano di affittare le loro case. A Torino la gente del Meridione alloggiava negli scantinati e negli edifici bombardati dieci anni prima e destinati alla demolizione. A Milano sorsero “le coree”, gruppi di case edificate di notte dagli immigrati, senza permessi urbanistici, in terreni comprati con i loro risparmi. Solo nella metà degli anni 60 si costruiranno i palazzoni delle periferie, quartieri privi di servizi essenziali, ma più decorosi rispetto a prima. Gli immigrati fecero la fortuna degli speculatori edilizi, i palazzinari, che operavano selvaggiamente senza una legge urbanistica. Le periferie divennero giungle di cemento. Questo boom edilizio favorì la crescita della corruzione, cominciarono a girare le bustarelle o mazzette, che i palazzinari distribuivano a funzionari di Stato o di Comuni o di Banche ( prestiti bancari illeciti ). I senza tetto pur di avere un alloggio si legavano a politici locali, diventando il loro serbatoio di voti; un traffico su cui prosperò la mafia.
Eppure i giovani impararono a non chinare la testa, andarono a lavorare in fabbrica, nei negozi, nelle sartorie; guadagnavano e diventavano, le ragazze soprattutto, più autonome. I genitori capivano l’importanza delle scuole, facevano frequentare le scuole a volte con un’assiduità superiore a quella dei ragazzi del posto. Alla fine vinsero la sfida, e la loro seconda generazione si trovò completamente integrata nel nuovo ambiente.


















 ASPETTANDO I BARBARI DI K. KAVAFIS

                                                                       REGISTRATA DA VITTORIO GASSMAN 

 

martedì 23 maggio 2017

PILLOLE DI GRECITA' DI CARMINE PRISCO

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P. Speziale

                                                              INCONTRO PRESIEDUTO DAL

                                                              NEO VICE DIRETTORE 

                                                              PROF. PIETRO SPEZIALE





Stemma della Grecia





RELAZIONE DEL

 

PROF. CARMINE PRISCO

 


Prof. Carmine PRISCO
In questo incontro vorrei parlarvi del mondo greco come si presenta attraverso la lingua parlata dai Greci di oggi, che spesso ricorrono a frasi celebri del passato e del presente per esprimere, nelle situazioni o circostanze più varie della vita quotidiana, idee e concetti a volte anche abbastanza complessi. Spesso una frase, un modo di dire tipico, un concetto anche complesso, una valutazione , un giudizio, un comportamento da tenere o un valore da affermare sono espressi in maniera piuttosto sintetica, si potrebbe dire in pillole di linguaggio, capaci tuttavia di rappresentare compiutamente il pensiero di chi parla o scrive. Frasi celebri provenienti dalla storia del mondo greco e in particolare dalla letteratura dei classici (filosofi, storici, commediografi, tragici), ma anche di scrittori e poeti contemporanei, aforismi noti e meno noti, qualche proverbio popolare come espressione di una cultura e di un modo di pensare e di agire, nel loro insieme, possono contribuire a farci capire meglio il mondo greco moderno, la mentalità dei Greci, le grecità di oggi, non dimentiche del passato, ma attente al presente e protese verso il futuro.
Le singole citazioni non seguono un criterio cronologico o tematico; sono presentate come mi sono venute in mente dai ricordi degli studi fatti, dalle esperienze che ho maturato con la conoscenza del mondo greco realizzata in occasione del gemellaggio di Crispiano con le due città greche di Nea Halkidona e Saronikòs e dalle ricerche da me effettuate sulle rete informatica. Quelle che vi presento sono una selezione di una
raccolta di pillole di grecità, che ho intenzione di inserire nella terza edizione della mia grammatica di greco moderno.



1) Μολὼν λαβέ
Vieni a prenderle
È una classica espressione di sfida. Secondo Plutarco fu pronunciata per la prima volta dal re di Sparta Leonida in sprezzante risposta alla richiesta di consegnare le armi, avanzata dal re persiano Serse durante la battaglia delle Termopili con la promessa di risparmiare la vita a tutti. Alle Termopili i Greci furono sconfitti, ma la loro accanita resistenza, protrattasi per tre giorni, consentì a Temistocle di organizzare la difesa di Atene e sconfiggere i Persiani nella successiva battaglia di Salamina. Per questo motivo la sconfitta delle Termopili è considerata una vittoria strategica e morale per gli effetti che ebbe sull’immagine dell’esercito greco e sul risultato finale della guerra contro i Persiani.
Plutarco: è stato un biografo, scrittore e filosofo greco antico, vissuto sotto l'Impero Romano, di cui ebbe anche la cittadinanza e dove ricoprì incarichi amministrativi. Visse tra il 45 e il 120 d. C..

2) Ή ταν ή επί τας
Con lo scudo o sullo scudo
È la frase con la quale le donne spartane salutavano i loro uomini in partenza per la guerra consegnando loro il pesante scudo. Il significato era: tornate con lo scudo (cioè senza esservi arresi) o sopra lo scudo (cioè morti).
Tornare senza lo scudo era considerato una prova di codardia, perché fuggiti dalla battaglia abbandonando lo scudo per correre più velocemente.

3) Γνῶθι σ’αυτόν.
Conosci te stesso
La frase era scritta, insieme con altre due, all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi e più tardi sarà fatta propria da Socrate, nel senso di una esortazione a conoscere la verità dentro di sé anziché nelle apparenze o in quello che ci circonda, come precondizione della conoscenza filosofica e della saggezza. La frase è attribuita al saggio Chilone, ma anche ad altri come Talete di Mileto, Pitagora e Solone.

4) Εἰ μὴ Ἀλέξανδρος ἤμην, Διογένης ἂν ἤμην.
Se non fossi Alessandro, sarei Diogene
È la frase che, secondo Plutarco, pronunciò Alessandro Magno dopo aver chiesto a Diogene di Sinope cosa potesse fare per lui e avere avuto la seguente risposta: “Μικρόν από του ηλίου μετάστηθι”> “Spostati un po' dal sole”.
Alessandro Magno: re di Macedonia, nacque nel 356 a. C. a Pella. Fu un grande conquistatore, divenne re di Persia e di parte dell'Asia, creando colonie macedoni nella regione. Si ammalò di malaria e morì a 33 anni in Babilonia. Diverse sono le frasi celebri a lui attribuite. Eccone alcune:
- a mio padre devo la vita, al mio maestro una vita degna di essere vissuta
- nulla è impossibile a colui che osa;
- muoio grazie all’aiuto di troppi dottori.

5) Ἰησοῦς Χριστὸς Θεοῦ Υἱὸς Σωτήρ
Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore
Scrivendo di seguito le lettere iniziali delle parole della frase si ottiene l’acronimo ΙΧΘΥΣ, che in greco significa "pesce" ed era per i primi cristiani un segno di riconoscimento non compromettente.
6) Καλύτερα μιας ώρας ελεύθερη ζωή παρά σαράντα χρόνια σκλαβιά και φυλακή.
Meglio un’ora di vita libera, che quaranta anni di schiavitù e carcere
Rigas Feraios (in greco moderno Ρήγας Φεραίος): poeta greco, nato nel 1757 e morto nel 1798. Noto scrittore rivoluzionario, ricordato come eroe nazionale nella lotta per l’indipendenza della Grecia dall’impero ottomano.

7) Οὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν.
Non sono qui per unirmi nell’odio, ma nell’amore”
Nella tragedia Antigone di Sofocle queste parole sono pronunciate dalla protagonista Antigone, sorella di Eteocle e Polinice, entrambi morti nella guerra che li ha visti scontrarsi per il trono di Tebe. Antigone pronuncia tali parole per opporsi al decreto del nuovo re di Tebe Creonte, che vieta la sepoltura di Polinice, perché aveva mosso guerra contro la città governata da suo fratello Eteocle.
Alla legge Antigone antepone la propria coscienza. La sua scelta etica, dettata da un sentimento di umana pietas verso il fratello, la pone a simbolo della libertà di opporsi a leggi non rispettose dei diritti umani e quindi ingiuste.

8) Πάντα ῥεῖ καὶ οὐδὲν μένει.
Tutto scorre e nulla rimane”.
La frase è attribuita da Platone a Eraclito, che sintetizza così la sua teoria sul divenire (tutto si muove e nulla sta fermo).
Eraclito di Efeso (Turchia): vissuto tra il sesto e il quinto secolo a. C. è un antico filosofo greco, uno dei più importanti fra i presocratici. Il suo pensiero risulta particolarmente difficile da comprendere ed è stato interpretato nei modi più diversi, tanto da meritargli l’appellativo di “oscuro”. Un’altra sua frase celebre è la seguente:
- il carattere è il destino dell'uomo.
Il senso è che ogni uomo agisce secondo il proprio carattere e così forgia il proprio destino. L’equivalente latino di questa frase è “Faber est quisque fortunae suae”
( Ognuno è artefice della sua fortuna).

9) Σπεῦδε βραδέως.
Affrettati lentamente!”
Nell’originale la frase completa, attribuita a Pitagora, era: “Affrettati lentamente! Un condottiero prudente è meglio di uno temerario.”
La traduzione latina “Festina lente!” era, secondo Svetonio, una delle massime preferite dell’imperatore romano Augusto.
Dello stesso autore:
- la natura è sempre la stessa ovunque;
- nessun uomo è libero, se non sa dominare se stesso.
Pitagora: filosofo greco antico, fu matematico, astronomo, scienziato, politico e fondatore a Crotone di una sua scuola, detta pitagorica.
Nacque nell’isola greca di Samo nel 571 a. C. e morì a Metaponto, nella italica Magna Grecia.



10) Τὶ εὔκολον; Τὸ ἄλλῳ ὑποτίθεσθαι.
Cos’è facile? Dare consigli agli altri”.
Τὶ δύσκολον; Τὸ ἐαυτὸν γνῶναι.
Cos’è difficile? Conoscere se stessi”.
Talete: antico filosofo greco, fondatore della Scuola di Mileto, di cui avrebbero poi fatto parte Anassimandro e Anassimene. Talete di Mileto è considerato, da Aristotele in poi, il primo filosofo della storia del pensiero occidentale.

11) Φοβοῦ τοὺς Δαναοὺς καὶ δῶρα φέροντας.
"Temi i Danai (Greci), anche quando recano doni”
Più conosciuta forse la versione latina, espressa in prima persona, tratta dall’Eneide di Virgilio: Quidquid id est, timeo Danaos et dona ferentes.
(Qualunque cosa sia, temo i Danai anche se recano doni).
Questa frase, nell’Eneide, è pronunciata da Lacoonte e diretta ai Troiani per ammonirli a non fidarsi dei Greci, che hanno lasciato sulla spiaggia un gigantesco cavallo di legno dopo aver simulato una partenza. In realtà nel cavallo si cela un manipolo di guerrieri greci, che provocherà la distruzione di Troia. Il senso della frase è di non fidarsi di soggetti ostili, anche se cambiano atteggiamento offrendo doni. La prima frase, ribadendo lo stesso concetto della seconda, è diventata una specie di proverbio popolare sotto forma di consiglio ad essere prudenti in circostanze non chiare, specialmente se l’interlocutore non è affidabile.
12) Ὦ ἰατρὲ ἰῶ σ’αυτόν.
Medico, cura te stesso”
Tradotta in latino con «Medice cura te ipsum», questa affermazione ricorda all'uomo che è bene pensare prima a risolvere i propri problemi per poi essere in grado risolvere quelli degli altri.

13) Ὦ Κρίτων , τῷ Ἀσκληπιῷ ὀφείλομεν ἀλεκτρύονα. ἀλλὰ ἀπόδοτε καὶ μὴ ἀμελήσητε.
Critone, dobbiamo a Asclepio un gallo; sacrificateglielo, non scordatevene.”
Sono le ultime parole di Socrate all’amico Critone, quando fu condannato a bere la cicuta. Asclepio (Esculapio per i latini) era il dio della medicina. La morte arrivava per Socrate come una liberazione, sebbene Critone avesse tentato di convincerlo a fuggire.
Socrate: vissuto ad Atene dal 469 al 399 a. C., è il grande filosofo greco che ha segnato una svolta decisiva nella storia della filosofia greca e dell’intera cultura occidentale. Si sentiva destinato alla rigenerazione morale della società ateniese.
Trascorreva le giornate per le vie, i ginnasi e le botteghe di Atene in un continuo discorrere e interrogare, per insegnare ai suoi concittadini la ricerca della verità e della virtù. Un’altra sua frase molto nota è la seguente:
οίδα ότι ουδέν οίδα. > Una cosa so, che non so niente.
Ma per capire meglio chi era Socrate, può essere utile conoscere alcune delle tante altre frasi a lui attribuite, che, sotto forma di osservazioni, consigli, massime, aforismi, mettono in luce la sua personalità, il suo modo di considerare il mondo e l’umanità. Ecco alcune di tali frasi:
- più so, più so di non sapere;
- se sai di non sapere, sai già molto;
- spòsati: se trovi una buona moglie sarai felice; se ne trovi una cattiva, diventerai
filosofo;
- ero veramente un uomo troppo onesto per vivere ed essere un politico;
- non sono un ateniese o un greco, ma un cittadino del mondo;
- l'esser contenti è una ricchezza naturale, il lusso è una povertà artificiale;
- sii più saggio degli altri, se riesci; ma non farlo sapere mai ad alcuno,

14) Ἀρχὴ μεγίστη τοῦ βίου τά γράμματα.
Il miglior inizio della vita sono le lettere”.
Questa frase era scritta su un’antica tavoletta greca in lettere maiuscole: «ΑΡΧΗ ΜΕΓΙΣΤΗ ΤΟΥ ΒΙΟΥ ΤΑ ΓΡΑΜΜΑΤΑ». È indicativa della importanza riconosciuta sin dall’antichità allo studio e alla creazione di opere letterarie.

15) Καὶ σὺ τέκνον;…
"Anche tu figlio?...".
Sono le parole dette da Giulio Cesare nel giorno del suo assassinio e rivolte al suo figlio adottivo Marco Giunio Bruto, vedendolo alzare il pugnale contro di lui.
Nel dramma “Giulio Cesare” di Shakespeare l’autore inglese fa parlare Cesare in latino “Et tu,Brute?”…, ma, secondo lo storico Svetonio, Cesare aveva detto tali parole in greco, ovvero aveva detto: kαὶ σὺ τέκνον;,..

16) Η Αγγλία κερδίζει πάντα μία μάχη: την τελευταία.
L’inghilterra vince sempre una battaglia: l’ultima”.
La frase è di Ελευθέριος Βενιζέλος, uno dei più importanti uomini politici della Grecia moderna. Nato a Creta nell’agosto del 1864, morì a Parigi nel marzo del 1936. Sette volte primo ministro, ha avuto un ruolo importante nella politica della Grecia dal 1910 fino alla sua morte. L’aeroporto internazionale di Atene porta il suo nome. Altre sue celebri frasi, da esperto politico, sono le seguenti:
- la promessa di un beneficio alle elezioni è un forma di corruzione;
- quando le cose cambiano, cambia la nostra posizione di fronte alle cose;
- la Grecia è un piccolo paese per fare grandi nefandezze.

17) Φίλος Πλάτων, αλλά φιλτέρα η αλήθεια.
Amico di Platone, ma più amico della verità”.
Il senso della frase è che chi cerca la verità non si lascia accecare da simpatie o amicizie.
Aristotele: uno dei più grandi filosofi dell’antica Grecia. Nato a Stagira nelle penisola calcidica nel 322 a C., Aristotele è stato un grande filosofo, scienziato e maestro di logica, intesa come l'arte del ragionare in modo corretto per scoprire la verità delle cose.
Un suo allievo fu il macedone Alessandro Magno.
Discepolo di Platone, insieme a Socrate è considerato uno dei padri del pensiero filosofico occidentale, che da lui ha ereditato problemi, termini, concetti e metodi. Per la qualità e la quantità dei suoi insegnamenti ha meritato l’appellativo di “Maestro del Sapienti”.
Morì nel 384 a C. a Calcide. Per capire la personalità e il modo di pensare di Aristotele può essere utile la conoscenza di altre sue celebri frasi. Eccone alcune di immediata comprensione:
- la bellezza è la migliore lettera di raccomandazione per una donna;
- lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero;
- la speranza é un sogno ad occhi aperti;
- cos'è un amico? Una singola anima che vive in due corpi;
- ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo;
- la cultura è il miglior viatico per la vecchiaia;
- la libertà è la base di uno stato democratico;
- non esiste grande genio senza una dose di follia;
- i vecchi sono due volte bambini;
- l’uomo è di sua natura animale sociale.

18) Οι άνθρωποι είναi σαν τα πεπόνια: ένας στους δέκα είναι καλός.
Gli uomini sono come i meloni: uno su dieci è buono”
Proverbio greco

19) Πολύ πριν σε συναντήσω, εγώ σε περίμενα. Πάντοτε σε περίμενα.
Γιατί πολύ πριν μπεις μες στη ζωή μου, είχες ζήσει μες στα όνιρά μου, αγαπήμένη μου.
Molto prima di incontrarti, io ti aspettavo. Ti aspettavo da sempre. Perché molto prima che tu entrassi nella mia vita eri vissuta nei miei sogni, mia cara”.
Dello stesso autore:
- la poesia non è una scoperta, ma una rivelazione;
- nel più piccolo momento passato con te ho vissuto tutta la mia vita.
Τάσος Λειβαδίτης: noto poeta greco, nato e vissuto ad Atene, morto nel 1988 all’età di 66 anni.

20) Η αρχή είναι το ήμισυ του παντός.
L’inizio è la metà di tutto”.
Corrisponde al nostro “Chi ben incomincia è alla metà dell’opera”.
Altre frasi celebri dello stesso autore:
- se aggiungi poco al poco, ma lo farai di frequente, presto il poco diventerà molto;
- il lavoro non è vergogna; vergogna è solo l’ozio.
Esiodo: è il poeta più antico della Grecia continentale, secondo per importanza a Omero. Le sue opere sono fatte risalire al periodo tra la fine dell'VIII secolo e l'inizio del VII secolo a. C.

21) Το αυθαίρετο είναι το σπίτι του άλλου.
La costruzione abusiva è la casa dell’altro”.
Dello stesso autore:
- al cinema dici bugie per dire la verità.
Δημήτρης Δανίκας: noto giornalista del quotidiano greco TA NEA).

22) Όταν η βλακεία έχει σπόνσορα, δεν έχει ευθύνη ο βλάκας.
Quando la stupidaggine ha uno sponsor, lo stupido non è responsabile”.
La frase si riferisce a tematiche professionali.
Στέλιος Παπαδόπουλος, medico esperto nella fecondazione in vitro e chirurgia laparoscopica.
23) Ο γάμος είναι ο μόνος πόλεμος στον οποίο κοιμάσαι με τον εκθρό.
Il matrimonio è l’unica guerra nella quale dormi con il nemico”.
Anonimo

24) Γερνάω και μαθαίνω πάντα πολλά.
Invecchio e imparo tante cose”.
Solone: legislatore, filosofo e poeta, di nobile famiglia, è uno dei sette saggi dell’antica Grecia, vissuto tra il settimo e il sesto secolo a. C.

25) Η γυναίκα, στη βαθύτερη υπόστασή της, είναι πρώτα μάνα και μετά ερωμένη. Κι αν γίνεται ερωμένη, είναι γιατί θέλει να γίνει μάνα.
La donna, nel più profondo del suo essere, è prima mamma e poi amante. E anche se diventa amante, è perché vuole diventare mamma”.
Νίκος Καζαντζάκης: scrittore e poeta greco tra i maggiori del 20° secolo, ma anche giornalista, filosofo e uomo di stato. Nacque nel 1883 a Megalokastro (Candia) e morì a Friburgo (Germania) nell’ottobre del 1957.

26) Αν δεν υπήρχαν γυναίκες, όλα τα λεφτά του κόσμου δε θα είχαν σημασία.
Se non ci fossero donne, tutti i soldi del mondo non avrebbero significato”.
Αριστοτέλης Ωνάσις (Aristotele Onassis): importante armatore greco del 20° secolo, frequentatore del jet set internazionale e molto attratto dal fascino femminile, tanto da meritare l’appellativo di “collezionista di donne celebri”.

27) Δημοκρατεία χωρίς παιδεία είναι υποκρισία χωρίς όρια. Παιδεία χωρίς δημοκρατεία είναι εμπαιγμός.
Democrazia senza istruzione è ipocrisia senza limiti. Istruzione senza democrazia è imbroglio”.
Anonimo

28) Οι δικαίοι άνθρωποι είναι πράοι.
Gli uomini giusti sono miti (bonari)”.
Dello stesso autore:
-misura del discorso non è chi parla, ma chi ascolta.
Platone: antico filosofo greco; insieme con il suo maestro Socrate e il suo allievo Aristotele ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale. Vissuto tra il quinto e il quarto secolo a.C.



29) Ελευθερία χωρίς δικαιοσύνη είναι καθαρά ληστεία.
Libertà senza giustizia è vera truffa”.
Αδαμάντιος Κοραής: filosofo, filologo, profondo conoscitore della cultura greca, sostenitore della purezza della lingua; si adoperò per l’indipendenza della Grecia. Nato a Smirne (Turchia) nel 1748, mori a Parigi nel 1833.

30) Η εθνική ενότητα υπήρξε η μεγάλη ουτοπία της ζωής μου.
L’unità nazionale è stata la grande utopia della mia vita”.
Dello stesso autore:
- la politica è uno sport difficile ed esigente e il suo esercizio richiede al politico la devozione di un monaco.
Μίκης Θεοδωράκης: nato nell’isola di Chio nel 1925, è uno dei più importanti compositori greci contemporanei; interessato alla politica, è stato ministro e membro del parlamento greco. Noto in tutto il mondo per i suoi impegni artistici e civili è considerato una icona vivente della grecità.
31) Η Ελλάδα είναι ένας τόπος που τον έχει ευλογήσει ο Θεός και τον έχουν καταραστεί οι άνθρωποι.
La Grecia è un luogo che Dio ha benedetto e gli uomini hanno maledetto”.
Άγγελος Δεληβοριάς: studioso di fama internazionale, nato ad Atene nel 1937. Responsabile del Servizio archeologico nazionale della Grecia e direttore dei più importanti musei di Atene.

32) Στην Ελλάδα οι ήρωες είναι αφανείς.
In Grecia gli eroi sono invisibili”.
Δημήτρης Μυταράς: uno dei più importanti artisti moderni della Grecia, membro della Accademia di Belle Arti di Atene. Ha esposto le sue opere di pittura ad Atene, Salonicco e anche in diverse città italiane ( Bologna, Firenze, Roma e Genova). È nato a Calcide nel 1934

33) Να αισθανόμαστε Έλληνες, αλλά να μην το κάνουμε πιο μεγάλο από ότι είναι.
Sentiamoci Greci, ma non facciamolo più grande di quello che è”.
È una riflessione sui limiti della grecità.
Περικλής Μονιούδης: scrittore di origine greca, più volte premiato, nato nel 1966 in Svizzera e cresciuto in Germania; scrive sia in greco che in tedesco, attualmente vive a Berlino.

34) Υπέροχος Έλληνας είναι αυτός που έχει έμφυτη ευπρέπεια.
Splendido Greco è colui che possiede innate buone maniere”.
Σθαύρος Κατσανέβας: nato ad Atene nel 1953, ha studiato Fisica presso le università di Atene e di Parigi. Attualmente è professore presso il Laboratorio di Fisica e Cosmologia della Università di Parigi 7.
È considerato in Europa un leader tra gli studiosi di Fisica e in Francia è responsabile del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS).

35) Οι Έλληνες δε μιλούν, αλλά αγορεύουν.
I Greci non parlano, ma arringano (fanno comizi)”.
Κώστας Βεργόπουλος: esperto internazionale di scienze sociali (Economia, Diritto, Scienze Politiche).
Ẻ professore in Università di diversi paesi, collaboratore presso le Nazioni Unite e l’Unione Europea. Nato ad Atene nel 1942. Le sue opere sono pubblicate nelle maggiori lingue del mondo.

36) Οι Έλληνες είμαστε το καλύτερο προῡόν στο χειρότερο αμπαλάζ.
Noi Greci siamo il miglior prodotto nella confezione peggiore”.
Διονύσης Σαββόπουλος: è un compositore contemporaneo nato a Salonicco nel 1944 ed è considerato il pioniere della scuola di cantautori greci che scrivono musica, testi e cantano le loro canzoni.

37) Μην επαινείς ποτέ τον εαυτό σου.
Non elogiare mai te stesso”.
Dello stesso autore:
- il corso della fortuna cambia velocemente.
Menandro: antico scrittore greco di Atene, dove morì nel 292 a. C. all’età di 51 anni. È considerato l’innovatore del teatro greco nel campo della commedia. Nelle sue opere descrive la società di Atene in un periodo di sconvolgimenti dopo la morte di Alessandro Magno, mettendo in luce passioni, vizi e virtù di singoli soggetti.

38) Ζω για τότε που δε θα υπάρχω
Vivo per quando non ci sarò”.
Dello stesso autore:
- le belle minoranze sono qualcosa d’altro;
- dove fiorisce la mediocrità smetto di esserci;
- quando la sfortuna conviene, considerala una prostituta.
Οδυσσέας Ελύτης: poeta tra i maggiori rappresentanti del surrealismo greco, apprezzato per il vigore e lo stile delle sue opere e per la sua poesia, con la quale dipinge, da intellettuale greco, la lotta dell’uomo moderno per la libertà e la creatività. Famoso, non solo in Grecia, il suo oratorio Άξιον Εστί, messo poi in musica da Mikis Teodorakis. Nel 1979 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. Nato a Candia (Creta), morì ad Atene nel 1996 all’età di 85 anni.

39) Ο θάνατος μιας καλής ιδέας είναι η επεξήγηση.
La morte di una buona idea è la sua spiegazione”.
Il senso della frase è che spesso una buona idea, quando viene spiegata, non viene realizzata, perché possono esserci controinteressati o indifferenti.
Σταμάτης Κραουνάκης: noto compositore di musica lirica e canzoni produttore e scrittore. Vive ad Atene, dove è nato nel 1955.


 
40) Όταν μια γυναίκα κρυώνει, ο Άνγλος της προσφέρει το σακάκι του, ενώ ο Ιταλός την αγκαλιάζει.
Quando una donna ha freddo, l’Inglese le offre la sua giacca, mentre l’Italiano la abbraccia”.
Anonimo

41) Ο καλόγερος τον πρώτο χρόνο φοβάται το Θεό. Το δεύτερο χρόνο φοβάται ο Θεός τον καλόγερο.
Il frate in un primo tempo teme Dio. In un secondo tempo Dio teme il frate”.
Il senso della frase è che nella vecchiaia sono possibili errori.
Proverbio greco

42 ) Όταν μαγειρεύεις έχεις πάντα φίλους.
Quando prepari da mangiare hai sempre amici”.
Proverbio greco

43) Μεγαλώνοντας να δίνεις ζωή στα χρόνια σου και όχι χρόνια στη ζωή σου.
Nel crescere dai vita ai tuoi anni e non anni alla tua vita”.
Κώστας Βουτσάς: attore greco di cinema e teatro. Nato nel 1931 ad Atene è cresciuto a Salonicco in una famiglia di rifugiati provenienti dalla Tracia orientale.

44) Το μετά φλερτάρει ενίοτε το ποτέ.
Il dopo a volte corteggia il mai”.
Anonimo

45) Ορθοδοξία θα πει να είσαι σε εγρήγορση.
L’ortodossia ti i dirà di essere vigile”.
Il senso della frase è che l’ortodossia (giusto credo) ti dirà di essere attento e vigilare contro deviazioni e errori nelle manifestazioni di fede.
Patriarca ecumenico Bartolomeo: nato nel 1940, è arcivescovo ortodosso greco con cittadinanza turca. Dal 1991 riveste la carica di Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, ovvero di capo della Chiesa Ortodossa. È stato diverse volte in Italia e mantiene buoni rapporti con la Chiesa Cattolica e con le comunità greche ortodosse d’Italia.

46) Η πατρίδα για τον καθένα είναι εκεί όπου ευτυχεί.
La patria di ciascuno è lì dove è felice”
Aristofane: grande commediografo greco antico, di cui sono pervenute alcune opere complete. Nacque ad Atene nel 445 a. C. e morì a Delfi nel 395.

47) Το δίδυμο της συμφοράς του πολιτισμού: η τηλεόραση κι ο τουρισμός.
L’accoppiata della sciagura della cultura: la televisione e il turismo”.
La frase si riferisce ai danni provocati dalla cattiva televisione e dal turismo selvaggio specie in termini di contaminazione e impoverimento della identità culturale della nazione. Dello stesso autore: - lo stile è qualcosa di assolutamente raffinato, mentre la moda semplicemente richiede di seguirlo.
Τάκης Θεοδωρακόπουλος: giornalista, editore e scrittore; nato in Grecia nel 1936, vive a New York, ma spesso si sposta a Londra e in Svizzera.
48) Θέλετε να έχετε σημασία; Αρχίστε να δίνετε πρώτα στον εαυτό σας.
Volete avere importanza? Cominciate a darla prima a voi stessi”.
Anonimo

49) Σοφός δεν είναι εκείνος που ξέρει πολλά, αλλά εκείνος που ξέρει χρήσιμα.
Sapiente non è chi sa molte cose, ma chi sa usarle”.
Αισχύλος (Eschilo):drammaturgo greco antico. Viene unanimemente considerato l'iniziatore della tragedia greca nella sua forma matura ed è il primo dei poeti tragici antichi, di cui ci siano pervenute opere per intero. A lui seguirono Sofocle ed Euripide. Visse a cavallo tra il sesto e il quinto secolo a.C.

50) Ο όμοιος τον όμοιό του πάντοτε συναναστρέφεται.
Il simile frequenta sempre il suo simile”.
È un antico proverbio greco, che ha il suo equivalente latino in:”similes cum similibus facillime congregantur”. Il senso della frase, con una connotazione negativa, corrisponde al nostro “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”

51) Υπάρχουν τριών ειδών ψέματα: τα απλά ψέματα, τα άτιμα ψέματα και οι στατιστικές.
Vi sono tre specie di bugie: le bugie semplici, le bugie disoneste e le statistiche”.
La frase vuole esprimere dubbi sulla attendibilità dei dati statistici.
Anonimo
52) Ἀγροίκου μὴ καταφρονεῖ ῥήτορος.
Non sottovalutare le parole di un contadino”.
Il senso della frase è una esortazione a non sottovalutare le parole della gente umile.
Anonimo




Stemma della Grecia