domenica 3 luglio 2022

DIVINA COMMEDIA-PURGATORIO: NINO VISCONTI E CORRADO MALASPINA (8°c.)/ALLE SOGLIE DEL PURGATORIO(9°)

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RELATRICE: Silvia LADDOMADA

Dante e Virgilio, insieme a Sordello, sono nella valle fiorita.

Sordello ha consigliato ai due poeti di trascorrere la notte in quella valle, perché non si può di notte salire sulla montagna.

Le tenebre notturne sono un impedimento alla volontà di salire.

"Ma vedi già come declina il giorno/ e andar sù di notte, non si puote", dice Sordello.

Dante tace, assiste al discorrere pacato dei due amici lombardi. Questo buio che avanza fa forse venire in mente a Dante un altro buio, la selva oscura, da cui Virgilio lo aveva portato fuori. Virgilio, la luce della ragione.

Questo buio non fa paura, Virgilio e Sordello ne parlano serenamente.

Dante é chiuso nel suo silenzio, ma presente come protagonista. Nella selva oscura Dante non sperava in un nuovo giorno, aveva bisogno di Virgilio. Qui Sordello é sicuro: "là il nuovo giorno attenderemo" dice.

E avanza verso la valletta, dove c'é armonia di colori, di profumi, di suoni. E' il vespero, e là siedono e cantano gli spiriti intonando "Salve Regina", per ottenere protezione e salvezza.

 

I toni forti Dante li ha usati per lanciare l'invettiva contro gli uomini della Storia, contro i prìncipi, contro le condizioni dell'Italia.

Ma la narrazione degli eventi, nel Purgatorio, é sempre serena, pacata.

In queste ore del tramonto, Dante é preso dalla nostalgia che colpisce a quell'ora chi é lontano dalla propria terra.

Il poeta esprime questa nostalgia con versi che sono tra i più celebri del poema

"Era già l’ora che volge il disio 
ai navicanti e ‘ntenerisce il core 
lo dì c’han detto ai dolci amici addio;

e che lo novo peregrin d’amore 
punge, se ode squilla di lontano 
che paia il giorno pianger che si more;" .

 (Canto VIII - vv.1-6) 

 

(Si faceva sera, l'ora che richiama il pensiero nostalgico dei naviganti al giorno in cui dissero addio alle persone care - i dolci amici - , l'ora che intenerisce il cuore.

Era l'ora che al novello pellegrino fa sentire più pungente l'amore, se ode il suono di una lontana campana che sembra piangere il giorno morente.)

All'improvviso Dante sente che le anime intonano un altro canto liturgico e rivolgono lo sguardo verso l'alto. 

" e vidi uscir de l’alto e scender giùe 
due angeli con due spade affocate, 
tronche e private de le punte sue.

Verdi come fogliette pur mo nate 
erano in veste, che da verdi penne 
percosse traean dietro e ventilate.

L’un poco sovra noi a star si venne, 
e l’altro scese in l’opposita sponda, 
sì che la gente in mezzo si contenne.
"

(Canto VIII - vv. 26-33)

(due angeli con vesti e ali di colore verde chiaro, ciascuno aveva in mano una spada fiammeggiante e smussata. Uno si ferma in alto, quasi vicino a noi, l'altro scende sulla sponda opposta, in modo da controllare l'intero gruppo dei prìncipi).

Sordello spiega a Dante che sono scesi per proteggere le anime ed impedire al serpente tentatore di entrare in mezzo a loro.

I due poeti scendono nella valletta, mentre le anime fanno silenzio, e attendono spaventate. "Quell'esercito gentil che aspetta pallido e umile", dice Dante.

Questa angoscia che vince le anime forse é il castigo alle loro debolezze terrene, il contrappasso, con cui la giustizia li punisce per la facilità con cui si sono abbandonati agli interessi terreni, senza saper resistere alla tentazione.

Verso sera quindi la coscienza può addormentarsi, può ritornare il ricordo dei successi terreni, quindi queste anime di negligenti, devono vigilare, per allontanare questa tentazione, simboleggiata dal serpente.

Mentre si attende, Dante si accorge che una di quelle anime lo fissa con insistenza, come se si conoscessero.

Avanzano l'uno verso l'altro e Dante riconosce il "giudice Nin gentil", Nino Visconti, il giudice di Gallura, conosciuto all'epoca della lega dei Comuni Guelfi contro Pisa (1293), e si congratula con lui per la sua condizione di salvato.

L'altro gli chiede quando é arrivato, ma Dante precisa che é vivo, al che Nino e anche Sordello fanno un passo indietro, sorpresi, smarriti, e Nino subito condivide con un'altra anima la sorprendente notizia.

"L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse 
che sedea lì, gridando: «Sù, Currado! 
vieni a veder che Dio per grazia volse»"

.(Canto VIII  vv. 64-66)

(Sordello si volse a Virgilio e l'altro si volse a un altro seduto vicino a lui, dicendo:Corrado,  vieni a vedere quello che Dio ha concesso a costui, per grazia speciale).

Quindi Nino, rivolgendosi a Dante gli chiede di ricordare alla figlia Giovanna di pregare per la sua anima, e biasima il comportamento della moglie, che si é risposata con Galeazzo Visconti di Milano.

Di ciò, Nino sembra risentito, perché dice che alla morte della moglie sulla tomba non sarà posto lo stemma della casata Visconti di Pisa, ma quello della casata Visconti di Milano (la vipera).

In realtà le cronache riportarono che furono posti entrambi gli stemmi.


Dante sta vivendo tra cielo e terra: mentre osserva gli angeli, viene attirato da Nino Visconti. Finito il colloquio, Dante torna ad assistere a questo particolare momento.

"Da quella parte onde non ha riparo 
la picciola vallea, era una biscia, 
forse qual diede ad Eva il cibo amaro.    

Tra l’erba e ‘ fior venìa la mala striscia, 
volgendo ad ora ad or la testa, e ‘l dosso 
leccando come bestia che si liscia
."

 (Canto VIII. vv. 97-102)

(Strisciando tra le erbe e i fiori, dal lato dove la valle non ha il margine rialzato, arriva il serpente, una biscia, forse simile a quel serpente che nel paradiso terrestre diede a Eva il frutto, causa di tante amarezze.

Il serpente avanza tra l'erba e i fiori, volgendo il capo di tanto in tanto e leccandosi il dorso, come la bestia che si liscia il pelo sulla schiena).

In un attimo gli Angeli mossero le ali, il serpente fu messo in fuga ed essi ritornarono in Cielo.

(Allegoricamente il serpente rappresenta quella nostalgia per l'esercizio del potere nella vita terrena, una tentazione che assale le anime la notte, contro cui vigilare, e gli angeli rappresentano la grazia, che giunge pietosa in aiuto a chi chiede soccorso, ecco i canti intonati poco prima).

Quando l'assalto diabolico sfuma, prende risalto la figura di Corrado Malaspina.

Quest'anima, durante l'arrivo del serpente, la sua sparizione e la risalita degli Angeli, ha guardato, sempre fisso, Dante.

Quando il pericolo é stato scongiurato, Corrado si rivolge al poeta, gli augura di raggiungere quanto prima la vetta del Monte, con l'aiuto della grazia illuminante, ma sopratutto vuole sapere.

"cominciò ella, «se novella vera 
di Val di Magra o di parte vicina 
sai, dillo a me, che già grande là era.
e

Fui chiamato Currado Malaspina; 
non son l’antico, ma di lui discesi; 
a’ miei portai l’amor che qui raffina"
.

(Canto VIII - vv.115 -120)

(Se hai notizie certe della Val di Magra e delle terre vicine, la Lunigiana, dillo a me, che là fui grande.

Non sono Corrado il vecchio (cognato di Manfredi) ma un suo discendente. Ai miei portai quell'amore imperfetto che ora purifico in Purgatorio - l'amore per il potere e la fama terrena furono maggiori degli interessi spirituali e familiari).

Questo personaggio appare un grande, non gli interessa la tentazione notturna, non gli interessa il suffragio dei vivi, gli interessa avere notizie di quella terra, dove lui é stato "un grande".

La grandezza terrena non é svalutata, come accade a tutti i penitenti.

Sa di aver conservato e coltivato le antiche virtù del suo antenato Corrado. E vuole sapere notizie, non dei suoi cari familiari, ma della sua terra, dei valori che lui aveva lasciato.

" «Oh!», diss’io lui, «per li vostri paesi 
già mai non fui; ma dove si dimora 
per tutta Europa ch’ei non sien palesi?

La fama che la vostra casa onora, 
grida i segnori e grida la contrada, 
sì che ne sa chi non vi fu ancora". 

(Canto VIII -  vv.121-126)

(E Dante risponde che l'onore, la cortesia, l'ospitalità, la generosità della sua casata sono famosi ovunque, anche sei lui non ha mai avuto modo di sperimentarla.

"Sola va dritta, e il mal cammin dispregia" - dice Dante (solo la vostra casata cammina dritta e disprezza la perversa strada).

Dante non dà risposte brevi, ma tesse un elogio dei Malaspina.

E Corrado lo interrompe "ora va"; non gli interessano altri elogi, lo sa che i suoi non possono degenerare e con affetto, quasi paterno, gli anticipa che "fra 7 anni la sua cortese opinione avrà una conferma"

"Ed elli: «Or va; che ‘l sol non si ricorca 
sette volte nel letto che ‘l Montone 
con tutti e quattro i piè cuopre e inforca,

che cotesta cortese oppinione 
ti fia chiavata in mezzo de la testa 
con maggior chiovi che d’altrui sermone
". 

(Canto VIII - vv.133-138)

Corrado sembra un vecchio e tenero signore che conforta il poeta, preannunciandogli una qualche sofferenza, e consolandolo nello stesso tempo.

Si allude al futuro esilio di Dante, che fu davvero ospite di Morello Malaspina, nel 1306.

Quindi l'incontro é da leggere come occasione per elogiare una nobile famiglia di salde tradizioni e di virtù antiche, e per ringraziare ulteriormente la cortese ospitalità ricevuta da un discendente della famiglia Malaspina.

9° canto

Sopraggiunta la notte, Dante é vinto dal sonno.

Si stende sull'erba e fa un sogno strano, premonitore: un'aquila dalle penne d'oro, scende veloce, lo afferra e lo porta nella sfera del fuoco.

Dante si sente bruciare, tanto che si sveglia spaventato.

Affianco c'é solo Virgilio, il quale gli comunica che sono arrivati alla balza superiore, di fronte alla porta del Purgatorio.

E gli racconta che nel sonno é scesa una donna, Lucia, che lo ha sollevato fin sulla porta del Purgatorio, seguita da Virgilio.

(Ancora Lucia, che su invito di Maria era intervenuta quando Dante era nella selva oscura, per inviare Beatrice a soccorrere Dante e questa si era rivolta a Virgilio. Le tre donne).

Dante é sulla soglia del nuovo regno.

"Vidi una porta, e tre gradi di sotto                                                                                               per gire ad essa, di color diversi, 
e un portier ch’ancor non facea motto.

Dante e l'aquila

E come l’occhio più e più v’apersi, 
vidil seder sovra ‘l grado sovrano, 
tal ne la faccia ch’io non lo soffersi;

e una spada nuda avea in mano, 
che reflettea i raggi sì ver’ noi, 
ch’io drizzava spesso il viso in vano".

«Dite costinci: che volete voi?», 
cominciò elli a dire, «ov’è la scorta? 
Guardate che ‘l venir sù non vi nòi».

«Donna del ciel, di queste cose accorta», 
rispuose ‘l mio maestro a lui, «pur dianzi 
ne disse: "Andate là: quivi è la porta"».

«Ed ella i passi vostri in bene avanzi», 
ricominciò il cortese portinaio: 
«Venite dunque a’ nostri gradi innanzi».
(Canto IX -vv.76-93)

(Vidi una porta, tre gradini di colore diverso e un portinaio, talmente splendente che ero costretto a deviare lo sguardo. Aveva in mano una spada splendente. Alla richiesta, chi siete? Virgilio spiega che li ha condotti lì una donna dal cielo.

Così il portinaio li fa avanzare).

Il primo gradino era di marmo bianco e lucente, il secondo era viola, di pietra ruvida, il terzo era di porfido fiammeggiante, rosso come il sangue.

Il portinaio era un angelo,"l'angelo guardiano". Sedeva sulla soglia della porta, che era di diamante.

Il primo gradino rappresenta l'esame di coscienza, il secondo simboleggia la confessione attraverso cui l'animo si apre al pentimento, il terzo indica il proposito a non peccare più.

L'angelo con la punta della spada, incide sette P sulla fronte di Dante.

Poi, con due chiavi, una di argento e l'altra d'oro (argento per giudicare i peccati, d'oro per assolvere), apre la porta e consiglia loro di procedere senza voltarsi, altrimenti si ritorna indietro).

Entrato, Dante sente cantare il Te Deum, con una dolcezza tale che sembra un canto eseguito con l'accompagnamento di un organo.


Video: Nino Visconti e Corrado Malaspina8° canto/ alle soglie del Purgatorio

 

I partecipanti all'incontro finale di martedi 28 giugno 2022 (Foto Gabriele Annese)

ARRIVEDERCI A SETTEMBRE!

                                                                                      Questo disegno è di Anna Presciutti, molto brava a          cogliere la fisionomia di alcuni presenti agli incontri del martedì. Quella colorata è la direttrice Silvia Laddomada

Anna Presciutti  











Noi donne di Minerva al Parco delle Querce







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