venerdì 20 maggio 2016

RELAZIONI DEL DOTT. GIANCARLO ARGESE E DI ELEONORA MASSAFRA

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La direttiva Bail – In

 

                                                                               

di Giancarlo ARGESE 

 



       
                                                                  

La direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) introduce in tutti i paesi europei «regole armonizzate» per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento, partendo dal presupposto che il costo della crisi va sostenuto all’interno delle banche stesse, come accade normalmente nelle altre imprese. Dal 1 gennaio 2016 in Italia è stata introdotta la direttiva così detta Bail – In. Il Consiglio dei Ministri ha recepito a fine 2015 la direttiva europea BRRD e quindi anche il cosiddetto bail in. Voluta nel giugno 2013, nei giorni della crisi di Cipro e delle sue banche, introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche. Il bail in, in italiano "salvataggio interno".
Ma vediamo cosa dice, soprattutto sul
bail in, la direttiva. La direttiva BRRD fornisce alle cosiddette “autorità di risoluzione”, ruolo che in Italia è svolto dalla Banca d’Italia, di preparare piani di risoluzione che individuino le strategie e le azioni da intraprendere in caso di crisi. Le tre fasi previste dalla direttiva e svolte dalla Banca ‘Italia sono :
1) pianificare la gestione delle crisi;
2) intervenire per tempo, prima della completa manifestazione della crisi (rimuovere i vertici e avviare le operazioni di risanamento);
3) gestire al meglio la fase di “salvataggio interno”, (secondo il principio che chi detiene strumenti più rischiosi contribuisce maggiormente al risanamento).
Per il finanziamento delle misure di risoluzione è prevista la creazione di fondi alimentati da contributi versati dagli intermediari. Si ricorre alla risoluzione quando una banca è in dissesto, quando misure alternative di natura privata come la ricapitalizzazione non evitano in tempi brevi il dissesto e quando la liquidazione non salvaguarderebbe la stabilità sistemica e l’interesse pubblico.Sottoporre una banca a risoluzione, unica alternativa alla liquidazione disciplinata dal Testo unico bancario, significa avviare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti. Questi manager, grazie all’utilizzo di tecniche e poteri contemplati dalla direttiva BRRD, puntano a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (come depositi e servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti.
Le quattro fasi del risoluzione sono:
1)vendere una parte dell’attività a un acquirente privato;
2) trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato;
3)trasferire le attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli;
4)applicare il bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
Con il termine bail in si definisce la svalutazione di azioni e crediti e la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà (o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali).
Dal bail-in sono escluse alcune passività:1) i depositi di importo fino a 100mila euro (protetti dal sistema di garanzia dei depositi);
2) passività garantite come
covered bonds e altri strumenti garantiti;
3) passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come ad esempio
il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito);
4) passività
interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
5) passività derivanti dalla
partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
6)
debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale: i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi di importo fino a 100.000 euro; le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti; cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito; le passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 gg; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. Tutti gli strumenti finanziari, depositati presso il conto titoli delle banche soggette a bail-in, ma con emittente diverso dalla banca in questione, non rischiano niente: questi investimenti non sono soldi della banca, quindi non entrano in alcun modo nella procedura di ristrutturazione o insolvenza.








 

TRAGEDIA E COMMEDIA NEL MONDO GRECO

di Eleonora MASSAFRA
TRAGEDIA
La tragedia nasce intorno al 536/35 nell’anno della 61° olimpiade, e ad essere rappresentate erano alcune vicende del mito come quelle che riguardavano il ghenos, la famiglia.
E’ indubbio che in alcune tragedie rappresentate ci sono dei chiari riferimenti politici e sociali che riguardavano il periodo storico in cui esse erano rappresentate, così come è indubbio che l’epoca in cui erano rappresentate influenzava la rappresentazione.
Del complesso studio sull’origine della tragedia nel mondo greco antico si sono occupati illustri autori del passato e autori contemporanei che avvalendosi di fonti antiche come il lessico Suda e delle testimonianza di autori come Aristotele, hanno formulato diverse ipotesi.
La prima ipotesi è che la tragedia sia nata dal Ditirambo, il canto corale in onore di Dioniso. Secondo questa teoria il solista del coro, che ricopriva il ruolo più importante nel dialogo, si sarebbe pian piano staccato per diventare il protagonista della narrazione, dando vita alla tragedia.
La seconda ipotesi, invece, vede la nascita della tragedia dalla satira; cioè dal genere comico con temi scherzosi e brevi, si passa a quelli sempre più seri. Questo passaggio ha influenzato anche il cambiamento del metro, con cui erano composti i versi e cioè dal tetrametro al giambo, che è il metro utilizzato nei versi parlati.
La tragedia è un genere strutturato secondo uno schema ben preciso in cui si distinguono alcune parti: prologo, parodo, episodi, stasimi, esodo.

ARISTOTELE, Poetica, 12, 1452b
Prologo è tutta la parte di tragedia prima dell’ingresso del coro, episodio tutta la parte di tragedia compresa tra canti corali interi, esodo l’intera parte di tragedia cui non segue canto del coro. Quanto alla parte corale, parodo è la prima esibizione dell’intero coro, stasimo un canto del coro senza anapesti e trochei, kommòs è un canto di lamento eseguito in comune dal coro e dalla scena.”
Il prologo veniva ulteriormente classificato sulla base di alcune scene, durante le quali, un attore poteva entrare o uscire, in base a questo si calcolava se il prologo avesse una, due o tre scene.
Le tragedie dei più grandi e famosi esponenti del mondo teatrale greco, cioè Eschilo, Sofocle e Euripide, sono distinguibili anche dalle differenze nel numero delle scene del prologo. Eschilo ha prologhi a una o tre scene, mai a due e preferisce il monologo piuttosto che il dialogo a due, perché soprattutto in Eschilo il prologo ha una funzione informativa strettamente necessaria alla comprensione immediata della situazione scenica.
Anche Sofocle usa prologhi a una o tre scene e all’interno di essi anticipa temi che saranno trattati durante la rappresentazione. A differenza di Eschilo preferisce il dialogo al monologo.
Euripide è l’unico dei tre che utilizza prologhi a due scene in cui i personaggi non sono quelli principali ma altri. Questi danno notizie a volte eccessive rispetto agli eventi che si svolgeranno, talvolta il prologo di Euripide anticipa la fine della tragedia.
La parodo è la prima esibizione del coro, esso entra in scena marciando a ritmo dell’ aulos, il doppio flauto e intonando versi cantilenati. L’ingresso avviene secondo alcune modalità, o perché semplicemente è previsto e dunque il pubblico si aspetta il suo ingresso, oppure perché è stato chiamato in causa dall’attore, può entrare per portare una notizia o perché incuriosito da un evento che si sta svolgendo in quel momento.
Gli  episodi sono le parti dialogate tra gli attori, tradizionalmente l'attore era uno solo e dialogava con il coro, poi con Eschilo sarebbe stato introdotto un secondo attore e con Sofocle un terzo: al numero massimo di tre attori potevano esserne aggiunti degli altri, muti e in veste di comparse. Il dialogo si svolge attraverso tre modalità, la resis, la stichomuthía e la monodìa.
La resis è il discorso informativo, entro cui troviamo un personaggio che porta la notizia, ad esempio un messaggero angelico, un servo.
La stichomuthía è il dialogo linea per linea tra gli attori, cioè un vero botta e risposta l’uno contro l’altro con un verso a testa.
La monodia è il canto in versi lirici, in questo caso l’attore canta invece di recitare.
Gli stasimi sono degli intermezzi destinati a separare tra loro gli episodi, i canti del coro, dove questo commenta, illustra e analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena.
L'esodo è la parte conclusiva della tragedia, che finisce con l'uscita di scena del coro. Spesso, nell'esodo si fa uso del deus ex machina, ovvero un personaggio divino che viene calato sulla scena mediante una macchina teatrale per risolvere la situazione quando l'azione è tale che i personaggi non hanno più vie d'uscita.
COMMEDIA
La commedia greca è più antica della tragedia, fu portata in scena per la prima volta durante le feste dionisiache. Viene attribuita principalmente ad Aristofane che risulta essere il principale autore perché di lui ci sono giunte 11 commedie intere. La struttura della commedia è simile a quella della tragedia, ciò che cambia sono i temi, che risultano più scherzosi, a volte grotteschi.
Come genere letterario, la commedia ha conosciuto tre diverse fasi, la prima fase è detta arcaia cioè la commedia antica, la seconda è la mese cioè la commedia di mezzo, e l’ultima la nea è la commedia nuova.
Nell’arcaia distinguiamo due filoni: uno impegnato e uno di evasione, quello impegnato era caratterizzato dall’attacco politico personale attinente all’attualità e il costume, quello di evasione era meno aggressivo e si ispirava alla favola popolare, al racconto mitologico, al folclore dove dominano tematiche utopiche ambientate in luoghi fantastici.
La mese o commedia di mezzo si afferma in un periodo politico in cui la polis perde importanza e dunque anche i temi trattati man mano si chiudono nel privato trattando argomenti meno impegnati con personaggi di basso ceto sociale, le parti del coro si riducono sempre di più ma le maschere grottesche continuano a riscuotere successo.
La nea, la commedia nuova si sviluppa durante la piena crisi della polis avvenuta dopo la sconfitta di Atene nel 404 e la vittoria di Filippo di Macedonia. Scompare completamente la visione della polis tradizionale, esse viene intesa come una città cosmopolita; questa nuova visione influenza anche la produzione letteraria e infatti nella nea troviamo temi universali come il destino, l’avarizia, l’amore. Scompaiono del tutto i temi politici, il mito e perfino il coro si riduce ad una apparizione di poco conto.

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