mercoledì 25 ottobre 2017

La Rivoluzione russa - IL Comunismo di Lenin e di Stalin – 2^ Parte

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Relazione di Silvia Laddomada


Supporto tecnico di
Gabriele Annese

Il successo della rivoluzione di ottobre permise a Lenin e al partito bolscevico di mettersi a capo dello stato sovietico.
Il governo dello stato si chiamò Consiglio e i ministri “Commissari del popolo”. Stretti collaboratori di Lenin erano Trotskij e Stalin.
Alla base del programma rivoluzionario c’erano: la pace, la terra ai contadini, le fabbriche agli operai, il potere ai soviet, intesi come potere locale autonomo.
Non più impero, ma una federazione di soviet.
A novembre 1918 si tennero le elezioni, a suffragio universale, per l’Assemblea costituente.
I bolscevichi non ottennero la maggioranza, ma solo il 25% dei voti. A questo punto Lenin dichiarò che il potere dei soviet era superiore a quello dell’Assemblea, quindi sciolse l’Assemblea e impose se stesso e il partito bolscevico, ora chiamato partito comunista. La sede del governo fu spostata da Pietrogrado a Mosca.

Iniziava la dittatura di Lenin, non quella del proletariato. Gli avversari russi e quelli esterni alla Russia videro nel bolscevismo “l’affossatore dispotico della democrazia”. Non più soviet che si autogovernano, ma era il soviet di Pietrogrado che dava le direttive agli altri.
Primo atto concreto del nuovo stato fu l’uscita della Russia dalla 1^ guerra mondiale. A marzo del 1918 Lenin firmò con Austria e Germania il trattato di Brest Litovsk, con condizioni durissime: la Russia cedeva la Polonia, la Finlandia, le Repubbliche baltiche ( Lituania, Estonia, Lettonia). Perdite gravissime, perché da queste terre pervenivano mediamente il 50% della produzione agricola, metallurgica e carbonifera.
Malgrado le enormi difficoltà economiche e la povertà che ritornava, Lenin procedette con altre riforme: abolì i privilegi e i titoli dei nobili, dichiarando l’uguaglianza tra cittadini, parità di diritti tra l’uomo e la donna, furono semplificate le procedure per i divorzi, introdotto il matrimonio civile, proclamata la separazione della Chiesa dallo Stato, aboliti i partiti, le associazioni e la libertà di stampa.
La terra ai contadini. Lenin espropriò le grandi proprietà terriere dei Kulaki e le terre delle associazioni religiose ed ecclesiastiche. Secondo norme populiste le terre vennero distribuite tra i contadini: ognuno doveva riceverne quanto gliene occorreva per vivere e quanto ne poteva lavorare.
Le fabbriche agli operai. Ai soviet degli operai fu affidata la direzione delle aziende, fino alla loro nazionalizzazione.
Provvedimenti tanto radicali, attuati con la massima decisione, non potevano certo far piacere a tutti. Scoppiò una guerra civile: i Kulaki e gli industriali si ribellarono, a loro si unirono le potenze europee, che temevano l’espansione della rivoluzione in Occidente. Questo perché Lenin aveva costituito la "terza internazionale" col compito di coordinare tutti i partiti comunisti che stavano nascendo nel mondo, e attuare la rivoluzione proletaria su scala mondiale.
Bisognava però sconfiggere i controrivoluzionari. Quindi Lenin organizzò un’Armata rossa, dette la guida a Trotskij, per affrontare l’Armata bianca ( dal nome delle divise degli ufficiali zaristi), finanziata dai controrivoluzionari russi e da Inghilterra, Francia e Stati Uniti.

Lenin fu costretto a instaurare un comunismo di guerra: esercitò un controllo forzato su tutta la produzione agricola e industriale, razionando gli alimenti, introducendo le tessere per il cibo e costringendo le famiglie a consumare lo stretto necessario, il resto veniva ammassato per essere distribuito tra i rivoluzionari.
Per mantenere l’ordine, venne creata una spietata polizia politica, la Ceka.
Nel 1921 la guerra civile ebbe fine: l’economia russa era paralizzata, l'aristocrazia era stata decimata, la borghesia era scomparsa.
L’armata rossa aveva avuto il sopravvento. Tra le migliaia di vittime, l’intera famiglia reale. Nel villaggio sui monti Urali, dove erano prigionieri, nel luglio 1918 furono assassinati da esponenti del soviet locale, lo zar Nicola II, la zarina Alessandra, i figli Alessio, Olga, Tatiana, Maria e Anastasia.
Eliminata ogni opposizione, Lenin abbandonò il comunismo di guerra e attuò la NEP (Nuova politica economica): fu permesso un parziale libero commercio, le piccole industrie ripresero le loro attività, fu riammessa la piccola proprietà privata; le famiglie russe intravidero la prospettiva di un libero guadagno e sui mercati i prodotti dei campi ritornarono a circolare. Anche l’industria, sebbene controllata dallo stato, ebbe una maggiore libertà d’azione e le retribuzioni furono più libere. Secondo molti dirigenti bolscevichi, lo sviluppo industriale era indispensabile per rafforzare lo stato sovietico e per convincere le masse della validità della politica comunista. In campo religioso non ci fu alcun cambiamento. I beni ecclesiastici erano stati già confiscati, ora al clero fu proibito di operare in campo educativo, prevedendo la condanna ai lavori forzati a chi avesse disobbedito.
Fu promossa una campagna di alfabetizzazione di massa, orientando la cultura secondo un programma marxista.
La Russia fu trasformata in una federazione di repubbliche, ciascuna governata da un soviet; nasceva l’URSS ( Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). La capitale fu fissata a Mosca, dove già nel 1918 i bolscevichi avevano trasferito il potere centrale.
Con la Costituzione del 1924 la Russia era retta da un Consiglio, il soviet supremo dell’Unione ( con potere legislativo) e dal Consiglio dei commissari del popolo (potere esecutivo).
Fu confermata la bandiera rossa con falce e martello, simboli del mondo contadino e operaio già dal 1905. Fu aggiunta la stella, simbolo dello Stato sovietico.
Spilletta comunista degli anni '40
Lenin già dal 1923 si era ammalato (arteriosclerosi o emoraggia cerebrale ) e si era ritirato dalla vita politica, nominando Stalin come segretario del partito.
Questi cominciò subito ad emarginare gli altri dirigenti, isolando completamente Lenin, affinché non comunicasse con nessuno. Lenin si rese conto dell’errore, e cercò di rimuovere Stalin, ma il futuro capo aveva imposto già la sua forza.
A gennaio, 1924, Lenin morì. A sua memoria San Pietrogrado mutò il suo nome in Leningrado.
Il partito comunista entrò in crisi: si scatenò una lotta per la successione tra Stalin e Trotsckij.
Il contrasto era ideologico, oltre che politico. Stalin, segretario del Partito, teorizzava “il socialismo in un solo paese”, cioè voleva rafforzare lo Stato sovietico in Russia, solo uno stato socialista forte poteva diventare modello ideale per una rivoluzione mondiale.
Trotskij, capo dell’Armata rossa, teorizzava “la rivoluzione permanente”, cioè riteneva che per sopravvivere, una rivoluzione dovesse essere estesa ad altri paesi del mondo. Erede quindi del programma di Lenin, che nel 1919 aveva fondato la 3^ Internazionale, un organismo che si proponeva di esportare il comunismo in tutto il mondo e distruggere il capitalismo. (1^ Internazionale : Marx, Londra 1864; 2^ Internazionale: partiti socialisti, Parigi 1889).
Nel Comitato centrale del partito prevalse la linea politica di Stalin.



IL COMUNISMO DI STALIN

Stalin si impose sugli avversari, mettendo a tacere l’opposizione interna con spietate epurazioni. Espulse dal partito e dall’esercito antichi compagni, dirigenti di rilievo, generali prestigiosi, capi bolscevichi già collaboratori di Lenin, e poi ancora tecnici, intellettuali. Arrestati prima e poi ammazzati. Lo stesso Trotskij fu espulso, arrestato e nel 1940 ucciso in Messico, dove si era rifugiato, da un sicario di Stalin.
Impose un potere assoluto con crudeltà e ferocia spaventose.
Divenne un dittatore, un imperatore crudele, come il vecchio zar Ivan il Terribile.
Il suo programma economico era quello di sviluppare ad ogni costo l'industrializzazione (industrializzazione accellerata), per affiancare l'Unione sovietica alle nazioni moderne d'Occidente. In pochi anni, infatti, il regime raggiunse traguardi che altre nazioni avevano raggiunto dopo un secolo. La città più industrializzata fu Volgogrado, chiamata in suo onore Stalingrado.
Stalin - Lenin - Troskij
La NEP fu sostituita dai "Piani quinquennali". La vita economica fu organizzata, diretta e controllata dallo Stato, unico proprietario dei mezzi di produzione: terre, foreste, miniere, banche, fabbriche. Lo stato programmava di cinque anni in cinque anni che cosa l'agricoltura e l'industria dovessero produrre, in che quantità, cosa potesse essere venduto e a che prezzo.

Armata Rossa
Questi piani sacrificavano la produzione dei beni di consumo, (dal cibo, all'abbigliamento, agli elettrodomestici, alle auto) e davano la precedenza alla costruzione di macchinari, armi, impianti industriali, centrali elettriche, ferrovie.
Negli anni '30 Stalin aveva raggiunto l'obiettivo: L'URSS era diventata una grande potenza industriale.
Ma a quale prezzo furono raggiunti questi obiettivi?
Le terre furono collettivizzate in maniera forzata, furono espropriate. I contadini che non volevano morire di fame dovevano entrare nei kolkhoz, cioè in cooperative, nelle quali dovevano mettere in comune beni, macchinari, semenze, bestiame. Un terzo del prodotto ottenuto lo tenevano per sé, e con esso dovevano provvedere a se stessi e alle tasse da pagare.

C'erano poi i Sovkhoz, aziende agricole statali, in cui i contadini lavoravano le terre dello Stato e ricevevano un misero salario.
Appello al Kolkhoz
Per poter portare avanti questa strategia, Stalin non poteva certo contare sulla totale adesione della popolazione. Per questo utilizzò l'arma del Terrore e della repressione, annullò ogni forma di democrazia e creò un regime dittatoriale.
Le prime vittime furono i Kulachi, i ricchi proprietari terrieri : arrestati, deportati, uccisi, essi scomparvero come classe sociale.
In 1° piano Stakanov     
Nelle fabbriche, nelle miniere, nelle industrie, gli operai furono sfruttati come forza lavoro, sottoposti a una disciplina di ferro, con salari bassissimi e divieto di sciopero.
Nel lavoro fu introdotto il sistema a cottimo: la retribuzione dipendeva dalla quantità di produzione che ciascuno riusciva a realizzare. Per sollecitare l'impegno dei lavoratori si ricorreva alla propaganda, si segnalavano gli eroi del lavoro, si favoriva la concorrenza spietata all'interno della stessa classe operaia; chi falliva veniva disprezzato, emarginato. A tal fine nacque un movimento: lo Stakanovismo, dal nome di Stakanov, un minatore a cui era stato riconosciuto il merito di aver estratto in una giornata un'enorme quantità di carbone: 10,2 tonnellate invece delle 6,5 previste. Egli divenne un modello da imitare.
Chi si opponeva a tale sfruttamento veniva considerato "nemico del popolo", e quindi prima sottoposto a un processo farsa, poi condannato a morte o condannato ai lavori forzati nei cosiddetti campi di lavoro e di rieducazione (lager), in Siberia o in Asia minore, in cui erano sottoposti a violenze di ogni genere, a lavorare in modo disumano fino allo sfinimento, alla morte. In questi campi di concentramento, che lo scrittore Solgenitzin, sopravvissuto, definì Arcipelago Gulag, (perché erano disseminati in territorio russo come isole nel mare, gestite da un ente Gulag, che coordinava l'intero sistema di carceri e di campi di lavoro), finirono contadini ribelli e operai emarginati, intellettuali, generali, ma anche dirigenti bolcevichi . Man mano che lo sviluppo industriale progrediva, aumentava in Russia il Terrore. Bastava un vago sospetto per essere eliminato. Tra il 1936 e il 1938 ci furono le "grandi purghe", le grandi eliminazioni.
Essere eliminati perché nemici del popolo, voleva dire tutto e niente, per cui molti, sottoposti a processi farsa, confessavano colpe inesistenti, convinti che confessare fosse un contributo al bene della patria e del socialismo, convinti che le sofferenze non derivassero dalle scelte del regime ma dal tradimento dei nemici del popolo. La gente era soggiogata, incapace di pensare.
Pian piano Stalin si circondava di uomini fedelissimi, la Nomenklatura, che godeva di molti privilegi: avere una bella casa e anche una dacia per la villeggiatura, consumare buoni pranzi un mense speciali, fare acquisti in negozi di lusso. Essi giustificavano la rigida disciplina imposta dal Partito, finalizzandola alla esaltazione dell'ideale comunista. Molti di loro finivano periodicamente eliminati.
Manifesti pubblicitari, radio, giornali, ma anche l'arte e la cultura celebravano la grandezza di uno Stato in cui non vi erano distinzioni di classe, in cui tutti contribuivano a creare una società migliore. Stalin, che stava trasformando un paese agricolo arretrato in una grande potenza industriale, divenne una guida per i Paesi comunisti che stavano sorgendo in Europa. Egli stesso promosse un vero culto della sua personalità, gli veniva tributata una venerazione straordinaria, attraverso sfilate, inni, saluti; immagini presenti ovunque lo esaltavano nelle vesti di un padre benevolo e onnipotente (padre della Patria), capace di vedere tutto e di provvedere a tutto per il meglio (plauso sincero o servilismo pauroso?).
In Europa occidentale la realtà russa non era molto conosciuta né apprezzata, e gli stessi partiti comunisti assunsero all'inizio una posizione di rigida chiusura, escludendo ogni accordo non solo con i partiti borghesi liberali e democratici, ma anche con i socialisti; solo dopo il 1933 si affermarono le alleanze dei partiti di sinistra, naturalmente in funzione antinazista e antifascista. Stalin è stato apprezzato perché ha portato velocemente la Russia dall'aratro alla bomba atomica, ma molti intellettuali dicono che la rivoluzione, che avrebbe dovuto creare "l'uomo nuovo" sognato da Marx, creò "l'uomo bianco" più povero e oppresso del 20^ secolo.
Non si può comunque disconoscere il merito di un'ideologia che ha consentito alle classi operaie, attraverso lotte sindacali e politiche, di ottenere un miglioramento delle condizioni di lavoro, una maggiore dignità di vita , un giusto riconoscimento dei loro diritti.                                                            

  
     






FESTA DI COMPLEANNO!
                               AUGURI  GABRIELE
                                                                   
 

mercoledì 18 ottobre 2017

Rivoluzione russa 10 ottobre 1917 (1°parte)

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Relazione di Silvia Laddomada

con il supporto tecnico
di Gabriele Annese


L'Impero russo nel 1800 era lo stato più vasto del mondo.
Si estendeva dalle coste del mar Baltico fino all'Oceano Pacifico; era abitato da popoli di 100 nazionalità diverse, con differenti lingue e culture. Era un Paese agricolo, le terre appartenevano agli zar e a pochi nobili; i 9/10 della popolazione erano contadini, o meglio, servi della gleba, legati alla terra e al padrone per tutta la vita, privi di ogni diritto e costretti a una esistenza miserabile.
Lo zar aveva un potere assoluto, imponeva una rigida censura ai giornali, soffocava le iniziative economiche, si serviva di una burocrazia esasperante e corrotta e, come sistema di repressione, usava deportare in Siberia gli oppositori. l'istruzione elementare era assolutamente trascurata, perché si temeva che, una volta alfabetizzate, le masse potessero ribellarsi al regime. In Russia si viveva come nel Medio Evo, la società era divisa in schiavi e padroni.
Famiglia dello zar Nicola II
Nel corso del secolo questa grave arretratezza faceva crescere il malcontento dei contadini che reclamavano un pezzo di terra, ma soprattutto una maggiore dignità. Lo zar Alessandro II spinto dagli stessi nobili e intellettuali abolì la servitù della gleba (1861), ma solo i Kulaki, cioè i contadini più agiati riuscirono a mettere da parte qualche risparmio, gli altri erano più miseri di prima, e spesso vendevano, per debiti, il pezzo di terra, proprio ai Kulaki, diventando loro servi. Le prime tensioni si ebbero verso la fine dell'800, quando il gruppo dirigente fece qualche tentativo di ammodernamento relativo al trasporto e alle industrie. Furono realizzate ferrovie, la Transiberiana, che attraversava la Russia dal Baltico al Pacifico, furono attivati alcuni stabilimenti industriali, anche se in zone limitate, a San Pietroburgo e a Mosca, grazie a finanziamenti statali, a capitali esteri.

In queste industrie si formavano i primi nuclei di classe operaia, all'interno dei quali era diffuso un certo malcontento, per la mancanza di diritti e per le pessime condizioni di lavoro. Gli stessi industriali chiedevano allo zar una maggiore democrazia e una diversa distribuzione delle ricchezze, sottolineando che l'eccessiva povertà frenava lo sviluppo dell'industria, la quale non trovava a chi vendere i prodotti. Il ceto borghese che stava affermandosi aspirava anche a un sistema politico che si ispirasse alle moderne monarchie occidentali, che erano parlamentari, dove c'erano i liberali che auspicavano riforme sociali moderate e graduali, ma c'erano anche i socialisti, un partito di massa che rappresentava gli interessi di operai e contadini.
Contadine al lavoro
Nel 1875 era nato il partito socialdemocratico tedesco, che si ispirava al pensiero di Marx.
Marx era un filosofo rivoluzionario tedesco che insieme a Engels (filosofo tedesco), esposero il loro pensiero in due opere "Manifesto del partito comunista"(1848) e il "Capitale" (1867), che diventarono la base di un nuovo movimento di pensiero, detto comunista o marxista.
Per loro la storia dell'umanità è una storia di lotta di classe: nell'antichità c'era stato il contrasto tra padroni e schiavi; nel M.E. i nobili feudatari avevano sottomesso i contadini. Nell'età moderna la borghesia dei mercati e delle fabbriche aveva sostituito i ceti nobiliari. Con la rivoluzione industriale la borghesia capitalista aveva imposto i propri profitti, a danno degli operai.
Era giunto il momento in cui le masse operaie e contadine (sfruttate dai latifondisti) avrebbero rovesciato il sistema capitalistico e assunto il potere. L'obiettivo era: far diventare proprietà comune i mezzi di produzione e distribuire i beni equamente nel campo sociale.

In Russia si affermarono, nell'ambito del socialismo, quindi in opposizione al governo degli zar, i "populisti", movimento di studenti e intellettuali al servizio di masse contadine per istruirle, movimento di protesta, che incitava alla rivolta; c'erano gli "anarchici", che ricorrevano alla violenza, invitando le masse a distruggere l'ordine politico e le strutture statali. Populisti e anarchici organizzarono attentati e atti terroristici, in un attentato perse la vita lo zar Alessandro II (1881). Nel 1898 si affermò il partito socialdemocratico russo, sul modello delle socialdemocrazie occidentali, ma ispirandosi a Marx. Era questo il partito più diffuso tra gli operai.

Nel 1903 esso si divise in due diverse tendenze: menscevichi (minoranza) e bolscevichi (maggioranza). I primi volevano un governo moderato e un Parlamento formato da tutti i partiti e pensavano che i tempi non fossero maturi per un cambiamento rivoluzionario (Marx), i bolscevichi ritenevano indispensabile una rivoluzione che portasse al potere i proletari, abbattesse il potere borghese, formando così la società comunista.

Intanto gli zar successivi, Nicola II Romanov (1894) si oppose a qualsiasi concessione di maggiori diritti alle classi popolari. La situazione in Russia precipitò nel 1905, in seguito alla sfortunata guerra tra Russia e Giappone che portò alla perdita di alcuni territori e aggravò la vita economica del paese; l'aumento dei prezzi, scatenò una forte rivolta popolare.
Attacco bolscevico al palazzo d'inverno
il 22 gennaio 1905 una gran folla si radunò davanti al palazzo reale, a San Pietroburgo, chiedendo allo zar maggiori riforme democratiche. Significativa fu la partecipazione femminile agli eventi rivoluzionari. Furono numerose le donne che sfilarono nei cortei, chiedendo la pace e le riforme, fra cui una equa distribuzione delle terre.
La guardia imperiale fece fuoco sul popolo disarmato, provocando centinaia di morti. A capo dei bolscevichi v'era Lenin, che riuscì a salvarsi fuggendo in esilio in Svizzera.
La strage di questa giornata, ricordata come "la domenica di sangue", fu seguita da manifestazioni, sommosse, scioperi, attentati in tutto il paese. In segno di protesta ci fu l'ammutinamento dell'equipaggio delle navi da guerra (Patemkin).
Nel 1906 lo zar, indebolito da queste insurrezioni popolari, concesse l'istituzione di un Parlamento (la Duma), che egli stesso revocava ogni volta che respingeva le proteste.
Nel 1914 ebbe inizio la 1^ guerra mondiale, lo zar nonostante l'impreparazione militare del popolo russo aderì al conflitto, sperando di ricavarne vantaggi territoriali.


Il conflitto però procurò sacrifici terribili alle truppe russe; nel giro di un anno si registrarono oltre quattro milioni di morti, i trasporti erano insufficienti, il rancio al fronte cominciò a non arrivare più, non c'erano più proiettili per sparare ai tedeschi.
In città cominciò a mancare il combustibile per scaldarsi e per cucinare, ai mercati si formavano chilometri di coda, i prodotti della campagna bastavano solo per metà fila, i contadini erano al fronte, la produzione agricola era crollata.
Il 23 febbraio del 1917 il prezzo del cibo risultava sette volte superiore a quello del 1914. A Pietrogrado (non più Pietroburgo, perché in odio ai tedeschi, fu cambiato il nome burgo, che significa città in tedesco con l'equivalente russo grado), le autorità imposero il razionamento del pane. Scoppiarono rivolte spontanee, per la prima volta le truppe inviate a colpire i manifestanti si schierarono con loro. Il Parlamento impose allo zar di abdicare ed elesse un governo provvisorio, presieduto da un principe di casa reale, L'vov, costretto all'esilio e sostituito poi dal socialista moderato Kerenski. Un governo che decise di continuare la guerra, mentre il popolo chiedeva la pace e il pane.
Lo zar e la sua famiglia furono arrestati e trasferiti in un villaggio sui Monti Urali. La Russia era diventata una repubblica democratica borghese, con l'intento di elaborare una costituzione liberale. Il potere era diviso tra un governo provvisorio, debole e indeciso, e i soviet (che significa consiglio), che erano organizzazioni autonome di soldati, operai e contadini, scelti nei reparti militari, nelle fabbriche e nei villaggi, che difendevano i diritti dei lavoratori.
Il più importante era il soviet di Pietrogrado, da cui prendevano ordini i soviet locali.
I bolscevichi, ala rivoluzionaria dei socialisti, erano una minoranza nei soviet.
Alla notizia che lo zar aveva abdicato, Lenin e altri dirigenti bolscevichi, esiliati in Svizzera dal 1905, in maniera avventurosa attraversarono l'Europa e giunsero a Pietrogrado, accolti da una gran folla. Egli fece subito intendere che si doveva abbattere il governo provvisorio di natura borghese, per cui diffuse un documento, noto come "Tesi di aprile", in cui indicava gli obiettivi da raggiungere: nessuna fiducia al governo borghese, la pace immediata, tutto il potere ai soviet, la terra ai contadini, le fabbriche agli operai.
Comizio di Lenin
Lenin mirava a realizzare il programma di Marx; il proletariato avrebbe assunto il potere e gestito la produzione industriale e agricola.
Intanto nel mese di luglio 1917, l'esercito russo in guerra subì una grande offensiva; la situazione era di estremo pericolo: ci fu una nuova ondata di disordini che Kerenski represse duramente. Lo stesse Lenin si rifugiò in Finlandia.
Per bloccare le manifestazioni rivoluzionarie e riportare la disciplina nell'esercito, il generale Kornilov tentò un colpo di stato, marciando su Pietrogrado.
I bolscevichi, approfittarono della debolezza del governo, che a loro si era rivolto, fermarono Kornilov e guadagnarono la simpatia dei soviet.
Lenin, tornato dall'esilio clandestino, ritenne la situazione ormai matura per rovesciare il governo Kerenski. Fece accettare la sua linea a tutto il partito, conquistò la direzione dei soviet di Pietrogrado e Mosca, costituì il 10 ottobre un comitato militare capeggiato da Lenin, Troski e Stalin e attuò il colpo di stato: nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 1917, le guardie rosse occuparono, senza incontrare resistenza, stazione, banche, uffici governativi e il Palazzo d'inverno. Kerenski oppose una debole resistenza, abbandonò la Russia e si rifugiò poi negli Stati Uniti.
A questa azione si da il nome di "rivoluzione d'ottobre".
Era nato lo stato sovietico "comunista" (basato sul potere dei soviet), non "socialista", perché i socialisti avevano appoggiato la borghesia.
Il potere passò ai bolscevichi, che formarono un nuovo governo, affidando la presidenza a Lenin.

mercoledì 11 ottobre 2017

“NAPOLI E DINTORNI – MUSICA E POESIA”

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Silvia Laddomada
IL SALUTO DELLA DIRETTRICE
SILVIA LADDOMADA

E’ ripresa l’attività dell’Università del Tempo libero e del Sapere “Minerva”. Il filo conduttore del primo incontro culturale dell’anno accademico 2017 – 2018 è stato: “Napoli e dintorni – Musica e Poesia”. Emanuele De Vittorio e Antonio Palmisano, componenti del “Rua Katalana quartet”, hanno allietato la serata con chitarra, mandolino e tamburello, interpretando i brani più belli del repertorio musicale napoletano, coinvolgendo il pubblico che accompagnava la musica col proprio canto e con ripetuti applausi, doveroso riconoscimento alla magistrale esecuzione dei due musicisti. Molto apprezzato il solista Salvatore Montuori, che ha interpretato, con la sonorità della sua voce, molti brani celebri.
La musica napoletana ha fatto da sfondo alla brillante lettura di poesie, in dialetto napoletano, da parte di Anna De Marco (pubblichiamo in calce una sua poesia), guida turistica del territorio di Crispiano, originaria di Sorrento, e da parte del poeta Giacomo Salvemini. Su facebook di “Minerva” e di “Sei di Crispiano se…”, sono stati trasmessi in diretta da Gabriele Annese piccoli video.

Emanuele De Vittorio - Antonio Palmisano
Una serata leggera e frizzante: poesie e musica, binomio perfetto per cominciare un’avventura dello spirito, che porterà i frequentanti dell’Università a procurare “cibo per la mente”, allargherà i loro orizzonti, arricchirà il loro bagaglio culturale. Gli incontri proporranno argomenti letterari, storici, scientifici, artistici, economici, poetici e musicali; non mancheranno escursioni nel territorio, visite a musei , scambi di esperienze con altre Università popolari, serate conviviali. Saranno avviati corsi di conversazione in lingua francese e inglese, per adulti, e corsi di educazione all’immagine artistica. Uno sguardo particolare sarà rivolto al territorio di Crispiano, di questa cittadina che nel 2019 festeggerà i suoi 100 anni di vita autonoma. Conoscere il proprio territorio è il primo passo per prendersene cura. L’Università apre alla collaborazione con Associazioni e studiosi che vorranno dare il proprio contributo per conoscere e valorizzare l’operato di quanti si sono presi cura di esso, il continuarlo e passare il testimone alle nuove leve. Si celebrerà, fra due anni, l’evento con maggiore consapevolezza.
Salvatore Montuori
L’Università si propone in generale di offrire a quanti hanno qualche ora di tempo libero l’occasione per migliorare la propria vita, per stimolare l’intelligenza umana con altre forme di informazione, alternative alla logica della tecnologia e della pratica. Gli studiosi del benessere psico-fisico suggeriscono di dedicare almeno sei minuti al giorno a una buona lettura, quei sei minuti abbassano lo stress della vita moderna del 68%. La virtù sta nel mezzo: nella maturazione, nell’equilibrio, nella misura. Si ha il bisogno di sognare e il bisogno di essere concreti: i sognatori pratici portano avanti il mondo. “Quel tale che un po' di tempo fa, in qualche luogo più o meno lontano, procedeva a quattro zampe, prima di sollevarsi e procedere con due, sognò quel gesto”( Antonio Errico – Quotidiano di Puglia).
Buon lavoro e buona cultura a tutti!


Giacomo Salvemini
























 

OFFERTE SPECIALI

 di Anna De Marco

Tutte ‘e matine ‘e truvammo dint’a posta,
Anna De Marco

carta lucida colorata e prodotti in bellavista
cu’ offerte speciali, priezzi pazzi e priezzi

spaccati
te regneno ‘a capa chisto o chillo

supermercato.

Certo si pure ‘nu centesimo se tratta ‘e

sparagnà
Ognuno so’ piglio ‘o sfizio cuntrullà
E cu’ na penna accummenza ‘a sottolineà
i prodotti in offerta ca adda hi ‘a accattà.


Cu ‘a lista mmano pur’io ‘o juorno doppo

Corro tutt’affannata a ffà ‘a spesa

‘a Coop..
Quasi quasi ‘nu carrello sulo nun

me basta,
meno male ca nun’ aggia accattà

pure ‘a pasta!


Quanno ‘o carrello è bello chino

m’avvio ‘a cassa
a fila è assaje longa ,cca cchiù ‘e n’ora se ne passa,
e mentre cu ‘ santa pacienza aspetto ‘o turno mio
sfilano ll’ati carrelli chini e ogni bene ‘e Dio.


A signurina a cassa è svelta comme a ‘na saetta
Ma appena me da ‘ o scuntrino me fa venì ‘na botta
Pussibile c’aggio spiso tutti ‘sti soldi n’da ‘nu mumento?
Vabbuò però quanta cose aggio accattato, mo che me lamento?


Appena arrivo ‘a casa faccio ‘nu paio ‘e viaggi c’ascensore ,
Maronna commè tardi……. c’aggio miso cchiù ‘e tre ore:

Mentre metto ‘a pentola pecchè ‘a tiempo è passato miezjuorno
Do’ ‘nu sguardo ‘a spesa ca tengo ancora attuorno


Tra offerte speciali, priezzi pazzi e priezzi spaccati
Maronna…quanta fesserje aggio accattato..
M’assetto ‘o divano e faccio ‘nu respiro profondo….
aggio rimasta n’ata vota senza primmo e senza secondo!
Crispiano, ‘novembre 1996



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