mercoledì 8 giugno 2016

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LAUDATO SI’

Lettera enciclica sulla cura della casa comune

RELAZIONE                                                    DELLA PROF.SSA VALERIA BASILE



Novità:
“Voglio rivolgermi ad ogni persona che abita questo pianeta”. Francesco va ben oltre i classici destinatari dei documenti pontifici che tradizionalmente erano indirizzati al mondo cattolico ed estende ulteriormente la platea dei lettori che già con Giovanni XXIII era stata ampliata a tutti gli uomini di buona volontà (Pacem in terris 1963).
Su questo tema deve concorrere l’attenzione di tutti e per questo non ci sono confini ideologici invalicabili: le citazioni del Patriarca ecumenico di Constantinopoli Bartolomeo, del maestro spirituale islamico All Al-Khawwas, di filosofi e teologi come Romano Guardini, di alcuni principi proposti dalla Conferenza di Rio 1992 e la proposta di brani come la Carta della Terra (Aia 2000), dimostrano la massima inclusività manifestata dal Pontefice.
Parole Chiave:
La Cura: questo vocabolo va inteso in due modi differenti: prendersi cura nel senso di custodire e curare nel senso di provare a guarire la malattia del pianeta;
La Vocazione: si può pensare ad una vera e propria chiamata alla custodia del creato che contraddistingue l’esperienza umana dalle sue origini. Lo si evince dalla Parola di Dio che, sin dai primi capitoli del libro della Genesi con i due racconti della creazione, pone l’uomo al centro dell’interesse di Dio. L’uomo è chiamato a coltivare e custodire, cioè può assoggettare a sé la natura senza dimenticare di salvaguardarla. I racconti della creazione suggeriscono inoltre che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Queste tre relazioni si sono rotte con il peccato, ovvero con il rifiuto da parte dell’uomo di riconoscersi creatura limitata e oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nella guerre, nella diverse forme di violenza, nell’abbandono dei più fragili, negli attacchi contro la natura.
La Gratitudine: ricordare che la terra è un dono, qualcosa che ci precede, che ci è stato dato, è una eredità comune. L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti.

Il Titolo:
n. 10 “Credo che Francesco d’Assisi sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale; era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”.                                         L’obiettivo:                                                         N. 19 “Non è quello di raccogliere informazioni o saziare la nostra curiosità, ma di prendere dolorosa coscienza, osare rasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare.
 
Nel 
capitolo I –Quello che sta accadendo alla nostra casa- il Papa si fa aiutare da esperti di prim’ordine nel fare un’analisi, una fotografia della situazione molto accurata e aggiornata. Si tocca la questione dell’inquinamento (dovuto alle inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare e riscaldarsi, i fumi dell’industria, le discariche , l’acidificazione del suolo e dell’acqua dovuto a fertilizzanti, insetticidi, diserbanti, pesticidi tossici), intimamente legata alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura; il riscaldamento del sistema climatico, dovuto alla grande concentrazione di gas serra emessi dall’attività umana, che ha come gravi conseguenze lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare etc.; l’acqua pulita e potabile la cui domanda, in molti luoghi, supera l’offerta sostenibile; la perdita della biodiversità, ovvero la morte ogni anno di migliaia di specie di vegetali e animali, perse per sempre.
Nel capitolo II – Il Vangelo della creazione – il Papa spiega che se si tiene conto della complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause, si deve anche riconoscere che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. È necessario ricorrere alle diverse ricchezze culturali dei popoli e nessun ramo della scienza e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa. Per questo il Papa fa un vero e proprio excursus tra i racconti biblici, partendo da quelli della creazione, passando attraverso i salmi e gli scritti profetici, fino ai racconti evangelici, per narrare la vocazione dell’uomo e il messaggio di ogni creatura nell’armonia del creato.
Nel capitolo III – La radice umana della crisi ecologica- troviamo un approfondimento sulla tecnologia che, pur presentando aspetti molto positivi, mostra tutte le sue potenzialità distruttive, dovute al fatto che l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza. Citando Guardini “l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano in ordine alla responsabilità, ai valori e alla coscienza”.
L’antropocentrismo moderno, dice il Papa, ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, perché questo essere umano “non sente più la natura né come norma valida, né come rifugio. La vede come spazi e materia in cui realizzare un’opera nella quale gettarsi tutto e non importa che cosa ne risulterà” ( R. Guardini). Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura senza risanare tutte le relazioni umane, superando il relativismo pratico, ovvero dare priorità ai propri interessi contingenti e tutto il resto diventa relativo, se non irrilevante.
Nel capitolo IV – Un’ecologia integrale – il Papa propone un progetto di ecologia integrale, questa è la novità del suo messaggio. Egli parte da un principio secondo cui tutto è intimamente connesso, tutto è in relazione. Insieme con l’ecologia ambientale, c’è l’ecologia sociale, la condizione umana; c’è un’ecologia economica ed anche una culturale. Si tratta di un’ecologia che coinvolge tutte le dimensioni umane e sociali.
Nel capitolo V – Alcune linee di orientamento e di azione- il Papa parla della necessità di un cambiamento del modello di sviluppo globale e ciò comporta anche l’accettazione di una naturale decrescita. Il papa fa notare come alcune cose non siano necessarie per la vita, per il sostegno quotidiano, ma sono bisogni indotti dal mercato.
Nel capitolo VI – Educazione e spiritualità ecologica – Papa Francesco ricorda che nessun progetto può essere efficace se non è animato da una coscienza formata e responsabile, suggerendo spunti per crescere in questa direzione.
Il capitolo finale, va al cuore della conversione ecologica a cui l’Enciclica invita. Innanzitutto è necessario ridisegnare abitudini e comportamenti. L’educazione e la formazione restano sfide centrali e sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi (213).
La frase che apre il sesto capitolo dell’Enciclica sintetizza chiaramente la tematica, nello stile tipico di Papa Francesco: “Molte cose devono riorientare la propria rotta ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare”(202). Egli quindi inizia a prospettare un percorso per questo cambiamento.

Puntare su un altro stile di vita [203-208]

La prima sezione orienta verso un nuovo stile di vita e incoraggia singoli e gruppi a rifiutare il consumismo imperante, fatto di acquisti e spese superflue, ricordando a tutti che acquistare è sempre un atto morale oltre che economico (206). Il consumismo ossessivo appare oggi giusto e ragionevole e dona all’uomo una falsa sensazione di libertà, la libertà di consumare, che in realtà, cela una schiavitù da coloro che detengono il potere economico e finanziario.
Lo stesso bisogno di consumo e di possesso rivela la condizione del cuore dell’uomo, un cuore vuoto, autoreferenziale, avido e l’assenza di un vero bene comune: disastri naturali e catastrofi sociali camminano di pari passo!
Ogni persona tuttavia, in quanto tale, ha una dignità, che non può dimenticare, che nessuno può toglierle e a partire da essa può rigenerarsi, può ritornare a scegliere il bene, la verità, la bellezza, può intraprendere nuove strade verso la vera libertà.











A tal proposito il Papa richiama la Carta della Terra facendo sue le parole del documento ovvero la speranza che la nostra epoca possa essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità...e per la gioiosa celebrazione della vita (207)1

Educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente [209-215]

La seconda sezione invita tutti a educarsi all’alleanza tra umanità e ambiente. Il Papa sottolinea come l’educazione ambientale abbia allargato i suoi obiettivi focalizzandosi sul recupero ecologico a partire da quello interiore, con se stessi, passando a quello solidale, con gli altri, fino a quello naturale con tutti gli esseri viventi e a quello spirituale con Dio. Il Pontefice richiama la necessità di un’etica dell’ecologia (210) ovvero un’educazione ambientale che non significhi semplicemente informare i cittadini ma che riesca a far maturare delle abitudini sane, coltivare solide virtù per rendere possibile la donazione di sé in un impegno ecologico che diventi stile di vita. Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e azioni quotidiane che il Papa elenca con un linguaggio estremamente semplice e familiare:
1. coprirsi un po’ di più invece di accendere il riscaldamento
2. evitare l’uso di materiale plastico o di carta
3. ridurre il consumo di acqua
4. differenziare i rifiuti
5. cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare
6. utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo
7. spegnere luci inutili
8. piantare alberi
9. riutilizzare qualcosa invece di disfarsene rapidamente
e conclude dicendo che tutto ciò può essere un atto d’amore che esprime la nostra dignità (211).
Non bisogna pensare che questi gesti non possano cambiare il mondo anzi tali azioni concrete sono il germe di un bene che si diffonde nella società a volte in maniera non visibile, per cui la società stessa sperimenta la gioia profonda di esistere mondo in maniera costruttiva  non distruttiva.
In questa rinnovata educazione ambientale gioca un ruolo primario la famiglia, luogo in cui si sperimentano le prime abitudini di amore e di cura della vita, l’uso corretto delle cose che riceviamo, il rispetto per l’ambiente; nella famiglia si impara a chiedere permesso, grazie, scusa, a dominare l’aggressività. Piccoli gesti che aiutano a costruire una cultura delle vita condivisa e nel rispetto per quello che ci circonda.

La  conversione ecologica [216-221]

L’espressione “conversione ecologica” utilizzata dal Pontefice indica una necessaria spiritualità ecologica, fondata sulla fede o, ancora più esattamente, sull’incontro con Gesù. Papa Francesco “ci ricorda che l’attenzione nei confronti del creato nella sua interezza costituisce una modalità essenziale attraverso la quale mostrare la positività delle conseguenze determinate dall’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che ci circonda. Possiamo pensare ad una vera e propria chiamata, ad una vocazione alla custodia del creato che contraddistingue l’esperienza umana dalle sue origini.
La conversione ecologica implica gratitudine e gratuità, ovvero riconoscimento del mondo come dono di Dio, ma anche l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature (220), cioè il riconoscimento della comunione universale tra gli uomini e che ogni creatura riflette l’immagine di Dio.

Gioia e pace [222-227]

In questa sezione si tocca con mano la spiritualità francescana che pervade l’intera Enciclica; Papa Francesco incoraggia alla sobrietà, alla capacità di godere con poco, alla semplicità, all’umiltà e alla bellezza di altri piaceri: gli incontri fraterni, il servizio, il mettere a frutto i propri carismi nella musica e nell’arte, il contatto con la
natura, la preghiera (223).
Una vita vissuta in semplicità e sobrietà è liberante ed è una vita in pienezza, che rende capaci di ridurre i bisogni insoddisfatti, di far diminuire la stanchezza e l’ansia, che permette di essere in pace con se stessi, una pace interiore strettamente legata alla cura dell’ecologia e del bene comune. Un’ecologia integrale richiede di dedicare un po’ di tempo per recuperare la serena armonia con il creato, per riflettere sul nostro stile di vita e i nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive tra di noi in ciò che ci circonda e la cui presenza «non deve essere costruita, ma scoperta e svelata (225). In un contesto di amore del creato, il Papa sfida i credenti a ritornare alla pratica della preghiera di ringraziamento prima e dopo i pasti in modo che essi si ricordino della loro dipendenza da Dio per la vita, fortifichino il loro senso di gratitudine per il dono della creazione e siano riconoscenti verso coloro che con il loro lavoro forniscono questi beni.



Amore civile e politico [228-232]

Nella quinta sezione il Pontefice afferma che la cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica le capacità di vivere insieme e di riconoscersi responsabili verso gli altri e verso il mondo. Propone qui una preghiera appassionata: “Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, della onestà ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura delle cura dell’ambiente” (229).
Diventa necessario pensare a strategie che incoraggino una cultura della cura e che coinvolga tutta la vita sociale, dalla politica all’associazionismo, dall’economia alla cultura.

Intervenire a favore del bene comune! È questo l’invito del Papa che, anche in questo caso, non si risparmia nel dare indicazioni concrete: proteggere, risanare, migliorare, abbellire qualcosa che è di tutti ( un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza (232).
In questo modo una comunità si libera dall’indifferenza, coltiva un’identità comune, sviluppa un senso di solidarietà e consapevolezza di abitare una casa comune.
Queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali.(232).
COMMENTO ALL'ENCICLICA DI            PAPA FRANCESCO E IL CONFRONTO CON LA MODERNITA' 
(da Avvenire.it)

Di Mauro Cozzoli

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    La Laudato si’ di papa Francesco è un’enciclica appartenente alla Dottrina sociale della Chiesa, di cui costituisce uno snodo storico d’importanza pari alla Rerum novarum di Leone XIII e alla Populorum progressio di Paolo VI. Encicliche in cui la Chiesa si è misurata con le grandi questioni sociali della modernità: la Rerum novarum con la questione operaia, la Populorum progressio con la questione del sottosviluppo, la Laudato si’ con la questione ecologica. Una questione sociale è tale in rapporto a eventi nuovi che comportano rivolgimenti radicali e ad ampio spettro per l’umanità e il mondo, e da cui la Chiesa non può dirsi fuori. Senza per questo invadere ambiti o attribuirsi compiti che non le competono. Il Papa affronta la questione ecologica con la competenza e il metodo del magistero sociale della Chiesa, scandito dalla denuncia dei mali e dei rischi da scongiurare e dall’annuncio dei beni e dei fini da perseguire. Sul primo versante, c’è l’analisi critica dei dissesti ecologici, delle loro minacce e della loro portata planetaria. Non solo sul piano ricognitivo d’ogni forma d’inquinamento, delle dissipazioni delle risorse, degli squilibri ecosistemici e climatici, dell’estinzione di specie viventi, del consumo avido e sprecone. Ma anche sul piano etico-sociale delle ingiustizie che sperperi, soprusi, cupidigie e negligenze significano; della corruzione e della speculazione in campo ecologico, dei «crimini contro la natura», delle omissioni e delle complicità della politica; e insieme del «deterioramento etico e culturale, che accompagna quello ecologico».
Sul secondo versante, sono tracciate le linee di pensiero e di azione di una sensibilità e premura per il creato, che devono sollecitare e ispirare programmi e comportamenti. Linee riconducibili a questi tre assi tematici su cui polarizziamo qui l’attenzione: «conversione ecologica», «ecologia integrale», «spiritualità ecologica». Espressioni insieme del primato delle motivazioni e delle finalità sui programmi, le legislazioni e le soluzioni tecniche. Esse mirano alla formazione delle coscienze che muovono la prassi, e della cultura che crea mentalità e disponibilità. Le migliori regole e i più aggiornati manifesti ecologici varranno poco senza motivi e scopi persuasivi: «Non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o princìpi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare». A questo bisogno di significati, valori e princìpi risponde l’enciclica, a un livello di pensiero universalmente umano e specificamente cristiano.

La «conversione» dice di una disponibilità e un impegno per l’ambiente possibili solo a cominciare da una revisione in radice dei paradigmi di giudizio e dei modelli e stili di vita, senza cui l’ecologia o non affiora alle responsabilità delle coscienze o resta solo una moda e una sensibilità di facciata. La conversione ecologica è un processo «personale e comunitario» di liberazione da mentalità e prassi dettate dal «consumismo ossessivo», dalla «cultura dello scarto» e «dello spreco», dal «paradigma tecnocratico» e «tecno-economico», da «una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse», dal «mito del progresso». Liberi da questi determinismi si diventa liberi di «scelte e soluzioni alternative», volte alla custodia e alla cura dell’ambiente e all’utilizzo equo e responsabile delle risorse, per un verso; all’inclusione dei non-produttivi e nonconsumatori (i poveri e gli emarginati), per altro verso. Libertà innervata e illuminata dalle «virtù ecologiche»: sobrietà, semplicità, umiltà, solidarietà, gratuità, giustizia, amore. Virtù che dispongono a «passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere», plasmando nuove mentalità e stili di vita. L’approccio all’ecologia e ai suoi problemi dev’essere «integrale», perché «tutto è connesso» e «interdipendente» nella «casa comune».

C’è un’interazione tra tutte le componenti, viventi e non, umane e preumane; «tra la natura e la società che la abita», «gli ecosistemi e i diversi mondi di riferimento sociale»; tra le comunità nello spazio e le generazioni nel tempo. L’interdipendenza è un dato e insieme un compito. Compito di riconoscimento del «valore proprio di ogni creatura» e «delle diverse specie in se stesse», e della tutela che il valore comporta, ivi compreso l’essere umano e la sua natura. Compito di acquisizione dei beni ecologici alle esigenze del «bene comune». Compito di responsabilizzazione della società e delle istituzioni alle urgenze ambientali. Compito di giustizia, che si fa carico dei costi e dei «debiti ecologici», e non li scarica sulle aree più povere e indifese del mondo e sulle generazioni future. Compito di «dialogo con tutti», senza egemonie di parte, «per cercare insieme cammini di liberazione». «L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, a un progetto comune». Per questo «diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate.
Urge la presenza di una vera autorità politica mondiale». Senza con questo evadere dalle responsabilità di ciascuno, da ciò che ognuno può e deve fare: «Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo». La coscienza e la prassi di un’«ecologia integrale» ha un forte impatto educativo e performativo, volto a «concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune».

Per il cristiano l’ecologia e i suoi compiti hanno significato e valore «spirituale». La spiritualità cristiana «non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda». La spiritualità ci schiude al bello, dandoci uno sguardo contemplativo, ammirato e grato del creato. Sguardo liberatore da ogni attitudine captativa e consumistica: «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico». Ci fa liberi e fedeli nell’amore. «La natura è piena di parole d’amore», che solo un vedere contemplatore sa leggere. La spiritualità cristiana inoltre iscrive le responsabilità ecologiche nella relazione creaturale e salvifica dell’uomo con Dio.
Questo significa che hanno una carica di motivazione e di finalità più che secolare e umana. Esse appartengono alla fedeltà dei figli al Padre e al suo amore provvidente per tutte le creature; alla fedeltà a Cristo, «il Verbo incarnato, che ha incorporato nella sua persona parte dell’universo materiale, dove ha introdotto un germe di trasformazione definitiva»; alla fedeltà alle mozioni dello Spirito, «intimamente presente nel cuore dell’universo, animando e suscitando nuovi cammini». Fedeltà attinta ai sacramenti, dove «la natura viene assunta da Dio e trasformata in mediazione della vita soprannaturale».
Fedeltà vivificata dall’Eucaristia, in cui «il Signore, al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia».
Fedeltà anticipatrice e prefiguratrice nella storia di quella
«meraviglia condivisa, dove ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati».



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