venerdì 18 dicembre 2015

DON ROMANO CARRIERI ∆ 04/12/1931 Ω 17/12/2013 TRA DUE DATE, UN CUORE.

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Due anni fa veniva a mancare  il prete di San Simone, che amava il suo paese



Anna Sorn 

 
Alle ore 08.20 di Martedì 17 Dicembre 2013 è morto don Romano Carrieri.
Un sacerdote che i parrocchiani della Sacra Famiglia di Taranto, di S. Domenico di Martina, di S. Michele di San Simone (Crispiano), di Crispiano stessa, sua terra natale, non hanno mai dimenticato e del quale hanno continuato a cercare il conforto sempre e che lui, nonostante le tante prove fisiche che in alcune occasioni lo hanno costretto ad allontanarsi fisicamente dai suoi figli spirituali, ha avuto presenti in ogni istante della sua vita.
Era amato e amava come un padre amorevole, ma giustamente severo.
A me, che gli chiedevo cosa avesse rappresentato per lui il sacerdozio e se mai avesse avuto qualche minimo dubbio sulla sua vocazione, col solito sorriso che gli illuminava lo sguardo, non esitava a dirmi:
Mai! Nemmeno per un attimo! Sento di vivere gioiosamente l’affermazione di San Massimiliano Kolbe, poeta polacco ucciso, nel 1941, dai Tedeschi nel campo di Auschwitz: “Se potessi nascere cento volte ancora, cento volte ancora mi farei prete”.
Più arduo era l’incarico, più lo appassionava.
Particolarmente tale fu quello che lo vide, in prima linea, alla Salinella, dove per circa 30 anni perseguì con entusiasmo e generosità l’intento certamente di svolgere il suo ufficio sacerdotale, ma dove cercò anche di trasformare la Parrocchia in una grande famiglia, come affermava Mons. Motolese ogni volta che capitava da lui, per una ragione o per un’altra: “Don Romano mio, la tua non è una parrocchia, ma una grande famiglia”.Chiamava la sua esperienza sacerdotale “un lavoro stupendo”.
E infatti diceva: “Come famiglia ho trattato sempre quella gente che sentivo mia, in maniera cara, al mio spirito sempre, nella prosperità di alcune famiglie e nelle ristrettezze di molte altre, correndo dov’era la gioia per moltiplicarla e, con la stessa sollecitudine, la dov’era una sofferenza da lenire, per alleggerirla condividendola”.
Egli “viveva insieme” con i suoi parrocchiani, nel rispetto, nella comprensione, nell’amore reciproco.
Fin dagli anni del Seminario, aveva sperimentato lo studio serio e sistematico della Musica e, fino all’ultimo giorno della sua vita, aveva continuato a studiarla e ad incantarsene.
La musica – diceva – ha in sé una formidabile capacità formativa e rappresenta una grande scuola di umiltà perché, più studi la musica, più ti accorgi che quella che resta ancora da studiare è la parte maggiore”.
Don Romano, nel 1960, aveva conseguito un “diplomino” al Conservatorio musicale di Bari col Maestro Nino Rota e, durante gli anni al Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, aveva seguito i programmi del Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, sotto la guida del Maestro Giuseppe Binetti.
Durante la sua permanenza a Massa, era stato organista del Duomo e della Corale Comunale, diretta dal Maestro Bertilorenzi.
Il Coro “Alleluia”, che riuscì a riunire 42 elementi tutti della Salinella e che raggiunse livelli veramente lusinghieri, sia nelle animazioni liturgiche che nell’attività concertistica, è solo un esempio di quale efficace strumento educativo considerasse don Romano la musica, “ancella” del ministero sacerdotale.
Amava il suo paese come pochi. E amava la storia dei padri.
E’ la nostra storia – era solito dire a me che gli chiedevo quanto fosse importante per lui conservarne la memoria, preservarla dall’oblio -  Non ci sarebbe la storia attuale se non come continuazione e sviluppo della passata. E se sogni di costruire qualcosa in avvenire o che lo facciano altri, devi fare i conti col presente, che poggia sul passato, altrimenti i tuoi sogni resteranno tali”.
Altrettanto aveva a cuore il destino dei giovani.
Fu pensando a loro e al suo paese che, durante una forzata convalescenza, nel 1978, “stese un lavoretto di storia locale…senza pretese” intitolato: “Ragazzi, ecco Crispiano”. “Scrivere di storia locale – diceva – non è altro, da parte mia, che un continuo atto di amore alle nostre radici”.
da allora, al primo, si sono aggiunti altri 9 titoli, ricchi di ricordi, di modi di dire, di soprannomi, di tradizioni, di piccole-grandi storie della gente della sua terra, e su un’altra storia stava lavorando durante il suo riposo da “pensionato”…senza smettere però di celebrare Messa ogni giorno e recarsi ogni mercoledì al Seminario Interdiocesano di Poggio Galeso, per intrattenersi con i giovani Seminaristi e per le confessioni.
In occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio, alla domanda se avesse un particolare messaggio per i giovani, rispose:
Ai giovani mi limiterei di ricordare soltanto ciò che va dicendo loro Papa Francesco: “Giovani avanti!”. Aggiungerei: “Cari giovani, se i vostri occhi sono rivolti in avanti, significa che l’avvenire è tutto da costruire e vi aspetta come protagonisti. Ricordate il “Non abbiate paura!” di Giovanni Paolo II? Costruite già da oggi le basi del vostro domani. Da voi stessi. Non siate mobili come il girasole, o portaborse, di nessuno di quelli di moda, che vengono e passano da un vuoto all’altro, secondo il soffiare del vento del momento e, che, allo sciogliersi della neve, si rivelano…quel che sono. Sognate, ma mangiate midollo di leoni”.
Chi lo ha conosciuto, in qualunque luogo si trovi, che sia crispianese o meno, godrà di una grande eredità: quella di essere stato in qualche modo “suo figlio”.
Sapevo che aveva lasciato dei rimpianti nei suoi parrocchiani. Lo avevo ripetutamente notato durante le affollate presentazioni dei suoi libri, dove tanti volti noti si confondevano a molti altri sconosciuti, o durante le mie visite nella casa dove ha trascorso i suoi ultimi tempi, dove c’era sempre qualcuno a conversare con lui o che lo chiamava al telefono, così, in un’occasione, gli chiesi perché tanto affetto in tanta gente.
Lui mi rispose:
Se i figli sono pezzi di cuore, per una paternità affettuosa, di sudore e, non poche volte, di sangue e una figliolanza pura e sentita, forse il mio è la…in quei pezzi di cuore…”.

lunedì 7 dicembre 2015

Il ricordo della tragedia di Triggiano e l'attesa del Valle d’Itria Express

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Promotore dell'iniziativa l’Aisaf gruppo Bari (associazione jonico-salentina Amici del treno)





Foto di Gabriele Lepore, socio dell'Aisaf gruppo Bari


(Franco Presicci) 
 Correva l’anno 1927. Il 30 ottobre, alle 7.41, un convoglio speciale per Bari partito da Locorotondo, appena uscito dalla curva che sfocia nella stazione di Triggiano, finì contro un treno, anch’esso diretto al capoluogo, fermo sul binario, unico, in ritardo sull’orario. Il conducente del treno in arrivo, mancando il segnale rosso, e accortosi dell’ostacolo quando ormai era pochi metri, azionò i meccanismi di frenata, ma non potè evitare il disastro: 9 viaggiatori perdettero la vita e 145 rimasero feriti. Due cittadini, Michele Campobasso e Vito Giannelli, s’impegnarono immediatamente con coraggio nell’azione di soccorso, salvando molta gente imprigionata nei vagoni devastati, pur sapendo che la caldaia della locomotiva, sottoposta a pressione, poteva esplodere da un momento all’altro; pericolo scongiurato dal macchinista che pur avendo subito un trauma all’addome, risalì sulla macchina deragliata per compiere le manovre necessarie.
Alla tragedia e ai suoi eroi, il 13 novembre scorso, è stata dedicata una lapide, affissa su una parete all’ingresso della stazione di Triggiano . Presenti il sindaco Vincenzo Denicolò, l’assessore alla Cultura Piero Caringello, una dirigente dello stesso dipartimento Tonia Caldarulo e alcuni consiglieri comunali. Con loro il direttore d’esercizio delle Ferrovie Sud-Est, ingegner Giuseppe Formica, il parroco don Michele Camassa, l’arciprete don Antonio Bonerba, che ha benedetto la targa, oltre a Dario De Simone, rappresentante dell’Aisaf gruppo Bari (associazione jonico-salentina Amici del treno), promotore dell’iniziativa realizzata con il patrocinio e l’intervento economico del Comune; e alla fanfara della scuola secondaria di primo grado “De Amicis-Dizonne.
Tra il pubblico c’era chi ricordava che quel giorno a Bari si festeggiava il quinto anniversario della marcia su Roma (il 28 ottobre del ‘22) e chi i gravissimi precedenti incidenti sulle strade ferrate del Sud. Tra i quali, l’ecatombe del 3 marzo del ’44: più di 500 morti: nel pomeriggio, alle 19, il treno 8017, lunghissimo, tirato da due locomotive a vapore con un fuochista e un macchinista, partito dallo scalo di Battipaglia con un rilevante carico di viaggiatori, nella notte si bloccò in una galleria poco distante da Balvano e nel tentativo di rimettersi in moto, dai locomotori si liberarono gas tossici che colsero i passeggeri nel sonno. L’episodio è passato alla storia come il disastro di Balvano, il paese in cui il 3 novembre del 1961 si rifugiarono i briganti Carmine Crocco e Josè Borjès con le loro bande, e nel 1980 fu coinvolto nel terremoto che si accanì in Basilicata e in Irpinia.
Tornando a Triggiano, recitata una preghiera per le vittime, va detto che è da lodare l’attività svolta con impegno e competenza da Dario De Simone e dai suoi collaboratori dell’Aisaf gruppo Bari, in favore del treno, della conoscenza della sua storia e anche dell’incremento del turismo. Sono in molti ad esprimere entusiasmo per l’esperienza fatta quest’estate con il Salento Express, che viaggiava con orchestre jazz a bordo e concludeva la sua corsa sul secondo binario dello scalo di Martina. E a Crispiano si manifesta il desiderio che il tragitto venga allungato fino alla loro città, terminando a Taranto. A fare da portavoce Michele Annese, già direttore della biblioteca “Carlo Natale”, che tanto lustro ha dato alla sua terra, e oggi artefice dell’Università del Tempo libero e del Sapere, un laboratorio molto attivo. Sicuramente gli organizzatori non rimarranno insensibili all’idea. Per ora sono impegnati nella messa a punto del programma del Valle d’Itria Express, che verrà forse trainato da una “Ciucculatera”, la locomotiva a vapore” che è sempre nel cuore e nella memoria degli appassionati del treno. Sul quale Wolfgang Schivelbusch ha scritto un libro interessantissimo: “Storia dei viaggi in ferrovia”, edito da Einaudi. Vi si parla tra l’altro della ferrovia come garante tecnico della democrazia, secondo la teoria degli intellettuali seguaci di Saint Simon, che consideravano il treno come trasporto dell’uguaglianza, della libertà e della civiltà. Ma era un’illusione: la disposizione dei posti nello scompartimento (uno di fronte all’altro) risultava sgradevole a chi si riteneva di prima classe. E si isolava tacendo, immergendosi nella lettura o guardando il panorama. .



Nella foto di Gabriele Lepore: il sindaco Vincenzo Denicolò; don Antonio Bonerba, arciprete di Triggiano, Pietro Caringella, assessore alla Cultura; Dario De Simone, referente Aisaf gruppo Bari; e Giuseppe Formica, direttore d'Esercizio delle Ferrovie Sud-Estalia


mercoledì 25 novembre 2015

Corso innovativo di informatica con il Software Libero L.R. 20/12

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Avviata l'attività dell'Università Minerva



L'Associazione Minerva di Crispiano ha compiuto un anno e cerca spazi innovativi nel campo del volontariato.
Opera nei settori dei servizi, della formazione e del tempo libero. In particolare propone iniziative varie dell'Università del Tempo libero e del Sapere (ogni proposta sarà un'occasione per ospitare studenti, adulti, anziani del territorio, in uno spazio pensato per parlare, per confrontarsi, per sciogliere dubbi, per informarsi) e una attività formativa informatica alternativa a quella che conosciamo e usiamo ogni giorno.
Si pensi all'aspetto strategico-economico dei software per far funzionare dispositivi, come telefonini, elettrodomestici, giochi, automobili, apparecchiature di diagnosi medica, telecomunicazioni, macchine fotografiche, videocamere, navigazione, macchine industriali, ecc. L'alternativa è il software libero, promosso anche dalla Regione Puglia con Legge n. 20 del 24 luglio 2012, che consente assoluta libertà di utilizzo e costanti aggiornamenti a costo zero.
Il software libero sono tutti i programmi rilasciati con una particolare licenza che garantisce le quattro libertà fondamentali enunciate nel 1985 da Richard Stallman (la libertà di eseguirlo per qualsiasi scopo ed installarlo su qualsiasi tipo e numero di PC; la libertà di studiarne il funzionamento e di modificarlo secondo le proprie esigenze; la libertà di ridistribuirne copie a chiunque con qualsiasi mezzo; la libertà di distribuire a chiunque le modifiche apportate).
Il sistema operativo libero Linux può essere installato insieme a quello Windows.
Da quest'anno, nella sede dell'Associazione, in via degli Aranci, viene proposto un corso specifico, con l'uso del software libero, tenuto da docente esperto, diretto ai ragazzi e operatori di aziende pubbliche e private. (info@associazioneminerva.org – tel. 3486711036).

Crispiano, 25 novembre 2015

                                                                                                    Michele Annese

mercoledì 4 novembre 2015

IL “PRINCIPE DELLA CERAMICA” A MILANO – RICORDI E PERSONAGGI DI FRANCO PRESICCI

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Giuseppe Fasano ha mantenuto la promessa. Ha eseguito il ritratto in ceramica di Dino Abbascià, il signore della frutta che ci ha fatto conoscere deliziosi sapori stranieri; l’uomo acuto e vulcanico che reggeva con saggezza, competenza ed entusiasmo presidenze e vicepresidenze di enti regionali e nazionali… Quel ritratto, che coglie Abbascià in uno dei pochi momenti in cui il suo luminoso sorriso latitava, lo ha consegnato, suscitando commozione, pochi mesi dopo la morte del corregionale venuto a 13 anni a Milano da Bisceglie per diventare qualcuno.
“Una sera a cena con me, sua moglie Teresa, Francesco Lenoci e altri si fece pensieroso leggendo l’etichetta di una bottiglia di vino – Don Carmelo, Rosato del Salento – donatagli da Al Bano e dallo stesso cantante enologo personalizzata da una dedica Riserva Dino Abbascià. Era così concentrato su quell’immagine, che non appagò la mia curiosità su un’antica fabbrica di fiammiferi del suo paese”.
Quell’espressione gli è tornata alla mente mentre si accingeva a plasmare l’argilla per immortalarvi l’amico. La ceramica è universale, millenaria, è nata quasi con l’uomo, vanta scoperte e innovazioni; richiede abilità di gesti, fantasia fertile, oltre che capacità tecniche, intelligenza plastica.
Al primo strillo, nudo e con la testa in giù (da allora sono passati 56 anni), Giuseppe Fasano già avvertì il profumo della creta. Il padre Nicola la trasfigurava in capolavori (come avevano fatto i suoi antenati), lavorando in uno degli antri di Grottaglie che hanno dato il nome alla città. Lui non poteva deviare, avendo ereditato la linfa dell’ispirazione, l’amore per questa materia miracolosa. Chi non conosce in Italia e all’estero il nome dei Fasano? La loro biografia; la qualità degli oggetti sagomati; il prestigio, la forza di volontà, la genialità delle idee di Nicola, che pilotò l’azienda dal 1948, estendendo il mercato, nidificando negozi, incoraggiando i figli.
Giuseppe voleva bene a Dino. Come gliene volevano tanti. Al Bano lo ospitò nella sua masseria di Cellino San Marco, rispondeva ai suoi appelli e gli mandava messaggi ad ogni ricorrenza. Amico sincero di Dino era anche il professor Francesco Lenoci, che, citandolo, lo definisce “il mio presidente preferito”.
Adesso Dino, che io, celiando ma non troppo, indicavo come sosia dell’attore Serge Reggiani, campeggia in quel ritratto e nel ricordo di tanti. “Sto per mettere mano alla scultura: avevo promesso anche quella. Ma non dev’essere statica; deve ricordare un suo gesto tipico”, parole di Giuseppe. Che ha frequentato Abbascià e le iniziative che sosteneva anche dopo la chiusura dei propri negozi a Milano: quello di corso Italia 64, zona Duomo, e successivamente quello di via Nino Bixio, a Porta Venezia. Li ha tenuti per 25 anni, dal ’75, onorando la sua Grottaglie, dove da secoli i figuli si tramandano il mestiere da padre in figlio, arricchendo sempre di più le proprie esperienze.
Per incontrare Dino, Giuseppe si metteva apposta al volante dell’auto.

E nelle loro conversazioni riemergevano spesso figure di pugliesi idealmente iscritti nell’albo d’oro di Milano. Per esempio, il grande gallerista martinese Guido Lenoci, che nel suo spazio di via Brera accolse le mostre delle firme più rappresentative dell’arte contemporanea; il giornalista troiano Antonio Velluto, uno dei pilastri della tivù di corso Sempione; l’avvocato Enrico Sbisà, di Bitonto; il cerignolese Peppino Strippoli, che tra l’altro costituì il “Cenacolo Pugliese” con Gustavo Montanari; Guglielmo Miani, di Andria, che nel capoluogo lombardo iniziò manipolando ago e filo da sarto di talento, inaugurando poi negozi di lusso (uno, Larus, in via Manzoni); Nino Palumbo, di Trani, autore di “Pane verde” e di altri volumi di successo; Giacomo Lezoche, commercialista tranese; Filippo Alto, pittore celebrato da critici consacrati; Mario Azzella, di Trani, giornalista Rai; e le iniziative, come la rivista “Terra di Puglia”, sorta nel 1930 avendo come direttore Alfredo Violante, di Rutigliano, e segretario di direzione Arnaldo De Palma, di San Severo; e l’altra, “Ipotesi”, che nel numero dell’aprile-maggio ’76 presentava un breve scritto in cui Carlo Bo manifestava la sua “sincera ammirazione per Nino Palumbo”….
Fu Chechele, Michele Jacubino, titolare del ristorante “La Porta rossa” di via Vittor Pisani, a parlarmi per primo di Giuseppe Fasano, proclamandolo “principe della ceramica”. Comperava da lui ‘capase’, boccali e altri oggetti da schierare sulle mensole del locale; o in un angolo illuminato della sala sottostante in cui troneggiava un “capasone” con le anse alzate come le braccia di Mussolini negli atteggiamenti oratori. “Ti porterò a visitare la sua bottega e vedrai che ti piacerà”, mi promise una mattina del ’76, successiva ad una festa pugliese al Cida (Centro informazioni d’arte), retta dall’architetto d’interni Lambros Dose, proprietario del Museo delle Cere che stava nel mezzanino della stazione Centrale.
Poi cambiò discorso: “Io vorrei dire grazie a Milano, per ciò che mi ha consentito di realizzare. Vorrei fare qualcosa…non so…un libro…magari con tutte le fotografie delle personalità che ho ricevuto”. Parlava e vagava con lo sguardo dalla parete affollata di “quadretti” di attori del teatro e del cinema, cantanti, scrittori al forno dove cuoceva il pane. Accettò invece la mia idea di istituire un premio di giornalismo. E, sollecito com’era, dopo un paio di mesi si riunì per la prima volta la giuria, nutrita di vip della carta stampata, dell’editoria, della tavolozza, da Ugo Ronfani, vicedirettore de “Il Giorno”, a Baldassarre Molossi, de “La Gazzetta di Parma. ” , a Raffaele De Grada, critico e storico dell’arte. La prima edizione venne assegnata al barese Giovanni Valentini, che a 29 anni dirigeva con saggezza “L’Europeo”.
Chechele era di Apricena, che si vuole costruita per decisione di Federico II, che in una cena – si racconta – proprio in quella città da lui prediletta si fece portare in tavola un cinghiale da lui stesso ucciso. Il papà de “La Porta Rossa” aveva studiato alla scuola della vita e sapeva come trattare le persone. Misurava le parole quando s’intratteneva con i clienti che gli erano diventati amici; li aspettava sulla soglia abbracciandoli, ed era spesso sulle pagine dei giornali ad esaltare la sua Puglia.

Era schietto, leale, accorto, rispettoso, sempre pronto a mettere progetti in cantiere. Mario Dilio, gustando le orecchiette preparate da Nennella, la moglie di Chechele, con il noto e apprezzato pittore suo concittadino Filippo Alto, sentenziò che il ristoratore di via Vittor Pisani meritava di essere nominato ambasciatore della Puglia a Milano. Qualcuno ascoltò, la voce si sparse e il titolo venne informalmente assegnato. Del resto Mario Dilio non era uno qualunque: scriveva di economia e di movimenti migratori, di storia anche in libri (“Puglia antifascista”…). Era rientrato a Bari dopo aver lasciato il posto di capo ufficio stampa di un’azienda automobilistica e lì continuava a pubblicare, riprendendo i contatti con l’amico Vittore Fiore, giornalista, scrittore e poeta (si aggiudicò un Premio Fraccacreta a San Severo; lavorò all’ufficio stampa della Fiera del Levante), figlio di Tommaso, l’autore di “Un popolo di formiche”, Premio Viareggio nel ’52, e di altre opere, tra cui “Il cafone all’inferno”, del ’55.
A Dilio Chechele riferì il proposito di creare anche un altro Premio per i pugliesi meritevoli di Milano. Aveva già pensato a Daniele Piombi come presentatore della cerimonia di consegna; e ad alcuni candidati da sottoporre al giudizio della giuria. Uno di questi, Giuseppe Fasano, “che esporta le sue ceramiche in tutto il mondo ed è presente in fiere e mostre dappertutto, a Berlino, New York, Germania, Milano” (e, se fosse ancora tra noi, il dinamico e sensibile apricenese avrebbe accennato anche all’Expo 2015, dove Giuseppe ha presentato i suoi preziosi manufatti)..
Il 6 agosto dell’anno scorso il professor Francesco Lenoci, nell’ambito delle sue numerose e dotte conferenze su “Creazioni di valore”, ha parlato in pubblico a Grottaglie sulle vicende dei Fasano e della ceramica (qualcuno ha ipotizzato che proprio con quella “pasta” Dio ha fatto l’uomo), tra l’altro soffermandosi sulla figura di Nicola, del quale, davanti a lui, troneggiava il busto. Che probabilmente sarà presto affiancato da quello di Dino Abbascià.

lunedì 2 novembre 2015

VIAGGIO IN TRENO... DI ALTRI TEMPI di Franco Presicci

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Il jazz ha viaggiato in treno. Un treno speciale, straordinario, festoso. Percorso: da Bari a Martina Franca e ritorno. Partenza alle 16.25; arrivo alle 18.35. Settembre, giorno 19. Un convoglio affollatissimo non solo di turisti, ma anche di gente desiderosa di godersi la novità, di affrontare una piccola avventura, di vivere appieno l’originale esperienza, di stare in compagnia in modo diverso, ammirando la bellezza paesaggistica, architettonica dei paesi attraversati, godendo i colori, il clima, il calore. In quelle ore milanesi, bolognesi, pugliesi, compresi alcuni stranieri, hanno familiarizzato, si sono scambiati gli indirizzi, qualcuno ha addirittura gettato le basi per un‘amicizia; si sono dati appuntamento, degustando prodotti tipici di questa terra ricca di ospitalità e cortesia. Negli intervalli tra un brano musicale e l’altro suonato da più orchestre rimbalzavano, s’intrecciavano curiosità sulle prelibatezze assaggiate, sulle caratteristiche dei luoghi, sulla storia del locomotore (diesel, del 1959) che trainava tre carrozze Carminati anni ’30-’40, con i sedili di legno, una a terrazza del 1903, un bagagliaio del 1940. Reperti storici, insomma. “Le vetture sembrano quelle del Far West”, ha insinuato un patito di Bud Spencer e Terence Hill, ma la battuta è naufragata nelle note di “Summertime”, accolta da applausi fragorosi. Poi, mentre la motrice rallentava e si apprestava all’ultimo sbuffo, un signore con i baffi all’Einstein ha ricordato il Treno Blu della Bèlle Epoque; e tale era almeno l’atmosfera briosa esplosa sul marciapiede e dai finestrini. Un novantenne dal passo traballante, ma dallo sguardo espressivo, vivace, rivolgendosi a un accompagnatore, ha accennato ai tempi della guerra, risvegliati dall’arredo delle vetture, comunque restaurate a dovere e ben tenute.
Il fascino del treno ci accompagna dall’infanzia. Va bene l’aereo; altrettanto bene il pullman, l’auto, ma vuoi mettere il piacere di andare su rotaie da un luogo ad un altro, con ulivi solenni, vigneti in preghiera, casupole sbrecciate, tetti, muri a secco… che corrono come frecce? Una “madame” dall’aria sognante confessava che tutta la luce bevuta durante il viaggio aveva dato ristoro alla sua anima; che il verde della Puglia, intenso, non lo aveva mai visto da nessun’altra parte. E sollecitava informazioni sul “Valle d’Itria Express”. Tempo al tempo. Gli organizzatori (l’Aisaf di Bari con la collaborazione dell’Associazione culturale musicale “Nel gioco del jazz” e la Scuola musicale Il Pentagramma di Bari) ce la mettevano tutta per spiegare, illustrare, raccontare, soprattutto ai ragazzi, i più incalzanti, insaziabili, alla vista delle immagini esaltanti, scenografiche che la nostra regione può offrire; a cominciare dai trulli con i tetti come i berretti dei maghi delle fiabe, sormontati da pompon o palle da biliardo “Il treno chiamato jazz” sibilava quasi in segno di allegria e i bambini tripudiavano. Dario De Simone, dell’Aisaf di Bari, psicopompo dell’iniziativa, era frastornato, sballottato tra il cronista ansioso di sapere mille particolari e l’operatore di Telenorba che lo riprendeva di faccia, di profilo, nascosto dal contrabbasso che il suonatore faceva fatica a salvare dalla ressa.
Scene già viste un mese prima, quando sullo stesso binario il “Salento Express” aveva fatto la sua prima corsa. La macchina era dei primi anni ’50: pezzo da museo, sì, ma ancora nel pieno della sua potenza. I vagoni risalivano forse al tempo della guerra: quasi gli stessi di quelli che ci portavano da Taranto a Martina, dove la notte ci svegliavano terribili boati: le bombe che facevano lampeggiare l’orizzonte e crollare i palazzi. Allora il treno non oltrepassava la stazione di Nasisi, perché quella di Taranto era a rischio. Da lì alle Tre Carrare, dove abitavo (saranno venti chilometri? Di più?) bisognava andare a piedi. Camminata stancante, che dovevamo fare dopo ogni bombardamento per accertarci che la nostra via non fosse sommersa dalle macerie. Quando il conflitto si concluse e si raccoglievano i cocci, alla stazione della Bimare andavamo con la carrozza. Il vetturino, sempre lo stesso, in cassetta con il cappello a cilindro, si presentava alle sei del mattino, quando le strade erano deserte, le finestre chiuse e i negozi pure, a parte quello del fornaio. Il treno per Martina partiva alle 7.30. Le tappe: Nasisi, Statte, Crispiano, Madonna del Pozzo, San Paolo. Mi inebriava il fischio “d’a Ciucculatera” che a volte aveva un respiro affannoso.
Passarono gli anni, e non so più quante volte, arrivando a Bari da Milano, raggiungevo Martina con la Sud-Est. E riscoprivo dettagli dimenticati, provando emozioni che mi inumidivano lo sguardo. Un giorno, non so più se a Casamassina o a Conversano, l’altoparlante annunciò che i contadini, per una protesta, avevano occupato le rotaie, per cui non era possibile proseguire. Non mi scomposi: scesi, mi sedetti su una panchina rinunciando ad accendere il solito toscanello per meglio osservare i viaggiatori: contrariati o adirati o impennati. Io avevo tempo, ero libero da impegni: ero già in Puglia, nella mia Puglia, che per Giuseppe Carrieri è la patria di Andersen, “un Andersen mediterraneo, con più balenanti misteri”…E gioivo, respiravo aria familiare, ritrovavo vecchie fragranze. .. Ero diretto a Martina, e ricordavo:… “la Murgia dei Trulli raggiunge qui la sua vetrina domenicale, la sua stravaganza espressiva”.
“E’ un indecenza”, urlò un tale con una voce da gallinaceo. “Uno schifo”, gli si associò un altro. “La polizia che fa; sta a guardare?”, tuonò un terzo. Poi un coro assordante. Io, serafico, quando potetti, azzardai: “Ognuno si difende come può. Subiscono un’ingiustizia e reagiscono”. Uscii indenne dall’intervento. Nessuno ebbe la tentazione di ridurmi in poltiglia. Era quasi mezzogiorno; l’interruzione doveva concludersi alle 16. Guardavo il locomotore e invidiavo i macchinisti che dalla cabina di guida si godono il treno che filando divorano la strada ferrata. E pensavo alla piattaforma girevole della stazione di Martina, sepolta sotto uno strato di terra. Mi dicono che prossimamente verrà riscoperta, restaurata e sistemata come base di una “Ciucculatera”: un monumento al treno, che alimenta i sogni, le chiacchierate, le confidenze, gli sfoghi, gli incontri.
Il mio amico Gerardo voleva andare a vedere il luogo della sepoltura della piattaforma. Ma non c’era tempo. Le sbarre del passaggio a livello erano state abbassate. Il “Treno chiamato jazz”, o meglio “Salento Express”, aveva già lasciato lo scalo di Locorotondo. Erano quasi le 19. “Attenzione al terzo binario”, ha avvertito una voce. Subito dopo la baraonda. Mille macchine fotografiche scattavano foto. Duecentottanta viaggiatori salutavano con in fazzoletti in mano, il marciapiede formicolava di gente che sbucata improvvisamente assediava il convoglio: un’accoglienza calorosa che bloccava i gitanti sulla piattaforma, sugli scalini. Il trombettista vinceva la tentazione di intonare il silenzio, per agevolare uno dello “staff” che informava, sgolandosi: “Chi vuole può andare a visitare il centro storico, ma deve tornare puntuale”, mentre una siepe umana s’ingrossava attorno a un complesso che, non ancora defatigato, riprendeva il concerto sul piazzale. Un 19 settembre da inserire negli annali, ha commentato il papà di Gerardo, Nicola, uomo di poche parole, ma sempre ben dosate, che con il suocero Vito e la moglie Antonella aveva atteso lungo l’ora dell’evento. “A parte lo spettacolo davvero grandioso, avete notato la pianta di capperi spuntata proprio sul terzo binario?”.

lunedì 5 ottobre 2015

Attività Associazione Minerva - Crispiano

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Crispiano, 5 ottobre 2015
L'Associazione di volontariato”Minerva” di Crispiano si è costituita l'anno scorso e si occupa dei ragazzi, delle famiglie e degli adulti di ogni età e ceto sociale.
Tre i settori operativi che attua con il patrocinio del Centro Servizi Volontariato di Tarant0: l'attività di sostegno e ludiche per sviluppare la creatività e l'ingegno dei bambini, i servizi alla persona e alle famiglie, l'arricchimento culturale e l'impiego del tempo libero degli adulti.
All'interno dell'Associazione operano un gruppo di operatori culturali, con esperienze decennali acquisite all'interno della locale Biblioteca Civica “Carlo Natale” e professionisti esperti che si occupano dell'Università del Tempo Libero e del Sapere.
Nell'anno di attività del nuovo organismo, sono state soddisfatte richieste di trasporto a scuola e a visite mediche, oltre ai servizi offerti di accompagnamento al mercato, agli aeroporti di Bari e Brindisi; di fornitura medicinali a domicilio e di assistenza. Trattenimento bimbi durante ore lavorative - baby sitter, iniziative sociali per le badanti domiciliari straniere, alleviare periodi di infermità di ragazzi ed adulti, supporto eventi familiari.
In sede si svolgono altre iniziative riguardanti attività manuali (disegno, dipinti, pasta di sale, decoupage, modellismo, ecc), finalizzate a sviluppare la fantasia e a coordinare la manualità; il gioco (mai fine a se stesso), onde creare sana competizione (nel rispetto dell'altro) e insegnare a condividere spazi, tempi e regole. Vengono anche organizzati i laboratori di ricamo e quello di taglio e cucito, per sviluppare oltre alla manualità, la creatività, la socializzazione e il dialogo; finalità che si riscontrano nello Statuto dell'Associazione, che ha come slogan “Vivere insieme”.
Importanti la conoscenza dei prodotti agricoli nostrani, la coltivazione e la trasformazione degli stessi; in questi giorni i ragazzi hanno visitato vigneti e la fiera del paese; prossimamente seguiranno la filiera produttiva dell'olio, visiteranno una masseria con alcuni allevamenti.
Molto interessante e partecipato è stato il progetto “Il Giornale informatico” organizzato, durante lo scorso anno scolastico, con il locale Istituto Comprensivo Francesco Severi, per un percorso di acquisizione di competenze informatiche di base e linguistiche, rivolto alle prime classi della stessa scuola media inferiore.
I contenuti del progetto, gestito dall'operatrice Maria Giuseppa Montanaro, sono stati: venire incontro a quelle che sono le difficoltà che i ragazzi possono incontrare nell’uso di strumenti informatici, offrendo loro la possibilità di migliorare e/o perfezionare le competenze informatiche di base; migliorare nei ragazzi le capacità di letto-scrittura attraverso la lettura del giornale e l’elaborazione scritta della notizia favorendo e/o potenziando la capacità di analisi e autocritica rispetto alla realtà che osservano e ai mass-media.

Il percorso della durata di sei mesi, da gennaio a giugno, si è svolto in diverse fasi: conoscenza delle parti fondamentali del computer (hardware e software); breve storia del giornalismo, struttura e parti del giornale, lettura di notizie da varie testate giornalistiche commentate in elaborati scritti dai ragazzi; elaborazione informatizzata del giornalino; verifiche didattiche per gli standard di partenza; alla fine di ogni fase, verifica degli apprendimenti intermedi. A fine corso sono stati presentati, alle scolaresche dell'Istituto Severi e alle famiglie, gli elaborati finali in veste giornalistica, riportanti i servizi e le interviste effettuate.
Allo scopo di favorire le crescenti iniziative dell'Associazione, è in corso la ristrutturazione di un nuovo locale annesso alla sede.

Michele Annese




lunedì 14 settembre 2015

CRONACA "PICCANTE" DELLA SAGRA DEL PEPERONCINO 2015 di FRANCO PRESICCI

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Sua Maestà il Peperoncino ha felicemente compiuto il sedicesimo anno di età e i sudditi lo hanno festeggiato solennemente a San Simone, frazione di Crispiano, cittadina in provincia di Taranto. Il ciambellano, Alfredo De Lucreziis, affaccendato in uno stand che dispensava “fecazzedde” con la collaborazione di una nutrita corte di collaboratrici, regalava sorrisi alla vista di quel pellegrinaggio proveniente da paesi vicini e lontani.
Alcuni hanno voluto rendere omaggio al sovrano mettendosi al volante a Milano, e non perdevano occasione per dichiararlo,mentre affondavano il cucchiaio in una zuppa al peperoncino preparata dallo chef Simone Rodio, insegnante alla Scuola Alberghiera Di Crispiano e supervisore di tutti i piatti serviti durante la cerimonia. Davvero tanti: dalla trippa alla pasta con i fagioli…spolverati di habanero e altri nobili diversamente infernali, che i più patiti cospargevano addirittura sulle mozzarelle, sul cioccolato e nel caffè, spiegando che non era una stranezza, ma un uso risalente ai tempi di Matusalemme. E non dico delle discussioni che gruppi di vassalli (“habsit injuria verbis) intrecciavano sul festeggiato nelle due piazzette, nei parcheggi, davanti al palco dove teneva la scena il simpatico e valente cabarettista Gianni Caroli, che, presentato dal brillante Giorgio Di Presa, poeta raffinato di professione erborista, raccontava la sua storia del Peperoncino imparentata più con la fantasia e con il paradosso che con la realtà dei fatti. Vera invece – blaterava il solito saputello, smilzo come il personaggio di Guareschi in “don Camillo” – la potenza stuzzicante del peperoncino in certe attività naturali, dettagliando al punto che un signore pudico, riservato, con due nipotini e la moglie al seguito, ha avuto un tale sussulto da rischiare il soffocamento per una polpetta andatagli di traverso. Poi, superando senza danni il momento critico, ha sollevato gli occhi quasi per dire “Sire, quante sciocchezze nel tuo nome”.
Michele Annese, già costruttore-direttore della Biblioteca “Carlo Natale”, e ora psicopompo dell’Università del Tempo Libero e del Sapere, che ha come presidente Silvia Laddomada, ascoltava divertito e incredulo la discutibile lezione del solone impertinente, che vanta ovunque molti adepti. Intanto il fiume umano scorreva gorgogliando da un capo all’altro della strada, ramificandosi verso lo stand del professor Massimo Biagi, docente all’Università di Pisa ed esperto collezionista di peperoncino. 
Nel suo spazio decine e decine di scodelle affiancate su un grande tavolo contenevano i tipi più svariati, di cui il professore illustrava l’origine, le qualità, le caratteristiche….rispondendo a tutte le domande dei visitatori. Descriveva il Pimento del deserto, l’esemplare più raro, che custodisce gelosamente, respingendo ogni richiesta da ogni parte del mondo; il Caroilna Reaper, il più piccante, vincitore del Guiness dei Primati 2013; il Moruga Scorpion giallo; il Trinidad Moruga Scorpion, dalla piccantezza cosiddetta “nucleare”; il Dente del Coyote, una sua creazione…. Alto, barbetta e baffetti bianchi su una bella faccia severa, Biagi ha soddisfatto anche le nostre curiosità, sottraendosi per un momento all’assedio della gente.
Una serata ricca di colori, di luci e di suoni, con qualche piccola, marginale delusione, come quella di: un ometto sui settanta, le guance e il collo rivestiti di una peluria argentea, il passo stentato, che brontolava con il vicino per aver cercato invano un titolo sul peperoncino sul banco dei libri. “Hanno dimenticato di portarne: ti sembra una giustificazione accettabile? In una occasione come questa manca proprio quel libro! Accidenti. Mi hanno riempito la testa con i poteri anche terapeutici di questo diavoletto e volevo saperne di più; invece mi è stato proposto un volume sui racconti del bicchiere, che saranno pure interessanti, ma che non c’entrano con quello che volevo io?”. L’accompagnatore gli ha offerto una “fecazzedde” e gli ha mostrato un cestaio, Mimmo Calò, di Uggiano Montefusco, che stava realizzando un panierino; e un carretto che fra l’altro schierava una decina di Totò con il fischietto, ispirati ad altrettanti film del principe De Curtis, che con il comico non voleva avere a che fare: “Lui lavora e io mangio”, sosteneva.
A notte inoltrata le lampade si sono spente, gli stand sono stati chiusi, le magliette nere con la scritta “Io amo il peperoncino” sono state riposte e gli orchestrali hanno chiuso gli strumenti nelle custodie. E tutti hanno ripreso la via di casa, soddisfatti: organizzatori, addetti, abitanti, turisti. Con un meritatissimo grazie ad Alfredo De Lucreziis, presidente dell’Associazione “Amici da sempre”, che da ben 16 anni danno vita a questa iniziativa. Due giorni, 5 e 6 settembre, di sana allegria. Arrivederci al prossimo anno. A proposito, con quale materiale gli “Amici da Sempre” realizzeranno a Natale il loro tradizionale, spettacolare presepe? Ricordiamo sempre con ammirazione quello con i biscotti scaduti.

Franco Presicci





lunedì 7 settembre 2015

CRISPIANO - SAGRA DEL PEPERONCINO 2015

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Crispiano, 7 settembre 2015
Per due serate San Simone ha ospitato la XVI edizione della “Sagra du diaulicchie ascquante”, organizzata dall'Associazione “Amici da Sempre” con il patrocinio del Comune di Crispiano. Tanta gente ha voluto sfidare l'”oro rosso” presente nelle fritelle, nelle focacce ripiene, nei panini e nei piatti di polpette, di trippa, di goulash ed in particolare nella zuppa di fagioli, piatto forte della sagra, preparato sotto la vigile direzione dello chef Simone Rodio docente presso l’istituto alberghiero di Crispiano.
Anche i dolci sono stati elaborati in chiave piccante. Insieme ai numerosi stands, non mancavano la cantinetta con l'ottimo vino di “Guida”, l'artigianato, i prodotti tipici locali e la musica. Particolare interesse ha suscitato la vetrina “Peperoncini dal mondo”, allestita dal prof. Massimo Biagi dell’università di Pisa; un professore, collezionista di peperoncini di fama internazionale, con più di cento esemplari , che ha fatto conoscere nuove varietà di peperoncino provenienti da tutto il mondo e sperimentare, ai più coraggiosi, la particolare piccantezza.
Ad incoraggiare l'assaggio delle squisitezze preparate dai volontari dell'Associazione, insieme ai ristoranti “Villa Maria”, “Pezzecaridd”, “Arcobaleno” e “Pasticceria Ideal” c'era Giorgio Di Presa, noto poeta locale che si alternava con il cabatterista Gianni Caroli.
Il presidente dell'Associazione “Amici da Sempre” Alfredo De Lucreziis ha sottolineato la preziosa collaborazione di quanti, signore in particolare, offrono la loro “arte” culinaria e ha dichiarato: “la nostra sagra è nata sedici anni fa e dopo tanti anni è motivo di orgoglio per noi organizzatori percepire, attraverso innumerevoli telefonate che ogni giorno arrivano con richieste di informazioni, che si tratta di un evento ormai consolidato che vede accrescersi di anno in anno il numero di sostenitori. E’ questo un aspetto di primaria importanza per chi fa parte di un‘associazione di volontariato. Il volontario mette a disposizione gratuitamente il proprio tempo libero e le proprie capacità e l’ unico compenso che riceve è la gratificazione derivante dalla consapevolezza che il proprio impegno serva a realizzare qualcosa di utile ed importante.
Come abbiamo raccontato in altre occasioni, l’idea della sagra è nata con l’intento di dar vita ad una manifestazione che avesse lo scopo di promuovere il patrimonio eno-gastronomico del nostro territorio; si è scelto di dedicare la sagra al peperoncino per dare una nota di colore a questa festa; possiamo, dopo tutti questi anni, permetterci di affermare che la scelta fatta è stata vincente e che quelli che erano gli obiettivi di partenza sono stati tutti centrati. Ogni anno arrivano alla sagra migliaia di visitatori anche provenienti da zone notevolmente distanti dal nostro territorio, e qui trovano una ricca vetrina che espone si il peperoncino, ma ciò che è più importante, è che mette in bella mostra i prodotti della nostra terra. Possiamo infatti dire che la nostra è una ”sagra a chilometro zero” perché la quasi totalità delle materie prime utilizzate nella preparazione delle pietanze piccanti, sono nostrane”.
Una garanzia – ha aggiunto De Lucreziis- a cui si è aggiunto un altro importantissimo primato: è infatti se non l’unica, certamente una delle prime sagre ad impatto ecologico controllato poiché i piatti, i tovaglioli, le posate utilizzati erano tutti in materiale biodegradabile e compostabile”.
Michele Annese

mercoledì 2 settembre 2015

LE VICENDE DELLA CHIESA VECCHIA DI CRISPIANO

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Crispiano, 31 agosto 2015
... a chijsa vecchie ca conosce le volpòne s'ha chiòse da réte e nange ijapre chiù a nesciòne; L'ha sapòte pòre a Torre de Cachèsce c'ha fusciote debbasce pe mètte pèsce; lore si ca se volene bène pecce' de stu paijése canoscene le gioie e le pène. Quante none viste de passà, quante sinneche one viste de cumannà, e tutte, stateve secòre one fatte bune bune le danne lòre...”
La satira crispianese di Michele Vinci, di cui è stato riportato uno stralcio, fa comprendere, molto eloquentemente, “la vita travagliata” delle testimonianze storiche di Crispiano. In particolare la Chiesa Vecchia, situata nel vallone, dove sono presenti testimonianze del settecento riguardanti la nascita della Crispiano moderna. L'Amministrazione Ippolito, come altre precedenti, non ha perso occasione per dimostrare “la disattenzione” nei confronti di importanti manufatti, significativi per la storia del paese e per quanti si sono adoperati, nei secoli, per trasmettere a noi la cultura e il progresso civile.
A rilevare questa “disattenzione” sono stati i consiglieri del gruppo di minoranza “Paese Futuro”, i quali hanno sostenuto “la sollevazione popolare sui social network”, scaturita all'indomani della realizzazione di una stazione per biciclette elettriche proprio nel piazzale della “Chiesa”.
A proposito della stazione per bicicletta elettrica, che, dopo la sollevazione di popolo, è stata spostata e ricollocata in altro luogo – scrivono sui social network- vogliamo evidenziare, per la completezza dell'informazione, che il sito dove era stata montata era precisamente quello che l'Amministrazione comunale aveva individuato, con la delibera di Giunta Comunale n. 233 del 30/10/2014 che in parte si riporta testualmente: omissis – Delibera - omissis - 1) di accogliere la richiesta del G.A.L. Colline Joniche S.c. a.r.l. intesa all’installazione di una stazione di ricarica per bicicletta elettrica a pedalata assistita con autonomia di alimentazione; 2) di individuare il sito per l’installazione del suddetto totem presso l’area antistante la Chiesa S. Maria, ubicata in Via Unità d’Italia (Fg. n. 56 p.la 312), così come risultante dalla planimetria allegata; 3) di dare atto che il suddetto sito presenta i requisiti richiesti in quanto è di immediata e non onerosa disponibilità, è collocato nelle vicinanze del Centro IAT, è di dimensioni idonea ed, altresì, è collocato in area che sarà dotata di Videosorveglianza; - omissis -”.
Pertanto, caro Sindaco, non si trattava assolutamente di un sito temporaneo- concludono i Consiglieri - ma avevate individuato, con detta delibera, precisamente quel luogo. Bastava ammettere il madornale errore e chiedere scusa, prima di tutto, alla Chiesa Vecchia”.
La Chiesa Vecchia, che vanta un affresco settecentesco dell'arcangelo san Michele, in effetti non ha mai avuto pace. Negli anni '60, praticamente abbandonata, veniva utilizzata per deposito attrezzature del servizio di nettezza urbana, poi consolidata e ristrutturata, l'8 ottobre 1993 con atto del Consiglio Comunale n. 98, venne destinata a sezione museologica della Biblioteca “Natale”; le ossa presenti in fosse comuni sotto il pavimento vennero trasferite al cimitero comunale. All'interno vennero esposte due lapide tombali del territorio; furono illuminate le sottostanti tombe e ricoperte con vetro di calpestio; furono anche sistemate bacheche di esposizione di reperti archeologici. Il “Museo civico” è riconosciuto dalla Regione Puglia ed era stato inserito nel circuito de “Le grandi strade della Cultura” che annualmente il Mibac propone per le giornate del Fai. Successivamente, la poca volontà di gestire un museo e gli episodici utilizzi “commerciali” trasformarono il monumento in uno dei Centri di Accoglienza Turistica, realizzati nell'ambito di un progetto P.O.P '99 - importo 500 milioni vecchie lire - gestito dal Comune tramite la Biblioteca.
Una successiva destinazione, molto prestigiosa per la nostra cittadina, di sede regionale dell'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria, proposta dal dott. Martino De Cesare, unitamente al dirigente nazionale dell'Accademia dott. Gianni Iacovelli, venne modificata per le velleità di una associazione Bersaglieri che ne voleva fare un “Sacrario”.
La necessità di risanare dall'umido l'edificio ed eseguire nuovi interventi conservativi, ha fatto scaturire il provvedimento della scorsa Amministrazione Comunale di affidare la gestione al Gal per le attività di promozione del territorio, ma ahimè, tornando alla satira di Michele Vinci, c'è da dare ragione alla torre di Cacace, che dice “sora maje come tone maltrattéte, stoche megghie jie, pore ce ménza scuffulète; ma almène nà tènghe nante zaraffe e puletecante... Ma a chijse le dèce ca ancore nange a speccète, u fatte ijé lunghe e cumplechète....

Michele Annese

lunedì 8 giugno 2015

Giornale dei Ragazzi 2015

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Crispiano, 8 giugno 2015 



Nell'aula magna dell'Istituto comprensivo “Francesco Severi” di Crispiano, gremito di studenti, genitori e docenti, si è concluso il corso di giornalismo, promosso in collaborazione con la Scuola, dall'Associazione di volontariato – Università del tempo Libero e del Sapere “Minerva”. Un progetto avviato negli anni scorsi, nell'ambito delle iniziative della Biblioteca “Natale”, denominato “Il Giornale dei Ragazzi”, realizzato da studenti, aspiranti giornalisti, sotto la guida attenta dell’operatrice culturale dott.ssa Maria Giuseppa Montanaro, che ha illustrato l'iniziativa durata cinque mesi. Dopo il saluto della coordinatrice Dora Clemente, a nome del dirigente scolastico dott. prof. Nicola Latorrata e della presidente dell'Associazione “Minerva” Mariangela Liuzzi, è avvenuta la consegna dell'attestato di partecipazione, ai ragazzi delle prime classi che hanno aderito al progetto: Mariapia Chiarelli, Sara Console, Daniele Taurino, Mariaelena Gagliano, Benedetta Bruno e Rossella Martellotta.
Alla cerimonia di premiazione è intervenuto il dott. Pasquale Frulli, esperto della comunicazione, che ha tenuto una breve relazione sulla funzione dei mass media e l'importanza dell’informazione. Ringraziamenti sono stati rivolti a quanti hanno collaborato per la riuscita dell'iniziativa, in particolare al preside Latorrata, sensibile alle iniziative che realizzano la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile, alla coordinatrice Dora Clemente, al prof. Pasquale Montanaro, alla vice preside Tiziana Madaro e al tecnico informatico Luigi Dimitri.
Michele Annese











mercoledì 29 aprile 2015

Presentazione libro "Laddomada al Consiglio Regionale"

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Crispiano, 29 aprile 2015

 
Mercoledì 6 maggio, alle ore 20 sarà presentato a Crispiano il libro “Laddomada al Consiglio Regionale” ; un modo nuovo e trasparente, scelto da Laddomada, per rendere conto del suo operato di attività di Consigliere, ma anche per sottolineare il valore del libro come strumento prezioso per incontrare i cittadini e renderli partecipi della sua attività politica, “promuovendo una concezione di “cittadinanza attiva", affinché i cittadini possano avvicinarsi a una politica svincolata da interessi personali, ma mirata allo sviluppo e alla tutela del territorio”.
L'opera, nei giorni scorsi è stata presentata in un affollatissimo incontro, moderato dalla dott.ssa Maria Teresa Pizzoleo, svolto a Martina Franca, presso lauditorium della parrocchia Divino Amore” , a cui ha partecipato anche il Sindaco Franco Ancona. «Ho molto apprezzato – ha esordito il primo cittadino di Martina - lidea di un libro per racchiudere i cinque anni di lavoro in Regione. Ritengo che ogni Rappresentante Istituzionale abbia il dovere di rendicontare ai cittadini il suo operato, perchè è giusto che la gente sappia quanto lavoro c’è dietro un ruolo così importante e sia consapevole delle sfide che quotidianamente si è costretti ad affrontare. E' giusto e doveroso che ogni esponente politico dia atto dellimpegno profuso nei confronti della popolazione. Francesco Laddomada negli ultimi cinque anni ha ricoperto un ruolo di fondamentale importanza e più volte ho collaborato con lui per risolvere alcune problematiche relative alla nostra città: spesso la sinergia tra Comune e Regione si rivela indispensabile ed è per questo che c’è bisogno di continuare ad alimentarla».
Il contenuto del libro è stato illustrato dalla prof.ssa Silvia Laddomada che ha vissuto in primo piano la creazione del libro, collaborando alla stesura delle pagine che riassumono cinque anni di attività in Consiglio Regionale. «Un impegno costante quello di Francesco Laddomada - afferma la prof.ssa Laddomada - sempre sensibile alla salvaguardia delle risorse naturalistiche, intervenendo prontamente in termini di ambiente, territorio e agricoltura. Il Consigliere ha sempre mostrato anche una notevole attenzione sui temi della sanità pugliese, rivelando un interesse equilibrato per i diritti del malato e per quelli degli operatori sanitari, facendosi spesso carico dei disagi economici. Particolarmente note sono le sue battaglie per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, con numerosi interventi e sollecitazioni per risolvere i problemi legati al trasporto con autobus e treni dellAzienda delle Ferrovie Sud Est».
L'incontro si è concluso con alcune domande del pubblico dirette al Consigliere Regionale.


Michele Annese