mercoledì 14 giugno 2017

COSTRUZIONE DELLA UNIONE EUROPEA

Print Friendly and PDF RELAZIONE DEL PROF. CARMINE PRISCO


L'Unione europea (UE) è un'unione economica e politica, unica nel suo genere; è composta attualmente da 27 paesi, che coprono buona parte del continente. Ma è un numero che può variare in aumento o in diminuzione nel futuro a seconda che altri paesi siano ammessi o ne escano, come è accaduto recentemente con l’uscita della Gran Bretagna, la cosiddetta Brexit. L’UE è stata creata all’indomani della seconda guerra mondiale con l’obiettivo di promuovere innanzitutto la cooperazione economica partendo dal principio che il commercio produce un’interdipendenza tra i paesi, che a sua volta riduce i rischi di conflitti. 


L’idea di un programma comune di ricostruzione e sviluppo dopo le macerie della seconda guerra mondiale, che aveva interessato quasi tutti i paesi europei, portò nei primi anni cinquanta alla creazione dei primi organismi comunitari aventi lo scopo di promuovere la cooperazione in determinati settori dell’economia, considerati strategici ai fini della ricostruzione e dello sviluppo delle strutture industriali. In seguito altri organismi si affiancarono ai preesistenti per estendere e sviluppare la cooperazione anche in altri settori. Il primo di tali organismi fu la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), istituita con il trattato di Parigi del 18 aprile 1951.
L’idea di fondo era che controllando la produzione di carbone e acciaio fra i sei paesi firmatari del trattato si sarebbe evitata la corsa agli armamenti e quindi ridurre il rischio di nuove guerre. I paesi che firmarono quel trattato furono Germania, Francia, Italia e i paesi del Benelux, ovvero Belgio, Olanda e Lussemburgo. In seguito la cooperazione si estese in altri campi creando appositi organismi, anche questi sovranazionali come la CECA. Questi paesi il 25 marzo del 1957 firmarono i trattati di Roma con i quali si istituirono due nuove comunità: la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom) e la Comunità Economica Europea (CEE).
L’Euratom aveva il compito di creare nei territori dei paesi aderenti le condizioni per lo sviluppo di una robusta industria nucleare attraverso la ricerca e la creazione di un mercato comune dei materiali e della tecnologia nel settore dell’energia nucleare. La Comunità Economica Europea invece aveva obiettivi molto più ampi. L’articolo due del trattato del 1957 così li indicava: promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune ed il graduale avvicinamento delle politiche economiche degli stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nel loro insieme, una espansione continua ed equilibrata (oggi si direbbe sviluppo sostenibile), una accresciuta stabilità, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli stati membri. L’attuazione delle diverse clausole del trattato istitutivo della CEE fu avviata il primo gennaio 1958.
La CECA, l’EURATOM e la CEE, considerate nel loro insieme, vanno sotto il nome di Comunità Europee (CE). Quella che era nata come un'unione puramente economica col tempo è diventata un'organizzazione attiva in tutta una serie di settori, che vanno dal clima, all'ambiente, alla salute, alle relazioni esterne, alla sicurezza, alla giustizia e all'immigrazione. Per evidenziare questo cambiamento, nel 1993 il nome di Comunità economica europea (CEE) è stato sostituito da Unione Europea (UE). Con il passare degli anni l’Unione Europea si è ampliata con l’ingresso di nuovi paesi e si è dotata di nuovi strumenti organizzativi ritenuti indispensabili per realizzare nel modo più completo possibile gli obiettivi indicati dai cosiddetti padri fondatori.
L’allargamento della Unione Europea si è realizzato in tappe successive, a seguito delle quali il numero dei paesi aderenti è salito a 28, poi sceso a 27 dopo l’uscita della Gran Bretagna. Da precisare che allo stato attuale rimangono in essere tutti gli accordi e impegni reciproci fra UE e Gran Bretagna fino alla conclusione della procedura di uscita prevista dai trattati. I Paesi che sono entrati a far parte della Unione, oltre quelli fondatori, sono in ordine temporale:
* Regno unito, Danimarca e Irlanda, che firmano il trattato di adesione il 22 gennaio 1972 a Bruxelles.
* Grecia, che firma il trattato di adesione il 28 maggio 1979 ad Atene.
*Portogallo e Spagna, che firmano il trattato di adesione il 12 giugno 1979 rispettivamente a Lisbona e a Madrid.
*Austria, Svezia e Finlandia, che firmano il trattato d'adesione il 24 giugno 1994 a Corfù.
*Cipro, Malta, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Lettonia], Lituania, Repubblica Ceca e Slovenia, che firmano il trattato d'adesione il 16 aprile 2003 ad Atene.
* Romania e Bulgaria che firmano il trattato d'adesione il 25 aprile 2005 a Lussemburgo.
* Croazia che firma il trattato d'adesione il 9 dicembre 2011 a Bruxelles.

Come si può notare in poco più di 30 anni ai sei paesi fondatori delle prime comunità europee se ne sono aggiunti altri 22, senza considerare che nell’ottobre del 1990, a seguito della riunificazione della Germania ovest con quella dell’est, il territorio e la popolazione dell’unione risultarono notevolmente ampliati senza aumentare il numero degli stati membri. Questo processo di allargamento della Unione si è arrestato negli ultimi quattro anni per consentire, a detta dell’attuale presidente della commissione Junker, il consolidamento delle ultime adesioni da parte di diversi paesi (specie di quelli dell’est europeo), che spesso hanno difficoltà ad adeguarsi alle direttive emanate dagli organismi comunitari e ai principi stabiliti dal Diritto Europeo.
L’entrata di nuovi paesi nell’Unione è prevista dalla normativa vigente (trattato di Lisbona del 2009). Per l'adesione di uno Stato europeo all'Unione, questo in base alle attuali regole deve:
* essere uno Stato europeo (articolo 49 Trattato sull'Unione Europea (TUE))
* rispettare i principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto (art. 6 TUE)
*rispettare una serie di condizioni economiche e politiche conosciute come criteri di Copenaghen.
L’adesione di nuovi stati all’Unione avviene attraverso un percorso di adeguamento della legislazione nazionale degli stati richiedenti, concordato con le istituzioni dell’Unione.
L'"europeità" di un determinato paese è soggetta a valutazione politica dalle istituzioni dell'UE. Al momento ci sono cinque paesi ufficialmente candidati a far parte dell’Unione; questi paesi sono La Turchia, la Macedonia, la Serbia, il Montenegro e l’Albania. Il prospetto seguente indica per ciascuno di essi la data della richiesta di adesione e quella di accettazione della candidatura.
Tra le due date spesso occorrono anni per valutare l’idoneità del paese richiedente a essere membro dell’Unione in termini di sistema giuridico, economico, sociale, di libertà, di democrazia e di diritti umani, compatibili con quelli fondativi e costitutivi dell’Europa Unita. Questo tempo è necessario per concordare l’adattamento delle varie situazioni nazionali ai principi e alla legislazione comunitaria. Sui vari temi di confronto (capitoli) la tabella indica anche il numero di quelli presi in esame, il numero di quelli già chiusi e le loro percentuali rispetto al totale dei temi da esaminare. La tabella mostra con l’evidenza dei numeri la diversità delle varie situazioni relative a ciascuno stato candidato.
La Turchia, che ha chiesto 30 anni fa di poter entrare nell’Unione, ha atteso 12 anni per essere ammessa come candidata e nei 18 anni successivi ha chiuso un solo capitolo dei 35 da esaminare, mentre sono attualmente in discussione solo 16 di tali capitoli e dei restanti 18 non se ne parla nemmeno. È la prova della estrema difficoltà di adeguare il sistema giuridico e sociale turco al diritto e ai principi dell’Unione.
Il paese più interessato e disponibile ad adeguarsi ai valori e al diritto europei è risultato il Montenegro, che nei sei anni dalla ammissione della sua candidatura ha chiuso due capitoli, mentre ne ha aperti ben 24.

 La CECA, l’EURATOM e la CEE, considerate nel loro insieme, vanno sotto il nome di Comunità Europee (CE). Quella che era nata come un'unione puramente economica col tempo è diventata un'organizzazione attiva in tutta una serie di settori, che vanno dal clima, all'ambiente, alla salute, alle relazioni esterne, alla sicurezza, alla giustizia e all'immigrazione. Per evidenziare questo cambiamento, nel 1993 il nome di Comunità economicaeuropea (CEE) è stato sostituito da Unione Europea (UE).

Con il passare degli anni l’Unione Europea si è ampliata con l’Ingresso di
nuovi paesi e si è dotata di nuovi strumenti organizzativi ritenuti indispensabili per realizzare nel modo più completo possibile gli obiettivi indicati dai cosiddetti padri fondatori.

L’allargamento della Unione Europea si è realizzato in tappe successive, a seguito delle quali il numero dei paesi aderenti è salito a 28, poi sceso a 27
dopo l’uscita della Gran Bretagna. Da precisare che allo stato attuale
rimangono in essere tutti gli accordi e impegni reciproci fra UE e Gran
Bretagna fino alla conclusione della procedura di uscita prevista dai trattati.
I Paesi che sono entrati a far parte della Unione, oltre quelli fondatori, sono in
ordine temporale:

* Regno unito, Danimarca e Irlanda, che firmano il trattato di adesione il 22
gennaio 1972 a Bruxelles.

* Grecia, che firma il trattato di adesione il 28 maggio 1979 ad Atene.
*Portogallo e Spagna, che firmano il trattato di adesione il 12 giugno 1979
rispettivamente a Lisbona e a Madrid.

*Austria, Svezia e Finlandia, che firmano il trattato d'adesione il 24 giugno

1994 a Corfù.

*Cipro, Malta, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Repubblica
Ceca e Slovenia, che firmano il trattato d'adesione il 16 aprile 2003 ad Atene.
* Romania e Bulgaria che firmano il trattato d'adesione il 25 aprile 2005 a
Lussemburgo.

* Croazia che firma il trattato d'adesione il 9 dicembre 2011 a Bruxelles.
Come si può notare in poco più di 30 anni ai sei paesi fondatori delle prime
comunità europee se ne sono aggiunti altri 22, senza considerare che nell’ottobre del 1990, a seguito della riunificazione della Germania ovest con
quella dell’est, il territorio e la popolazione dell’unione risultarono
notevolmente ampliati senza aumentare il numero degli stati membri. Questo
processo di allargamento della Unione si è arrestato negli ultimi quattro anni
per consentire, a detta dell’attuale presidente della commissione Junker, il
consolidamento delle ultime adesioni da parte di diversi paesi (specie di quelli
dell’est europeo), che spesso hanno difficoltà ad adeguarsi alle direttive
emanate dagli organismi comunitari e ai principi stabiliti dal Diritto Europeo.


 




Stato
Domanda di adesione
Status di candidato
Acquis capitoli aperti
Acquis capitoli aperti %
Acquis capitoli chiusi
Acquis capitoli chiusi %
Note
 Turchia
14 aprile 1987
12 dicembre 1999
16/35
45,71%
1/33
3,00%


 Macedonia
22 marzo 2004
12 dicembre 2005
0/33
0,00%
0/33
0,00%


 Montenegro
15 dicembre 2008
17 dicembre 2010
24/33
72,73%
2/33
6,06%

 Serbia
22 dicembre 2009
1º marzo 2012
8/34
23,53%
2/34
5,88%

 Albania
22 dicembre 2009
27 giugno 2014
0/34
0,00%
0/34
0,00%



L’adeguamento della legislazione interna dei singoli Stati all’ordinamento giuridico europeo comporta la cessione di una quota di sovranità da parte degli stessi, che ai giorni d’oggi non sempre è accettata facilmente e spesso è oggetto di estenuanti trattative caratterizzate dalla difesa ad oltranza delle peculiarità delle singole nazioni che temono una perdita della identità nazionale. È da dire però che spesso tale atteggiamento è frutto di ignoranza degli obiettivi dell’Unione o delle regole del suo funzionamento, oppure della incapacità di valutare, specialmente nel lungo periodo, costi e benefici dell’appartenenza all’Unione. Gli euroscettici non mancano anche all’interno dei singoli paesi membri dell’Unione, perché la ritengono piuttosto lontana dai bisogni effettivi dei cittadini e organizzata sulla base di un sistema burocratico, che spesso appare incapace di rispondere alle aspettative dei singoli Stati. Il sistema tiene conto delle regole del mercato, regole che a volte privilegiano la convenienza degli investitori-creditori rispetto alle problematiche del sociale, come ad esempio quelle relative ad una più equa distribuzione della ricchezza. Negli ultimi anni la parola austerità è comparsa spesso nelle politiche della Unione con riferimento alla situazione dei conti pubblici di diversi Stati (compreso il nostro), ai quali veniva chiesto di intervenire sulla legislazione relativa al bilancio statale per tentare di ridurre il deficit annuale in modo da rallentare l’aumento del debito pubblico e in definitiva liberare, sia pure in tempi non brevi, risorse da destinare al benessere collettivo.
Rallentare l’aumento del debito significa ridurre le spese in modi e tempi lasciati alla libera determinazione dei singoli Stati, purché capaci di ottenere i risultati desiderati sui saldi dei conti pubblici. Tutto questo può voler dire aumento della pressione fiscale, riduzione dei servizi resi ai cittadini, riduzione della protezione sociale e in definitiva abbassamento del tenore di vita collettivo. I governi nazionali hanno la responsabilità delle scelte in materia di politica economica e finanziaria e può accadere che siano costretti a prendere dei provvedimenti di non facile accettazione da parte dei cittadini, che potrebbero non confermare la loro fiducia negli organi decisionali, come parlamento e governo, nel momento della espressione della volontà popolare. Bisogna però considerare che le regole e le decisioni adottate dall’Unione provengono da organismi eletti democraticamente e quindi tendenzialmente rispecchiano gli orientamenti prevalenti nell’elettorato europeo. E tuttavia le politiche comunitarie possono essere più facilmente adattate ai bisogni dei popoli europei nella misura in cui la partecipazione degli stessi al funzionamento delle istituzioni risulta sentita, consapevole, aperta al confronto e sensibile alle motivazioni che ispirarono i padri fondatori dell’Unione.


 




Altiero Spinelli
1907 – 1986
Un antesignano di questi è stato Altiero Spinelli, intellettuale antifascista, che già nel 1941, in piena guerra scatenata dalla Germania di Hitler, insieme ad altri prigionieri politici confinati sull’isola di Ventotene dal regime fascista, scrisse il cosiddetto Manifesto di Ventotene.
Questo è uno dei primi documenti in cui si sosteneva la necessità di una Costituzione europea e la formazione di una federazione sovranazionale di Stati europei, il cui obbiettivo principale doveva essere quello di creare un legame tra loro tale da impedire una nuova guerra.
Il 14 febbraio 1984, quarantatre anni dopo la nascita di tale document0, il Parlamento europeo adottò la proposta in esso contenuta e, a stragrande maggioranza, approvò il “Progetto di Trattato istitutivo dell’Unione europea”, noto col nome di “Piano Spinelli”. I Parlamenti nazionali non ratificarono il Trattato, ma il documento costituì la base per i successivi Trattati dell’Unione europea. Vale la pena conoscere qualche stralcio di questo documento utile per la comprensione delle motivazioni che poi portarono alla creazione dell’Unione Europea.
Il problema, che in primo luogo va risolto, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani”. “Il crollo della maggior parte degli stati del continente sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte dei popoli europei, che o tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo, in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti con la convivenza della Germania militarista, né si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta".
Se ci sarà nei principali paesi europei un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, perché la situazione e gli animi saranno favorevoli alla loro opera e di fronte avranno partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa esperienza dell'ultimo ventennio. Poiché sarà l'ora di opere nuove, sarà anche l'ora di uomini nuovi, del movimento per l'Europa libera e unita!”
E gli uomini nuovi ci furono e crearono le premesse per la nascita della Unione Europea. Ecco una piccola lista di tali uomini, una piccola lista di Padri fondatori.

Konrad Adenauer 1876–1967
Il primo Cancelliere della Repubblica federale di Germania pone una delle pietre più importanti su cui l’Europa ha gettato le sue fondamenta. Grazie al suo impegno in politica estera, ottiene la riconciliazione con la Francia, nemico storico del suo Paese, e, insieme al Presidente francese Charles de Gaulle, arriva ad una svolta storica: la firma, nel 1963, di un trattato di amicizia tra le due nazioni, che diviene uno dei capisaldi irrinunciabili per la futura integrazione europea.




Joseph Bech 1887–1975
Politico e avvocato lussemburghese vive entrambe le Guerre, esperienza determinante nella sua biografia. È proprio quella difficile situazione, vissuta in uno Stato piccolo e stretto tra due grandi e potenti Paesi come Francia e Germania, a fargli comprendere l’importanza dell’internazionalismo e della cooperazione tra Stati. Una consapevolezza che Bech porta con sé fino ai lavori per la costituzione del Benelux, ovvero l’unione tra Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Fase storica tuttora considerata come il primo modello per la futura Unione europea.  


Johan Willem Bayen 1897–1976
Banchiere e politico, Beyen è ricordato per il contributo dato al processo di integrazione europea e alla proposta di unione doganale e di cooperazione economica all’interno di un mercato comune europeo, conosciuta come “Piano Beyen”. La sua idea fu recepita dai Trattati di Roma del 1957 e costituisce da allora il nucleo centrale dell’Unione europea.  


Winston Churchill 1874-1965
Premier britannico durante la seconda Guerra mondiale, è il primo a invocare la creazione degli “Stati Uniti d’Europa”. Questa esperienza lo convince ben presto che per scongiurare l’incubo di un futuro di guerre l’unica soluzione risieda in un’Europa unita. Churchill, fautore della coalizione antinazista e Nobel per la letteratura, nella memoria collettiva è a tutti gli effetti uno dei maggiori promotori della causa europea. 


Alcide de Gasperi 1881–1954
Ultimo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia e primo della Repubblica, promuove con insistenza e convinzione l’unità europea. Lavora alla realizzazione del Piano Marshall, alla creazione di legami economici sempre più solidi tra gli Stati europei e sostiene il Piano Schuman per la fondazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Anche grazie al suo contributo si è sviluppata l’idea di una politica europea comune di difesa.

Walter Hallestein 1900 –1982
Fervente europeista e fautore dell’integrazione, è il primo Presidente della Commissione europea dal 1958 al 1967. In questo ruolo si impegna in favore del mercato comune. Anche in qualità di Segretario di Stato nel ministero degli Esteri tedesco si distingue per la sua politica estera, la cosiddetta “Dottrina Hallstein”, che permette alla giovane democrazia tedesca di avvicinarsi all’Europa occidentale.



Sicco Mansholt 1908–1995
Agricoltore e membro della resistenza olandese durante la Seconda Guerra Mondiale, Mansholt è il primo Commissario europeo per l’Agricoltura. Le sue idee, nate in seguito alle terribili carestie che colpiscono l’Olanda a seguito della guerra, puntano a incoraggiare la produttività agricola al fine di poter garantire una riserva di cibo accessibile a tutti e a prezzi contenuti. Dalle sue riflessioni si gettano le basi della Politica agricola comune dell’Ue. 


Jean Monnet 1888–1979 
Politico e consigliere economico francese è il più importante ispiratore della “Dichiarazione Schuman” del 9 maggio 1950, che porta alla creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio. È il primo embrione dell’Unione della quale Monnet è, tra il 1952 e il 1955, il primo Presidente e la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che porteranno a quella che oggi si chiama "Unione europea".   

Robert Schuman 1886–1963
Ministro degli Esteri francese tra il 1948 e il 1952 e poi Presidente del Parlamento europeo dal 1958 al 1960, passa alla storia per il cosiddetto ‘Piano Schuman’ per il controllo congiunto della produzione dei principali materiali per l’industria bellica, cioè il carbone e l’acciaio. Non avere il controllo sulla produzione di tali materiali impedisce la possibilità di evitare nuove guerre.
Questo motivo spinge Schuman, insieme a Jean Monnet, a redigere e presentare il Piano il 9 maggio 1950, giorno considerato data di nascita dell’Unione europea. Un anno dopo, Francia, Germania, Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi sottoscrivono l’accordo per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio.
  Paul-Henri Spaak 1899- 1972
 Politico belga che, già durante la Seconda Guerra Mondiale, ipotizza una fusione tra gli Stati del Benelux e promuove l’unificazione dell’Europa appoggiando la Comunità europea del carbone e dell’acciaio e una Comunità europea di difesa. Secondo Spaak unire gli Stati per mezzo di obblighi vincolanti che derivano da un trattato costituisce il mezzo più efficace per garantire pace e stabilità. In qualità di Presidente della prima assemblea plenaria delle Nazioni Unite del 1946 e nel ruolo di Segretario generale della NATO (1957-61) collabora alla realizzazione di questi obiettivi.








Considerazioni conclusive su questo primo incontro sulla Unione Europea
L’Unione europea (UE) è unica. Non è una federazione come gli Stati Uniti, perché i suoi Stati membri rimangono nazioni sovrane indipendenti. Non è nemmeno un’organizzazione puramente intergovernativa come le Nazioni Unite, perché i suoi membri mettono insieme parte della propria sovranità per guadagnare una forza e un’influenza che nessuno di essi potrebbe acquisire da solo. L'Unione europea si fonda sul principio dello stato di diritto: tutti i suoi poteri si basano su trattati liberamente e democraticamente sottoscritti dai paesi membri. In essa vige il principio della democrazia rappresentativa, in cui i cittadini sono rappresentati direttamente nel Parlamento europeo, mentre gli Stati membri sono rappresentati in altri due distinti organismi, ovvero nel  Consiglio europeo e nel Consiglio dell'UE. (Non sono la stessa cosa malgrado la somiglianza lessicale). Nel prossimo incontro si parlerà delle istituzioni dell’Unione.
Il mercato comune, chiamato anche mercato unico o mercato interno, scaturito dai trattati di Roma del 1957, permettendo la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone, è il principale motore economico dell'UE con tutti suoi benefici effetti sul tenore di vita dei cittadini europei. Grazie all'abolizione dei controlli alle frontiere tra i paesi membri, le persone possono ora circolare liberamente in quasi tutto il continente. È diventato inoltre molto più facile vivere, lavorare e viaggiare in un altro paese dell'UE.
Uno dei principali obiettivi dell'UE è la protezione dei diritti umani, sia al suo interno che nel resto del mondo. Dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani sono i valori fondamentali dell’UE. Dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona, nel 2009, la Carta dei diritti fondamentali sancisce tutti questi diritti in unico documento. Le istituzioni dell'UE hanno l'obbligo giuridico di difenderli, e altrettanto sono tenuti a fare i paesi membri quando applicano la legislazione europea.
L’Unione Europea nei suoi sessanta anni di vita si è rivelata fattore di pace, di stabilità e di prosperità, contribuendo ad innalzare il tenore di vita delle sue popolazioni. Nel 2012 l'UE ha vinto il premio Nobel per la pace per aver contribuito al mantenimento della pace e favorito la riconciliazione, la difesa della democrazia e dei diritti umani in Europa.
Tuttavia l’Unione non ha esaurito tutti i suoi compiti, non ha raggiunto tutti gli obiettivi proposti dai padri fondatori. Se i dati statistici dicono che nel complesso il tenore di vita delle popolazioni è migliorato rispetto agli ultimi cinquanta anni è anche vero che restano differenze notevoli tra i paesi dell’Unione per quanto riguarda il benessere collettivo, la qualità e la quantità dei servizi e della protezione sociale garantita nei diversi Stati. Il sogno dei padri fondatori era e rimane quello della costruzione degli Stati Uniti d’Europa, di un unico Stato federale, che garantisca a tutti i suoi cittadini parità di diritti, riduzione delle disuguaglianze, pari opportunità nei progetti di vita e di sviluppo della personalità di ciascuno. Sarà un processo lungo, irto di incognite e difficoltà, ma se si ha consapevolezza della inevitabilità di tale progetto, se si realizzano sinergie fra tutti i soggetti interessati, se si sceglie di mettere da parte gli interessi particolari dei singoli Stati per costruirne un solo, che sia la casa comune di tutti, che abbia il potere e la forza di confrontarsi e competere con i grandi altri Paesi del mondo (USA, Russia, Cina, India, Brasile), il sogno dei padri fondatori diventerà realtà con beneficio di tutti. Attualmente nell’intento di avvicinarsi, sia pure per tappe successive, alla realizzazione di tale sogno, tra gli europeisti più convinti ( opinionisti, esperti della materia, politici più avveduti) si sta facendo strada l’idea di istituire un unico ministero del tesoro e un unico ministero della politica estera, che possano esprimere gli orientamenti dell’intera Unione nelle materia di loro competenza. Sono campi e materie di primaria importanza nella organizzazione e nel funzionamento del futuro Stato Europeo. La realizzazione di tali Ministeri Europei può rappresentare un primo importante passo verso la costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
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