La conversazione riguarderà «la creatività», una parola che abbiamo sentito
nominare spesso in questo periodo. Per non annoiarci, cerchiamo di essere creativi, così abbiamo scoperto di avere dei talenti: chi si é dilettato nella cucina,
chi nella musica, chi nel canto, chi nel travestimento artistico, i famosi «quadr antech». C'é stato anche chi, nell'angolo più comodo di casa, si é dedicato alla lettura, alla pittura, al cucito, al ricamo.
Parliamone con uno specialista. Relatore: dott. Giuseppe Lazzaro, specializzato in Psicologia clinica
La creatività è l'unica spinta che ci aiuta a dare un senso a quello che viviamo in questo momento. Diceva Einstein : noi non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare sempre le stesse cose.
Io collego il concetto di creatività al concetto di crisi. Le due parole hanno la stessa radice, hanno un significato, forse opposto e nello stesso tempo integrativo.
Einstein diceva che una crisi può essere una vera benedizione per ognuno di noi. E' un momento di profondo cambiamento, in cui emergono potenzialità interiori, profonde, psichiche, che ci permettono di adattarci al nuovo.
La crisi è un beneficio per qualsiasi nazione, questo pensiero si sposa con quello che stiamo vivendo a livello planetario.
Tutte le crisi portano a un progresso. Storicamente sappiamo che ogni crisi ha portato a dei grandi cambiamenti, ricordiamo la grande crisi prima del 1° conflitto mondiale; la crisi della Borsa , tra le due guerre. La crisi porta a un cambiamento, anche a livello personale.
Per Einstein la creatività nasce da quella profonda angoscia che comunque spinge ogni essere umano a guardare oltre. Angoscia che lo scienziato collega alla notte buia, da cui proviene il giorno. La crisi è un ciclo, ci aiuta a scorgere quali sono gli elementi giusti per far sorgere il sole anche nelle nostre esistenze. Nelle crisi nascono grandi opportunità, nuove idee, nuove inventive. Le grandi scoperte, le grandi strategie che sono state messe in atto nel corso della Storia, provengono da grandi momenti di crisi. E' vero, in questi mesi c'è stata tantissima sofferenza. Io ho perso un caro amico, vittima del corona virus e ho pianto.
Molte persone hanno perso parenti, amici. E' stato drammatico vivere questi momenti. Ora recuperiamo lentamente i nostri spazi. Questo non significa che la crisi è stata superata, ma significa che stiamo cominciando a dare alla collettività, alla comunità, a livello personale, quel minimo di speranza, che ci aiuterà a vivere il nostro futuro con più fiducia. Chi supera una crisi riesce a superare se stesso, e si ritrova ad essere una persona completamente diversa, rispetto al momento precedente. L'atteggiamento di fronte a un momento difficile della nostra vita (e chi non ha un momento difficile, di crisi!) è dare la colpa a qualcosa di esterno a noi, ma incolpare qualcuno di quello che ci accade non ci aiuta ad adattarci alla realtà oggettiva e soggettiva, a dare un senso alle nostre cose, alle nostre particolari vicissitudini inserite in un contesto più ampio.
Quello che forse non ci aiuta a superare la crisi, a livello psichico, è una sorta di incompetenza, o una sorta di chiusura. Se, ad esempio, in un rapporto tra amici, io accuso sempre gli altri per quello che mi capita, non c'è crescita interiore che mi porti ad essere una persona adulta, matura, anzi resto ancorato a quel bambino che tutti coccolano e mettono al centro dell'attenzione. Le crisi personali, che viviamo nella nostra esistenza, ci aiutano ad evolverci e a dare senso ad un io più adulto.
Cosa c'entra la creatività con la crisi? La creatività è associata alla crisi. Per superare una crisi, un momento difficile c'è la ricetta del fare, dell'inventare, dello spostarsi da quel «putridume di sofferenza» che ci casca addosso. Quando una persona sta male, forse non lo sa, pertanto serve l'intervento di un'altra persona. Un mio insegnante diceva che la verità sta nell'incontro tra due persone, mentre l'una esprime le proprie sensazioni o emozioni, l'altra cerca di aiutare a vedere le cose da un altro punto di vista. Ecco perché nell'ambito psicologico, l'interazione è di fondamentale importanza, in un percorso terapeutico. Se vediamo che il terapeuta non dà fiducia, non empatizza col paziente, non aiuta, non ascolta, non entra in contatto con la sofferenza, è meglio cambiare terapeuta. Si gioca tutto sulla fiducia. Spesso non si supera una difficoltà perché non si vuole crescere, si vuole rimanere ancorati a quel mondo di sofferenza, che spesso diventa uno scudo per ritornare a quel bambino che vuole essere coccolato.
Il processo di maturazione ci deve portare a diventare persone adulte che fanno nella loro esistenza delle scelte libere. Sono importanti l'atto della scelta, l'atto della libertà e l'atto della creatività, che ci portano ad essere sempre più simili alla nostra essenza.
Spesso i giovani pensano di realizzare qualcosa per monetizzare, per avere un guadagno, scrivono un libro, una poesia e pensano quanto varrà.
La libertà creativa, l'auto consapevolezza, è per Jung uno degli istinti primari, insieme alla fame, alla sete, alla sensualità, i tre istinti di Freud. Jung ha una visione più completa, lavorando in una clinica psichiatrica, egli sfida i canoni della psicologia dogmatica e interpreta il linguaggio della schizofrenia e osserva che nei deliri, nelle allucinazioni degli schizofrenici manca il principio della realtà.
Noi oggi abbiamo «perso la bussola», la sofferenza che ci è piombata addosso ci ha fatto perdere il principio della realtà, siamo spaventati. E la paura non ci permette di affrontare con coraggio il futuro, tant'è che questo senso di incertezza che ci portiamo dietro non ci aiuta a scegliere di sviluppare il senso della creatività.
Crediamo che fare qualcosa non possa servirci, spesso siamo così chiusi nel dolore che non riusciamo ad andare oltre, speriamo nell'aiuto. Le vicissitudini della vita ci fanno comprendere che piano piano dobbiamo superare le difese, le resistenze, non dobbiamo più coccolare la nostra sofferenza, ma dobbiamo sviluppare quel motore profondo di energia in noi per sentire qual è l'essenza della vita, la vitalità, l'amore per quello che siamo, per i doni che ci sono donati da Dio, del quale possiamo dire quello che non è, come diceva San Tommaso e sviluppare quelle cose che possiamo decidere di poter fare, realizzare qualcosa che abbiamo sempre sognato. In questo modo si sposta il polo della nostra sofferenza ad altro e ci scrolliamo di dosso quel cappotto di dolore che ci imprigiona, che non ci lascia respirare.
Nelle crisi possiamo mostrare realmente chi siamo facendo emergere la forza interiore. Senza una crisi, qualsiasi cosa diventa leggerezza, è una cosa che passa. A livello personale mi sono evoluto dalla perdita di mio padre, che tanto mi ha fatto soffrire; ho tirato fuori le mie potenzialità psichiche e mi sono ripreso. Tanti, nell'esperienza del dolore, riescono a trovare la forza di tirare fuori le competenze, o più semplicemente le risorse. Ricordo che da piccolo vedevo un cartone animato, l'incredibile Hulk, ricordo l'episodio in cui con uno sforzo incredibile riesce a sollevare l'auto sotto il quale era rimasto prigioniero il figlio per un incidente. Questo episodio lo porto come esempio. Le risorse psichiche emergono di fronte al dolore, perché fanno parte di noi.
L'atto creativo fa parte della nostra spiritualità, di quella scintilla divina che ci è stata donata dal «Padrone dell'universo».
La creatività quindi non è una prerogativa di grandi geni dell'arte e delle scienze, come Mozart, Michelangelo, Schopenhauer, ma è innata in ogni essere umano.
Creatività e crisi hanno le stesse radici, abbiamo detto. Però la crisi è una forza disgregante, è come se tutti i pezzi del nostro io vanno in frantumi. La creatività è un forma di integrazione, rimette insieme tutti i pezzi caduti, che non vogliamo lasciare andare; ci aiuta a generare dentro di noi una persona nuova.
Più si supera la paura, più si supera la crisi, più l'essenza di ogni essere umano viene esplicata in maniera armonica. La creatività è armonia, è musica. E come la musica, la creatività permette di esprimere emozioni profonde con un linguaggio comune, che appartiene a tutti gli esseri umani. La creatività non è un fatto astratto, essa va canalizzata in un processo di umanizzazione, perché ogni volta che noi mettiamo in atto un processo creativo vero, assomigliamo sempre più alla nostra umanità, quell'umanità che ci apre all'altro, alla collettività.
Da una crisi profonda, crisi esistenziale, deriva un'identità diversa, più consapevole. E' interessante un libro di Martin Buber «Il cammino dell'uomo», ricco di racconti rabbinici. In un racconto egli presenta Dio che va nel giardino e chiede: «Uomo dove sei? A che punto sei nella tua vita?» E' la parola divina che ti provoca, è quella parola creativa che ti dice che la tua vita è un momento continuo di crescita, in cui tu devi assomigliare a te stesso. Perché Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso terrestre? Perché essi decisero di non essere più simili a se stessi, ma di essere simili a Dio. Entrarono in un'ottica di delirio, di narcisismo.
Attraverso i social siamo invitati anche noi a diventare chissà chi, chissà che cosa. Quest'idea di rincorrere il successo in forma delirante non ci porta ad essere profondamente umani.
Quando uno si concede il diritto di essere sempre più simile a se stesso, alla propria umanità, vive profondamente la propria spiritualità e vive profondamente il linguaggio di quella scintilla divina che ognuno di noi ha dentro.
Come sappiamo gli orientali hanno in mano il segreto della vita, loro sono il nostro letto di cultura, di umanità, di cui essere fieri. Invece noi andiamo dietro all'empirismo, al pragmatismo, al desiderio di produrre per accumulare cose che spesso non servono. La produzione è un atto diverso dal creare, la produzione fa perdere la poesia della vita. Creare viene da poieo, significa diventare artisti della propria esistenza, non a parole ma attraverso scelte libere e consapevoli.
Invito ancora a ricordare che abbiamo risorse interiori per vivere al meglio questa crisi e, stretti insieme in una comunità di esseri umani, possiamo farcela. Ognuno di noi può scegliere responsabilmente di vivere questo momento in maniera concreta, rifacendosi a quel processo interiore profondo che ci fa scoprire dentro di noi cose che non pensavamo di avere.
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