RELATORE: TOMMASO CHISENA
Introduzione di Silvia Laddomada
Silvia Laddomada
Ricorre domani il 160° anniversario dell'Unità d'Italia.
Il 17 marzo 1861 il Parlamento di Torino proclamò re d'Italia, Vittorio Emanuele II, già sovrano del regno di Sardegna, comprendente Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Sardegna, Nizza e Savoia.
Questo periodo si chiama Risorgimento, indica quel processo storico che porterà i patrioti di tutta l'Italia a insorgere, per ottenere unità politica e indipendenza.
Periodo che coincide con l'affermarsi del movimento culturale europeo chiamato Romanticismo, che esaltava la libertà, la fantasia, il sentimento. Ma soprattutto esaltava il sentimento nazionale, la storia, le tradizioni di ogni popolo.
Si parla per la prima volta di patrioti, perché é in questo periodo che si afferma il concetto di patria, per indicare non solo la città d'origine ma la terra dei padri, il paese comune a tutti coloro che appartengono a una stessa nazione.
E patrioti furono chiamati tutti coloro che combatterono per la libertà, l'unità e l'indipendenza. L'Italia era governata a nord dagli Austriaci, a sud dai Borboni e al centro c'era lo Stato Pontificio.
I patrioti avevano idee liberali, aspiravano cioè al diritto di esprimere liberamente le proprie convinzioni. Politicamente sostenitori di una monarchia costituzionale.
Siccome la polizia austriaca reprimeva qualsiasi manifestazione di dissenso, i patrioti si riunirono in società segrete, la più nota era la Carboneria, e nonostante il controllo austriaco, ci furono moti insurrezionali nel 1821, nel 1831, fino a quando nel 1848, si individuò in Carlo Alberto, re di Sardegna, il sovrano che avrebbe liberato l'Italia dal dominio austriaco.
I patrioti guardavano con crescente ostilità al governo austriaco.
Tre guerre contro l' Austria, chiamate guerre di indipendenza: la prima nel 1848 -49, la seconda nel 1859-1860, la terza nel 1866 per riottenere il Veneto, e la 1^ guerra mondiale chiamata anche 4^ guerra d'indipendenza, perché portò alla conquista del Trentino e Friuli.
La seconda é stata anche la guerra che ha portato alla conquista del sud, strappato al governo borbonico.
Fu determinante il sostegno dei poeti e degli artisti romantici alla lotta dei popoli per la libertà e l'indipendenza.
La musica, per esempio, era considerata l'arte per eccellenza, capace di suscitare e di esprimere sentimenti e passioni.
L'opera lirica, il melodramma, diventarono uno strumento di propaganda. Bastava poco per infiammare gli animi.
Era sufficiente che le vicende rievocate sul palcoscenico, storiche o leggendarie, esaltassero la libertà e la lotta contro l'oppressione, contenessero qualche riferimento alla situazione politica presente.
Tra gli operisti italiani, Rossini, Bellini, Donizetti, il più celebre era Verdi. La gente cantava per strada i brani più famosi, magari modificando alcune parole per poter esprimere i propri sentimenti antiaustriaci.
Uno dei cori verdiani più noti era "va pensiero sull'ali dorate", dell'opera Nabucco.
Cantato dal popolo ebreo, schiavo in Babilonia, esso conteneva parole di struggente nostalgia per la patria lontana.
Questo coro fu caricato di significati patriottici nazionali e divenne famosissimo.
Incontro a Teano |
Verdi venne identificato dagli italiani con l'idea della lotta per la libertà e l'indipendenza. Il suo stesso nome si prestava ad essere utilizzato con fini patriottici. La scritta Verdi, che cominciò a comparire sui muri di Milano, sotto gli occhi della polizia austriaca, era innocente solo all'apparenza.
Insieme all'ammirazione per il grande musicista essa conteneva un messaggio politico proibito: significava infatti "Vittorio Emanuele re d'Italia". Vittorio Emanuele era figlio di Carlo Alberto; su di lui si appoggiavano le speranze di molti patrioti.
Sappiamo che i protagonisti del nostro risorgimento sono stati Cavour, Mazzini e Garibaldi.
Cavour favorevole a una Italia unita nel nome dei Savoia, Mazzini convinto sostenitore di un programma repubblicano da attuare idealmente con tutto il popolo.
Garibaldi sostenitore di un governo democratico, pronto a partire per ogni guerra che fosse di liberazione, un rivoluzionario, un eroe popolare.
I 4 personaggi si scontrano e si incontrano, il popolo italiano combatte.
Il giovane Goffredo Mameli, nel 1847,
scrisse le parole del futuro inno nazionale "Fratelli d'Italia".
La musica é di un altro giovane, Michele Novaro.
L'Inno di Mameli divenne Inno nazionale, col nome Canto degli Italiani, nel 1946.
TOMMASO CHISENA
Ogni popolo cerca di darsi dei natali nobili. I quattro rotagonisti del Risorgimento erano diversi e concorrenti tra loro, e i loro singoli rapporti con il re non erano certo idilliaci. In questi ultimi 15 anni, alcuni studiosi hanno avuto accesso agli Archivi di Londra, dove hanno trovato documenti interessanti, relativi all'Unità d'Italia, che non è stata fatta interamente dagli italiani, né dal popolino, ma da aristocratici. In genere tutte le rivoluzioni liberali sono state portate avanti dall'intellighentia.
La ricerca storica non può più permettersi la visione romantica dell'unità d'Italia. Per la sua realizzazione furono indispensabili: l’appoggio piemontese, l'appoggio degli ufficiali borbonici "convertiti" alla causa dei Savoia, l’appoggio dei baroni e dei notabili latifondisti siciliani (campieri /mafia) e soprattutto l'appoggio dell’Inghilterra.
E’ necessario partire dalla situazione geo politica degli stati italiani preunitari, in rapporto alle alleanze con gli altri stati e potenze europee.
Bisogna risalire ai tempi dell’imperatore romano d' Oriente, Giustiniano, per trovare uno stato unitario. Dopo l’invasione dei Longobardi del 568 si ruppe l’unità politica e ci furono 1300 anni di divisioni. Nel 1700 c’erano 12 stati italiani, ridotti a 9 dal congresso di Vienna del 1815 e poi a 7 nel 1859.
Nel 1859 esistevano 7 piccole patrie:
il regno di Sardegna- il regno delle due Sicilie- lo stato
pontificio- regno lombardo veneto- granducato di Toscana- ducato di
Parma e ducato di Modena.
Il popolo includeva nel suo concetto
di "Patria" e quindi di "Nazione" il proprio
stato di appartenenza; la popolazione delle due Sicilie chiamava
forestieri gli altri abitanti d’Italia; i piemontesi, quando si
spostavano dal loro stato, affermavano che andavano in Italia.Vittorio Emanuele II
La frammentazione statale non é di per sé sinonimo di decadenza, basti pensare al Rinascimento che fu il punto più alto del primato culturale dell’Italia e il punto più basso delle sua rilevanza politica.
C'era un 'alleanza tra Borboni -Francia -papa. Nel 1799 i Borboni di Francesco I, padre di Ferdinando II, erano alleati degli inglesi, ai quali concessero molte agevolazioni commerciali. Ferdinando II era invece più vicino alla Francia.
C'é un'alleanza tra Inghilterra e i Savoia. Furono gli Inglesi a convincere i Savoia a prendere il regno delle due Sicilie, per la ricchezza aurea del regno, necessaria a ripagare i debiti contratti nella guerra di Crimea.
Gli interessi inglesi in Sicilia erano tanti: l'estrazione del zolfo (petrolio di oggi ) primo al mondo; le tante distillerie del liquore marsala, che gli Inglesi consumavano ed esportavano; il controllo del Mediterraneo per l'inizio dei lavori di costruzione del canale di Suez (1859- 1869).
La Sicilia si ribellò ai Borboni nel 1812/ 1848/ 1860, in quanto i principi e i baroni mal sopportavano di essere una provincia di uno stato con Napoli capitale. Le leggi avevano tolto potere assoluto ai baroni, all’interno dei loro feudi.
C'erano quindi diversi interessi inglesi a favore della spedizione dei Mille. C'era stata una raccolta fondi, in Inghilterra, a favore della spedizione di Garibaldi.
La madre di tutte le domande é: come riuscirono i Mille e ottantanove volontari di Garibaldi a battere circa 100.000 soldati dell'esercito borbonico, inclusa la marina considerata la quarta flotta più grande del mondo?
Garibaldi partì da Quarto il 5 maggio 1860 e arrivò a Marsala l’11 maggio con due piroscafi, il Piemonte e il Lombardo, superando i controlli inglesi con le loro navi da guerra. In realtà non fu un'unica spedizione, ma dal 24 maggio al 3 settembre 1860 ci furono dai porti di Genova e di Livorno 20 navi che in 33 viaggi trasportarono circa 21.000 volontari, con navi quasi tutte inglesi e 7 di queste trasportarono materiale bellico. Gli Inglesi avevano interesse a sobillare il popolo contro i Borboni.
I Borboni cercarono di arrestare i garibaldini a Calatafimi, ma questi li misero in fuga aprendosi la strada verso Palermo.
Garibaldi giunse a Salemi il 2 giugno. Nel dichiararsi dittatore, in nome del re di Savoia, emanò i primi decreti dittatoriali: amnistia e indulto per tutti i carcerati, divisione delle terre demaniali ed ecclesiastiche ai contadini e, tra le altre cose, abolì il baciamano e il titolo di eccellenza ai cappelli ( nobili e notabili potevano portare i cappelli mentre i contadini la coppola).
Quindi Garibaldi arrivò a Palermo aiutato dai picciotti, dai campieri ( guardie armate che amministravano i territori ma ostili ai Borboni, che avevano limitato i loro privilegi), convinti dai baroni, dai contadini e dagli ex carcerati grazie alla defezione dei generali borbonici.
La città capitolò dopo tre giorni, nonostante i 15.000 soldati borbonici del generale Lanza, il quale firmò l'armistizio su una nave inglese, ferma con altre, nel porto di Palermo.
Solo Messina resistette fino a marzo 1861.
Prova del legame tra gli inglesi e Garibaldi: i fatti di Bronte, che faceva parte del ducato di Nelson, in cui si verificò una rivolta incontrollata dei contadini, a cui erano state promesse le terre demaniali. Il console generale inglese della sede di Palermo fece intervenire il suo braccio destro, Nino Bixio. Seguì un processo farsa contro i contadini, che furono condannati. Una pagina brutta, tenuta in sordina. Solo nel 2010 il sindaco di Bronte ha cancellato l'intestazione di una strada a Nino Bixio , sostituendola con via della Libertà.
Garibaldi, lasciando il governo della Sicilia al suo braccio destro Francesco Crispi, attraversò lo stretto, raggiunse la Calabria, senza trovare resistenza, ed arrivò a Napoli il 7 settembre 1860. Anche qui, grazie a un traditore, il capo della polizia Liborio Romano, che convinse il re di Napoli a rifugiarsi a Gaeta e che arruolò tutti i camorristi di Napoli per controllare il popolo ed evitare insurrezioni contro Garibaldi, l'entrata a Napoli fu senza problemi. Ippolito Nievo aveva seguito l'impresa di Garibaldi come militare, aveva anche il compito di direttore amministrativo, soprattutto per la gestione del denaro prelevato dal banco di Napoli e della Sicilia, per finanziare la campagna di Garibaldi. A marzo 1861 Ippolito Nievo fu chiamato a Torino; partì con un piroscafo, ma a Capri il piroscafo affondò. Nievo trovò la morte e con lui scomparvero anche i documenti bancari, che probabilmente non si voleva che si conoscessero, perché attestavano i finanziamenti inglesi alla spedizione di Garibaldi.
Si ebbero quindi i plebisciti truffa il 21 ottobre 1860, con l’aiuto della mafia e della camorra. (Trattativa stato-mafia iniziata da allora, quindi, ripetuta dagli americani nello sbarco in Sicilia il 10 luglio 1943 e continuata dopo).
Il plebiscito fu uno strumento maldestro, utilizzato per legittimare una vera e propria annessione al regno dei Savoia. In questa aberrante messinscena votò solo l’1,9 % della popolazione ( poteva votare per censo circa il 20% ). La mafia, che voleva gestire il territorio, presiedeva i seggi elettorali nei plebisciti farsa. Questo il quesito: "Il popolo vuole l’Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale e i suoi legittimi discendenti a norma del decreto dittatoriale dell’8 agosto 1860". Sarebbe stato fatale inserire la scheda nell'urna NO !
Incontro a Teano (Caserta) il 26 ottobre 1860. Vittorio Emanuele si precipitò per fermare Garibaldi, intenzionato a liberare lo Stato pontificio e Roma, che erano sotto il controllo di Napoleone III di Francia.
Liquidato il suo esercito, Garibaldi uscì di scena. La delusione fu grande, perché i decreti garibaldini non furono seguiti. Le terre demaniali non furono concesse i contadini; i soldati di Garibaldi non passarono nell'esercito piemontese. A sud venne introdotta la coscrizione obbligatoria, che costringeva i contadini, fra i 25 e i 50 anni al servizio militare per 5-7 anni. Molti contadini che non volevano lasciare la famiglia si dettero alla macchia.
Il re intanto, entrò a Napoli il 7 novembre ed il suo esercito sostituì quello garibaldino, tant’è che il famoso generale Cialdini ( oggi sarebbe processato per crimini di guerra) dopo l’incontro di Teano emanò da Isernia un manifesto che fece affiggere in tutti i Comuni con questa dicitura : "fucilo tutti i paesani armati che piglio, oggi ho gia’ cominciato".
Iniziò così la storia del cosiddetto brigantaggio e del più grande massacro del sud.
Una guerra di oltre 10 anni con 15.000 morti e oltre 30.000 feriti con 100.000 prigionieri, quindi con 145.000 combattenti su una popolazione di 6 milioni e mezzo di abitanti. 24.000 prigionieri furono deportati al forte di Fenestrelle, vicino Torino, a 1000 metri di altitudine. Dopo un anno quasi tutti morti di freddo e stenti.
Approfondiremo l'argomento in un' altra giornata, dedicata al brigantaggio.
Solo una breve considerazione: nel 1799 contro l’invasione napoleonica i ribelli di Napoli che in due giornate di lotta persero 3.000 partigiani, furono definiti "lazzaroni", così come altri partigiani che difendevano la loro patria dall’invasione dei Savoia furono chiamati briganti. Questo perché purtroppo la storia viene sempre scritta solo dai vincitori.
Intanto il re procedette con altri plebisciti: nel 1866, con la terza guerra d'lndipendenza furono annessi il Veneto e la città di Mantova.
Nel 1871 furono annessi Roma e il Lazio. Questo dopo l'apertura della breccia a Porta Pia , con l'arrivo dei bersaglieri. Lo Stato della Chiesa era protetto dalla Francia, ma nel 1870 Napoleone III fu impegnato nella guerra franco-prussiana e venne sconfitto a Sédan. Fu l'occasione per conquistare Roma, indifesa.
Con la prima guerra mondiale, 1918, fu annesso il Trentino Alto Adige.
Così Roma divenne capitale d’Italia. La prima capitale era stata Torino (1861-1865), poi Firenze (1865-1871), per tenere tranquillo Napoleone, il quale sapeva che Cavour anelava a Roma. Infine Roma, dal 1871.
I rapporti tra Cavour e Vittorio Emanuele peggiorarono. Per Cavour il re era gretto e capace solo di combattere, a sua volta il re non sopportava questo personaggio ferreo, lungimirante, autonomo nelle decisioni. Cavour morì ufficialmente per malaria. Ma le ricerche fatte negli ultimi decenni hanno dimostrato che c'era interesse a farlo fuori, sia da parte del re che degli Inglesi. Con lui, gli Inglesi non avrebbero avuto libertà di manovra nel Mediterraneo. Una sera Cavour andò a trovare la sua amica, Bianca Ronzani, già amante del re, relazione forse voluta proprio dal re, per poter carpire segreti di Stato, che Cavour conservava. Bevve una tisana, ma ebbe subito dei crampi allo stomaco. Fu subito curato da un dottore, non il suo, ma quello personale del re. Dai documenti dell'ambasciatore inglese a Torino, risulta che "era stato salassato come un vitello" e rilassato con tisane al lauro ceraso, da cui, si sa, viene ricavato il cianuro. Nel giro di 5 giorni, Cavour, a 50 anni, forte e lucido uomo di Stato fu fatto fuori.
Un'altra notizia, ricavata dai documenti, riguarda il re. I Savoia avevano ingenti debiti nei confronti delle Banche inglesi. Forse per questo gli Inglesi convinsero Vittorio Emanuele ad appoggiare l'impresa di Garibaldi. In cambio il re, oltre ad estendere il suo territorio, avrebbe avuto a disposizione le riserve auree del Banco di Napoli, così avrebbe saldato i debiti con gli Inglesi e avrebbe potuto disporre liberamente delle entrate delle attività economiche del Sud.
E' una questione ancora dibattuta. I ribelli del sud sono briganti o patrioti che non accettavano la sottomissione alle leggi piemontesi? Il re continuò a chiamarsi Vittorio Emanuele II, così come era conosciuto quale sovrano dello Stato di Sardegna.
Nessun commento:
Posta un commento