Promotore dell'iniziativa l’Aisaf gruppo Bari (associazione jonico-salentina Amici del treno)
Foto di Gabriele Lepore, socio dell'Aisaf gruppo Bari |
(Franco
Presicci)
Correva l’anno 1927. Il 30 ottobre, alle 7.41, un convoglio speciale per Bari partito da Locorotondo, appena uscito dalla curva che sfocia nella stazione di Triggiano, finì contro un treno, anch’esso diretto al capoluogo, fermo sul binario, unico, in ritardo sull’orario. Il conducente del treno in arrivo, mancando il segnale rosso, e accortosi dell’ostacolo quando ormai era pochi metri, azionò i meccanismi di frenata, ma non potè evitare il disastro: 9 viaggiatori perdettero la vita e 145 rimasero feriti. Due cittadini, Michele Campobasso e Vito Giannelli, s’impegnarono immediatamente con coraggio nell’azione di soccorso, salvando molta gente imprigionata nei vagoni devastati, pur sapendo che la caldaia della locomotiva, sottoposta a pressione, poteva esplodere da un momento all’altro; pericolo scongiurato dal macchinista che pur avendo subito un trauma all’addome, risalì sulla macchina deragliata per compiere le manovre necessarie.
Correva l’anno 1927. Il 30 ottobre, alle 7.41, un convoglio speciale per Bari partito da Locorotondo, appena uscito dalla curva che sfocia nella stazione di Triggiano, finì contro un treno, anch’esso diretto al capoluogo, fermo sul binario, unico, in ritardo sull’orario. Il conducente del treno in arrivo, mancando il segnale rosso, e accortosi dell’ostacolo quando ormai era pochi metri, azionò i meccanismi di frenata, ma non potè evitare il disastro: 9 viaggiatori perdettero la vita e 145 rimasero feriti. Due cittadini, Michele Campobasso e Vito Giannelli, s’impegnarono immediatamente con coraggio nell’azione di soccorso, salvando molta gente imprigionata nei vagoni devastati, pur sapendo che la caldaia della locomotiva, sottoposta a pressione, poteva esplodere da un momento all’altro; pericolo scongiurato dal macchinista che pur avendo subito un trauma all’addome, risalì sulla macchina deragliata per compiere le manovre necessarie.
Alla
tragedia e ai suoi eroi, il 13 novembre scorso, è stata dedicata una
lapide, affissa su una parete all’ingresso della stazione di
Triggiano . Presenti il sindaco Vincenzo Denicolò, l’assessore
alla Cultura Piero Caringello, una dirigente dello stesso
dipartimento Tonia Caldarulo e alcuni consiglieri comunali. Con loro
il direttore d’esercizio delle Ferrovie Sud-Est, ingegner Giuseppe
Formica, il parroco don Michele Camassa, l’arciprete don Antonio
Bonerba, che ha benedetto la targa, oltre a Dario De Simone,
rappresentante dell’Aisaf gruppo Bari (associazione
jonico-salentina Amici del treno), promotore dell’iniziativa
realizzata con il patrocinio e l’intervento economico del Comune; e
alla fanfara della scuola secondaria di primo grado “De
Amicis-Dizonne.
Tra
il pubblico c’era chi ricordava che quel giorno a Bari si
festeggiava il quinto anniversario della marcia su Roma (il 28
ottobre del ‘22) e chi i gravissimi precedenti incidenti sulle
strade ferrate del Sud. Tra i quali, l’ecatombe del 3 marzo del
’44: più di 500 morti: nel pomeriggio, alle 19, il treno 8017,
lunghissimo, tirato da due locomotive a vapore con un fuochista e un
macchinista, partito dallo scalo di Battipaglia con un rilevante
carico di viaggiatori, nella notte si bloccò in una galleria poco
distante da Balvano e nel tentativo di rimettersi in moto, dai
locomotori si liberarono gas tossici che colsero i passeggeri nel
sonno. L’episodio è passato alla storia come il disastro di
Balvano, il paese in cui il 3 novembre del 1961 si rifugiarono i
briganti Carmine Crocco e Josè Borjès con le loro bande, e nel 1980
fu coinvolto nel terremoto che si accanì in Basilicata e in Irpinia.
Tornando
a Triggiano, recitata una preghiera per le vittime, va detto che è
da lodare l’attività svolta con impegno e competenza da Dario De
Simone e dai suoi collaboratori dell’Aisaf gruppo Bari, in favore
del treno, della conoscenza della sua storia e anche dell’incremento
del turismo. Sono in molti ad esprimere entusiasmo per l’esperienza
fatta quest’estate con il Salento Express, che viaggiava con
orchestre jazz a bordo e concludeva la sua corsa sul secondo binario
dello scalo di Martina. E a Crispiano si manifesta il desiderio che
il tragitto venga allungato fino alla loro città, terminando a
Taranto. A fare da portavoce Michele Annese, già direttore della
biblioteca “Carlo Natale”, che tanto lustro ha dato alla sua
terra, e oggi artefice dell’Università del Tempo libero e del
Sapere, un laboratorio molto attivo. Sicuramente gli organizzatori
non rimarranno insensibili all’idea. Per ora sono impegnati nella
messa a punto del programma del Valle d’Itria Express, che verrà
forse trainato da una “Ciucculatera”, la locomotiva a vapore”
che è sempre nel cuore e nella memoria degli appassionati del treno.
Sul quale Wolfgang Schivelbusch ha scritto un libro
interessantissimo: “Storia dei viaggi in ferrovia”, edito da
Einaudi. Vi si parla tra l’altro della ferrovia come garante
tecnico della democrazia, secondo la teoria degli intellettuali
seguaci di Saint Simon, che consideravano il treno come trasporto
dell’uguaglianza, della libertà e della civiltà. Ma era
un’illusione: la disposizione dei posti nello scompartimento (uno
di fronte all’altro) risultava sgradevole a chi si riteneva di
prima classe. E si isolava tacendo, immergendosi nella lettura o
guardando il panorama. .
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