mercoledì 15 settembre 2021

L'EREDITA' CULTURALE DI DANTE ALIGHIERI

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Crispiano-Celebrazione sommo Poeta in via Dante

Relazione:

di SILVIA LADDOMADA

Certamente, oggi, sono tanti gli eventi, le manifestazioni, le mostre, attraverso cui il mondo della cultura onora la memoria del sommo poeta Dante Alighieri.

 

700 anni dalla sua morte, ma studiosi e ammiratori non hanno mai aspettato l'anniversario di morte per ricordarlo.

Montale diceva che Dante è un "miracolo", non solo per l'altezza della sua poesia, ma per la durata della sua popolarità, nel tempo e nello spazio, anzi è una popolarità in crescita.

L'antica onomastica di Crispiano-Via Dante

Il fascino delle sue pagine attira lettori in tutto il mondo.

A diffondere la conoscenza del poeta, contribuiscono anche le "Lecturae Dantis", gli incontri di lettura dell'opera dantesca, che sostengono e alimentano un "contatto" con il poeta, facendo scoprire aspetti nuovi e suggestivi della sua poesia.

Il capolavoro di Dante è la Divina Commedia.

In essa è racchiuso tutto il Medio Evo, con le sue Istituzioni, i suoi problemi, le sua passioni, le sue idealità, un mondo lontano da noi, ma quel mondo è stato rivissuto ed elevato a problemi e sentimenti universali, che riguardano ogni uomo di ogni tempo.

Ma quale messaggio lascia a noi, uomini del 21° secolo, che viviamo in un villaggio globale, laico e scettico?

Dante è convinto che la vita mortale è preparazione a quella eterna. La vita dell'aldilà sarà giudicata secondo la vita dell'aldiquà. L'uomo deve mirare a Dio, solo in Dio vi è la pace dell'animo, solo Dio è il bene perfetto.

Cartello celebrativo in via Dante a Crispiano

E' un messaggio religioso, non clericale, una religiosità intesa come conquista intellettuale e razionale, una religiosità che non soffoca il senso dei valori terreni, dei doveri e delle responsabilità di attuarli questi valori,, da parte del singolo e da parte di tutti.

Dante non è l'uomo medievale che rifiuta ciò che lo lega alla società, ritenuto di impedimento alla sua perfezione suprema. Dante é più vicino al mondo classico, considera la vita terrena degna di essere vissuta, sente la necessità della convivenza sociale e dei vincoli che lo legano ai suoi simili.

Lo scopo della vita consiste nell'esercitare pienamente la forza di cui la natura umana è dotata e nell'attuare ciò che conferisce alla vita dignità, bellezza, accettando i limiti posti alla conoscenza naturale.

Ciò però non avvilisce la nobiltà della mente umana, né rinnega il valore altissimo della ragione. Ma l'uomo deve sapere che la meta finale è Il Cielo.

La Divina Commedia racconta un viaggio immaginario nell'aldilà, scritto da Dante in un momento particolare della sua vita.

Ripresa video a cura di Gabriele Annese

Era un uomo colto, un intellettuale ammirato e seguito; aveva ricoperto un'importante carica politica, priore della città di Firenze (la seconda carica prestigiosa nella città comunale, dopo quella di podestà), ma aveva assaporato l'amarezza dell'ingiustizia, aveva sofferto per l'ingratitudine e la malizia dei suoi concittadini, divenuti suoi nemici.

Aveva fatto la triste esperienza dell'esilio.

Proprio in questo periodo di angoscia, di abbandono, di solitudine, di crisi esistenziale, diremmo oggi, Dante non si è arreso, anzi si è sentito investito di una missione profetica: salvare l'umanità, cominciando da se stesso, perché, quello che ci dice ancora Dante, il vero rinnovamento di una società deviata deve partire dalla profonda rieducazione di ognuno.

Silvia Laddomada in via Dante a Crispiano

Per svolgere questa missione, Dante non sale sul pulpito, nè punta il dito e grida "pentitevi, convertitevi", ma ricorre a una forma di narrazione allegorica, alimentata dalla forza persuasiva della poesia, capace di parlare al cuore oltre che alla ragione, quindi descrive un viaggio immaginario nell'aldilà.

In un mondo ridotto a una "selva oscura", per qualunque uomo del suo tempo e del tempo futuro, per ogni individuo disorientato, serve la ragione utile a individuare il male e le sue conseguenze, utile per provare pentimento per i proprio errori e allontanarsene, e poi serve la fede, necessaria per ricevere la Grazia e la salvezza e quindi la felicità su questa terra..

Il viaggio nell'aldilà, quindi, è sopratutto un cammino della mente verso Dio, un cammino ideale che l'anima deve percorrere per uscire dal peccato e ricongiungersi a Dio.

Laddomada sotto la targa stradale di via Dante

E' un cammino verso la giustizia, da lui tanto sognata, è anche un cammino verso la libertà, libertà dal condizionamento delle passioni, la libertà dall'ignoranza che rende schiavi.

E' un cammino verso la pace, che si raggiunge nell'adesione alla volontà di Dio.

E' un viaggio permeato da ottimismo cristiano.

Dante ha una fede incrollabile, ha una forza morale che gli permette di trasferire le sue delusioni, le sue amarezze oltre i confini della miseria umana, di trasferirli nel mondo dello spirito, dove può trovare quella pace che il mondo non può dare.

E' un viaggio interiore, all'interno dell'anima umana, però in rapporto con la società del tempo, con la storia universale e con Dio. Dante incontra degli individui, non dei fantasmi, non delle vaghe immagini simboliche.

"Nell'oltretomba dantesco si proietta il mondo terreno - diceva il filosofo Hegel - nell'eternità del giudizio divino, il carattere individuale e concreto degli esseri umani non è indebolito, ma potenziato".

Infatti nei tre regni oltremondani, il pellegrino Dante proietta l'attualità storica del suo tempo, resa con grande obiettività, per i riferimento ai fatti che molti suoi contemporanei conoscono, e per i giudizi politici e morali che esprime su personaggi e situazioni.

L'apposizione del volantino celebrativo di Dante

Incontra peccatori incontinenti che non hanno saputo dominare le loro passioni, i loro vizi, incontra truffatori e traditori, incontra personalità perseguitate, vittime d'invidia, di ingiustizia, di faziosità politica che trasforma in reato "il ben fare" dell'avversario.

Attraverso i dialoghi con le anime, Dante denuncia i contrasti municipali delle città medievali, esprime un forte sdegno per il decadimento delle Istituzioni, e poi commenta gli odi civili e politici presenti in Italia e nell'Impero, dimostrando, man mano che procede nel viaggio ultraterreno, la vanità degli odi umani, dei contrasti, delle lotte terrene, considerati ora da una dimensione eterna.

"Dante profeta della speranza" così lo ha definito papa Francesco, "cantore del desiderio di infinito insito nel cuore dell'uomo, in cammino verso la felicità vera: l'amore di Dio".

Paolo VI sottolineò il carattere universale della Commedia, "che abbraccia cielo e terra, eternità e tempo e ha un fine trasformante in grado cioè di cambiare radicalmente l'uomo".

Quale altra eredità ci lascia il Poeta?

Dante definisce l'uomo "un animale fornito di ragione e assetato di conoscenza". Oggi il sapere, la conoscenza sono più diffusi rispetto al tempo di Dante, ma il nostro sapere si esaurisce nella consultazione di internet, manca lo stimolo ad andare oltre.

Molti studiosi invece, ritengono che in Dante e nel suo capolavoro possiamo trovare le radici della cultura e della lingua moderna.

Leggendo Dante noi possiamo attualizzare i valori della nostra cultura, egli rappresenta la nostra identità, ma anche l'identità dell' Europa e della civiltà occidentale.

Nel Medio Evo, Dante ha saputo cogliere la continuità tra il pensiero degli antichi e quello cristiano, tra la moralità dei Romani, di cui esalta la pratica delle virtù civili, e l'etica cristiana, fissando i principi che sono alla base della civiltà occidentale.

Nel Medio Evo Dante ha contribuito, con la sua enciclopedica cultura e conoscenza nei vari campi del sapere, a riprendere la cultura classica (sintesi della civiltà del mondo antico) e adattarla alle istanze cristiane, rielaborandola e trasformandola nella cultura dell' Umanesimo, fondamento della cultura moderna, quella che viviamo oggi.

Dante è ancora oggi considerato il padre della lingua che parliamo.

Celebrazioni di Dante a Cisternino. A sx.Silvia Laddomada

Nella Divina Commedia non ha usato il latino, la lingua delle opere colte, ma ha usato la lingua volgare, la lingua del popolo.

Dante aveva proposto una lingua composita, formata con le parlate di varie regioni. Di queste parlate Dante scelse il volgare fiorentino per la sua Commedia, e in forza del prestigio che l'opera ha avuto, questa lingua si affermò come grande lingua di cultura europea. Lingua divenuta poi nazionale e grazie alla perfezione di quel modello é rimasta pressoché invariata fino ad oggi.

Concludo con un messaggio di San Giovanni Paolo II:

"Dante seppe legare con un vincolo indissolubile le origini della lingua italiana ai grandi contenuti della fede cattolica, in una sintesi che ancora oggi costituisce il principio formativo dell'identità nazionale italiana".

 


 https://www.youtube.com/watch?v=54b7PbwOFX0

 
 


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