mercoledì 12 febbraio 2020

OLOCAUSTO E FOIBE "da non dimenticare"- 11 febbraio 2020

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RELAZIONE DI SILVIA LADDOMADA










 
 


La giornata del ricordo delle foibe.

Tutti gli italiani sono invitati a ricordare, a non dimenticare questa tragica pagina di storia. Nella cerimonia di commemorazione, il presidente Mattarella ha detto: "Oggi il peggiore nemico da abbattere è l'insensibilità, l'indifferenza, che si nutrono della mancanza di conoscenza della storia".
Per oltre 50 anni si è fatto silenzio, dal 1945 al 2004, allorché il Parlamento italiano istituì per il 10 febbraio una giornata per conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo dai territori occupati nel 1945 dalle truppe di Tito, capo della Iugoslavia. Parliamo dei territori dell'Istria, di Fiume, della Dalmazia, parliamo degli italiani che vi abitavano, istriani, fiumani, dalmati, costretti a dare un corso diverso alla loro storia. 


Alla fine della 2°guerra mondiale, si firmarono a Parigi gli accordi di pace, il 10 febbraio 1947. Tra i tanti provvedimenti presi, l'Italia dovette cedere l'Istria, la Dalmazia e la città di Fiume alla Iugoslavia, diretta dal comunista Tito.
Per vendicare le vittime di efferati oltraggi compiuti da fascisti e nazisti, che avevano occupato quelle terre, Tito ricorse a crudeli e spietate azioni di massacro della popolazione residente, gente civile, mite, colta, che aveva una sola colpa: essere italiani e essere identificati come fascisti. Morirono migliaia di civili, complessivamente 300 mila persone.
Torturati, fucilati, affogati in mare, gettati nelle foibe, anche vivi, spariti nel nulla, senza una tomba. Le foibe sono delle cavità carsiche, molto profonde, nelle quali furono gettate le vittime uccise e le vittime vive, legate con un filo di ferro alla vittima fucilata. Dalla profondità di queste terribili gole, era difficile risalire, si moriva di dolore, di fame, di sete, intossicati dai miasmi dei corpi putrefatti.

La finalità di Tito era quella di una pulizia etnica, eliminando con la morte e poi con l'esilio forzato ogni presenza sgradita: i comunisti titini erano decisi a spazzare via la secolare presenza italiana.
Molto famiglie, per sfuggire alla morte, accettarono di abbandonare le loro terre, i loro beni erano stati confiscati, le loro case occupate. Ammassarono su carri, trascinati da cavalli, le poche masserizie che potevano portare con sè, e partirono. Non furono mai risarciti dal governo italiano. La stragrande maggioranza degli esuli emigrò in varie parti del mondo, in cerca di una patria.
Tanti si fermarono in altre regioni d'Italia, dove però molti ministri del governo italiano, vicini politicamente alla Iugoslavia minimizzarono la portata di questa diaspora.
Questi fatti tragici si svolsero tra il 1943, dopo l'armistizio dell'8 settembre, e il 1947. Quattro anni di vendette per le angherie fasciste subite.
Nel 1989, al crollo del muro di Berlino e alla caduta del comunismo sovietico, si aprì una crepa nel muro del silenzio. Nel 1991 il presidente della Repubblica Cossiga si recò in pellegrinaggio al luogo delle foibe, nel 1993 si recò anche Scalfaro. La coltre di silenzio diveniva sempre più sottile e così abbiamo cominciato a conoscere la sofferenza di questi popoli. Si è arrivati al 2004, quando è stata ufficialmente proclamata la solennità nazionale.
Oggi però sono sempre più numerosi gli episodi che tendono ad oltraggiare la memoria di questi eventi, come le scenette satiriche riportate dai giornali. Si spera, invece, che questa giornata sia un'occasione non di rancore vendicativo, ma di studio di un momento doloroso della storia d'Italia.


La giornata della memoria

La ricorrenza viene celebrata il 27 gennaio, ricordando il giorno in cui l'esercito russo entrò nel lager di Auschwitz, liberando i superstiti.
Lo scrittore Primo Levi ha ricordato nella sua opera 'Se questo è un uomo' : "i vagoni merci chiusi dall' esterno. E dentro uomini, donne, bambini, compressi senza pietà, come merce, in viaggio verso il nulla". Sappiamo chi erano e dove andassero.
Sempre Primo Levi dice: "se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: anche le nostre".
Le testimonianze dei superstiti, i filmati autentici, i documenti storici, le pagine dei giornali, tutto contribuisce a collocare queste vicende nel tempo e nello spazio, raccontando, ha detto il presidente Mattarella "una lezione terribile che invita ad essere sempre vigili di fronte ai focolai d'odio, d'intolleranza, di razzismo presenti nella nostra società e in tante parti del mondo". Mattarella ha aggiunto: "oggi c'è un deprecabile e militante negazionismo". In effetti l'Europa si è incattivita, è diventata diffidente: 16 italiani su 100 dicono che la Shoah, cioè la persecuzione degli Ebrei, non è stata così terribile come si racconta; il 15% la considera un'invenzione. Si sono moltiplicati i gesti di intolleranza, svastiche disegnate sulle case di ex ebrei. Una deriva particolare: l'odio, si sa dove comincia ma non dove finisce.

Dopo 75 anni noi continuiamo a ricordare perché vogliamo che non succeda più, non solo agli Ebrei, ma a nessun'altro. Per questo esiste da venti anni la giornata della memoria, per non dimenticarla. Non stiamo parlando di storie inventate. Ci sono persone che sono sopravvissute e hanno raccontato, decine di migliaia di documenti, i resti dei campi con le camere a gas, che i nazisti sconfitti non hanno fatto in tempo a distruggere. Eppure esiste ancora chi dice che questo non è mai successo, che sono invenzioni. Si chiamano i negazionisti. Essi dicono che le prove non contano niente, che chi racconta mente. Come ci sentiamo se fra 70 anni qualcuno dicesse che non siamo mai esistiti, che qualcuno ci ha inventato, che qualcuno ha avuto interesse a raccontare la nostra vita come se fosse vera, mentre era tutto una menzogna?
In realtà i negazionisti proseguono l'opera di quei nazisti, che volevano nascondere i loro delitti, negandoli. Vogliono esaltare la memoria di Hitler e Mussolini e continuarne l'opera, vorrebbero ricostruire i campi di sterminio e usarli di nuovo.
Non parleremo dei lager, ma delle origini di questa triste vicenda.
Il 9 novembre 1936 viene considerato l'alba dell' Olocausto. 200 persone uccise, 30 mila deportate, 267 sinagoghe distrutte , 7500 negozi devastati. "La notte dei cristalli". La prima carneficina programmata contro gli Ebrei. 


Il pretesto per le spedizioni punitive fu un maldestro attentato del giovane Herschel Grynszpen, un rifugiato ebreo polacco che uccise a Parigi il segretario dell'Ambasciata del Reich in Francia, per vendicare l'arresto del padre deportato in Polonia su un vagone piombato. Impressionante il bilancio, compiuto in tempo di pace, in un paese di grande tradizione civile, sotto gli occhi del mondo intero. Ironicamente viene ricordato il giorno per l'entità dei vetri rotti, ma poca cosa rispetto all'iniquità che si stava scatenando su quel popolo. L'antisemitismo in Germania aveva radici antiche, ed era stato esasperato dalla riforma di Lutero, che aveva alimentato l'odio contro "questi vermi velenosi", di cui Lutero auspicava "la distruzione con il fuoco delle sinagoghe".
Il nazismo aveva ereditato questa concezione, sostenendo eccentriche teorie di superiorità razziale e ignobili vergogne, dicendo che gli ebrei avevano pugnalato alle spalle la Germania, nel 1918, provocandone la disfatta. Quando Hitler nel 33 andò al potere, iniziarono le discriminazioni, culminate con le leggi razziali del 35, che privarono gli ebrei di tutti i diritti civili. Ma dal 9 novembre 1938 la persecuzione fisica divenne una regola e procedette in modo pianificato, con una organizzazione efficiente. Non più l'emigrazione forzata, o la deportazione in Madagascar, si prospettò la "soluzione finale", resa ufficiale nel 1942. Ma le persecuzioni cominciarono già dopo l'invasione della Polonia nel settembre 1939, e trovò la sua definitiva organizzazione logistica nei campi di Treblinka, Auschwitz, Birkenaue, vere e proprie catene di montaggio per la raccolta, da selezionare, l'esecuzione e la cremazione di oltre sei milioni di ebrei. Oggi la rievocazione di questo processo di sterminio, subisce un andamento altalenante. Viene ricordato nel giorno della memoria, a volte distrattamente, con insofferenza per molti, senza cedere all'emotività e alle polemiche che rischiano paradossalmente di attenuare l'immensa responsabilità morale che grava su quelli che hanno agito e su quelli che hanno taciuto.


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