martedì 30 giugno 2020

La resilienza nei bambini - 23 giugno 2020

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Prof.ssa Silvia Laddomada

IL SALUTO DELLA DIRETTRICE LADDOMADA


Buonasera e benvenuti a tutti gli amici, questa
sera avremo come relatore il prof. Giuseppe Lazzaro, specializzato in.psicologia clinica. Ci parlerà della resilienza, una parola che da un po' di tempo sentiamo anche in altre occasioni, in altri incontri simili; la capacità cioè di saper reagire alle situazioni trovando sempre una soluzione. E' come quella pubblicità che dice: quando non c'è una strada, gli italiani ne sanno inventare una. Proprio perchè molte volte questo è necessario. Quindi ascoltiamo il nostro professore e grazie ancora per il suo intervento e per la sua collaborazione alle attività dell'Università Minerva. Buon ascolto.





       RELATORE: DOTT. GIUSEPPE  LAZZARO

        Specializzato in Psicologia clinica


 


















Benvenuti a tutti voi, ringrazio la prof.ssa Laddomada per questo gentile invito.



La resilienza nei bambini.

La resilienza è un darsi forza, coraggio. Rispetto al passato il nostro modo di comunicare è cambiato, spostandosi sui canali interattivi, sui social, che non prevedono la presenza dell'interlocutore. Si usano spesso frasi ad effetto, frasi di incoraggiamento. Si parla di resilienza, ne abbiamo bisogno, ci permette di attraversare le fasi più complesse della nostra esistenza e diventare più forti. La resilienza è un termine preso in prestito dalla scienza dei materiali.

Quando un materiale subisce una deformazione, se resiliente, può ritornare alla forma originaria. A livello psichico non bisogna cadere nell'inganno che la psicologia sia un discorso ad effetto, per creare clamore, per creare un sentimento vago di come vivere e considerare la realtà. La realtà è altro. Non dimentichiamo che i nostri pensieri influenzano i bambini. Spesso pensiamo che nella vita ci sono eventi positivi ed eventi negativi. Invece nella vita ci sono solo eventi. Di fronte ad un evento luttuoso dobbiamo cercare dentro di noi le competenze giuste per accettare quello che é accaduto. Come in biologia si parla di adeguamento alla realtà, così in psicologia si arriva all'accettazione della realtà. Un tempo i trattamenti psicoterapeutici duravano anni, ora sono più brevi, perchè di fronte alla tematica dolente dell'individuo, lo si invita a trovare in sè la competenza per affrontare il proprio dramma interiore. Per esempio, per aiutare i bambini a maturare, bisogna tener presente che fino alla preadolescenza essi vivono in modo magico, giocano, fantasticano. Poi affronteranno le problematiche della vita. Osservandoli mentre giocano, spesso gli adulti vorrebbero richiamarli alla responsabilità, alla realtà, a compiere il proprio dovere, non capendo che proprio il gioco é per loro il dovere. Quindi di fronte a un evento luttuoso, si deve ricorrere al gioco, al disegno, alla creatività, per consentire loro di elaborare il proprio vissuto.
A volte gli adulti si fanno carico delle emozioni dei figli, perché vogliono proteggerli dagli aspetti cupi della vita. Non é opportuno proteggerli da questa emozione; i bambini devono vivere in modo spontaneo le loro emozioni, emozioni che non si possono spiegare, essi non potranno dire cosa stanno provando. Sono gli adulti che razionalizzano le emozioni, per adattarsi ai vari contesti in cui si trovano.
Bisogna educare i bambini alla resilienza, devono imparare a misurarsi con le proprie emozioni. Se in classe sorgono incomprensioni con l'insegnante o tra amici, bisogna lasciare liberi i bambini di risolvere i loro problemi, educandoli a sperimentare quelle emozioni, che spesso portano a uno stato di malinconia. Gli adulti sono abituati a ragionare per categorie diagnostiche, interpretano la tristezza dei bambini come forma di depressione. Non è questo il linguaggio da usare con i bambini, è giusto che vivano le loro malinconie. Così com'è giusto che vivano le loro emozioni di gioia.
Gli eventi negativi della vita fanno parte dell'esistenza umana. Spesso gli adulti attenuano le emozioni positive provate in occasioni di eventi gioiosi, perchè pensano che automaticamente succederà qualcosa di brutto. Questi sono meccanismi psichici profondi che si sono strutturati negli adulti, ecco perchè è importante valutare gli eventi della vita come eventi che arrivano, che ognuno deve sapere affrontare con resilienza. La sofferenza fa parte della vita, non si può evitare.
Se un bambino litiga con un amico, non si deve intervenire a picchiare l'amico, in questo modo il bambino non imparerà a cavarsela da solo. Questa è la resilienza. La famiglia è per un bambino una sorta di sicurezza, per cui se il bambino è spinto a sperimentare una relazione con gli altri, e la famiglia sta lì, pronta a cogliere un momento di delusione, di frustrazione, che sono probabili, per allontanare il senso di sofferenza, non insegnerà mai al bambino ad essere resiliente.
Affrontare ciò che succede nella vita, questa è la resilienza. Ognuno di noi esprime il proprio modo di vivere. Si può essere forti in un ambito e deboli in un altro; ognuno è un contenitore di esperienze, positive e negative. Bisogna accettare le esperienze che ci fanno star bene e quelle che ci fanno stare male. Ognuno di noi tende al bene, cerca di sviluppare le competenze per vivere la vita serenamente. Ed è quello che tutti cercano: la serenità.
La felicità è un'illusione, la serenità dà anche la felicità quando ci si realizza in un ambito. ma da sola la felicità è una emozione passeggera, seguita subito dal desiderio di realizzarsi in un altro ambito.
Un altro aspetto della resilienza è il cambiamento. Come in biologia l'adattamento è legato all'evoluzione della specie, così in psicologia l'adattamento alle situazioni cambia il proprio modo di vivere, la flessibilità rafforza la fiducia in sè e porta a vivere pienamente gli eventi della vita. Tenendo conto del temperamento, di natura biologica, e del carattere forgiato nelle relazioni sociali, si riesce a sviluppare un giusto grado di resilienza che permette di affrontare le difficoltà della vita e favorire il cambiamento. Nel parco giochi, osserviamo i bambini che giocano. A volte si avvicinano ai genitori, per vedere se ci sono ancora, a volte si allontanano per giocare, per esplorare. Questo li aiuta a crescere. Gli adulti devono limitarsi ad osservarli.
La scuola é la prima esperienza di vita sociale per un bambino. Potranno esserci difficoltà di relazionarsi con gli altri, forse sperimenterà una solitudine profonda, si porterà dietro questa triste esperienza infantile, ma rafforzerà il proprio apparato psichico, il proprio carattere, e le esperienze di relazioni difficili lo aiuteranno a maturare.
Jung diceva che dobbiamo imparare ad essere sempre più simili a noi stessi, per essere individui. Un bambino attraverso le difficoltà impara a riconoscersi e a rapportarsi con gli altri.
L'autorità. In classe il bambino stabilisce un rapporto con l'autorità, rappresentata dall'insegnante. Parlare male dell'insegnante o del suo modo di educare o insegnare, non é positivo, perchè il bambino ha stabilito un rapporto affettivo chiaro, ma diverso da quello che ha con i genitori. E' necessario che ci sia sempre una interazione tra famiglia e scuola, il conflitto non aiuta il bambino a vivere serenamente . Viene messa in discussione la sua capacità di rapportarsi con gli altri in altri contesti. 
 
Per consentire una crescita equilibrata, occorre anche non sviluppare il concetto di competizione. Non é resilienza se si trasmette ai figli l'idea che devono essere migliori degli altri, che devono essere i primi della classe. O peggio, punirli se non raggiungono alti livelli. I figli non sono la proiezione dei genitori. Finita l'esperienza del più bravo della classe, il bambino può trovarsi poi in contesti in cui vivrà esperienze di frustrazione, non avrà più fiducia in se stesso. Vedrà il mondo come un luogo in cui si deve combattere, competere, confrontarsi. E' vero che la vita é una giungla, e bisogna imparare a farsi spazio. Ma é più educativo insegnare a cooperare. La cooperazione é più vicina al modo di relazionarsi dei bambini. Insegnamenti da vivere in famiglia, perché la famiglia é davvero una palestra di vita.
Sviluppare la resilienza significa trovare la capacità di adattarsi alla realtà, valutandone i vari e complessi aspetti, e dare una giusta risposta. 



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Bene, ringraziamo il prof. Giuseppe Lazzaro il nostro amico Giuseppe e soprattutto è importante quello che lui ci ha voluto comunicare. La resilienza nei bambini, cioè l'invito a noi genitori, a noi nonni di permettere ai bambini di sperimentare le loro emozioni, soprattutto di lasciarli andare avanti nella vita, per affrontare le difficoltà che man mano la vita presenterà e soprattutto inculcare in loro la necessità della cooperazione e non della competizione. Quindi abbiamo anche come educatori un grande compito. Buona serata a tutti.

                                                                               Silvia Laddomada

giovedì 18 giugno 2020

PIANTO ANTICO di Giosuè Carducci

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RELATRICE: SILVIA LADDOMADA

 


Il melograno, presente in molti giardini, è una pianta asiatica, bella per i suoi fiori, in questo mese. I suoi frutti rossi maturano in autunno. Degno ornamento del pranzo di Natale. Di buon auspicio la notte di san Silvestro, insieme alle lenticchie.
Pianta degna dell'attenzione del poeta Carducci



PIANTO ANTICO di Giosuè Carducci

Desidero proporre all'attenzione degli amici una poesia che certamente gli ultracinquantenni hanno conosciuto a scuola. Oggi sono altri i contenuti delle poesie che si propongono alla lettura e alla comprensione. Oggi non si imparano più a memoria le poesie, come una volta.
Per questo, molti di noi, a distanza di anni, ricordano ancora. Nei cassetti della memoria depositiamo tante cose, belle e brutte. Al momento opportuno quel cassetto si apre e ciò che abbiamo depositato ritorna vivo, limpido, magari circostanziato. In questo caso affiorano alla mente i ricordi scolastici, i compagni, le maestre.
Nel componimento si parla dell'albero del melograno, che in questo mese è festoso, foglie verdi, fiori rossi particolari. Carducci lo ha reso famoso nella poesia Pianto antico. Una poesia scritta a giugno del 1871, dedicata al figlioletto Dante, morto improvvisamente all'età di tre anni, nel novembre dell'anno precedente. L'unico figlio maschio del poeta. C'erano due sorelline a fargli compagnia.

il giorno dopo la disgrazia, il poeta ne dà notizia al fratello Valfredo in un'accorata lettera. "Il mio povero bambino mi è morto, morto di un versamento al cervello.....Povero il mio caro Dante! E avevo riposto su quel capo tutte le mie speranze, tutto il mio avvenire! E mi ero avviticchiato a lui con quanto amore mi restava nell'anima! Oh che strappo del cuore e della vita! E' inutile parlare di consolazione: il tempo potrà rammarginare un po' la ferita; ma guarirla non mai".
Il poeta ci confida un triste ricordo. A giugno, quando l'albero di melograno fiorisce, lui ricorda il figlio che aveva una certa predilezione per quell'albero. Ma il suo affetto non potrà risvegliarlo dalla tomba.

Leggiamo ora i versi del poeta.
"L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano
il verde melograno
da' bei vermigli fior

nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu fior della mia pianta
percossa e inaridita,
tu dell'inutil vita
estremo unico fior,

sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra,
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor".

La poesia fa parte della raccolta "Rime nuove".

Un brano fluido, scorrevole, una filastrocca infantile, cantabile, in contrasto con la drammaticità del contenuto.
Sul piano formale si tratta di quattro strofe di quattro versi ciascuna. La rima é solo tra il secondo e il terzo verso. L'ultima sillaba dei primi versi non ha richiami in rima; l'ultima sillaba di ogni quarto verso é in rima, ed é sempre una parola tronca. "fior", "calor", "fior" ,"amor".

La parafrasi ce lo renderà chiaro e comprensibile.
"L'albero, verso cui protendevi , allungavi la tua piccola mano, il melograno con le sue verdi foglie e con i suoi bellissimi fiori rossi è rifiorito nel silenzioso e solitario orto (non più animato dal chiassoso giocare del bambino).
L'estate lo irrobustisce con la luminosità e il calore del sole.
In contrapposizione : tu mio fiore, (Carducci metaforicamente diventa pianta e il figlio fiore) fiore di una pianta percossa ormai dalla sventura e incapace di generare un nuovo fiore, tu ultimo e unico fiore, unico maschio della mia vita, ormai inutile , sei nella tomba, coperto da terra fredda, priva di calore, da terra nera, priva di luce, il sole non ti dà più allegria, né il mio affetto può ridestarti dal sonno eterno.

In questi versi é racchiusa l'intensa emozione del poeta; con sincerità d'accenti parla del suo dolore. Il pianto di un padre. Un pianto antico. Questo è il titolo. Che non è il pianto per una perdita avvenuta nel passato, ma è un pianto che risale ai più lontani tempi, è un pianto primordiale, antico quanto l'umanità, in cui si rinnova il dolore di ogni padre di fronte all'innaturale perdita di un figlio. Il pianto dei padri che sono sopravvissuti, assistendo al ritorno implacabile del sole e dei colori.
Carducci ha proiettato il proprio strazio individuale su un piano più ampio e universale. Un grande dolore che il poeta ha reso attraverso questa classica contrapposizione tra la vita con il suo calore e i colori della natura e la morte, con la sua freddezza e oscurità.

Giosuè Carducci, nato nel 1835, era originario della Versilia toscana, era di Valdicastello, nella provincia di Lucca, ma trascorse l'adolescenza tra Castagneto e Bolgheri in Maremma.
Aveva studiato a Firenze, successivamente a Pisa. Laureatosi in Lettere, aveva insegnato all'Università di Bologna fino al 1905. Nel 1906 venne insignito del premio Nobel per la letteratura, premio assegnato per la prima volta a uno scrittore italiano e nel 1907 morì a Bologna. Gli subentrò nell'insegnamento, all'Università di Bologna, Giovanni Pascoli.

 


Carducci è un poeta poco letto nel Novecento, perché in realtà è stato il cantore degli ideali risorgimentali, il poeta- vate di un'Italia finalmente unita e libera, che avrebbe fatto rivivere alle nuove generazioni la gloria dell'antichità classica.
Carducci era allora un giovane spirito ribelle, polemico, di idee repubblicane e mazziniane. Poi, turbato dagli esiti del socialismo e dalla corruzione della classe politica della Sinistra storica, come il trasformismo di Depretis, il conservatorismo e colonialismo di Crispi, si adeguò gradatamente alla situazione, avvicinandosi sempre più alla monarchia sabauda, diventò anche senatore del Regno. Deluso dalla meschinità dei suoi contemporanei, dalla mediocrità dell'Italia umbertina, dalla grettezza degli uomini "novelli", il suo spirito polemico si attenuò, assumendo le forme più sfumate della nostalgica rievocazione della Storia passata.
Quindi divenne cantore della gloria dell'antica Roma e critico severo dello squallore della nuova Roma capitale.
Non gli interessò lo spirito romantico, troppo sentimentale e molle la generazione dei romantici, per lui.
Nella sua produzione poetica seppe offrire una visione incantata della Roma che fu, del suo glorioso passato, rivelando una profonda malinconia per un mondo di grandezza ormai perduto. Ha anche esaltato le gesta eroiche della civiltà greca, gli eventi, le azioni coraggiose del Medioevo, tutto quello che segnava la grandezza di un popolo. Era lo "scudiero" dei classici.
Una produzione poetica esaltante, resa con un linguaggio aulico, latineggiante, legata però a una stagione storica che il poeta ha vissuto con dignità e decoro. ma che ora ci appare lontana, conclusa.

Ma accanto ai testi celebrativi, oggi poco apprezzati, la migliore poesia carducciana si esprime nelle tematiche più intime e personali, con componimenti da cui traspare l'incanto dei sentimenti, la descrizione della bellezza naturale dei paesaggi.
Il poeta rivela in questi momenti una sensibilità inquieta, che anticipa temi e forme del Decadentismo.
Una produzione poetica in cui aleggia sempre un'aura di romanità e una tristezza solenne di cose trapassate. In questi componimenti intimi, l'ottimismo risorgimentale si vela di malinconia. Questo poeta gagliardo aveva anche lui le sue malinconie, quel senso triste della vita, quando ci si pensa. Ma la sua  è una malinconia virile, riposata, di chi accetta la vita com'è, con quel tanto di dolore e di gioia che porta con sé.
La sua serenità non era impassibilità, ma virile dominio delle inquietudini che turbavano il suo animo.

















PIANTO ANTICO di Giosuè CARDUCCI

TESTO
  1. L'albero a cui tendevi
  2. la pargoletta mano,
  3. il verde melograno
  4. da' bei vermigli fior,
  5. nel muto orto solingo
  6. rinverdì tutto or ora
  7. e giugno lo ristora
  8. di luce e di calor.
  9. Tu fior della mia pianta
  10. percossa e inaridita,
  11. tu dell'inutil vita
  12. estremo unico fior,
  13. sei ne la terra fredda,
  14. sei ne la terra negra;
  15. il sol più ti rallegra
  16. ti risveglia amor.

mercoledì 10 giugno 2020

Luigi XVI e gli Stati Generali

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RELAZIONE DI SILVIA LADDOMADA

Partiamo dall'attualità, per arricchire le conoscenze della Storia passata.
Si parla, in questi giorni, di Stati Generali, da parte del capo di Governo Giuseppe Conte.
Saranno convocati gli Stati generali, si dice.
Sembra un'espressione grossa, di assetto di guerra.
In realtà é un' Assemblea che vedrà riuniti il capo di Governo con i rappresentanti dei partiti, le forze produttive e le forze sociali.
E' un evento non comune, non quotidiano, che richiama alla memoria , per similitudine, la convocazione degli Stati Generali voluta dal re di Francia Luigi XVI nel 1789.Si dice che si riuniranno gli Stati Generali dell'economia, per fare il punto sulla fase 3, quella del rilancio dell'economia italiana dopo la fine dell'emergenza sanitaria.
Sappiamo tutti che le conseguenze economico-finanziarie della pandemia saranno dure e difficili da contrastare. Occorre, si dice, una saggia strategia politica in grado di garantire: meno tasse, meno burocrazia, più investimenti.
In un momento così precario, non occorre lo scontro tra le forze politiche. Il presidente Mattarella ha richiamato tutti alla coesione, al senso di responsabilità, ha parlato di Stati generali inclusivi.
Ed é questa la strada che si vuole percorrere.
Sarà possibile usufruire di un fondo europeo di oltre 170 miliardi di euro, ma bisognerà presentare un documento di proposte condivise, un piano di investimenti e di progetti da presentare a Bruxelles.

Il Parlamento italiano

Quindi in questi giorni il Presidente del Consiglio lavorerà con i ministri, con i capi delegazione del Partito democratico, del Movimento 5 Stelle, di Italia viva, di Liberi e Uguali. Lavorerà per la stesura della piattaforma, del documento, con cui andrà al cospetto di Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confagricoltura, dei sindacati, delle piccole e medie Imprese. consulterà le "eccellenze" delle associazioni imprenditoriali che programmano ad alto livello innovativo e tecnologico; consulterà "le menti brillanti", quali l'architetto Renzo piano, il docente di Economia del Lavoro Tino Boeri, il segretario della CGIL Mauro Landini ed altri economisti.
Dovrà consultare le opposizioni: Forza Italia, Fratelli d'Italia e la Lega, cioè i loro leader o i responsabili economici dei loro partiti.
Sarà così preparata una grande piattaforma di programmi di rilancio dell'economia italiana, da attuare con l'utilizzo del fondo europeo di 170 miliardi di euro.
Fondi che saranno utilizzati in 5 settori di intervento: infrastrutture, digitalizzazione, investimenti privati, capitale umano e Sanità.
E' molto probabile che si voterà anche a favore del MES, Meccanismo europeo di Stabilità. Si tratta di un fondo salva Stati, di oltre 37 miliardi di euro, per rilanciare il Servizio Sanitario nazionale. Si dovrebbe, in pratica, investire questo fondo per ammodernare la rete ospedaliera, per rinnovare i macchinari diagnostici, incrementare la medicina del territorio, stabilizzare medici e infermieri.
Ci auguriamo tutti che, messi da parte gli interessi individuali, si lavori per il bene comune e si aiutino le diverse categorie economiche, che questa quarantena ha indebolito. Gli Stati generali, quindi, per attuare uno sconvolgimento epocale positivo.
Meno positivo fu, invece l'esito della convocazione degli Stati generali nella Francia dell'ultimo decennio del 1700.
In quel periodo la monarchia francese dovette affrontare una grave crisi finanziaria dovuta alla carestia, all'aumento dei prezzi, ai debiti di guerra contratti per l'intervento al fianco delle tredici colonie inglesi in America (la famosa rivoluzione americana, che portò alla nascita degli Stati Uniti).
La popolazione era divisa in tre ordini: nobiltà, clero e terzo stato.
Se nobiltà e clero erano esenti dal pagamento delle tasse e godevano di svariati privilegi, come vivere nella corte di Versailles, con vitto e alloggio pagati dal Re, il terzo stato, formato da tutti gli altri ceti sociali, non aveva privilegi, non aveva diritti e pagava tributi di vario genere.
L'enorme debito dello Stato indusse il re a nominare come ministri, uomini capaci e onesti che proposero delle riforme, ma non riuscivano a farle approvare.

Stati Generali del 1789 (Foto Wikipedia)

Allora Luigi XVI decise di convocare gli Stati generali, un'assemblea di origine medievale, che non veniva convocata da due secoli, formata dai rappresentanti dei tre ordini. Un'Assemblea che doveva approvare l'introduzione di nuove tasse, da far pagare anche a nobili e clero.
Ovviamente ciascuno aspirava a ottenere risultati in contrasto con gli interessi e le aspettative altrui.
L'annuncio della convocazione portò i sudditi francesi a organizzare comizi, assemblee popolari, dove venivano decisi gli argomenti da discutere. Si preparavano documenti scritti, i cahiers de doleances, quaderni di lamentele, lettere indirizzate al re, in cui il popolo esprimeva il proprio malcontento, le proteste, raccontava le sofferenze dei ceti più poveri, guidati da intellettuali illuministi che credevano nella libertà, nell'uguaglianza e nella fratellanza.
Un'altra similitudine con quello che accade oggi. Cosa sono, infatti, le varie trasmissioni televisive serali, come Diritto e Rovescio, Fuori dal Coro, Quarta Repubblica e tante, tante altre, se non cahiers de doleances digitali, in cui con toni spesso esasperarti, la gente manifesta il proprio malessere, le difficoltà, la disperazione e invita il Governo a rimediare?
Il re di allora decise quindi di riunire i tre stati e di attuare alcune riforme.
Purtroppo ci furono dei contrasti sulla modalità di votazione:
Votare le riforme per testa, cioè un voto per ogni deputato, come voleva il terzo stato, o votare per ordine, come volevano clero e nobiltà?
Nel primo caso, cioè votare per testa, avrebbe vinto il terzo stato, perchè i suoi rappresentanti, in proporzione, erano più numerosi dei rappresentanti uniti degli altri due stati.
Votare per ordine, invece, significava che la maggioranza sarebbe andata a clero e nobiltà, due voti contro uno.
Il re non accettò la proposta del terzo stato, per non perdere il consenso della nobiltà.
A questo punto, il terzo stato decise di proseguire i lavori dal solo, finché non avesse dato alla Francia una nuova Costituzione.
Il re, alquanto indeciso, fece affluire delle truppe nei dintorni di Parigi.
Il popolo, deluso, si ribellò e assaltò la Bastiglia, una struttura in cui venivano detenuti gli avversari politici, una struttura simbolo dell'antico regime. Era il 14 luglio 1789, giorno che viene considerato l'inizio della Rivoluzione francese.
Noi, certamente, ci aspettiamo un esito diverso, ma non bisogna dimenticare che le tante folle che protestano in cortei e sfilate, sotto diverse bandiere, si aspettano tanto da questo piano di rinascita dell'economia che il Governo dovrà stilare.

mercoledì 3 giugno 2020

2 giugno. Nasce l'Italia repubblicana

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Fiori d'arte a Silvia per la lectio magistralis












                                                                                                        (Franco Presicci)

Relatrice Silvia LADDOMADA                                                                                                                                                               
Diamo inizio a un corso di Storia della Repubblica italiana, a partire dal dopoguerra, per arrivare al racconto della Storia contemporanea, cioè fino ai decenni del 2000.
Prima di ripercorrere gli eventi di quel periodo, vorrei farvi ascoltare il discorso, in sintesi, che il presidente Sergio Mattarella ha rivolto agli Italiani.

"Nel 1946 gli Italiani seppero superare le divisioni che avevano lacerato il Paese, per fare della Repubblica la casa di tutti, sulla base dei valori di libertà, pace e democrazia. Questa giornata é come emblematica per l'inizio della ripartenza, dopo il difficile periodo che abbiamo vissuto in questi mesi. Dobbiamo avere la consapevolezza delle difficoltà che abbiamo di fronte. La ricostruzione sarà impegnativa, forse sofferta, serviranno coraggio, prudenza, tempestività e lungimiranza. Questo 2 giugno ci invita a riflettere su cosa é e su cosa vuol essere oggi la Repubblica. Non si tratta di annullare la normale dialettica politica; la democrazia vive e si alimenta di confronto tra posizioni diverse. C'é qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Cioè l'unità morale, la coesione, la consapevolezza, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili gli uni degli altri, una generazione dell'altra, un territorio dell'altro, un ambiente sociale dell'altro. Siamo tutti parte di una stessa storia, di uno stesso popolo. L'Italia non é sola, l'Europa ha manifestato di aver ritrovato lo spirito autentico della sua integrazione. Si va affermando la consapevolezza che la solidarietà tra i Paesi non è una scelta tra le altre, ma é la sola via possibile per affrontare con successo la crisi più grave che le nostre generazioni abbiano vissuto. L'Italia in questa emergenza ha mostrato il suo volto migliore. Sono fiero del mio Paese". 
Fieri dovremmo essere anche noi di essere Italiani.

Ritorniamo adesso indietro nel tempo, per ripercorrere gli eventi che accompagnarono i primi passi della nostra Repubblica.
Durante il periodo della Resistenza, all'interno del Comitato di liberazione nazionale (Cln) avevano cominciato a riorganizzarsi quelle forze politiche che diventeranno protagoniste della vita italiana del dopoguerra. Parliamo di sette partiti:
La democrazia cristiana (DC), nata nel 1942 dall'incontro di esponenti del Partito popolare di don Sturzo con elementi formatisi all'interno dell'Azione cattolica. Un partito interclassista, che si rivolgeva a tutti i ceti sociali. Era guidato da Alcide De Gasperi.
Il partito comunista (Pci), che nell'era fascista aveva agito in forma clandestina e che ora si stava allontanando dalla linea rivoluzionaria per entrare nelle istituzioni democratiche. Un partito di massa, di natura classista, avente come obiettivo gli interessi di una sola classe, quella dei lavoratori, in particolare degli operai. Una grande organizzazione coordinata dal segretario Palmiro Togliatti.
Il partito socialista che si era frantumato negli anni '20, con l'avvento del fascismo ed era rinato nel 1943 con la denominazione di partito socialista di unità proletaria (Psiup). Un partito che godeva di grande prestigio, per essere il più antico partito operaio italiano. Era guidato da Pietro Nenni.
Il partito d'Azione, nato nel 1942 dalla riunione di ex militanti di Giustizia e Libertà, da liberalsocialisti e da democratici liberali, che però si sciolse nel 1947.
La democrazia del lavoro, di Ivanoe Bonomi, partito democratico populista, destinato a sciogliersi nel 1948.
Il partito Liberale, alquanto conservatore e tradizionalista.
Il parrtito repubblicano, nato nel 1895, con il simbolo dell'edera, legato a ideologie mazziniane e radicali. Nel 1946 era rappresentato da Ugo La Malfa.

Esistevano  anche delle forze politiche di destra reazionaria. Fin dal 1944 era nato il Movimento dell'uomo qualunque, centro di aggregazione degli scontenti e dei nostalgici del passato regime. Nel 1946 i nostalgici dettero vita al Movimento sociale italiano (Msi), guidato da Giorgio Almirante. Gli altri, dopo il 1948, confluirono nel partito Liberale o nei movimenti monarchici.

La nuova Italia cominciò a muovere i primi passi a giugno del 1945, col primo governo post Liberazione, costituto dal Comitato di liberazione nazionale e presieduto da Ferruccio Parri, del Partito d'Azione. Un'esperienza di breve durata, perché non rispondeva alle aspettative delle diverse categorie economiche e nemmeno alle aspettative politiche degli italiani. Il Nord voleva valorizzare il sistema del Comitato di Liberazione, il Sud preferiva mantenere la continuità col vecchio stato.
Fu questa la prima crisi di governo del dopoguerra. Così il governo Parri si chiuse a novembre del 1945.
Gli succedette, a dicembre, un governo basato sulla coalizione di tutti i partiti antifascisti, presieduto da Alcide De Gasperi, leader della Democrazia cristiana.
De Gasperi ripristinò le istituzioni legate al vecchio stato liberale prefascista e attuò un clima di pacificazione nazionale, assecondato dal leader del Partito comunista, Palmiro Togliatti, ministro della giustizia.


Sempre nel 1946 si svolsero le elezioni amministrative, le prime dopo 20 anni. Il voto fu esteso alle donne; si realizzava così un vero suffragio universale.
Le elezioni segnarono l'affermazione della Democrazia cristiana, partito che godeva dell'appoggio del governo americano e delle gerarchie ecclesiastiche.

Il 2 giugno 1946 il popolo italiano fu chiamato a pronunciarsi sulla questione istituzionale.

Si trattava di scegliere tra Monarchia e Repubblica.
Ci fu un'affluenza del 90% dei cittadini.
L'esito del referendum sancì la nascita della Repubblica, che ottenne 12.717.923 voti. Contro i 10.719.284 totalizzati dalla Monarchia.
Dopo la pubblicazione dei risultati, Umberto II di Savoia, (succeduto da appena un mese al padre Vittorio Emanuele III, che aveva abdicato nel tentativo di salvare la Monarchia), rinunciò al trono e si ritirò in esilio in Portogallo. Vittorio Emanuele III si ritirò in Egitto.
Analizzati i risultati, regione per regione, emerse ancora una volta un'Italia divisa: la vittoria della repubblica si fondava sul voto del Centro Nord, mentre il Sud aveva assegnato una forte maggioranza alla monarchia.

21 Madri Costituenti: 9 DC, 9 PCI, 2 PSI, 1 Partito Uomo Qualunque
Contemporaneamente al referendum, venne eletta, a suffragio universale, l'Assemblea costituente, incaricata di procedere alla stesura di una nuova Costituzione. I risultati riconfermarono il peso della DC che ottenne la maggioranza relativa, seguita dal partito socialista e partito comunista.
Il 28 giugno fu proclamata ufficialmente la Repubblica.


Dieci giorni dopo, il giurista e uomo politico napoletano Enrico De Nicola
fu nominato capo provvisorio dello Stato.
Il nuovo testo costituzionale fu approvato a dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
Sempre nel 1947, mentre Pietro Nenni e Rodolfo Morandi sostenevano la fusione tra partito comunista e partito socialista, alcuni dissidenti socialisti, guidati da Giuseppe Saragat, fondarono il partito socialista dei lavoratori (Psli), che nel 1951 prese la denominazione di Partito socialista democratico italiano (Psdi).
Saragat rinunciava quindi all'utopia della rivoluzione proletaria e si collocava all'interno delle istituzioni liberal democratiche.
Il Psiup, partito socialista di unità proletaria, ritornava alla vecchia denominazione di Partito socialista (Psi).
Nella prima metà del 1947 ci fu una svolta politica decisiva per la vita della Repubblica. De Gasperi attuò una svolta in senso moderato, in una prospettiva filo occidentale e anticomunista.
In questo contesto, il partito socialista e il partito comunista uscirono dal governo e passarono all'opposizione.
De Gasperi restava capo di Governo.
Si chiudeva il periodo di collaborazione tra i partiti antifascisti, iniziato con il Comitato di Liberazione.
Il 18 aprile 1948 si tennero le prime elezioni politiche repubblicane. 
Bisognava creare la prima Camera dei deputarti e il primo Senato. 
29 milioni di italiani e italiane furono chiamati a dire da quale parte collocarsi nel mondo diviso in due, se con l'America di Truman o con la Russia di Stalin. La campagna elettorale fu accesa ma anomala.
Socialisti e comunisti si unirono in una coalizione chiamata Fronte popolare, ma non usarono toni duri, anzi tolsero la falce e il martello dai manifesti e scelsero come simbolo il volto di Garibaldi, un eroe democratico ma non certo filosovietico.
A chiusura della campagna elettorale Togliatti promise "pace, concordia, fratellanza, umanità", ma non attaccò gli Stati Uniti e non insistette sulla lotta di classe.
I toni esasperati furono invece quelli usati dai democristiani e dai loro due alleati: la Chiesa e gli Stati Uniti. Nei comizi De Gasperi definiva Togliatti "un diavolo dai piedi biforcuti". Un manifesto della DC mostrava un Garibaldi che, capovolto, diventava Stalin. Lo stesso Pio XII, in campagna elettorale, dichiarava: "o con Cristo o contro Cristo". Un gesuita, padre Lombardi, diceva " nel segreto dell'urna Dio ti vede, Stalin no". Gli americani, da parte loro, fecero capire che se avesse vinto il Fronte popolare, avrebbero sospeso gli aiuti del piano Marshall: questo piano, dal nome del generale che lo ideò, era un piano di aiuti economici americani all'Europa, per restituirle benessere, per diventare poi, magari, un grande mercato per i prodotti americani. I Paesi dell'Est non acettaronogli aiuti. Quindi i risultati riconfermarono il peso della Democrazia cristiana, 48,5 % dei voti. Mentre il Fronte popolare fu sconfitto.
Il nuovo presidente della Repubblica fu Luigi Einaudi, già vice presidente del Consiglio.
De Gasperi ebbe nuovamente l'incarico di formare il governo.
Egli avviò un'alleanza con i Socialdemocratici, con i Liberali e i Repubblicani, un'alleanza quadripartita.
Cominciava la fase del "centrismo".
Purtroppo lo scontro ideologico che aveva caratterizzato la campagna elettorale del 1948 ebbe una triste conseguenza. Il 14 luglio 1948 un estremista di destra ferì Palmiro Togliatti, segretario del partito comunista, nei pressi del Parlamento.
L'attentato scatenò uno sciopero generale che fece temere una insurrezione, ma i dirigenti del partito riportarono la calma. 
Un 'altra conseguenza fu la rottura dell'unità sindacale. La CGIL, sindacato unitario dei lavoratori dal 1944, fu accusato di dipendere molto dal partito comunista, e così si formarono tre distinti sindacati: la CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro) di orientamento comunista e socialista, la CISL (Confederazione italiana sindacati lavoratori) di orientamento democristiano e la UIL (Unione italiana lavoratori) di orientamento socialdemocratico e repubblicano.