Relazione di Silvia LADDOMADA
Gli scrittori del Decadentismo
Il movimento letterario successivo al Realismo fu il Decadentismo.
Gli scrittori non descrivono più la realtà sociale in termini scientifici e razionali, ma si soffermano sulle problematiche psicologiche dell'uomo contemporaneo.
Decadenti furono chiamati quegli artisti maledetti che ricercavano la bellezza non attraverso un'elevazione spirituale, ma attraverso la degradazione dell'alcool e delle droga.
Un termine spregiativo, ma per gli artisti essere decadenti era un privilegio, era una forma di ribellione nei confronti della società borghese, apparentemente perbene, ma corrotta e ipocrita. Essi disapprovano questa contraddizione, e nelle loro opere danno sfogo al disagio della società in cui vivono.
Rifiutano i valori borghesi e scelgono di vivere in modo anticonformista, spesso ai limiti dell'anarchia e dell'autolesionismo.
Questi artisti hanno una personalità carismatica fuori dal comune, che a volte , si manifesta in pubblico con atteggiamenti liberi e spregiudicati, con un abbigliamento singolare; sono acuti, ironici, animano le conversazioni con battute argute e ciniche, ostentano amore per l'arte e per gli oggetti preziosi, ricercati ed eleganti.
Quando tutto questo si verifica, si dice che quell'artista è un dandy.
Il Dandismo è proprio il suo straordinario modo di essere e di comportarsi in società. Un modo che suscita ammirazione e stupore, ma a volte anche antipatia, dissenso, sospetto.
I personaggi dei loro romanzi sono un riflesso di se stessi. Sono aristocratici, in preda a nevrosi che rasentano la follia, vittime di amori devastanti. L'attenzione si concentra su un unico personaggio, si analizza la vita interiore, senza tener conto del contesto sociale
Ciò che accomuna i romanzi decadenti è l'Estetismo: tutti i protagonisti esaltano la bellezza , come valore supremo della vita.
In Inghilterra l'Estetismo decadente trova la sua più compiuta espressione nell'opera e nella figura di Oscar Wilde, incarnazione vivente del dandy.
La bellezza che questi artisti inseguono, non è eterna . E Wilde lo sa.
Il significato del”Ritratto” è che l'arte può sfidare il tempo e trionfare con la sua bellezza sulle brutture della via, mentre l'uomo è legato irrimediabilmente a un triste destino di vecchiaia e decadimento.
Essere o apparire?
(Note di riflessione)
Nella società attuale c'è una esasperata ricerca dell'apparire.
E' la cosa più importante. Ma non apparire e basta, ma apparire belli, perfetti.
Attraverso i social siamo portati a veicolare i momenti più belli della nostra quotidianità, le nostre foto più belle. Perchè?
Perchè desideriamo offrire il volto più felice, vogliamo essere un fenomeno da esprre in vetrina. Cerchiamo un'attenzione continua alla nostra persona.
Quante donne su facebook postano spesso se stesse con pettinature, abiti, ornamenti, ricercati, per ricevere applausi, condivisioni, cuoricini.
Gli altri vedono ciò che noi vogliamo far vedere, quindi offriamo un'immagine virtuale di noi, interpretiamo l'immagine che gli altri ci disegnano.
Oggi è sempre più diffuso il bisogno di rivolgersi al chirurgo estetico, di entrare nei centri estetici, anche gli uomini, di chiedere ai cosmetici il miracolo di farci sentire belli e giovani sempre.
Inseguiamo la bellezza. Il mondo è pieno di persone fisicamente belle; ammirate per la loro avvenenza. In TV vediamo donne e uomini del mondo dello spettacolo, dell'arte, dello sport, della pubblicità, tutti belli, perfetti, eternamente giovani.
Col tempo però non possiamo far credere a nessuno, neppure a noi stessi, di essere ciò che non si è.
Non dovremmo aver paura delle rughe, degli anni, della vecchiaia, che è poi la quarta stagione della nostra vita.
Naturalmente aver cura della propria persona, è un diritto e un piacere. Il trucco, la cura dei capelli, la cura del corpo, la palestra, la dieta... tutto va bene, ma in modo equilibrato. Non cadere nella vanità, ma puntare sulla bellezza dell'intelligenza, dell'onestà, del saper interagire con gli altri, del guadagnarsi un'attenzione e una stima da parte della società. Così anche le rughe saranno accettate con un sorriso.
IL RITRATTO DI DORIAN GRAY
“Un libro immorale”, così fu definito . Nella prefazione del 1891, Wilde si difende con un aforisma: ”Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto”.
Il romanzo si apre con un'accurata e raffinata descrizione dello studio di un pittore, Basil, in cui entra un giovane eccentrico, un po' cinico e corrotto, lord Henry.
Al centro della stanza , fissato a un cavalletto, sta il ritratto a figura intera di un giovane di straordinaria bellezza, Dorian Gray.
Lord Henry vuole conoscerlo, vuole che il quadro venga esposto in una galleria d'arte.
Il pittore non desidera esporre il quadro, né farglielo conoscere. Il perché è un segreto della sua anima. Basil adora Dorian.
(Oscar Wilde - “Il Ritratto di Dorian Gray”-La Biblioteca di Repubblica-2004, pag.26).
Comincia così l'amicizia con lord Henry, che lo influenzerà e darà una svolta alla sua vita. Dorian sentirà il richiamo del peccato, di tutto ciò che è torbido, pericoloso, sporco.
Non frequenterà più le eleganti vie dei quartieri ricchi, ma i vicoli bui e degradati, dove l'umanità conosce tutte le forme dell'abiezione: prostituzione, violenza, alcool, droga, sfruttamento minorile.
Uno dei momenti chiave del romanzo è il discorso capzioso di lord Henry sulla bellezza e giovinezza. Quest'uomo ha capito di avere di fronte un giovane influenzabile, per il quale la perfezione fisica è tutto. (da pag. 34 a pag.41).
Incontriamo Dorian che si innamora di un'attrice, Sibyl. La adora, la sua vita con lei è ciò che desidera. Va a teatro, la segue, invita i suoi amici Basil ed Henry agli spettacolo.
In realtà egli non ama Sibyl. Dorian è attratto dal suo lavoro di attrice, che le fa indossare i panni di mille eroine vissute in epoche diverse.
Sibyl piace non per quello che veramente è, ma perché rappresenta l'arte e il sogno di eternità, al quale Dorian tende disperatamente.
Una sera Sibyl interpreta il ruolo di Giulietta, (viene presentata l'opera di Shakespeare).
Si rivela una pessima attrice. La sua voce è inespressiva, gli spettatori, anche i non intenditori, fischiano. Dorian è furente, lei gli confessa il suo amore, l'unico che vuole vivere. Non gli interessa più recitare, fingere. Ma Dorian piega le sue labbra cesellate in una smorfia di assoluto disprezzo.. “Hai ucciso il mio amore”, è l'unica sua risposta. Poi aggiunge. “Non vorrei essere scortese, ma non posso più rivederti. Mi hai deluso”.
E' quasi l'alba. Dorian chiama una carrozza e torna a casa.
Mentre gira la maniglia della porta della camera da letto, lo sguardo cade sul ritratto dipinto da Basil (pagg. 132-133).
Si alzò dalla poltrona e spostò un grande paravento davanti al ritratto. “Orribile!”, mormorò tra sé.
Passa un po' di tempo: Lord Henry comunicò a Dorian che Sibyl si era suicidata con un veleno, la sera stessa del loro addio.
Per alcuni minuti Dorian non risponde, sembra distrutto. Poi chiede all'amico: ”Perchè non riesco a sentire il peso di questa tragedia quanto vorrei? Sono un essere senza cuore? Eppure devo ammettere che tutto quello che è successo non mi commuove come dovrebbe. Mi sembra semplicemente la splendida conclusione di uno splendido dramma”.
Appena giunto a casa, si precipitò verso il paravento e lo scostò. No, non c'era nessun altro cambiamento nel ritratto (pagg. 155-156).
Per evitare che qualcuno scoprisse il suo segreto, Dorian avvolse il quadro in un drappo rosso e indorato e, con l'aiuto di alcuni operai lo fece trasportare all'ultimo piano della casa, una stanza dove lui giocava da bambino. Avrebbe tenuto la chiave. Nessun occhio, tranne il suo, avrebbe guardato la sua vergogna.
Intanto Dorian è sempre più irrequieto. Appare e scompare dalla città, senza un perché. Di giorno organizza pranzi raffinati per gli amici della buona società, di notte si aggira in cerca di squallide avventure nei più bassi e sporchi sobborghi di Londra, in compagnia di gente di malaffare.
Su di lui cominciano a circolare maldicenze, in società è guardato con sospetto.
L'amico Basil lo rimprovera, lo prega di ritornare come prima, gli riferisce le maldicenze, ma Dorian non lo ascolta. Una sera Basil gli chiede di vedere il quadro, Dorian lo accompagna nella stanza e scopre la tela. “Un grido di orrore uscì dalle labbra del pittore, quando vide la smorfia orribile di quella faccia che lo fissava dalla tela”
“Questa è la faccia di un satiro!” (creatura mitologica mostruosa, con orecchi, coda e zoccoli di cavallo, o di capro).
“E' la faccia della mia anima”, risponde Dorian.
Basil scoppia a piangere, lo invita a ravvedersi, lo invita a pregare.
Ma Dorian, preso da un incontrollabile sentimento di odio per Basil, sente salire dentro di sé una furia selvaggia. Preso un coltello, che giaceva su un cassone, si avvicina lentamente alle spalle di Basil e lo colpisce dietro l'orecchio, sbattendogli la testa contro il tavolo e continuando a colpirlo. Con l'aiuto di un conoscente , un dottore in chimica , il giorno seguente riesce a disfarsi del corpo. Il chimico, che aveva eseguito l'ordine con disgusto, si suicidò.
Dorian non prova alcun dolore, è stata una scelta del medico, quella di togliersi la vita.
Gettando uno sguardo al quadro, Dorian nota”una disgustosa rugiada rossa che brillava su una mano, umida e luccicante, come se la tela trasudasse sangue”.
Terrorizzato decide di cambiare vita, confida ad Henry il suo bisogno di diventare più buono, è logorato dal rimorso e dalla consapevolezza di aver condotto una vita squallida e priva di affetti. Henry è stanco, invecchiato, ripiegato nei ricordi. Vorrebbe sapere da Dorian il segreto del suo fascino, della sua bellezza incorruttibile..
Ma Dorian è turbato. Tornato a casa, dà uno sguardo alla tela: la macchia di sangue sulla mano si è allargata, c'è sangue anche sull'altra mano, e anche sui piedi.
Forse doveva confessare l'omicidio. “C'è un Dio che chiede agli uomini di confessare le loro colpe alla terra oltre che al cielo”.
Poi pensa all'amico Basil. (da pag 328 a pag.330).
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