giovedì 11 marzo 2021

LA NOSTALGIA COME EMOZIONE ADATTIVA di Giuseppe Lazzaro

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23.02.2021

Introduzione di Silvia Laddomada.

Parleremo questa sera, col dott. Giuseppe Lazzaro, esperto in psicologia, di un'emozione che ognuno di noi ha provato nel corso della propria vita: la nostalgia. 

Forse dopo un anno di pandemia, siamo tutti nostalgici. Stiamo vivendo un periodo particolare, fatto di paura, di diffidenza, abbiamo perso la libertà di andare a fare ciò che si vuole, siamo obbligati a una vita in spazi chiusi, strade vuote, piazze deserte, anche in città.

Abbiamo provato un dolore collettivo per la sofferenza e la solitudine che ha accompagnato la fine della vita di tanti nostri parenti o amici.

Ci siamo raccolti intorno a valori criticati dalla modernità, nel senso che abbiamo rivalutato la famiglia, che ci ha protetto e accompagnato in tempi difficili.

Di cosa abbiamo nostalgia? Di tutto, certamente.

A cominciare da quei gesti, tanto naturali e spontanei di noi meridionali, gli abbracci e i baci, che ci scambiavamo ogni volta che ci incontravamo; le passeggiate con gli amici, gli incontri in casa, o nel bar, o al ristorante; la possibilità di un'uscita fuori porta, le grandi tavolate con famigliari e amici.

Forse ricordiamo con nostalgia il nostro frenetico tran-tran quotidiano, le file ovunque, la confusione delle grandi feste, gli assembramenti.

Che tempi meravigliosi!

Non li dimenticheremo e se tornerà la normalità e quei tempi torneranno, non sarà più come prima. Quello che abbiamo vissuto fino al 2019 é stato bellissimo, sarà per tutti noi un nostalgico ricordo. Ma dobbiamo ripartire; l'emozione positiva del passato e quella negativa di quest'anno rimarranno dentro di noi. Saranno il punto di partenza per un nuovo percorso, in cui forse saremo più modesti, più amorevoli con gli anziani, più gentili con gli altri. Dobbiamo continuare a vivere, in questo universo sconvolto.

Relatore Dott. Giuseppe Lazzaro

La nostra psiche é assimilabile al nostro corpo. Se il corpo ha le sue sofferenze, ma si adatta alle sue funzioni quotidiane, anche la psiche ha la stessa struttura.

Se il corpo ha un dolore al ginocchio, anche la psiche può avere un dolore nella propria struttura.

Molti dicono di bypassare le emozioni negative. Non ci sono emozioni negative e positive, in realtà c'é l'essere umano nella sua integrità, per cui va vissuta in pieno tutta la struttura della persona.

Non possiamo fare a meno del ginocchio, che fa male, così la psiche non può fare a meno di un'emozione.

Negli ultimi anni stanno prendendo piede i profeti del positivo. "Io prende tutto al positivo, così la vita mi va bene". Questo é purtroppo deleterio, non ci dà la possibilità di vivere pienamente la nostra esistenza.

 

"Nuovo cinema Paradiso" di Tornatore
Mi permetto di fare riferimento a "Nuovo cinema Paradiso", un classico del cinema, che richiama in noi l'emozione della nostalgia. Prima o poi arriva anche a noi il momento in cui dobbiamo fare una scelta; andare in un altro luogo, porre termine a una relazione con una persona, che magari ci ha dato tanto.

Questo é un momento che ci fa crescere. Il nostro processo psichico deve portarci a maturare, a passare da una mondo infantile in cui abbiamo un modo di vivere disintegrato a un mondo adulto integrato.

Nel film di Tornatore c'é il momento della scelta: andare via dal proprio paese. Ognuno di noi fa oggi questa esperienza. Si va fuori per studio, per lavoro, perché si trasformano i nostri legami. Andando via dal luogo d'origine, abbiamo un prezzo da pagare. Quando si cresce bisogna prepararsi a lasciare qualcosa, per acquistare e conquistarne altre.

Si soffre certo, quando bisogna andare oltre, perché il senso di appartenenza che ognuno di noi ha dentro é molto forte; non si può arrivare a disprezzare la propria terra, non si può giurare di non vederla più, perché la propria terra é dentro di noi, ci portiamo dietro le relazioni con i genitori, con il ceppo di origine.

Nel film di Tornatore, il protagonista é Salvatore. Possiamo rivedere in lui le nostre tappe della vita; noi 40-50enni abbiamo nostalgia della vita dei decenni precedenti. Salvatore diventa ricco, famoso, un regista affermato, ma é triste.

C'é in lui qualcosa di incompiuto, qualcosa che ha sepolto dentro, c'é il suo passato che non riesce a recuperare.

Anche in noi ci sono dei momenti della vita in cui ci fermiamo, non abbiamo delle cose da fare ed ecco che la psiche tira fuori qualcosa che non ci aspettavamo; ci prende quella malinconia, quella nostalgia che non riusciamo a trattenere.

Nei giorni di festa, per esempio, arriviamo a dire che preferiamo andare a lavorare per non pensare a quello che affiora alla memoria. La psiche presenta il conto. Spesso bisogna anche imparare ad ascoltarci. Le nostre emozioni ritornano e abbiamo il dovere di integrarle col presente. E' come se alcune ferite del passato si riaprono perché devono acquisire un senso nuovo, alla luce di ciò viviamo nel presente, qui e ora, oggi va di moda questa espressione. Al protagonista del film manca qualcosa, deve tornare al suo paese d'origine.

Lo farà dopo che Alfredo é morto. Non c'é più colui con cui é vissuto da piccolo, da quando ha perso il papà, nella campagna di Russia. Alfredo si é preso cura di lui, come padre con un figlio.

Gli ha insegnato a vivere, lo ha accompagnato nella crescita, gli ha insegnato l'arte del cinematografo, ma non esita a invitarlo ad andarsene, nonostante il legame forte che li unisce.

Proprio questo legame é la chiave di lettura di questo film.

Alfredo gli consiglia di cercare fortuna altrove, di lasciarsi tutto alle spalle, di inseguire i suoi sogni.

Quello che succede anche a noi, quando dobbiamo andare a lavorare fuori, quando ci allontaniamo per motivi di studio, o per vivere una relazione di coppia.

Bisogna lasciare alcune cose. Ricordo mio padre che, la sera del mio matrimonio, mi tolse le chiavi di casa.

Fece bene, perché spesso alcuni genitori sono troppo invischiati nella nuova coppia, danneggiandola.

La coppia deve andare avanti da sola. Ricordo ancora con affetto il gesto di mio padre. Se si fa una scelta, questa deve essere concreta, non si può tenere un piede nel passato e uno nel futuro. Bisogna lanciarsi nella vita.

Questo i giovani devono capirlo, spesso non si lasciano andare per insicurezza, per paura, e così restano ancorati al guscio della propria famiglia, incapaci di avanzare nella vita. Non riescono a svincolarsi, questo rimprovera ai giovani un mio professore di psicoterapia, il dott. Cancrini.

Ognuno di noi deve sviluppare un progetto, se non vuole rischiare di cadere in una brutta patologia: la depressione.

Progettare e andare avanti ci permette di scardinarci da questi episodi di profonda tristezza. Quando giudichiamo una persona che soffre, spesso lo facciamo per esorcizzare la paura della patologia mentale. Maturare non é semplice, ci sono dei momenti in cui qualcosa si trasforma in noi.

Nel film Alfredo dice a Salvatore di andare, di non tornare più, di non scrivere, di non voltarsi.

E' il momento dello svincolo, del taglio, spesso doloroso, ma necessario. "Non ti far fottere dalla nostalgia", che ci porta indietro a ricercare le coccole materne, un ambiente ovattato dove ti senti protetto, non devi scegliere, non devi essere responsabile della tua vita.

"Dimentichiamoci, se torni indietro non ti faccio entrare in casa mia. Lo capisti? Qualunque cosa tu faccia, amala, come amasti la cabina, quando eri picciriddu".

La passione per le cose da fare, la progettualità, é questa l'essenza della vita vera.

Devi mettere in campo tutte le emozioni e vivere il tuo progetto di vita fino in fondo. Salvatore é posto davanti a una scelta: la terra, la famiglia, il cinema, oppure inseguire i sogni, a costo di non tornare più. La decisione é presa, non senza sofferenza. Salvatore non tornerà più in Sicilia, se non per andare a onorare l'uomo, ormai privo di vita, che gli ha fatto da padre.

Nel paese in cui é ritornato, scopre che molte cose sono cambiate. Nuovo Cinema Paradiso sta per essere demolito.

Mentre in taxi raggiunge la casa, ripercorre con la mente il suo passato, affiorano i ricordi. Rivede la mamma, ormai anziana, la sorella, gli abitanti del paese ormai trasformati, rivede le strade, la piazza, le auto parcheggiate.

Vuole provare a reintrecciare i fili, vuole capire quando c'é stato il taglio netto col passato.

Sorride malinconico, fatica a trattenere le lacrime, gli riappare quella vita che ha cercato di chiudere nel cassetto, gli odori, i colori del passato.

Prova nostalgia. Questa va vissuta fino in fondo, é un modo per la psiche per reintegrarsi affinchè tutto faccia parte dell'uno, affinchè tutto possa acquisire un senso esistenziale.

Nostalgia viene da nostos-alghia. Sofferenza per il desiderio del ritorno a casa. Ci viene in mente il viaggio di Ulisse, il quale torna nella sua terra, dopo tante peripezie, tante tappe esistenziali, come tutti noi sperimentiamo.

Nella scuola di psicoterapia, di cui faccio parte, si fa riferimento spesso al viaggio di Ulisse. E' il viaggio esistenziale di ognuno di noi.

Il super eroe vuole ritornare alle proprie origini, a quell'amore genuino, iniziale, che ognuno di noi ha sperimentato nella propria esistenza, a quelle figure genitoriali che ci hanno messo al mondo.

Anche in situazioni conflittuali, i nostri genitori rappresentano la base di quello che siamo, di quello che andremo a realizzare nella nostra esistenza. Si fa un percorso di integrazione con i genitori, a livello psichico, perché da loro parte tutto.

Per tutta l'esistenza cerchiamo le coccole di mamma, l'affetto, la protezione, che abbiamo perso nel corso della vita.

Per compensare, cerchiamo questo in altro, nella carriera, nella ricchezza, nell'apparire.

In realtà andiamo alla ricerca di accettazione, di apprezzamento che un genitore ci dà in modo gratuito, rispetto a quello che da adulti andiamo a realizzare.

Non dimentichiamo che non tutti stanno ad applaudire.

Renato Zero, in una canzone dice "più ti spendi e più ti dai, più l'invidia scatenerai".

Ritornando al film, Salvatore nel ritorno a casa ripercorre le tappe della propria esistenza, e va a recuperare quel senso profondo di relazione genuina che ci portiamo dietro per sempre.

Spesso mi soffermo a pensare alle persone che ho incontrato, che in modo gratuito mi hanno dato una mano in momenti particolari della vita, dove c'é stato il momento della svolta, della scelta, persone che con una pacca sulla spalla mi hanno incoraggiato e permesso di superare momenti strani.

C'é un altro riferimento letterario: il romanzo "La luna e i falò" di Cesare Pavese.

Il protagonista Anguilla, ripercorre i luoghi d'infanzia; insieme all'amico ritrovato, vaga per orti e cascine, rievoca il suo passato, terribile a tratti, rievoca l'innocenza lieta e spensierata della fanciullezza.

Tutto il romanzo é un alternarsi tra presente e ricordi, riportati alla luce.

Dal confronto rileva che tutto é cambiato, il passato non può ritornare, ma ciò che é cambiato di più é il paese stesso. E' consapevole che si può pure andare lontano, ma il richiamo della propria casa é sempre forte, quel senso di nostalgia, quel senso di appartenenza in Anguilla superano ogni altra cosa, lo sospingono a riprendere da dove aveva interrotto.

Un senso di incompiuto, di rimpianto, pervadono Anguilla nel ripercorrere i suoi luoghi che, nonostante il tempo li abbia cambiati, ai suoi occhi appaiono come nuovi ma sempre antichi, ricchi di sentimenti.

Avere un paese vuol dire non esser mai soli, dice Pavese.

Sapere che nella terra, nell'erba, nella gente c'é qualcosa di tuo, che resta ad aspettarti, anche quando tu non ci sei.

Un paese ci vuole, se non altro per il gusto di andarsene via.

La nostalgia ci accompagna sempre.

Ricordiamo la canzone di Albano "nostalgia canaglia, che ti prende proprio quando non vuoi".

Sono momenti in cui subentra una malinconia che ti stende, non riesci a star dietro alle faccende quotidiane, ti prende così tanto; é giusto che sia così, perchè ognuno di noi deve esprimere le proprie emozioni pienamente, così da non poterle evitare.

Se fermiamo le emozioni, seppelliamo tutte le nostre cose, poi arriverà il momento in cui esse esploderanno. In quel caso ci sarà realmente bisogno di me (psicologo), per venirne fuori. La nostalgia serve a qualcosa, serve a ognuno di noi per dare uno sviluppo alla propria personalità, altrimenti le tappe della vita si bloccano e non si va avanti.

Una tappa é il momento in cui si va in pensione. Non é semplice. Fino al giorno prima tanti impegni, poi improvvisamente ti senti un nulla. E' drammatico. Anche la separazione dal coniuge è un evento doloroso. E' inutile nascondere; bisogna vivere le proprie emozioni, questo significa crescere, diventare adulti, altrimenti si rimane bambini in eterno.

Bisogna quindi accompagnare alcune persone in alcune tappe della loro vita, per aiutarle a superare il punto di snodo, importante per consentirgli di portare a termine il loro progetto di vita.

C'é un testo di Giulio Cesare Giacobbe "Alla ricerca delle coccole perdute", in cui l'Autore parla chiaramente di questo problema, senza perdersi in nuvoloni inutili.


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