La direttiva Bail – In
di Giancarlo ARGESE
La direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) introduce in tutti i paesi europei «regole armonizzate» per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento, partendo dal presupposto che il costo della crisi va sostenuto all’interno delle banche stesse, come accade normalmente nelle altre imprese. Dal 1 gennaio 2016 in Italia è stata introdotta la direttiva così detta Bail – In. Il Consiglio dei Ministri ha recepito a fine 2015 la direttiva europea BRRD e quindi anche il cosiddetto bail in. Voluta nel giugno 2013, nei giorni della crisi di Cipro e delle sue banche, introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche. Il bail in, in italiano "salvataggio interno".
Ma vediamo cosa dice, soprattutto sul bail in, la direttiva. La direttiva BRRD fornisce alle cosiddette “autorità di risoluzione”, ruolo che in Italia è svolto dalla Banca d’Italia, di preparare piani di risoluzione che individuino le strategie e le azioni da intraprendere in caso di crisi. Le tre fasi previste dalla direttiva e svolte dalla Banca ‘Italia sono :
1)
pianificare la gestione delle crisi;
2)
intervenire per tempo, prima della completa manifestazione della
crisi (rimuovere i vertici e avviare le operazioni di risanamento);
3)
gestire al meglio la fase di “salvataggio interno”, (secondo il
principio che chi detiene strumenti più rischiosi contribuisce
maggiormente al risanamento).
Per
il finanziamento delle misure di risoluzione è prevista la creazione
di fondi alimentati da contributi versati dagli intermediari. Si
ricorre alla risoluzione quando una banca è in dissesto, quando
misure alternative di natura privata come la ricapitalizzazione non
evitano in tempi brevi il dissesto e quando la liquidazione non
salvaguarderebbe la stabilità sistemica e l’interesse
pubblico.Sottoporre
una banca a risoluzione, unica alternativa alla liquidazione
disciplinata dal Testo unico bancario, significa avviare un processo
di ristrutturazione
gestito da autorità indipendenti. Questi manager, grazie
all’utilizzo di tecniche e poteri contemplati dalla direttiva BRRD,
puntano a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi
essenziali offerti dalla banca (come depositi e servizi di
pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica
della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti.
Le
quattro fasi del risoluzione sono:
1)vendere
una parte dell’attività a un acquirente privato;
2)
trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entità
(bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le
funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul
mercato;
3)trasferire
le attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la
liquidazione in tempi ragionevoli;
4)applicare
il bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni
per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o
una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
Con
il termine bail in si definisce la svalutazione di azioni e crediti
e la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e
ricapitalizzare la banca in difficoltà (o una nuova entità che ne
continui le funzioni essenziali).
Dal
bail-in sono escluse alcune passività:1)
i depositi di importo
fino a 100mila
euro (protetti dal sistema di garanzia dei depositi);
2) passività garantite come covered bonds e altri strumenti garantiti;
3) passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito);
4) passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
5) passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
6) debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale: i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi di importo fino a 100.000 euro; le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti; cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito; le passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 gg; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Tutti gli strumenti finanziari, depositati presso il conto titoli delle banche soggette a bail-in, ma con emittente diverso dalla banca in questione, non rischiano niente: questi investimenti non sono soldi della banca, quindi non entrano in alcun modo nella procedura di ristrutturazione o insolvenza.
2) passività garantite come covered bonds e altri strumenti garantiti;
3) passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito);
4) passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
5) passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
6) debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale: i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi di importo fino a 100.000 euro; le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti; cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito; le passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 gg; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Tutti gli strumenti finanziari, depositati presso il conto titoli delle banche soggette a bail-in, ma con emittente diverso dalla banca in questione, non rischiano niente: questi investimenti non sono soldi della banca, quindi non entrano in alcun modo nella procedura di ristrutturazione o insolvenza.
TRAGEDIA E COMMEDIA NEL
MONDO GRECO
di Eleonora MASSAFRA
di Eleonora MASSAFRA
TRAGEDIA
La
tragedia nasce intorno al 536/35 nell’anno della 61° olimpiade, e
ad essere rappresentate erano alcune vicende del mito come quelle che
riguardavano il ghenos, la famiglia.
E’ indubbio che in alcune
tragedie rappresentate ci sono dei chiari riferimenti politici e
sociali che riguardavano il periodo storico in cui esse erano
rappresentate, così come è indubbio che l’epoca in cui erano
rappresentate influenzava la rappresentazione.
Del
complesso studio sull’origine della tragedia nel mondo greco antico
si sono occupati illustri autori del passato e autori contemporanei
che avvalendosi di fonti antiche come il lessico Suda e delle
testimonianza di autori come Aristotele, hanno formulato diverse
ipotesi.
La
prima ipotesi è che la tragedia sia nata dal Ditirambo, il canto
corale in onore di Dioniso. Secondo questa teoria il solista del
coro, che ricopriva il ruolo più importante nel dialogo, si sarebbe
pian piano staccato per diventare il protagonista della narrazione,
dando vita alla tragedia.
La
seconda ipotesi, invece, vede la nascita della tragedia dalla satira;
cioè dal genere comico con temi scherzosi e brevi, si passa a
quelli sempre più seri. Questo passaggio ha influenzato anche il
cambiamento del metro, con cui erano composti i versi e cioè dal
tetrametro al giambo, che è il metro utilizzato nei versi parlati.
La
tragedia è un genere strutturato secondo uno schema ben preciso in
cui si distinguono alcune parti: prologo, parodo, episodi, stasimi,
esodo.
ARISTOTELE,
Poetica, 12, 1452b
“Prologo
è tutta la parte di tragedia prima dell’ingresso del coro,
episodio tutta la parte di tragedia compresa tra
canti corali interi, esodo l’intera parte di
tragedia cui non segue canto del coro. Quanto alla parte corale,
parodo è la prima esibizione dell’intero
coro, stasimo un canto del coro senza anapesti e
trochei, kommòs è un canto di lamento eseguito
in comune dal coro e dalla scena.”
Il
prologo veniva ulteriormente classificato sulla base di alcune
scene, durante le quali, un attore poteva entrare o uscire, in base a
questo si calcolava se il prologo avesse una, due o tre scene.
Le
tragedie dei più grandi e famosi esponenti del mondo teatrale greco,
cioè Eschilo, Sofocle e Euripide, sono distinguibili anche dalle
differenze nel numero delle scene del prologo. Eschilo ha prologhi a
una o tre scene, mai a due e preferisce il monologo piuttosto che il
dialogo a due, perché soprattutto in Eschilo il prologo ha una
funzione informativa strettamente necessaria alla comprensione
immediata della situazione scenica.
Anche
Sofocle usa prologhi a una o tre scene e all’interno di essi
anticipa temi che saranno trattati durante la rappresentazione. A
differenza di Eschilo preferisce il dialogo al monologo.
Euripide
è l’unico dei tre che utilizza prologhi a due scene in cui i
personaggi non sono quelli principali ma altri. Questi danno notizie
a volte eccessive rispetto agli eventi che si svolgeranno, talvolta
il prologo di Euripide anticipa la fine della tragedia.
La
parodo è la prima esibizione del coro, esso entra in scena
marciando a ritmo dell’ aulos, il doppio flauto e intonando versi
cantilenati. L’ingresso avviene secondo alcune modalità, o perché
semplicemente è previsto e dunque il pubblico si aspetta il suo
ingresso, oppure perché è stato chiamato in causa dall’attore,
può entrare per portare una notizia o perché incuriosito da un
evento che si sta svolgendo in quel momento.
Gli
episodi sono
le parti dialogate tra gli attori, tradizionalmente l'attore era uno
solo e dialogava con il coro, poi con Eschilo sarebbe stato
introdotto un secondo attore e con Sofocle un terzo: al numero
massimo di tre attori potevano esserne aggiunti degli altri, muti e
in veste di comparse. Il dialogo si svolge attraverso tre modalità,
la resis, la
stichomuthía
e
la monodìa.
La
resis è il discorso informativo, entro cui troviamo un
personaggio che porta la notizia, ad esempio un messaggero angelico,
un servo.
La
stichomuthía è il dialogo linea per linea tra gli
attori, cioè un vero botta e risposta l’uno contro l’altro con
un verso a testa.
La
monodia è il canto in versi lirici, in questo caso l’attore
canta invece di recitare.
Gli stasimi sono
degli intermezzi destinati a separare tra loro gli episodi, i canti
del coro, dove questo commenta, illustra e analizza la situazione che
si sta sviluppando sulla scena.
L'esodo è
la parte conclusiva della tragedia, che finisce con l'uscita di scena
del coro. Spesso, nell'esodo si fa uso del deus
ex machina,
ovvero un personaggio divino che viene calato sulla scena mediante
una macchina
teatrale per
risolvere la situazione quando l'azione è tale che i personaggi non
hanno più vie d'uscita.
COMMEDIA
La
commedia greca è più antica della tragedia, fu portata in scena per
la prima volta durante le feste dionisiache. Viene attribuita
principalmente ad Aristofane che risulta essere il principale autore
perché di lui ci sono giunte 11 commedie intere. La struttura della
commedia è simile a quella della tragedia, ciò che cambia sono i
temi, che risultano più scherzosi, a volte grotteschi.
Come
genere letterario, la commedia ha conosciuto tre diverse fasi, la
prima fase è detta arcaia cioè la commedia antica, la seconda è la
mese cioè la commedia di mezzo, e l’ultima la nea è la commedia
nuova.
Nell’arcaia
distinguiamo due filoni: uno impegnato e uno di evasione, quello
impegnato era caratterizzato dall’attacco politico personale
attinente all’attualità e il costume, quello di evasione era meno
aggressivo e si ispirava alla favola popolare, al racconto
mitologico, al folclore dove dominano tematiche utopiche ambientate
in luoghi fantastici.
La
mese o commedia di mezzo si afferma in un periodo politico in cui la
polis perde importanza e dunque anche i temi trattati man mano si
chiudono nel privato trattando argomenti meno impegnati con
personaggi di basso ceto sociale, le parti del coro si riducono
sempre di più ma le maschere grottesche continuano a riscuotere
successo.
La
nea, la commedia nuova si sviluppa durante la piena crisi della polis
avvenuta dopo la sconfitta di Atene nel 404 e la vittoria di Filippo
di Macedonia. Scompare completamente la visione della polis
tradizionale, esse viene intesa come una città cosmopolita; questa
nuova visione influenza anche la produzione letteraria e infatti
nella nea troviamo temi universali come il destino, l’avarizia,
l’amore. Scompaiono del tutto i temi politici, il mito e perfino il
coro si riduce ad una apparizione di poco conto.
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