giovedì 9 marzo 2017

LA DONNA NELLA MITOLOGIA, NELLA LETTERATURA, NELLA SOCIETA’

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                             Intervento di

Silvia Laddomada




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La creazione del mondo



La donna ha avuto fin dalla creazione del mondo un ruolo importante e determinante per i futuri destini dell’umanità. Sottomessa all’uomo fin dalla preistoria e relegata nei millenni successivi a custode del focolare domestico e a generatrice di figli, sappiamo che solo negli ultimi secoli ha raggiunto faticosamente il riconoscimento delle sue capacità, del proprio ruolo anche al di fuori dell’ambito famigliare, conquistando a fatica quella parità di diritti finora negati. Ricordiamo che una maggiore consapevolezza delle capacità femminili emersero nel corso della prima guerra mondiale, quando le donne sostituivano gli uomini mandati al fronte. Eppure, nonostante conquiste e battaglie, la vita della donna era segnata da discriminazioni e ingiustizie: lavoravano nelle fabbriche, ma venivano pagate di meno; nei periodi di crisi erano le prime a perdere il posto di lavoro; in caso di gravidanza erano costrette a scegliere tra maternità e lavoro, e spesso rimanevano sole, a far fronte a tutto. Oggi che la scolarizzazione femminile è più elevata, che le donne occupano posti di rilievo anche in politica, assistiamo purtroppo a tragedie che hanno come vittime le donne, segno che ancora molte di esse devono lottare per cambiare la mentalità maschilista, che ancora domina nella società. Sono innegabili la forza e il coraggio della donna, che riesce, pur nel ritmo frenetico che segna la nostra società, a tenere insieme una varietà di mondi, che chiedono attenzione, competenza, parole, silenzi, mediazioni.
Papa Giovanni Paolo II
Significative le parole del papa Giovanni Paolo II, che nella sua “Lettera alle donne” scriveva: “Non posso non manifestare la mia ammirazione per le donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici, e ne hanno presa coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari un peccato”. E papa Francesco aggiunge: “ Dove le donne sono emarginate c’è un mondo sterile, perché le donne non solo portano la vita, ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre loro, ci trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero”.

Ma perché “chi dice donna dice danno?”
La donna è stata sempre considerata responsabile dei mali dell’umanità. Ogni cultura e ogni religione deve fare i conti con la creazione della prima donna.
Se andiamo indietro nel tempo e ci soffermiamo sul mito, racconto che risponde alla richiesta delle origini di ogni cosa, incontriamo in Grecia, culla della nostra civiltà e cultura, la figura di Pandora.
Ermes
Pandora è la prima donna della mitologia greca, bellissima e virtuosa, ma portatrice, suo malgrado, di sciagure per gli uomini. Prima gli uomini, creati da Prometeo, vivevano felici, erano dotati di memoria e di intelligenza, frequentavano gli dei dell’Olimpo e sedevano a mensa con loro. Ma un giorno Prometeo rubò il fuoco divino e scatenò l’ira di Zeus. Il padre degli dei lo punì, incatenandolo per sempre a una roccia e condannandolo a vedersi mangiato il fegato da un’aquila. Siccome gli uomini non erano tollerati dalle schiere divine, Zeus cercò di portare la devastazione tra loro, ma non attraverso un dio, che sarebbe apparso un dio crudele, ma attraverso un esemplare femminile dell’uomo, una donna. Quindi Zeus chiese a Efesto, dio del fuoco e della tecnica, di creare una femmina che avesse bellezza, grazia e tante doti straordinarie. Le altre dee collaborarono con Efesto e ognuna dette qualcosa di sé. Questa fanciulla fu chiamata Pandora (“ colei che ha tutti i doni “). Zeus ordinò a Ermes di portare la fanciulla tra gli uomini. Il Titano Epimeteo ( “ colui che si accorge in ritardo ” ), fratello di Prometeo, si innamorò di lei. La ragazza portava come dono nuziale uno scrigno dal contenuto misterioso, che per ordine di Zeus, mai nessuno avrebbe dovuto aprire. Epimeteo nascose lo scrigno, non vigilò su di esso e festeggiò le nozze in compagnia degli altri uomini. Pandora aveva anche una particolare virtù: la curiosità, che doveva sempre soddisfare. Cercò di qua e di là e finalmente trovò il vaso.
Pandora

Naturalmente, lo aprì. Nel vaso c’erano la fatica, la malattia, l’odio, l’invidia, la passione, la violenza, la pazzia, la vecchiaia, la morte. Questi spiriti si diffusero tra gli uomini, cambiando la loro esistenza. Zeus aveva vinto. Il mondo diventò poco ospitale, desolato, gli uomini divennero esseri terreni.

Pandora aveva chiuso subito il vaso. Quando lo riaprì uscì l’ultimo spirito: la speranza, e con questa le cose migliorarono.

L’uomo riprese a vivere e a credere nel presente e nel futuro, senza però liberarsi più dai mali.




Se andiamo al mito biblico, troviamo nella storia degli Ebrei due figure che somigliano a Pandora: Lilith ed Eva.
Zeus

Lilith, già presso i Sumeri, nasce furiosa e demoniaca, tanto che l’uomo la ripudia e lei scompare nei boschi più inaccessibili.
A Lilith somiglia la prima donna creata da Dio, secondo una versione ebraica antica non condivisa dalla tradizione cristiana. Secondo questo racconto Eva fu plasmata come Adamo dal fango, ma non pulito; Dio prese dal suolo sedimenti sporchi e impuri, venne fuori un essere imperfetto, ribelle, indisciplinato, indipendente, che rivendicava pari diritti con l’uomo, perché entrambi plasmati da Dio in forma autonoma.
Lilith
Non potendo convivere con Adamo, questa Eva si allontana dall’Eden e si nasconde nei boschi, dove partorisce diavoli, con lo scopo di sconvolgere la vita degli uomini, generati da Adamo e dalla nuova Eva.

Eva cristiana, quella donna che, come si legge nel Libro della Genesi, Dio donò all’uomo, che si sentiva solo. Mentre Adamo dormiva, Dio gli tolse una costola e plasmò con essa una donna, gradita da Adamo, a cui lei si sentiva legata perché era costola di Adamo. Questa Eva però non si rivelò migliore di Lilith, visto che appena creata, infranse l’unico divieto imposto da Dio: non mangiare il frutto dell’albero al centro dell’Eden, frutto che lei mangiò, tentata dal serpente, e dette ad Adamo.

Quindi Eva, madre dei viventi, come Pandora, è responsabile della vita travagliata a cui Dio condannò la coppia, e con loro tutta l’umanità fu condannata.

Per questo, tutte le civiltà hanno sempre considerato la donna come un essere inferiore, a cui non concedere mai diritti e spesso nemmeno la libertà di parola e di pensiero.

Però se sfogliamo le pagine della Bibbia, non mancano le figure femminili, protagoniste di atti coraggiosi ed eroici. Una delle più conosciute è Giuditta, ricca, bella, giovane, di indiscussa virtù.
Giuditta

In un momento drammatico per la vita del suo popolo, il popolo ebreo, assediato dagli Assiri, questa donna va avanti con coraggio.Ella parla con la forza di un profeta e indica agli uomini di Betulia, la città in pericolo, il cammino della fiducia in Dio. Con la sua bellezza conquista il generale assiro Oloferne, che la invita a un banchetto. Ma a fine pranzo Giuditta, simbolo della potenza divina taglia la testa al Generale con la sua stessa spada e corre coraggiosa nella città, che fu liberata.

Un esempio di coraggio al femminile, ha detto il papa Francesco.


Se dal Vecchio Testamento passiamo al Nuovo, ai Vangeli di s. Luca e di s. Giovanni, le figure di donne coraggiose, premurose, si moltiplicano. Gli studiosi ne individuano alcune in modo particolare, la Samaritana, la donna peccatrice, Marta e Maria, Maria Maddalena ( o Maria di Magdala). Tutte hanno in comune il dinamismo della fede e dell’amore che cerca la Verità, che la trova, che la dona. La Samaritana che dà da bere a Gesù, gli crede, si libera da pregiudizi e da paure, lascia la brocca sul pozzo e dona Gesù agli altri, portando alla fede tutta la Samarìa.

Silvia Laddomada
La donna peccatrice, col suo vasetto di olio profumato, piange sui piedi di Cristo, li asciuga con i capelli, li cosparge di olio profumato. “Ti sono perdonati i peccati”, dice Gesù. L’unica donna che non ha malattie, che ha peccato tanto, l’unica donna che riceve il perdono senza chiedere. Per tutto il tempo, mentre intorno si scandalizzano, Gesù è silenzioso, un silenzio che è accettazione, riconoscimento del pentimento, è restituzione della dignità, è misericordia. Nessuno può disperare dell’amore di Dio.

Maria Maddalena, ha un posto di riguardo nella vita di Gesù, unica donna che assiste alla Crocifissione, la prima testimone oculare e la prima annunciatrice della Resurrezione. Lei si reca, nel giorno dopo il sabato, al Sepolcro e trova la pietra ribaltata, porta la notizia disperata ai discepoli, ritorna di corsa con loro al Sepolcro, piange rimanendo sulla porta, vede due angeli, vede un uomo, lo scambia per il giardiniere, poi sente “Maria” e lei scatta gioiosa “Rabbi-maestro”.

La terza icona è quella di Marta, Maria e Lazzaro.
Marta e Maria

Gesù a Betania entra nella casa dei suoi amici. Maria si pone ai suoi piedi in ascolto; Marta si lascia assorbire dalle cose da preparare. E' così occupata che si rivolge a Gesù, chiedendogli di ricordare a Maria che c'è bisogno di aiutare.
Gesù la rimprovera dolcemente: c'è più bisogno di ascoltare la parola di Dio.
Maria ha scelto liberamente, ha risposto alla chiamata subito. Marta sembra più dispersiva, ma la sua fede sarà dinamica, evolutiva, fino all'adesione totale alla Verità.
Alla morte di Lazzaro, Marta si dispera: se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; ma so che qualunque cosa chiederai a Dio te la concederà, perchè tu sei il Cristo, il figlio di Dio.



Sono seguiti gli interventi di:

Nadia Bumbi, che s'è soffermata sulle figure delle sorelle Marta e Maria, simbolo rispettivamente, della Chiesa attiva e della Chiesa contemplativa.
Giacomo Salvemini, che ha letto alcune liriche di Saffo.
Cosimo Calabretti, che ha citato diversi proverbi sulla donna e ha letto "Davanti a S. Guido" di Carducci, dove viene ricordata la donna-nonna, e "A Silvia" di Leopardi, dove la donna è simbolo di speranza e illusioni giovanili.
Anna Presciutti, che ha letto una lirica di Rimbaud.
Enza Basile, che ha letto alcune poesie sulla donna della poetessa Alda Merini.
Pietro Speziale, che ha portato all'attenzione il ruolo negativo e la responsabilità morale di alcune trasmissioni televisive, che alimentano la violenza sulla donna.

 Vogliamo concludere con, la letteratura, con le poetesse.

Le donne, oltre a dedicarsi alla casa e alla procreazione, coltivavano arti nobili, la danza, il canto, la poesia, soprattutto se appartenevano a elevate classi sociali. Attività da svolgere nel chiuso della propria casa, ovviamente, perché la donna non doveva mai esibirsi in pubblico, solo a Sparta era consentito loro di partecipare alla vita sociale, politica e di dedicarsi alle attività sportive. Nei secoli la donna ha sempre represso in pubblico i moti, i tormenti, le passioni del proprio animo. Se qualcuna lo ha fatto è ricorsa ad uno pseudonimo maschile. La Grecia arcaica, come sempre, ci ha lasciato un grande tesoro, la poesia. Ed è proprio in un’isola a Nord della Grecia, l’isola di Lesbo, che è nata la più grande poetessa di tutti i tempi: Saffo.

Nella sua produzione, conosciuta e tradotta dai più grandi poeti, Ella offre un’immagine semplice ma appassionata dei sentimenti dell’io lirico, dove l’amore ha un ruolo da protagonista, esso non è solo un sentimento, ma è l’essenza della vita.

Saffo
Saffo dirigeva un tìaso, un collegio di giovanette nobili; nei loro incontri si danzava, si cantava, si ballava. Tra loro e l’insegnante nasceva un rapporto di grande familiarità, anche sessuale. Tutto questo rientrava nel costume dell’epoca, era una forma di iniziazione alla vita matrimoniale, era un normale percorso educativo delle adolescenti.

Il ruolo di Saffo in questo collegio ha dato origine al termine lesbico o saffico, per indicare l’omosessualità femminile.

Saffo, che si è sposata ed è stata madre di figli, ha scritto versi d’amore struggenti, un amore fatto di turbamenti, di paure, di gelosie, di insicurezza. Un amore malato, lo hanno definito molti.
"Giornata della donna"

C’è un componimento, definito il capolavoro della poesia erotica, in cui predomina il sentimento della gelosia che turba e sconvolge il suo animo.


Mi appare simile agli dei / quel signore che siede innanzi a te / e ti ascolta, tu parli da vicino / con dolcezza, / e ridi, col tuo fascino, e così / il cuore nel mio petto ha sussultato / ti ho gettato uno sguardo e tutt’a un tratto / non ho più voce / no, la mia lingua è come spezzata / all’improvviso un fuoco lieve è corso / sotto la pelle, i miei occhi non vedono / le orecchie mi risuonano / scorre un sudore e un tremito mi prende / tutta, e sono più pallida dell’erba / è come se mancasse tanto poco / ad esser morta; / pure debbo farmi molta forza “.

Immagine correlata
 
A tutte le donne presenti è stato offerto un decorativo rametto di mimosa, simbolo di forza e femminilità, come ritengono gli indiani d'America.

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