lunedì 24 febbraio 2020

Vivere quando non si può guarire: la sfida delle cure palliative

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Relatore dell'incontro dott. Giuseppe Liuzzi                                                       (Medico formato in medicina generale)



Fino a 20 anni fa, le cure palliative erano prestate al malato oncologico in stato avanzato. Ora si sono evolute e vengono prestate anche a malati in condizione extra oncologica, con il coinvolgimento del medico di medicina generale, cioè del medico di famiglia dell'ammalato. Rispetto al rischio di ammalarsi e aver bisogno di cure, la popolazione é stratificata secondo uno schema piramidale. Alla base, coloro che stanno bene e che non hanno bisogno di cure. Poi quelli che sviluppano qualche tipo di patologia (mal di gola, mal di pancia) per i quali basta una visita medica, una terapia temporanea e si torna a star bene. Seguono coloro che hanno patologie croniche, che necessitano di assistenza specialistica, ma non evidenziano un cattivo stato di salute. Ci sono poi coloro che presentano una patologia più complessa, che ricevono una o più diagnosi, che necessitano dei saltuari ricoveri in ospedale. Infine ci sono coloro che vivono una situazione più complessa. Richiedono spesso il ricovero in ospedale, ci sono complicazioni delle proprie patologie, presentano una indisposizione funzionale, non sono più curabili nemmeno in ospedale. E' lo stato più evoluto della patologia, cresce l'intensità assistenziale; la malattia assorbe la maggior parte delle risorse e del tempo. L'apice della piramide. Chi si interessa dell'ammalato, giunto all'ultimo stadio? Innanzitutto il medico di medicina generale, il "medico di famiglia". L'ammalato cronico grave deve essere assistito nel suo territorio e con i servizi territoriali. Egli é portatore di una serie di complessità, di natura psicologica, socio ambientale, assistenziale; la stessa casa non é idonea. A volte ci sono i servizi, ma manca il supporto economico.
C'é necessità di una rete famigliare di supporto. In questo momento entrano in atto le cure palliative (da pallium - mantello, copertura), da avviare in tempi precoci. Cure adatte a chi ha una patologia che non risponde ai trattamenti curabili in ospedale. L'articolo 2 della legge 38 della nostra Costituzione, riconosce il diritto del cittadino ad ottenere cure palliative, in quanto sono "ciò che si deve fare quando una persona ha bisogno di essere sostenuta nella sua dignità di vita". Si tratta di interventi che non si propongono di raggiungere l'obiettivo della guarigione completa da una malattia, ma tendono a lenire le sofferenze in caso di malattia cronica, evolutiva ed inguaribile, rendendo così migliore la qualità di vita dell'ammalato fino alla fine. E' necessario rivolgersi a medici esperti in cure palliative. La famiglia deve assicurarsi un supporto infermieristico, fisioterapico, psicologico, socio-sanitario, religioso-spirituale. 
 
Occorre una figura famigliare che si faccia portavoce dei bisogni dell'ammalato, che si prenda cura, un "caregiver" che informi il medico generale, il quale deve attentamente seguire la situazione. Quando la malattia é in stato avanzato occorre, ovviamente, un ricovero in strutture adatte, con personale preparato, tipo hospice, RSA. Per ottenere questi aiuti, i famigliari devono rivolgersi ai servizi sociali, alle ASL, ai distretti socio-sanitari. Un chiarimento sulla "terapia del dolore". Il paziente si lamenta per i dolori, spesso non dovuti a cause fisiche, ma psicologiche, stati d'animo, all'intuizione dell'imminente traguardo della sua vita. Le cure palliative, in caso di dolore, prevedono l'uso di farmaci sedativi (ansiolitici, ipnotici) innovativi, che alleviano la sofferenza e consentono di trascorrere dignitosamente le ultime ore di vita. Farmaci che vengono somministrati da personale specializzato in hospice. Da non confondere con l'eutanasia, per la quale si somministrano medicinali che procurano la morte.

Silvia Laddomada

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