RELATORE:
Tommaso CHISENA
Introduzione di Silvia LADDOMADA
Nei primi tempi dopo l'unificazione,
l'Italia era ancora un paese in prevalenza agricolo; quasi l' 80% era
analfabeta.
I motivi di questo stato di cose
risalivano alla noncuranza dei governi preunitari nei confronti
dell'istruzione popolare, che era stata ostacolata. Nel Sud i sovrani
borbonici avevano lasciato deliberatamente la popolazione
nell'ignoranza, convinti che tale decisione fosse più adatta a
mantenere il popolo in obbedienza.
Incominciò a delinearsi in Italia fin
dai primi anni di storia unitaria, il contrasto economico tra nord e
sud, determinato dalla localizzazione delle industrie nelle regioni
settentrionali e dal persistente carattere agricolo delle regioni
meridionali.
Uno stato di cose, definito questione
meridionale, un problema che pesò sullo sviluppo complessivo del
paese e che perdura anche nei nostri tempi. Uno dei nodi più
complessi della vita economica e politica italiana.
Il siciliano Francesco Crispi,
divenuto poi capo di governo nel 1888 e grande statista dell'Italia
umbertina, così scriveva a Garibaldi per spiegargli che cosa stava
accadendo in Sicilia e i gravissimi rischi che la situazione
comportava a livello nazionale.
"Mio generale credo mio dovere
dirvi qualche cosa della povera isola che voi chiamaste a libertà e
che i vostri successori ricacciarono in una servitù peggiore della
prima. Dal nuovo regime quella popolazione nulla ha ottenuto di che
possa essere lieta. Nissuna giustizia, nissuna sicurezza personale,
l'ipocrisia della libertà sotto un governo, il quale non ha
d'italiano che appena il nome (......)
La popolazione in massa detesta il
governo d'Italia, che al paragone trova più triste del borbonico.
Grande fortuna che non siamo travolti in quell'odio noi, che fummo
causa del meritato regime! Essa ritiene voi martire, noi tutti
vittime della tirannide (....) Se i consiglieri della Corona non
mutano regime, la Sicilia andrà incontro a una catastrofe.
E' difficile misurarne le conseguenze,
ma esse potrebbero essere fatali alla patria nostra".
Relazione di Tommaso CHISENA
La "questione meridionale"
nasce con l’unita’ d’italia nel 1861 ed e’ rappresentata
dalle condizioni di arretratezza economica e sociale che via via si
determinarono nell’ex regno delle due Sicilie rispetto al nuovo
regno d’Italia a seguito della invasione dei piemontesi.
I sabaudi instaurarono da subito un
sistema statale e burocratico simile a quello piemontese, con la
eliminazione dei decreti dittatoriali ,ovvero le promesse di
Garibaldi, a cominciare dalla distribuzione delle terre demaniali ed
ecclesiastiche ai contadini, quindi la eliminazione delle terre
comuni e degli usi civici ( semina, pascolo e legnatico) una
tassazione sulla popolazione 4 volte maggiore ( da 12 tasse che
esistevano nel regno borbonico a 26 tasse sabaude), la leva
obbligatoria e l’occupazione militare. Tutto questo creò un
malcontento che unito a quello degli ex soldati borbonici, dette
vita ad una vera e propria guerra civile, che i piemontesi, anche
attraverso i loro giornali, definirono "brigantaggio",
visto che nel sud fu vietata la libertà di stampa sino al 1865.
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Episodio della campagna contro il brigantaggio |
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La lotta di resistenza durò circa 6
anni, dal 1860 al 1866, con sentenze di condanna a morte applicate
sino al 1870. Per reprimere questi patrioti, il governo invasore creò
- su richiesta del famoso generale Cialdini un vero e proprio
criminale di guerra- la legge Pica del 1863, denominata “
repressione al brigantaggio”, che permetteva alle truppe piemontesi
di fucilare sul posto chiunque fosse trovato con un’arma. Inoltre
furono inviati nel sud circa 120.000 soldati -la metà di tutto
l’esercito-.
Questa guerra civile procurò più di
15.000 morti , 30.000 feriti e 100.000 prigionieri. Fu una guerra
senza nome, perchè sui libri di storia italiana non c’é. Infatti
sui libri di storia e’ definita lotta al brigantaggio- operazione
di polizia contro criminali.
I sabaudi si affrettarono ad applicare
le leggi vigenti nel regno di Sardegna, così come la costituzione
rappresentata dallo Statuto Albertino, nonché la parificazione
fiscale.
La leva obbligatoria fu applicata dal
generale Cialdini già a gennaio del 1861 nell’ex regno delle due
Sicilie, dove non esisteva, in quanto l’esercito era formato da
soli professionisti, così come é oggi in Italia.
La parificazione fiscale, con una
maggiore tassazione su di un popolo abituato a pagare solo 12 tasse
rispetto alle 24 nuove tasse, e la famosa tassa sul macinato, mise in
pericolo l’economia del sud .
Inoltre, la vendita dei beni demaniali
ed ecclesiastici, che tolse la fonte di sostentamento a centinaia di
migliaia di persone, rappresentò la prima rapina dei sabaudi ai
danni del sud.
Nel regno delle sue Sicilie vi erano
enormi estensioni di terre demaniali di proprietà pubblica,
costituita da boschi e pascoli, usati gratuitamente da tutti i
cittadini. Altrettanto erano le proprietà dei conventi, dei
monasteri e degli istituti di beneficienza, date in fitto ai
contadini.
Il nuovo governo nazionale, oberato da
tantissimi debiti, per la massima parte da debiti del Piemonte(
indebitato per piu’ di 4 volte il suo pil), non potendovi far
fronte si appropriò dei beni ecclesiastici e demaniali e li vendette
ai privati per far cassa.
Ordunque , la rivolta - che diventerà
una guerra civile - non scoppiò per le tasse o per la terra, che di
certo furono concause, ma perché il popolo si sentì tradito dalle
promesse fatte da Garibaldi e da Vittorio Emanuele II, a cui
avevano dato fiducia.
Come conducevano la guerra i
piemontesi
Le notizie sono frammentarie, perché’
occultate da chi gestiva l’informazione sabauda, per motivi
politici, sia allora sia dopo: dal ventennio alla repubblica
italiana.
Ad esempio, presso il paese di
Pontelandolfo (Benevento) una banda di briganti attaccò una
compagnia di soldati piemontesi e ne uccise alcuni. Pochi giorni
dopo, il 14 agosto 1860, circa
500 soldati savoiardi di
notte circondarono il paese e lo rasero al suolo, facendo strage di
donne vecchi e bambini. Qualche giorno dopo stessa sorte toccò agli
abitanti di Casaldini. Anche a Scursola, vicino ad Avezzano
(L’aquila), avevano trovato rifugio gli uomini di una banda di un
certo Giorgio, detto piccione. Questi aveva fatto ospitare i feriti
presso la locale caserma e fatto distribuire gli uomini nel paese.
Avvisati da qualche spia locale, arrivarono i piemontesi, che
ammazzarono prima tutti i feriti poi radunarono gli uomini presso il
cimitero e, dopo averli seviziati, ne ammazzarono 167.
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Due brigantesse famose
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Anche nei confronti dei civili fecero
cose atroci : bastava un semplice sospetto, bastava che chi si
portassero dei viveri fuori paese, donne o bambini che fossero, per
essere immediatamente fucilati.
Un altro esempio del disagio provocato
dalla situazione economica e sociale e dalla contrarietà alla leva
obbligatoria fu la “ rivolta del sette e mezzo”. Questo tumulto
scoppiato a Palermo nel 1866, e così chiamato perché durò sette
giorni e mezzo, fu represso nel sangue dal generale Raffaele Cadorna,
padre di Luigi.
La stroncatura nel sangue delle
rivolte nel meridione creò il clima adatto per l’affermazione
delle mafie in Sicilia e nelle altre regioni del sud.
La questione meridionale non troverà
mai una sua soluzione, neanche nei vari cambiamenti di regime.
Qualche passo in avanti si ebbe solamente nel secondo dopoguerra con
la riforma agraria e la nascita dello svimez, e poi della cassa del
Mezzogiorno.
L’economia nell’ ex regno delle
due Sicilie.
Il Sud aveva più denaro e pagò i
debiti del nord. Parliamo del banco di Napoli, o meglio della guerra
intentata dallo stato unitario, e quindi dalla Banca Nazionale (
creata dalla fusione della banca nazionale del regno di Sardegna con
la banca nazionale di Toscana e la Banca di credito toscana) contro
il banco di Napoli. Al momento dell’unita’ vi erano 5 istituti di
emissione ( stampa di carta moneta in ragione di 1/3 di valore in oro
depositato) : banca nazionale sarda, banca nazionale di Toscana, il
Banco toscano di credito, il Banco di Sicilia e il Banco di napoli.
Chiunque presentava carta moneta all’istituto di emissione aveva in
oro il cambio.
La banca nazionale aveva risorse auree
in lire, pari a 26.000, il Banco di Napoli pari a 48.000.
Per avere una idea di moneta
circolante, nel sud circolava il 66% della moneta italiana sul 37%
della popolazione italiana: quindi ogni meridionale aveva il
quadruplo della moneta a disposizione, rispetto alla media degli
italiani.
La lotta contro il Banco di Napoli e’
iniziata con l’apertura delle filiali al sud del Banco nazionale e
di contro con il divieto al Banco di Napoli di apertura di filiali al
nord.
La Banca nazionale quindi vendeva
titoli al Sud, che aveva in cambio carta moneta emessa dal Banco di
Napoli, che a sua volta cambiava in oro alla Banca nazionale, la
quale emetteva altra carta moneta per il triplo del valore. In poco
tempo ci fu per il Banco di Napoli una consistente emorragia di oro,
che non poteva più comprare dal mercato, a causa del divieto imposto
dal governo, al contrario della Banca nazionale a cui era permesso
l’acquisto sul mercato. Risultato: il Banco di Napoli aveva sempre
meno oro e la banca nazionale sempre più liquidità. Quindi il
Banco di Napoli subì un drastico taglio ai prestiti e ai
finanziamenti al commercio, all’industria e all’economia del sud,
mentre la Banca nazionale al contrario elargì prestiti e
finanziamenti al nord per le attività industriali, commerciali e
agricole, tali da trasformare la palude padana in pianura padana.
Dopo qualche anno le riserve auree del
Banco di Napoli si ridussero da 48 a 42 milioni, mentre quelle della
Banca nazionale passarono da 26 a 157 milioni.
Fine della lotta
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Un gruppo di briganti
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Il banco di Napoli si alleò con la
Banca nazionale ed aprì le sue filiali al nord, con la beffa oltre
che al danno, di finanziare le imprese del nord. Morale: sud e nord
finanziavano solo il nord. Le industrie del sud chiudevano, quelle
del nord ingrassavano. Nonostante ciò, parecchie banche del nord
improvvide furono salvate dal banco di Napoli, dal fallimento.
Ma quando nel 1887 il banco di Napoli
rifiutò il salvataggio della banca di sconto torinese, il governo
intervenne disponendo il commissariamento con lo scioglimento del
suo Cda.
Nel 1898 nacque la banca d’Italia
con la sottoscrizione di 300.000 azioni dalle altre banche italiane.
Bene, su 300.000 azioni, al Banco di Napoli ne dettero solo 20.000,
mentre alla sola Liguria ne dettero 120.000. Iniziava il triangolo
industriale di Torino-Genova -Milano.
Istruzione pubblica
A sud, nel 1860, vi era una sola
università, quella di Napoli. Inoltre vi erano gli studi dell’Aquila
,di Bari, di Salerno e di Catanzaro, che per serietà di studi
valevano quanto delle universita’. Nel 1899 ( meno di quarantanni
dopo l’unita’), la situazione é la seguente: su 17 universita’,
nel meridione é rimasta solo quella di Napoli e inoltre sono stati
soppressi gli studi di Bari, Salerno, Catanzaro e l’Aquila. Al
nord, università che valevano meno, furono trasformate prima in
università secondarie e poi in primarie come: Macerata, Sassari,
Siena, Modena , Parma e Pavia. In tutto il meridione, niente.
Il contributo dello Stato per
l’universita’ di Napoli, che contava 5.200 iscritti, era molto
inferiore a quello dato all’universita’ di Roma, che contava
1.700 iscritti.
Pur pagando le stesse tasse, molte
scuole al nord, poche scuole al sud, e mal distribuite. Questo fece
aumentare di molto il problema dell’analfabetismo.
pertanto il divario scuola, dovuto
alla differenza di trattamento a favore del nord, si aggiungeva agli
altri svantaggi che il sud accumulava.
Addetti all’industria.
La superiorità del sud nel 1861 era
presente in tutti i settori. Gli addetti all’industria erano
notevolmente superiori a quelli del nord, che era privo di industrie
e con una agricoltura poco sviluppata. Infatti rispetto alle numerose
attività industriali del sud, che nel giro di poche decenni
arrivarono alla chiusura o fallimento, l’agricoltura tenne bene per
circa 20 anni, in quanto i prodotti erano da sempre esportati
all’estero, sino a quando nel 1887 il governo emanò una legge sul
protezionismo, per tutelare i prodotti del nord, impedendo a quelli,
soprattutto francesi, di invadere il commercio del nord.
Ciò portò ad un impoverimento dell'
agricoltura del sud – in aggiunta agli altri settori - non potendo
più contare sulla esportazione dei propri prodotti.
Altro enorme divario si ebbe nel campo
delle opere pubbliche.
Ad esempio quelle idrauliche. Dopo
l’unita’ d’Italia furono spesi 480 milioni al nord e solo 2
milioni al sud.
Le ferrovie. Nel 1860 vi erano in
tutta l'Italia 2000 km. di ferrovie. In soli 5 anni al nord furono
costruite altri 3000 km. Lo Stato spese per i primi 4 decenni al nord
2.732 milioni, al sud solo 856 milioni. Questo divario e’ sempre
stato costante, e lo troviamo persino nel 1945, allorché l’America
ci regalò il surplus dei suoi materiali, che lo Stato distribuì al
73% al nord, al 17% al sud e al 10% alle isole. La stessa cosa
avvenne per la distribuzione degli aiuti del piano Marshall.
Lo Stato nel decennio del 1890
spendeva per ogni 100 lire di tasse incassate 90 al nord e 60 al sud.
E' questa la questione meridionale.
Il sud dopo l’unità d’Italia e’
stato trattato come una colonia, funzionale allo sviluppo e ricchezza
del nord. Infatti il sud deve fornire il capitale attraverso l’uso
dei suoi risparmi e deve fornire lavoro quando richiesto.
L’emigrazione
Storicamente le emigrazioni sono il
risultato delle diverse velocità di sviluppo economico tra paese o
tra regioni.
Fino all'unità d’Italia, nel regno
delle due Sicilie le emigrazioni furono scarse e temporanee. Il
fenomeno più grosso era quello degli abruzzesi che stagionalmente,
in numero non inferiore a 30.000 unità, si recavano nel casertano o
nella campagna laziale.
Nel sud a seguito della invasione
piemontese il fenomeno della emigrazione iniziò dopo il 1865 circa,
con la fine della guerra di resistenza dei meridionali contro i
militari sabaudi.
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Squadriglia di Carabinieri
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La prima reazione e’ stata emotiva e
fu determinata da cause politiche e militari; infatti la prova é
data dal fatto che i primi emigranti si diressero nel nord Africa e
nel sud America, in Argentina. Questi non erano paesi di sviluppo
economico, ma molti contadini erano attirati dalla terra da
coltivare. Poi proseguì in costante aumento per la grave crisi
economica, soprattutto dal 1876, anche in altri Paesi, come gli Stati
Uniti, dove a cavallo del '900 emigrarono dal sud e dal nord circa 6
milioni di italiani, attratti da un paese in forte espansione
industriale. Si calcola che fra il 1876, anno in cui si cominciarono
a rilevare ufficialmente, e il 1985, circa 26.5 milioni di italiani
lasciarono il territorio nazionale. Poi al sud l’emigrazione
continuò, mentre al nord mano a mano decrebbe. Nel ventennio
1920/1940 per ragioni politiche si ridusse a zero. Ma ci fu quella
indotta, nelle colonie italiane in nord Africa.
Nel dopoguerra, dal 1950 al 1970,
riprese una fortissima emigrazione dal sud verso il nord, bisognoso
di manodopera a basso costo, e verso paesi europei come la Germania,
il Belgio, la Francia e la Svizzera.
Ciò a dimostrazione che l’emigrazione
fu una delle pesanti conseguenze della mancata risoluzione, da parte
dei governi italiani, della questione meridionale.
Governi dall’unita’ d’Italia a
Giolitti
1861/ 1876 : destra storica liberale
di Cavour. Nel 1876 il ministro alle finanze Quintino Sella
raggiunse, per la prima ed unica volta, il pareggio di bilancio. (
oggi abbiamo da 18 anni, unico paese in Europa, un avanzo primario,
ovvero che le entrate superano le spese. Ma dovendo aggiungere gli
interessi sui debiti, ecco che il nostro bilancio non é più a
pareggio, bensì in disavanzo).
1876/ 1900: governo della sinistra con
Depretis ( si attuò il trasformismo) e poi Crispi ( braccio destro
di Garibaldi, anzi la mente), che governò dal 1887/1891 e dal
1893/1896, distinguendosi per tendenze autoritarie e repressioni
sanguinose, come quella dei moti di Milano del 1898, contro il caro
vita, in cui i manifestanti furono addirittura cannoneggiati dal
generale Bava Beccaris.
Considerazione finale:
Se l’unità d’Italia non si fosse
realizzata con la conquista militare, ma ad esempio con il consenso
di tutti gli stati dell’epoca, in una federazione iniziale, forse
la storia d'Italia sarebbe stata diversa.
LA QUESTIONE MERIDIONALE(Video)