RELATRICE: SILVIA LADDOMADA
Il melograno, presente in molti giardini, è una pianta asiatica, bella per i suoi fiori, in questo mese. I suoi frutti rossi maturano in autunno. Degno ornamento del pranzo di Natale. Di buon auspicio la notte di san Silvestro, insieme alle lenticchie.
Pianta degna dell'attenzione del poeta Carducci
PIANTO
ANTICO di Giosuè Carducci
Desidero
proporre all'attenzione degli amici una poesia che certamente gli
ultracinquantenni hanno conosciuto a scuola. Oggi sono altri i
contenuti delle poesie che si propongono alla lettura e alla
comprensione. Oggi non si imparano più a memoria le poesie, come
una volta.
Per
questo, molti di noi, a distanza di anni, ricordano ancora. Nei
cassetti della memoria depositiamo tante cose, belle e brutte. Al
momento opportuno quel cassetto si apre e ciò che abbiamo depositato
ritorna vivo, limpido, magari circostanziato. In questo caso
affiorano alla mente i ricordi scolastici, i compagni, le maestre.
Nel
componimento si parla dell'albero del melograno, che in questo mese è
festoso, foglie verdi, fiori rossi particolari. Carducci lo ha reso
famoso nella poesia Pianto antico. Una poesia scritta a giugno del
1871, dedicata al figlioletto Dante, morto improvvisamente all'età
di tre anni, nel novembre dell'anno precedente. L'unico figlio
maschio del poeta. C'erano due sorelline a fargli compagnia.
il
giorno dopo la disgrazia, il poeta ne dà notizia al fratello
Valfredo in un'accorata lettera. "Il mio povero bambino mi è
morto, morto di un versamento al cervello.....Povero il mio caro
Dante! E avevo riposto su quel capo tutte le mie speranze, tutto il
mio avvenire! E mi ero avviticchiato a lui con quanto amore mi restava
nell'anima! Oh che strappo del cuore e della vita! E' inutile
parlare di consolazione: il tempo potrà rammarginare un po' la
ferita; ma guarirla non mai".
Il
poeta ci confida un triste ricordo. A giugno, quando l'albero di
melograno fiorisce, lui ricorda il figlio che aveva una certa
predilezione per quell'albero. Ma il suo affetto non potrà
risvegliarlo dalla tomba.
Leggiamo
ora i versi del poeta.
"L'albero
a cui tendevi
la
pargoletta mano
il
verde melograno
da'
bei vermigli fior
nel
muto orto solingo
rinverdì
tutto or ora,
e
giugno lo ristora
di
luce e di calor.
Tu
fior della mia pianta
percossa
e inaridita,
tu
dell'inutil vita
estremo
unico fior,
sei
ne la terra fredda,
sei
ne la terra negra,
né
il sol più ti rallegra
né
ti risveglia amor".
La
poesia fa parte della raccolta "Rime nuove".
Un
brano fluido, scorrevole, una filastrocca infantile, cantabile, in
contrasto con la drammaticità del contenuto.
Sul
piano formale si tratta di quattro strofe di quattro versi ciascuna.
La rima é solo tra il secondo e il terzo verso. L'ultima sillaba dei
primi versi non ha richiami in rima; l'ultima sillaba di ogni quarto
verso é in rima, ed é sempre una parola tronca. "fior",
"calor", "fior" ,"amor".
La
parafrasi ce lo renderà chiaro e comprensibile.
"L'albero,
verso cui protendevi , allungavi la tua piccola mano, il melograno
con le sue verdi foglie e con i suoi bellissimi fiori rossi è
rifiorito nel silenzioso e solitario orto (non più animato dal
chiassoso giocare del bambino).
L'estate
lo irrobustisce con la luminosità e il calore del sole.
In
contrapposizione : tu mio fiore, (Carducci metaforicamente diventa pianta e il figlio fiore) fiore di una pianta percossa ormai
dalla sventura e incapace di generare un nuovo fiore, tu ultimo e
unico fiore, unico maschio della mia vita, ormai inutile , sei nella
tomba, coperto da terra fredda, priva di calore, da terra nera, priva
di luce, il sole non ti dà più allegria, né il mio affetto può
ridestarti dal sonno eterno.
In
questi versi é racchiusa l'intensa emozione del poeta; con
sincerità d'accenti parla del suo dolore. Il pianto di un padre.
Un pianto antico. Questo è il titolo. Che non è il pianto per una
perdita avvenuta nel passato, ma è un pianto che risale ai più
lontani tempi, è un pianto primordiale, antico quanto l'umanità, in
cui si rinnova il dolore di ogni padre di fronte all'innaturale
perdita di un figlio. Il pianto dei padri che sono sopravvissuti,
assistendo al ritorno implacabile del sole e dei colori.
Carducci
ha proiettato il proprio strazio individuale su un piano più ampio e
universale. Un grande dolore che il poeta ha reso attraverso questa
classica contrapposizione tra la vita con il suo calore e i colori della natura e la morte, con la sua freddezza e oscurità.
Giosuè
Carducci, nato nel 1835, era originario della Versilia toscana, era
di Valdicastello, nella provincia di Lucca, ma trascorse
l'adolescenza tra Castagneto e Bolgheri in Maremma.
Aveva
studiato a Firenze, successivamente a Pisa. Laureatosi in Lettere,
aveva insegnato all'Università di Bologna fino al 1905. Nel 1906
venne insignito del premio Nobel per la letteratura, premio assegnato
per la prima volta a uno scrittore italiano e nel 1907 morì a
Bologna. Gli subentrò nell'insegnamento, all'Università di Bologna,
Giovanni Pascoli.
Carducci
è un poeta poco letto nel Novecento, perché in realtà è stato il
cantore degli ideali risorgimentali, il poeta- vate di un'Italia
finalmente unita e libera, che avrebbe fatto rivivere alle nuove
generazioni la gloria dell'antichità classica.
Carducci
era allora un giovane spirito ribelle, polemico, di idee repubblicane
e mazziniane. Poi, turbato dagli esiti del socialismo e dalla
corruzione della classe politica della Sinistra storica, come il
trasformismo di Depretis, il conservatorismo e colonialismo di Crispi, si adeguò gradatamente alla situazione, avvicinandosi sempre più alla monarchia sabauda, diventò anche senatore del
Regno. Deluso dalla meschinità dei suoi contemporanei, dalla
mediocrità dell'Italia umbertina, dalla grettezza degli uomini
"novelli", il suo spirito polemico si attenuò, assumendo
le forme più sfumate della nostalgica rievocazione della Storia
passata.
Quindi
divenne cantore della gloria dell'antica Roma e critico severo dello
squallore della nuova Roma capitale.
Non gli interessò lo spirito romantico, troppo sentimentale e molle la generazione dei romantici, per lui.
Nella
sua produzione poetica seppe offrire una visione incantata della Roma
che fu, del suo glorioso passato, rivelando una profonda malinconia
per un mondo di grandezza ormai perduto. Ha anche esaltato le gesta
eroiche della civiltà greca, gli eventi, le azioni coraggiose del
Medioevo, tutto quello che segnava la grandezza di un popolo. Era lo "scudiero" dei classici.
Una
produzione poetica esaltante, resa con un linguaggio aulico,
latineggiante, legata però a una stagione storica che il poeta ha
vissuto con dignità e decoro. ma che ora ci appare lontana,
conclusa.
Ma
accanto ai testi celebrativi, oggi poco apprezzati, la migliore
poesia carducciana si esprime nelle tematiche più intime e
personali, con componimenti da cui traspare l'incanto dei sentimenti, la descrizione della bellezza naturale dei
paesaggi.
Il
poeta rivela in questi momenti una sensibilità inquieta, che
anticipa temi e forme del Decadentismo.
Una
produzione poetica in cui aleggia sempre un'aura di romanità e una
tristezza solenne di cose trapassate. In questi componimenti intimi,
l'ottimismo risorgimentale si vela di malinconia. Questo poeta
gagliardo aveva anche lui le sue malinconie, quel senso triste della
vita, quando ci si pensa. Ma la sua è una malinconia virile, riposata, di
chi accetta la vita com'è, con quel tanto di dolore e di gioia che
porta con sé.
La
sua serenità non era impassibilità, ma virile dominio delle
inquietudini che turbavano il suo animo.
PIANTO
ANTICO di Giosuè CARDUCCI
TESTO
-
L'albero a cui tendevi
-
la pargoletta mano,
-
il verde melograno
-
da' bei vermigli fior,
-
nel muto orto solingo
-
rinverdì tutto or ora
-
e giugno lo ristora
-
di luce e di calor.
-
Tu fior della mia pianta
-
percossa e inaridita,
-
tu dell'inutil vita
-
estremo unico fior,
-
sei ne la terra fredda,
-
sei ne la terra negra;
-
né il sol più ti rallegra
-
né ti risveglia amor.
Nessun commento:
Posta un commento