mercoledì 26 gennaio 2022

INFERNO: LE MALEBOLGE Seminatori di discordie e Falsari (canti 28-29-30-31)

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 RELAZIONE di Silvia LADDOMADA

Abbiamo lasciato Dante e Virgilio con Guido da Montefeltro, avvolto in una fiamma, cioè nel gruppo dei consiglieri fraudolenti, come Ulisse già incontrato in precedenza.

Ora i due pellegrini proseguono e si affacciano sulla 9^ bolgia di questo 8° cerchio, custodito da Gerione ( una creatura con volto umano, zampe di leone, corpo di serpente e coda di scorpione).

E' una fossa insanguinata, dove si aggira una moltitudine di anime ferite e mutilate in modo orribile.

Sono i seminatori di discordie, colpevoli di aver generato gravi divisioni civili e religiose nel mondo.

Sono autori di scandali, di scismi, di conflitti insanabili tra fazioni, tra popoli, hanno causato odi e vendette sanguinose.

Dante incontra, tutti sfigurati nel volto, i responsabili di discordie tra i signori di Romagna, i responsabili di discordie tra guelfi e ghibellini a Firenze; c'é anche il politico romano Curione, che consigliò a Cesare di passare il Rubicone, ( causando la guerra civile tra Cesare e Pompeo), il quale avanza con la lingua mozzata.

C'é anche un nobile poeta provenzale, responsabile dell'odio tra il principe Enrico d'Inghilterra e suo padre, che avanza tenendo in mano la propria testa mozzata dal corpo, "a guisa di lanterna", dice Dante.

Una fossa orrenda: anime mutilate da un diavolo, che si aggirano sconvolte. Quando ripassano davanti al diavolo, le mutilazioni, che nel frattempo si sono rimarginate, vengono ripetute dalla spada di questo diavolo mutilatore.

Dante assiste muto ed ermetico, a questa sfilata di orrori.

Ad un tratto il suo sguardo è attirato da un dannato, squarciato dal mento fino al ventre, con lo stomaco, l'intestino e gli altri organi che fuoriescono.

E' Maometto, fondatore della religione islamica, che nel Medio Evo era considerata un'eresia del Cristianesimo.

Vedendo che Dante lo fissa in quel modo, Maometto si apre il petto, dilatando la spaccatura e dicendo "vedi come storpiato é Maometto" (verso 31).

Di fronte a questo allucinante orrore, Dante rimane indifferente. Col suo distacco vuole solo accrescere l'autonomo rilievo di tutti i peccatori, colpiti dalla tacita potenza della Giustizia Divina.

La dura mutilazione inflitta a Maometto é il risultato di una quasi vendetta divina per chi tanto osò contro la fede cristiana.

Immaginando di vedere Maometto all'Inferno, col corpo squarciato, secondo i critici letterari non significa che Dante voglia conferire qualcosa di volgare, di grottesco, di buffonesco alla personalità del peccatore.

Lo stesso Maometto si distacca dal passato, e parla in terza persona, "vedi come storpiato é Maometto" (non come storpiato sono).

Non é una protesta, non é una posa spavalda, non ha la velleità di sfidare Dio come avevamo visto in Capaneo, nel gruppo dei violenti contro Dio, fiaccato sul sabbione e colpito da una pioggia di fiamme roventi, che si sforza di rimanere in piedi in segno di sfida, o come abbiamo visto in Vanni Fucci, nella bolgia dei ladri, che rivolge a Dio un gesto blasfemo, sacrilego e viene poi soffocato da una massa di serpenti.

In Maometto, che mostra la sua ripugnante materialità, Dante ha intravisto l'angoscia e la consapevolezza di un vinto, che col suo sguardo drammatico sembra implorare la pietà del poeta, che con Virgilio va visitando l'Inferno.

E il viaggio continua.

I due poeti raggiungono l'ultima zona delle Malebolge. Sul ponte che sovrasta la decima bolgia, i due pellegrini sentono dei lamenti, dalla fossa buia viene fuori un fetore, peggiore di quello che si sentiva ad Atene al tempo della peste.

Dante, preso da pietà, guarda "la molta gente e le diverse piaghe" di questa bolgia.

"Lamenti saettarono me diversi/ che di pietà ferrati avean gli strali; ond'io li orecchi con le mani copersi" (canto 29°, versi 43-45).

(mi colpirono come frecce lamenti insoliti, tanto che per pietà mi coprii le orecchie con le mani).

La scena quindi appare pietosa, più che ripugnante: un immenso ospedale, un lazzaretto, una moltitudine di corpi languenti, dalle membra cascanti, putrefatte, fetide.

Figure doloranti distese per terra, o striscianti carponi.

"Passo passo andavam senza sermone /guardando e ascoltando li ammalati  che non potean levar le lor persone" (vv.70-72).

I Falsari
(Avanzavamo senza parlare, ascoltando quegli ammalati che non potevano sollevare le loro persone).

In questo luogo ci sono le anime dei falsari, dei falsificatori, divisi in varie categorie, puniti con malattie di vario tipo, malattie che alterano il loro aspetto e il loro fisico.

C'è il gruppo degli alchimisti, dei falsificatori di metalli, colpiti dalla lebbra o dalla scabbia, tra i quali Dante individua dei cittadini toscani, di Arezzo e di Siena, in particolare.

C'è il gruppo dei falsificatori di persona, malati di pazzia furiosa, di rabbia, "ombre smorte e nude" che si mordono tra loro come animali.

Dante intravede poi alcuni dannati resi deformi e immobili dell'idropisia (una malattia che fa gonfiare il ventre a dismisura), tormentati da un'orribile sete.

Sono i falsificatori di moneta. Tra loro un certo maestro Adamo, che falsificò il fiorino e fu arso sul rogo.

A lui Dante chiede che siano "i due tapini", che intravvede più lontano, arsi da una terribile febbre, fino a emanare fumo.

Sono i falsificatori di parola.

Tra loro Sinone, che indusse i Troiani a introdurre in città il cavallo di legno. Sinone indispettito per esser stato nominato sferra un pugno al ventre di maestro Adamo e questi risponde con un violento colpo sul viso.

Dante si ferma ad ascoltare i due che litigano, rinfacciandosi le colpe, finchè Virgilio lo rimprovera severamente "voler ciò udire é bassa voglia" (v.148).

Dante sembra aver dimenticato il vero destino del suo viaggio.

Ma poi é lo stesso Virgilio che lo consola, rassicurandogli che gli starà sempre affianco in situazioni di questo genere.

Finalmente l'ottavo cerchio, quello dei fraudolenti, degli ingannatori, delle Malebolge, é abbandonato.

I Giganti
E' l'unico cerchio in cui il poeta ha usato immagini dure, ha raccontato in modo realistico, ha usato un linguaggio basso, a volte volgare, ha riempito le bolge di diavoli violenti, con code e corna. E' il cerchio degli ingannatori, dei fraudolenti. La giustizia di Dio non perdona, e Dante nemmeno.

Dante sta per entrare nell'ultimo cerchio infernale, quello dei traditori.

Scendendo verso il nono cerchio Dante si affaccia sul un lago ghiacciato, il Cocito, sente il suono di un corno e ha l'impressione di vedere delle torri, ma Virgilio gli spiega che non si tratta di torri, ma di giganti. Tre giganti sono i custodi del nono cerchio, sono tutti superbi contro Dio.

C'é Nembrot, che nella Bibbia é ritenuto l'autore della torre di Babele, e responsabile della confusione delle lingue.

C'é Fialte, che pose sull'Olimpo due montagne per raggiungere il cielo e qui é impotente e incatenato.

C'é Anteo, ucciso da Ercole, il quale con molta umanità si china, prende nelle sue mani Dante e Virgilio e "lievemente" li depone sul fondo del nono cerchio.


LE MALEBOLGE Seminatori di discordie e Falsari - VIDEO

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