mercoledì 1 marzo 2023

DIVINA COMMEDIA - PURGATORIO: L'AMORE E LA FEMMINA BALBA (canti 17°-18°-19°)

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Anno Accademico 2022-2023

Relazione di Silvia Laddomada

Nella terza cornice Dante ha incontrato gli iracondi, immersi nel fumo e nelle tenebre.

Ha incontrato Marco Lombardo, un uomo di corte del 1200, con cui il poeta ha parlato del libero arbitrio, cioé della libertà dell'uomo di scegliere tra il bene e il male, dopo aver capito, grazie alla ragione, ciò che é bene e ciò che é male.

Conversando e continuando a camminare, il fumo era diventato più rarefatto, Marco Lombardo era tornato indietro e Dante e Virgilio avevano proseguito.

Durante il tragitto, Dante ha delle visioni di esempi di ira punita, gli sembrava di vedere personaggi di storie mitologiche, bibliche, letterarie.

Intanto arriva una luce, E' un angelo, che cancella una P dalla fronte, liberandolo dal peccato dell'ira e gli indica la scala per salire alla 4^ cornice.

In questo percorso, Dante affronta con Virgilio argomenti filosofici e teologici, che rimandano agli insegnamenti, alla meditazione e alla predicazione dei Padri della Chiesa, S.Agostino, S. Ambrogio, San Girolamo, San Gregorio Magno.

Accanto alla Patristica, cioè al pensiero cristiano dei primi secoli, c'era poi la Scolastica, cioè il pensiero cristiano che si diffuse in tutto il Medio Evo, con Tommaso d'Aquino, considerato uno dei pilastri della Chiesa Cattolica; la sua dottrina riprende i filosofi greci Socrate, Platone e sopratutto Aristotele.

Dante riporta spesso nella sua Commedia, il pensiero di Aristotele.

Non si tratta solo di disquisizioni Scolastiche, qui c'é il contributo di Dante a questioni drammaticamente dibattute al suo tempo.

Mentre raggiungono la 4* cornice, Virgilio illustra a Dante l'Ordinamento del Purgatorio, ordinamento conforme alla morale dell'amore.

L'istinto d'amore é innato nell'uomo; l'uomo ha la libertà di amare, di seguire qualcosa che piace. La forza dell'amore attira l'animo umano come la calamita attira il ferro, dice Dante.

Quando l'animo umano percepisce l'oggetto d'amore, prova piacere e si piega verso di esso. Ma se l'amore spontaneo é buono, non sempre lo é l'amore volontario, cioé il piegarsi verso ciò che é ritenuto buono. Ma l'uomo ha la ragione, "la virtù che consiglia" dice Virgilio, cioé la facoltà di guidare l'amore volontario e allontanarlo da un falso amore.

Ma l'uomo ha il libero arbitrio, é lui sempre responsabile delle sue scelte, a livello personale e a livello sociale, politico, religioso..

Pertanto, l'amore volontario può essere sbagliato quando si rivolge a un oggetto cattivo come la superbia, l'invidia e l'ira, le tre forme di amore del male altrui, peccati da scontare nei primi 3 gironi.

L'amore volontario é sbagliato anche quando si rivolge a un oggetto buono, ma con un vigore superiore al dovuto, come l'avarizia, la gola e la lussuria.

Non si desidera il male degli altri, ma se l'uomo si rivolge a questi piaceri in un modo esagerato, superando la dovuta misura, rivela un amore che offende Dio e il suo peccato viene espiato negli ultimi 3 gironi.

Al centro resta il peccato dell'accidia, l'amore rivolto a un oggetto buono, a una buona azione, ma con poco vigore, con fiacca e poca assiduità.

L' accidia é come una zona neutra, tra le passioni del basso e dell'alto Purgatorio.

Mentre i due pellegrini sono intenti a meditare, sopraggiunge un gruppo di anime: gli accidiosi.

Essi furono troppo lenti nella ricerca del bene, ora sono costretti a correre senza sosta lungo la cornice, gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita.

Alla richiesta di più chiare indicazioni per proseguire, l'abate di San Zeno di Verona, indica la salita verso la 5 cornice, continuando la sua corsa, che é poi la sua pena.

Gli Accidiosi

Ma nella sua corsa, l'Abate, vissuto al tempo di Federico Barbarossa, esprime il suo rammarico per l'intrusione del potere civile in quello religioso, quasi a completamento del discorso di Marco Lombardo, sull'autonomia dei due poteri: spirituale (papa) e temporale (imperatore).

Dante ha la mente confusa da tanti discorsi, tante riflessioni, per cui, essendo già sera, si sente stanco e si addormenta per terra.

 

 

 

Verso l'alba Dante sogna "una femmina balba" (balbuziente).

mi venne in sogno una femmina balba, 
ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta, 
con le man monche, e di colore scialba.

                     
Io la mirava; e come ‘l sol conforta 
le fredde membra che la notte aggrava, 
così lo sguardo mio le facea scorta

                              
la lingua, e poscia tutta la drizzava 
in poco d’ora, e lo smarrito volto, 
com’ amor vuol, così le colorava.

                                   
Poi ch’ell’avea ‘l parlar così disciolto, 
cominciava a cantar sì, che con pena 
da lei avrei mio intento rivolto. 

                                       
«Io son», cantava, «io son dolce serena, 
che’ marinari in mezzo mar dismago; 
tanto son di piacere a sentir piena!

                               
Io volsi Ulisse del suo cammin vago 
al canto mio; e qual meco s’ausa, 
rado sen parte; sì tutto l’appago!». 

                               
Ancor non era sua bocca richiusa, 
quand’ una donna apparve santa e presta 
lunghesso me per far colei confusa.

                            
«O Virgilio, Virgilio, chi è questa?», 
fieramente dicea; ed el venìa 
con li occhi fitti pur in quella onesta.

L’altra prendea, e dinanzi l’apria 
fendendo i drappi, e mostravami ‘l ventre; 
quel mi svegliò col puzzo che n’uscia.          

Canto 19° (vv.7-33)

Una donna balbuziente, strabica, con piedi storti, mani mozzate, viso molto pallido.

Osservandola con attenzione, questa donna si trasformava: lingua sciolta, diritta, il suo viso prendeva colore.

Cantava in modo tale che difficilmente mi sarei distratto, dice Dante.

Diceva di essere la dolce sirena che affascina i naviganti, e li svia dal loro cammino.

La sirena che cercò di distrarre Ulisse, perché chi si avvicina a lei viene pienamente appagato.

Ma all'improvviso appare una donna santa, che cerca di svergognarla. Con sdegno incita Virgilio a intervenire, e Virgilio con lo sguardo fisso su di lei, afferra l'altra donna, le straccia le vesti e mostra a Dante il ventre.

Per il fetore che ne uscì, Dante si svegliò.

Virgilio gli fa notare che per 3 volte lo ha chiamato, ma Dante, rialzatosi, cammina curvo, pensoso, turbato dal sogno fatto.

Virgilio lo sa e lo incoraggia.

"Vedesti quell'antica strega...e come l'uomo da lei si slega" (vedesti quella strega ammaliatrice e vedesti come l'uomo riesce a liberarsi da lei).

" bastiti, e batti a terra le calcagne...e gli occhi rivolgi verso l'Eterno".

Il sogno é simbolico. la femmina balba é il desiderio quasi passionale per qualcosa.

Personifica i vizi dei tre ultimi gironi del Purgatorio: avarizia, gola, lussuria; i peccati commessi per eccesso d'amore.

E' balbuziente perché non può parlare secondo verità; é guercia, strabica perché non sa vedere la verità; ha i piedi storti perché non può procedere per la diritta via, ha le mani monche, mozzate perché non agisce rettamente, é scialba, pallida perché corrosa dal male.

Poi si trasforma in una sirena, la famosa Sirena che cercò di adescare Ulisse.

Simili alla femmina balba sono le seduzioni terrene. A volte però, i beni del mondo, la ricchezza, la potenza, i piaceri raffinati, la voluttà, la passione carnale, appaiono così desiderabili, simili a una splendida sirena, che travolgono l'uomo e lo fanno deviare.

Nel sogno arriva però una donna santa e presta (sollecita), simbolo dell'aiuto soprannaturale, la grazia, che ammonisce Virgilio (la ragione) a svelare a Dante la vera natura della femmina. Squarciando le vesti Virgilio mette a nudo i piaceri illeciti.

Questi piaceri, privati del fascino dell'apparenza, appaiono nella loro bruttezza disgustosa.

Avari e Prodighi
Interpretato il sogno, Virgilio e Dante proseguono; un angelo sopraggiunge e cancella la quarta P dalla fronte di Dante, mostrando la via per salire alla 5^ cornice, dove i due incontrano gli avari e i prodighi. Coloro che in vita cercarono i beni materiali, il potere, gli onori mondani. E i prodighi, coloro che sperperarono in modo ingiustificato i beni terreni.

Sono stesi bocconi a terra, schiacciati, quasi, e piangono, senza mai poter volgere gli occhi al cielo, perchè in terra si dimenticarono delle cose celesti.

Dante dialoga brevemente con uno di loro, il papa Adriano, V, un avaro che gli dice di essersi convertito, rivestendo il manto papale, e scoprendo quanto bugiarda sia la vita mondana.



VIDEO: L'amore e la femmina Balba

 

Magnolia di casa, simbolo dell'Università

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