Perché dal 17 gennaio fino al giorno
delle Ceneri, si festeggia, ci si maschera, si fa baldoria, si
lanciano coriandoli, stelle filanti? Cosa si festeggia?
Fin dall'antichità si celebrano questi riti, si festeggia il ritorno della primavera, la ripresa della navigazione, si auspica un buon raccolto.
Furono gli Egiziani, (2000 a.C.) a dare
origine a questa festa popolare. Il Nilo ritornava ad essere
navigabile. La gente si mascherava, faceva sfilare i buoi e li
accompagnava cantando.
Presso i Greci vi erano le Dionisie,
in onore di Dioniso, dio del vino (Bacco per i Romani), durante le
quali era consentito abbandonarsi ad ogni forma di ebbrezza; in nome
del Caos non si rispettava nessuna regola sociale o morale.
I Romani festeggiavano il ritorno alla
fertilità della terra, dopo il torpore invernale.
Queste feste romane erano chiamate
Saturnali, dal nome del dio Saturno, nota divinità dell'Olimpo, che
aveva garantito agli uomini l'età dell'oro, il benessere. Si
facevano sfilare per le strade carri festosi, tirati da animali
bardati in modo bizzarro.
Le persone si vestivano in modo buffo, si coprivano il volto con maschere orribili, si rincorrevano, si colpivano. Tutta questa baldoria serviva a cacciare gli spiriti maligni, che, si pensava, vagassero sulla terra in inverno. Essi dovevano ritornare nell'aldilà, così veniva favorito il raccolto.
E forse la parola Carnevale deriva
proprio da questa festa dei saturnali, deriva da "carrum
navalis", con riferimento al carro allegorico, a forma di barca,
con cui i Romani inauguravano i Saturnali.
Un altro rito era quello dei Lupercali,
dei lupacchiotti, giovani coperti da pelli di lupo, che tagliavano a
strisce le pelli delle capre, le arrotolavano e poi, correndo, le
srotolavano per strada.
Queste strisce sono presenti nella
nostra tradizione, sono le bellissime stelle filanti, tanto amate dai
bambini.
Accanto alle stelle filanti noi usiamo
anche i coriandoli, piccoli dischetti multicolori di carta leggera,
che danno allegria alla festa. Perché si chiamano così?
Perchè nel 1500, al passaggio dei Trionfi, (carri riccamente addobbati, circondati da gente in costume che intonava canti carnascialeschi, a volte irriverenti), si lanciavano i semi del coriandolo, glassati con lo zucchero (prezzemolo cinese).
Un altro simbolo è il manganello, a
volte riempito con sassolini. Anche questo rito é antico: ricorda il
bastone e le pietre con cui nel Medioevo si colpivano i passanti, per
scherzo.
Il tutto giustificato dalla frase "
A Carnevale ogni scherzo vale"; per dire che, almeno una volta
all'anno, è concessa a tutti una moderata follia. Il Carnevale è
poi accompagnato da dolci fritti, che variano, nel nome, da città a
città: ciambelle, frittole, chiacchiere, castagnole. Fritti, perchè
era più veloce la cottura e poi perchè le famiglie disponevano di
abbondanti quantità di grasso animale, di strutto, derivante dal
fatto che a gennaio o febbraio era prevista la macellazione dei
suini.
Nella tradizione cristiana, la parola
Carnevale significa "carnem levare". Il riferimento, di
origine medievale, é alle Ceneri, il mercoledì successivo
all'ultimo giorno di festa , il martedì grasso. Con le Ceneri inizia
la quaresima, i 40 giorni che precedono la Pasqua (escluse le
domeniche).
Il martedì era definito"grasso",
era il giorno in cui erano consentite grandi tavolate, grandi
abbuffati. Il giorno dopo, la Chiesa richiama all'astinenza e al
digiuno, richiama alla riflessione, ricorda all'uomo che é polvere,
e che deve rimettere al centro della propria vita Dio, non Bacco.
Un'ultima nota da ricordare, relativa
al Carnevale, é il mascheramento, il travestimento. Ogni regione la
le sue maschere; ogni maschera ha un costume e un carattere che lo
distingue.
La parola deriva dall'arabo
"mascharat", che significa burla, buffonata. Nel teatro
greco e latino, l'attore usava la maschera per sottolineare il
carattere del personaggio messo in scena. Le maschere per eccellenza
sono nate con la Commedia dell'Arte, nel 1600.
Erano spettacoli teatrali
improvvisati, destinati a un pubblico che si divertiva in modo
sguaiato, per i contenuti sconci e il linguaggio scurrile degli
attori. La presenza delle donne sul palcoscenico era un elemento
dirompente, rivoluzionario. Gli attori improvvisavano i dialoghi, basandosi su un canovaccio; col tempo il personaggio che
interpretavano diventava sempre più preciso, più fisso, fino al
punto che il nome dell'attore diventava quello della maschera che
portava sul palcoscenico.
Nasceva il personaggio del servo
sciocco, furbo e bugiardo, come Arlecchino; il dottore e l'avvocato
inconcludente, come Balanzone; il chiacchierone nullafacente, oggetto
di bastonate spassose, come Pulcinella; il mercante avaro e
brontolone come Pantalone; la cameriera pettegola e civettuola, come
Colombina, eterna fidanzata di Arlecchino.
E così sono nate 50 maschere italiane
ufficiali, sparse nelle regioni. Incarnano vizi e virtù del popolo,
impersonano aspetti eterni e immutabili dell'animo umano.
Maschere,che sono entrate nella
memoria collettiva.
Quante volte incontriamo o siamo,
nella vita quotidiana, un Pulcinella, un Arlecchino, una Colombina,
un Pantalone?
La vita è una recitazione, é un
teatro, diceva Pirandello!