sabato 26 febbraio 2022

STRATEGIA DELLA TENSIONE (1960-1976)

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La democrazia italiana sotto attacco

   Relatore Gianpaolo ANNESE

                 

Strategia della tensione

 

In Italia dal 1960 al 1976 ci sono state dieci stragi, tre-quattro tentativi di colpi di Stato, circa 1500 attentati di vario tipo, quasi 4mila morti, oltre 35mila feriti. Sono i numeri di una guerra civile non dichiarata, ma come si suol dire a bassa intensità. Ho preso a prestito il molto efficace incipit del poderoso lavoro dello storico Aldo Giannuli, che sarà il documento di riferimento preponderante che seguirò in questo percorso, per introdurre la riflessione sulla ‘Strategia della tensione’.

 
 


 

Cosa vuol dire Strategia della tensione

L’espressione fu usata per la prima volta da un giornalista inglese del The Guardian,

Leslie Finer, che il 7 dicembre 1969 (quindi una settimana prima della Strage di Piazza Fontana) scrisse che in Italia si stava preparando un colpo di Stato fomentato dai colonnelli greci, preparato da una serie di attentati da attribuire ai movimenti di sinistra così da provocare una reazione d’ordine tra la popolazione che a quel punto sarebbe stata favorevole a un governo forte e autoritario. Qui ci viene svelato un automatismo psicologico e sociale che spiegheremo meglio in seguito: per preparare il terreno a una dittatura militare occorre prima creare il caos. Quando si vuole un popolo docile bisogna prima spaventarlo con un incidente. A quel punto si può imporre il regime e il popolo non solo non reagisce, ma applaude.

Un quadro complesso

Cercheremo di individuare il senso, il filo conduttore. Comunemente si approfondiscono giustamente i singoli episodi – la strage di piazza Fontana, il golpe Borghese, la strage di Brescia – ma occorre adesso comporre il puzzle per comprendere a cosa siamo stati di fronte in quegli anni. Il lavoro delle commissioni parlamentari e le desecretazioni dei documenti fino ad oggi riservati consentono di fare passi avanti in tal senso.

I tre aspetti inediti

La novità che proveremo a introdurre nel dibattito sulla Strategia della tensione riguarda principalmente tre aspetti: 

 

1) Non fu una vicenda solo italiana, ma internazionale. Ha riguardato diversi Paesi del mondo. Per esempio i vari golpe che si sono susseguiti in varie parti del mondo in rapida successione nel giro di 15 anni mostrano alcune similarità tattiche sospette: Brasile, Grecia, Argentina, Cile, solo per citare i casi più noti. In tutti questi casi è stata riscontrata la presenza attiva dei servizi segreti americani.

 

2) Comunemente si fa risalire l’inizio della Strategia della tensione alla strage di Piazza Fontana, quindi il 12 dicembre 1969. In realtà le evidenze mostrano che il meccanismo si è azionato a partire dal 1960 e forse secondo qualcuno anche prima.

 

3) Non c’è stata un’unica cabina di regia, non ci sono stati una decina di cospiratori riuniti di nascosto in una cantina a pianificare il nuovo ordine mondiale. Non esiste un unico lunghissimo filo che unisce i vertici delle superpotenze agli esecutori. I burattinai sono stati parecchi e spesso in conflitto tra loro e a ogni livello ciascuno ha sempre potuto avere una discrezionalità minima sulle scelte, non è stato tutto pianificato. Il presidente americano Eisenhower mise in guardia contro il cosiddetto apparato militar-industriale composto da gerarchie militari, servizi di sicurezza, segmenti di grosse aziende, parte del mondo finanziario, aziende produttrici di armi, politici. 

La riflessione si articolerà in tre momenti: la preparazione della strategia della tensione (1950-60), il suo momento centrale di massima potenza (69-72) e infine la sua fine (73-75).  

         INTRODUZIONE DI SILVIA LADDOMADA

In Italia quando parliamo di contestazione ci

 riferiamo al biennio '68-'69.

Nell'autunno del 1967 esplose anche in Italia,

 come in altri paesi europei, la contestazione

 studentesca. La protesta nata come esigenza di

 una maggiore democratizzazione della vita

 scolastica e universitaria, acquistò ben presto un

 carattere politico e avanzò delle esigenze di

 radicali riforme sociali ed economiche.



 

 

 

 

 

 

 

 

Le agitazioni culminarono in occupazioni a catena

 degli atenei e in scontri con le forze di polizia,

 mentre la classe politica oscillava tra repressione

 e atteggiamenti concilianti.

Gli anni della contestazione e dei movimenti non

 si esaurirono nell'arco del biennio 1968-69, ma

 proseguirono per tutti gli anni Settanta.

Proteste e rivendicazioni che riguardavano una

 maggiore democratizzazione della vita pubblica

 italiana, l'allargamento dell'istruzione e di altri

 diritti fondamentali, il miglioramento dei servizi

 sociali, dei rapporti tra cittadini e Stato, dei

 rapporti tra gli individui e tra i sessi.

Gli anni '70 sono stati anni di importanti conquiste

 politiche e civili, ma nello stesso tempo si

 assistette alla deriva dei "programmi

 rivoluzionari" e all'emergere di una novità

 destinata a sconvolgere l'intera vita del paese:

 l'affermarsi della violenza come arma politica.

L'obiettivo sembrava essere quello di gettare il

 paese nel caos e creare le condizioni per

 realizzare una svolta di governo autoritaria.

Si tratta di una vera e propria strategia (verrà

 definita per questo: "strategia della tensione"),

 che avrebbe connotato in modo drammatico la

 vita politica del Paese.

L'Italia visse col fiato sospeso e il normale corso

 della vita democratica fu assai tormentato.

 

 



 

  

Preparazione: la pace mancata

Dottrina Truman

Gli eventi precipitarono con la vittoria dei comunisti in Romania, Bulgaria, Ungheria anche se avevano il 17%. I servizi segreti avvertivano che anche Grecia e Turchia stavano finendo sotto le mani dei comunisti. Fu in questa occasione che fu elaborata la dottrina Truman: sostegno americano ai popoli liberi che lottavano per la loro libertà e indipendenza “contro minoranze armate o pressioni esterne”. La dottrina Truman è la dottrina del contenimento, per frenare l’espansionismo russo. Fu qui che si determinò il mondo in sfere di influenza che si voleva evitare: il mondo occidentale che prendeva corpo nella Nato contro il mondo sotto l’egida sovietica dell’est. La dottrina Truman, si badi, prevedeva uno sbarramento, un contenimento appunto che riconosceva comunque la presenza sovietica in certe zone: l’importante era non sconfinare, rimanere nel cortile dato. E’ importante specificarlo perché presto dal contenimento si passerà a quello che gli americani chiamano ‘rollback’, ributtare indietro, una strategia più aggressiva dell’altra, laddove nel contenimento si lascia il comunismo nel suo spazio, nella sua ‘gabbia’, con il rollback si passa all’attacco e l’obiettivo non è più arginare il comunismo, ma distruggerlo.

Guerra fredda

La bomba atomica sganciata nel 1945 sul Giappone, a Hiroshima e Nagasaki aveva indotto gli americani a credere che anche con la Russia si sarebbe potuto fare allo stesso modo. E’ accertato che lo stato maggiore militare americano aveva predisposto almeno 20 piani di attacco, un bombardamento nucleare che avrebbe dovuto mettere in ginocchio per sempre la Russia. Non tutti i militari americani erano però d’accordo: un attacco radioattivo di quelle dimensioni avrebbe potuto investire anche gli aggressori e inoltre i milioni di morti che avrebbero provocato sarebbe stato inaccettabile per l’opinione pubblica che si sarebbe schierata contro gli Stati Uniti. Soprattutto gli americani non sanno in realtà se anche i russi dispongono della bomba atomica: per cui non potevano escludere una reazione sovietica altrettanto feroce sulle città americane. Per cui ogni conflitto militare, soprattutto in Europa, era frenato dalla paura della distruzione reciproca, Giannuli lo chiama “l’equilibrio del terrore”, Luttwack la ‘paura del secondo attacco’, un principio fondamentale per capire cos’è la Guerra fredda.

L’Italia osservata speciale

L’Italia è un’osservata speciale per alcune ragioni: la sua posizione geografica, una portaerei nel Mediterraneo collocata in senso verticale tra l’Europa e l’Africa ricca di materie prime come il petrolio per esempio e orizzontale, est-ovest; la presenza del Vaticano; in Italia c’è il più forte Partito comunista di occidente. Perché? L’Italia, uscita malconcia dalla Guerra, aveva affidato la sua ripresa economica alle esportazioni, cioè le aziende producevano beni che venivano venduti soprattutto all’estero. Per vendere all’estero però devi fare o cose più belle degli altri o meno costose degli altri. E come si fa? Si abbassano i costi di produzione, in particolare i salari. L’Italia negli anni ’50 aveva gli stipendi e i salari tra i più bassi d’Europa, oltre che uno stato sociale in termini di servizi piuttosto inefficiente e un trattamento pensionistico tra i più avari. Le rivendicazioni sindacali e sociali saranno ovviamente in quel periodo intercettate dai partiti di sinistra, irrigidendo il mondo imprenditoriale e i partiti di destra. Oltre al Pci c’era un Partito socialista alleato molto forte, cosicché la sinistra arrivava al 35 per cento dei consensi, con una destra di fatto esclusa dalla stanza dei bottoni. Tra l’altro nel Pci per lunghi anni si confrontarono due visioni: chi aveva accantonato per sempre l’opzione insurrezionalista-rivoluzionaria come Palmiro Togliatti e chi invece riteneva la Resistenza come il solo il primo tempo di una partita che doveva ancora concludersi con la rivoluzione come Pietro Secchia. Il cruccio dei filo-atlantici - tra cui alcune frange della democrazia cristiana, i partiti di destra, fasce imprenditoriali - era sottrarre il Psi all’abbraccio con il Pci. Addirittura si pensò di mettere fuori legge il Pci, mentre Pio XII lo scomunicò. Fu in quel periodo che nacquero formazioni paramilitari clandestina come Gladio pronte a intervenire qualora il Pci avesse conquistato il potere: la convinzione di alcuni ambienti era che occorresse una svolta autoritaria per frenare le mire del Partito comunista. Si avviò una guerra civile fredda, con discriminazioni e repressioni nelle piazze.

Governo Tambroni

Tra queste, la più importante è l’insurrezione a Genova contro il governo Tambroni: in pratica l’esecutivo era sostenuto dalla destra post fascista del Movimento sociale, che in quei giorni tenne provocatoriamente il suo congresso a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza. Una possibilità concessa proprio da Tambroni. Scoppiò una rivolta che ebbe tre anomalie rispetto alle solite manifestazioni: il ricorso alla piazza per ribaltare l’esito delle manovre parlamentari; l’adesione alla rivolta che va ben oltre i partiti di sinistra; la capacità della protesta di resistere alla repressione. Molti ambienti filo-americani si convinsero che il Pci era vicino all’ora X. Supportati in questa idea anche dalle numerose esperienze di sinistra e di centrosinistra che emergevano nel continente. In Italia la Democrazia cristiana di Aldo Moro cercava intese con il Psi in nome delle convergenze democratiche poi ribattezzate dal liberale Malagodi le convergenze parallele. Ambienti industriali arrivarono a finanziare le correnti della dc per rompere con i socialisti. Si varano programmi di opere pubbliche, una spesa sociale più alta, accoglimento delle rivendicazioni sindacali, nazionalizzazione dell’energia elettrica.

Hotel parco dei principi

Gli ambienti militari – stante la scarsa collaborazione della Democrazia cristiana e l’arrivo alla presidenza della Repubblica di Saragat al posto di Segni - avevano preso a elaborare documenti che prevedevano neutralizzazioni e reazioni in caso di vittoria del Partito comunista. Alcuni evidenziavano la necessità di intervenire anche prima che questo potesse avvenire. Una testimonianza abbastanza palese di questo è il convegno organizzato il 6 maggio 1965 all’istituto di studi militari Alberto Pollio al parco dei Principi a Roma sulla necessità di “un’azione che fronteggi efficacemente nel nostro Paese gli sviluppi di una guerra rivoluzionaria” e “sull’opportunità di una stretta collaborazione fra militari e civili”. Si organizzarono simulazioni di attacchi violenti contro esponenti del clero e simboli religiosi la cui responsabilità sarebbe dovuto ricadere sugli avversari, cioè su formazioni di sinistra.

La contestazione

Arriva il ’68, si fa largo una generazione mediamente più colta, che non ha conosciuto la guerra, imbevuta di miti nordeuropei e americani, sessualmente libertina. Un clima sovraeccitato che culminò nello sciopero generale del novembre del 69 con l’uccisione del poliziotto Annarumma a Milano, non è chiaro se fu ucciso da un tubo metallico in testa oppure in un incidente con le stesse camionette della polizia. Il Presidente Saragat andò in tv a parlare di “barbaro assassinio” arroventando ulteriormente gli animi.

Piazza Fontana

Ci furono numerosi attentati per tutto il 1969, 200 esplosioni con feriti leggeri che avevano diffuso inquietudine. Poi arrivò Piazza Fontana. Il 12 dicembre alle 16.37 nel salone della Banca dell’agricoltura a Milano un’esplosione ad alto potenziale causa 13 morti, poi divenuti 17 e quasi 100 feriti. Un altro ordigno viene trovato nella banca commerciale sempre a Milano, mentre altri scoppi meno potenti si verificano in quelle stesse ore a Roma all’Altare della patria. Mai successa una cosa del genere dopo la guerra. La polizia non ha dubbi: sono stati gli anarchici, in particolare l’indiziato numero uno era il ballerino Pietro Valpreda che era stato visto alla banca dell’agricoltura pochi minuti prima dello scoppio. Fu in questa occasione che un altro anarchico Giuseppe Pinelli finì fuori dalla finestra durante un interrogatorio alla questura di Milano, non è stato ancora chiarito se si è trattato di suicidio o defenestrazione: forse Pinelli aveva intuito qualcosa? Aveva intuito che gli anarchici erano stati strumentalizzati? Nel frattempo il Msi convoca una manifestazione per il 14 dicembre, due giorni dopo la strage, a Roma. Secondo l’ordinovista ‘risentito’ Vincenzo Vinciguerra, uno degli autori della strage di Peteano nel 1972 (il fascista di sinistra: contro il comunismo ma anche contro il capitalismo, che vedeva e non accettava il rapporto tra Ordine nuovo e i servizi segreti, lo Stato), spiega che si doveva trattare di una manifestazione per dar fuoco alle polveri: ci sarebbero sicuramente stati scontri di piazza con la sinistra e questo con il clima rovente di quei giorni avrebbe dovuto provocare un colpo di stato. La manifestazione però non si tenne per il lutto nazionale e doveva essere spostata al 20.

Indebolimento della strategia della tensione

Il problema è che la strage non aveva sortito effetti, non ci fu la proclamazione dello stato di emergenza e neppure le elezioni anticipate. Pochi morti disse Vinciguerra, A Milano la gente non si rivolta. Il presidente Rumor non proclama lo stato di emergenza e rischia la pelle. La controinformazione di sinistra parla di colpo di stato fomentato dai colonnelli greci, pezzi della Dc, Pri, Pli, Msi, Confindustria e servizi segreti, il partito americano: viene definita una strage di Stato. Una strage per destabilizzare e quindi ristabilizzare. Dopo 36 anni sono state individuate le responsabilità di alti funzionari dello Stato, il generale Gianadelio Maletti e il capitano Antonio Labruna, appartenenti ai servizi segreti: furono condannati in via definitiva per falso ideologico e favoreggiamento verso gli autori della strage, il gruppo veneto di estrema destra Ordine nuovo e i loro ispiratori. Nella sentenza della Cassazione del 2005 furono individuati in Franco Freda e Giovanni Ventura, non più perseguibili in quanto assolti per lo stesso reato in precedenza, mentre gli autori materiali non sono mai stati trovati.

Golpe Borghese

Tra il 7 e l’8 dicembre del 1970, 20mila uomini organizzati da un sedicente Fronte nazionale che accomunava le diverse formazioni di estrema destra, frange deviate della massoneria come la P2 e alcuni ambienti militari, riuscirono a occupare il Viminale, mentre non andò in porto l’occupazione della Rai e l’arresto del presidente Saragat. La sera prima al nostro amico, allora giovanissimo, Vito Santoro mentre svolgeva il servizio militare un generale (che poi sarà arrestato) dirà: “Questa sera Santoro la frittata sarà girata da così a così..”, girando il dorso della mano. Il giovane Vito non colse di cosa parlasse, lo seppe qualche tempo dopo Anche in questo caso, l’interrogativo è quanto sapevano i partiti di maggioranza allora al potere. C’è anche chi sostiene che il golpe fu organizzato per farlo fallire e far uscire definitivamente di scena i protagonisti, come dice Machiavelli nulla nuoce ai congiurati più che una prova fallita. Il Golpe fallì, ma di fatto la situazione politica cambiò: nel senso che prima come dice Miguel Gotor Andreotti non rivestiva per la prima volta dal 1947 alcun incarico di governo, nel 72 varò il suo primo governo con i liberali e il sostegno esterno della destra, ponendo fine all’esperienza del centrosinistra. Determinante probabilmente fu anche la diversità di vedute tra chi preferiva una soluzione militare alla greca e chi invece un epilogo presidenzialista.

Nixon intanto raggiunge la distensione con Russia e Cina, impazza la crisi economica, cadono i fascismi di Spagna, Portogallo e Grecia: gli Stati Uniti si rendono conto che l’appoggio di regimi militari e la guerra rivoluzionaria non avevano intaccato l’orbita sovietica, anzi tra gli anni 70 e 80 ci fu la massima espansione in Africa e in Medioriente e in più i regimi militari erano poco gestibili, nazionalisti, oltre che creavano con la loro brutalità danni di immagine. Si cominciano a preferire manovre più entriste, infiltrare i propri uomini nell’organizzazione per cambiarle dall’interno, come fece la P2.

Strage di Brescia

La bomba di piazza della Loggia a Brescia, nel corso dello sciopero nazionale il 28 maggio e della manifestazione antifascista dei sindacati, non doveva servire ad accusare la sinistra, ma a terrorizzarla per punire Taviani per la messa fuori legge di Ordine nuovo. Gli autori si chiamano Marco Toffaloni e Roberto Zorzi. Secondo la procura sarebbero gli esecutori materiali della strage e cioè la manovalanza al servizio di Carlo Maria Maggi, il medico fascista capo in Veneto dell’organizzazione eversiva Ordine Nuovo, condannato all’ergastolo come ideatore della strage e morto nel dicembre del 2018. 8 morti e 102 feriti.

Conclusioni

  1. Si sa tutto del terrorismo rosso, ma ancora poco del terrorismo nero.

  2. La democrazia non è acquisita. Occorre impegnarsi per preservarla perché c’è chi non crede alla democrazia e preferisce una guida autoritaria, di solito sé stesso. Democrazia in concreto vuol dire eguaglianza dei diritti e dei doveri, eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, possibilità di eleggere chi ci governa, il potere esercitato entro precisi limiti, la tutela delle libertà di parola, di culto, di pensiero, diritti umani e civili, intangibilità del corpo, separazione dei poteri, controllo e bilanciamento. Non sono valori acquisiti e scontati. Si pensi all’involuzioni in questo senso di Paesi come Ungheria, Polonia, Russia, Turchia.

  3. Diffidare di chi in presenza di attentati terroristici invoca leggi speciali, stati di guerra o di emergenza. Perché se la regia dell’attentato sono segmenti dello Stato l’emergenza favorisce chi predica soluzioni autoritarie, esattamente quello che vogliono gli autori delle stragi. Se invece i terroristi sono esterni allo Stato, si pensi al terrorismo islamico di questi anni, gli attentati vengono compiuti per indurre i governi a reagire duramente così da provocare nei fedeli islamici una sollevazione di massa, secondo un’escalation di tensione che può arrivare allo scontro totale.

 
 Bibliografia
 
-       La strategia della tensione - Aldo Giannuli (Ponte delle Grazie)
-          La bomba – 50 anni di Piazza Fontana - Enrico Deaglio (Feltrinelli)
-          Prima di Piazza Fontana. La prova generale - Paolo Morando (Laterza)
-          Colpo di Stato. Storia di un’inchiesta censurata - Camillo Arcuri (Rizzoli)
-          La maledizione di Piazza Fontana – Guido Salvini (Chiarelettere)
-          Colonia Italia – Giovanni Fasanella (Chiarelettere)
-          Il golpe inglese – Giovanni Fasanella (Chiarelettere)
 
 
 

 VIDEO: LA STRATEGIA DELLA TENSIONE DI GIANPAOLO ANNESE

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