sabato 25 aprile 2020

Omaggio a Luis Sepulveda - 21.04.2020

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RELATRICE SILVIA LADDOMADA

Dedichiamo questo incontro culturale a un grande e noto scrittore, nonchè attivista politico, Luis Sepulveda, che all'età di 70 anni é stato, purtroppo, travolto dalla pandemia; il coronavirus non lo ha risparmiato.

E' venuto a mancare giovedi 16 aprile, a Oviedo, vicino Gijion, nelle Asturie, regione della Spagna nord-occidentale. Qui egli viveva, con la moglie Carmen Yanez, poetessa cilena e grande amore di una vita. Era nato in Cile, nell'America meridionale, il 4 ottobre 1949, era cresciuto in un quartiere proletario a Santiago. Aveva trascorso l'infanzia col nonno, un anarchico andaluso fuggito poi in Sud - America. Iscrittosi al partito socialista durante la presidenza di Salvator Allende, era entrato a far parte della guardia personale. Dopo il colpo di stato, che portò alla dittatura di Pinochet, nel 1973 Sepulveda venne arrestato due volte e torturato per 7 mesi, rinchiuso in uno spazio dove non poteva nemmeno alzarsi in piedi. Anche la moglie era stata detenuta in un atroce centro di tortura cilena. Lasciò il Cile nel 1977, grazie alle pressioni di Amnesty International che ne ottenne la scarcerazione in cambio dell'esilio. Da esule visse in Brasile, Paraguay e Nicaragua dove fece parte delle Brigate internazionali del rivoluzionario Simon Bolivar. Nel 1978 si era trasferito in Europa, prima ad Amburgo (Germania) e dal 1996 a Gijon, dove si era stabilito, nonostante nel 2017 avesse riottenuto la cittadinanza cilena. Era un grande combattente, ma anche un grande affabulatore e uno scrittore popolarissimo e famoso in tutto il mondo. Autore di poesie, romanzi, racconti, aveva ricevuto diversi premi: premio Heminguway per la letteratura, Premio Chiara alla carriera, Laurea honoris causa in Lettere dall'Università di Urbino. 

Era spesso ospite di festival letterari italiani. Numerosi i suoi interventi al Salone del Libro di Torino. Da 2005 era cittadino onorario di Pietrasanta in Versilia, dove tornava per incontrare i ragazzi, pubblico che amava, e al quale ha lasciato uno dei suoi ultimi messaggi esistenziali.: "Ricorda che vola solo chi osa farlo". I giorni della lotta, quelli dell'esilio, la vita da rivoluzionario, le cicatrici lasciate dalla dittatura, le miserie del "secolo breve", la lunga separazione dalla donna amata, sono alcuni temi che hanno perseguitato la memoria di Sepulveda fino alla fine. "Non importa dove stiamo. L'ombra di ciò che abbiamo fatto e siamo stati ci perseguita con la tenacia di una maledizione". Oltre all'impegno politico, che ha accompagnato sopratutto la sua vita di uomo e poi di scrittore, Sepulveda aveva curiosità e sguardo aperto sul mondo, credeva in molti altri valori: invitava al rispetto per i diritti dell'uomo, per i diritti del diverso, per la natura, per gli animali, per l'ambiente. Auspicava un futuro sostenibile per il pianeta. Conquistò la scena letteraria con il suo primo romanzo "Il Vecchio che leggeva romanzi d'amore", apparso nel 1989. Protagonista é un uomo solo, che vive ai margini della foresta amazzonica, degradata e colonizzata, e che legge e rilegge alcuni romanzi d'amore, nella solitudine della sua capanna sulla riva del grande fiume. Nel libro c'é parte della vita di Sepulveda, il quale trascorse sette mesi con gli Indios Shuar nella foresta, dove si trovava per studiare l'impatto della civiltà sulla popolazione indigena per conto dell'Unesco, dopo l'espulsione dal Cile. Nelle sue opere Sepulveda ha raccontato storie ricche di magia e di insegnamenti, la magia sudamericana combinata con il realismo europeo. Storie essenziali, profonde in cui, egli diceva, "davo voce a chi non ha voce". Vorrei condividere con voi alcune considerazioni sulla felicità, espresse in una conversazione con il giornalista Petrini, al Salone del libro di Torino qualche anno fa.

Aveva chiesto il giornalista: La felicità é ancora di questo mondo?


In un'epoca frettolosa, dove é finito il tempo per la vita, per le persone, per la condivisione?

A questo interrogativo, Sepulveda rispose: "Tutto quello che si fa per un mondo migliore ha un punto di partenza, e questo punto di partenza é ... conquistare il diritto a un'esistenza piena. Ciascuno ha diritto a uno stato di benessere e di piacere, a cui si arriva attraverso piccole soddisfazioni, e che può essere perseguito attraverso scelte pubbliche.
Una felicità solo personale corre sempre il rischio che sia messa in pericolo. Se si va per strada e si vede qualcuno che rovista nella spazzatura alla ricerca di cibo, ecco che quella felicità si interrompe. Non posso stare più bene. Non esiste felicità senza empatia. E questo vale fino dagli albori della storia. Quando ci sono stati almeno due uomini di Neanderthal, hanno cominciato a comunicare per scoprire cosa potevano fare insieme. E già questo primo passo altro non é che una tensione verso la felicità, che nel loro caso era sopravvivere nelle condizioni date. La felicità non é uno stato empirico, ma una particolare ricerca quotidiana. Sono felice quando sento che sono un uomo giusto, ho fatto una cosa giusta. In questo senso la felicità personale coincide con quella della comunità. Non é possibile una felicità senza paragone; se la mia felicità non si riflette nell'altro non é felicità. La felicità inoltre non dipende dall'accumulo dei beni, ma é un piacere che parte dalle piccole cose". Difficile esaminare in questa sede l'enorme produzione dello scrittore cileno, ho pensato di soffermarmi su alcune favole, che lo hanno consacrato come scrittore per la generazione dei giovani.

Favole che tanto hanno da insegnare anche agli adulti.


Nel 1996 il titolo che gli ha dato davvero la fama globale é "Storia di una Gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", da cui nacque il film d'animazione con la regia di Enzo d'Alò. Sulla scia di questo titolo, Sepulveda incominciò a produrre, negli anni Duemila, nuove favole: "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico", "Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza", "Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà" e ultima "Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa", scritta con la moglie, nel 2018. Sono storie di amicizia, lealtà, di attenzione alle differenza, storie d'amore, di rispetto per la natura, capaci di divertire e commuovere più generazioni, perchè questa è la magia dello scrittore cileno. I protagonisti delle favole sono gli animali e questo, dice Sepulveda, come succedeva con le favole antiche di Esopo ad esempio, permette di vedere dall'alto il comportamento umano, per comprenderlo meglio, per raccontare come siamo o come riusciamo a diventare. Dare voce agli animali gli permette di parlare di quotidianità con occhio diverso e di rappresentare in modo essenziale dinamiche emotive e sociali che forse tra gli uomini si complicano senza ragione. Mi soffermo sulla favola della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Una gabbiana Vengah, capitata in una macchia di petrolio nelle acque del mare, atterra in fin di vita sul balcone del gatto Zorba, al quale affida l'uovo che sta per deporre e riesce a farsi promettere di averne cura e di insegnare a volare al piccolo che nascerà. Zorba riuscirà a far volare la gabbianella, servendosi dell'aiuto di un umano. Tra i tanti presenti nella casa, Zorba sceglie il poeta " Era un umano strano, che a volte rideva dopo aver letto quello che aveva scritto, e a volte appallottolava i fogli senza nemmeno guardarli." Perchè proprio lui? gli chiese un altro gatto. "Non lo so . Quell'umano mi ispira fiducia. L'ho sentito leggere quello che scrive. Sono belle parole, che rallegrano o rattristano, ma non mancano mai di provocare piacere e desiderio di continuare ad ascoltare". "E cosa ti fa pensare che quell'umano conosca il volo?". "Forse non sa volare con ali di uccello, ma ad ascoltarlo ho sempre pensato che voli con le parole".Un racconto poetico sul potere dell'amicizia e della solidarietà, sull'importanza del coraggio, con un grande monito che compare alla fine del racconto "vola solo chi osa farlo".

Consideriamo un'altra favola, che mi sembra contenere una morale molto adatta per questo tempo di quarantena, che stiamo vivendo tutti.

"Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza" 


Ad una lumaca senza nome, malata di anticonformismo, non basta più il prato in cui vive da sempre con le altre lumache, abituate a condurre con rassegnazione, una vita lenta e silenziosa, sicurissime di trovarsi nel posto migliore del mondo. Non avendo mai viaggiato non potevano fare confronti, ma non importava, perchè bastava quel prato in cui crescevano le piante di dente di leone, molto gustosi. Chiamavano quel prato Paese del dente di leone e amavano ripararsi dagli assalti di animali più veloci, sotto una frondosa pianta di un calicanto. Ma una di loro voleva avere un nome ed era curiosa di scoprire le ragioni della lentezza. Lo chiede ad un gufo, che apriva gli occhi di sera, per vedere quello che c'é e li chiudeva di giorno per vedere tutto quello che c'era stato. il gufo dice che è lenta, "perchè ha sulle spalle un gran peso". Ma del guscio non si era mai lamentata nessuna lumaca! E il gufo aggiunse "tutto ciò che hai visto, tutto ciò che hai provato, amaro e dolce, pioggia e sole, freddo e notte, è dentro di te, e pesa". La lumaca ritorna sotto il calicanto e osserva le compagne impegnate in quello che chiamavano "abitudine": mangiare in gruppo i denti di leone. Mangiare in gruppo era qualcosa di fantastico, che avevano imparato osservando le formiche. Ma la lumaca voleva conoscere i motivi della lentezza e avere un nome. le compagner erano infastidite, volevano cacciarla: Così decise di andarsene da sola e di non fare ritorno finchè non avesse avuto un nome e una risposta. Nel buio della notte si rifugia su una piccola altura e scopre al mattino che è il guscio di una tartaruga. Due animali lenti si sono incontrati per caso. Insieme attraversano lentamente il prato e la tartaruga, sentendo quali erano le richieste della lumaca, dice che quando un umano fa domande scomode, lo chiamano ribelle. La lumaca è contenta, ha un nome, si chiamerà Ribelle. Giunte al limite della radura, vedono degli umani che stanno per asfaltare il prato, il loro prato. La lumaca ha paura, ma la saggia tartaruga che si chiama Memoria, l'ammonisce, "un vero ribelle conosce la paura ma sa vincerla". La lumaca vorrebbe avvertire le compagne del pericolo che incombe, e la tartaruga osserva che se lei fosse stata veloce e distratta, forse non si sarebbero incontrate e non avrebbero scoperto il pericolo. Quindi, dice la lumaca "La mia lentezza é servita per incontrarti, per farmi dare un nome da te, per farmi mostrare il pericolo e ora so che devo avvertire le mie compagne". "E' questa determinazione a fare di te una ribelle", risponde la tartaruga. Così la lumaca ritorna nel paese dei denti di leone. Nel suo percorso avverte del pericolo le formiche, i bruchi, le lucertole, i grilli, insomma tutti gli animali del prato. E tutti la ringraziano, dicendo che "se tu fossi veloce, rapida, non ci avresti visto, e non ci avresti allertato". Così la lumaca comincia a conoscere i motivi della sua lentezza. Dopo un esausto cammino ritorna dalle sue compagne, che non accettano la proposta di andare via. La lumaca le fa salire lentamente su un ramo di calicanto , impiegando il tempo senza misura degli esseri lenti, e così anche loro vedono gli umani che stendono il manto nero sul prato. Allora lentamente, ma molto lentamente, decidono di abbandonare il calicanto, per andare alla ricerca di un nuovo paese dei denti di leone. "Non sono sicura di trovare il uovo paese- dice Ribelle- non so dov'é, né se lo troveremo, nè so se incontreremo altri pericoli. Ma so che il nuovo paese é davanti a noi e non alle nostre spalle". Si ricordò di Memoria, la tartaruga che le aveva detto che un vero ribelle conosce la paura ma sa vincerla e allora incoraggia le compagne a superare quella cappa nera, dal fetore insopportabile, che gli umani chiamano strada, e raggiungono il bosco. 

Lo attraversano, alla ricerca di una radura di piante selvatiche. Ribelle si accorge che lasciano una scia di bava, una traccia di dolore, pensa, ma poi la vede brillare nella rugiada, e pensa che sia una traccia di speranza. Chiama le sue compagne e le invita a guardarla, per non dimenticarla più. Trascorre il tempo senza misura degli esseri lenti e... quando si svegliano dal letargo, si accorgono che lungo la scia di bava lasciata, sono cresciute appetitose foglie di denti di leone. Erano nel nuovo Paese? "No, - dice Ribelle - In questo viaggio, iniziato quando volevo avere un nome, ho imparato tante cose. Ho imparato l'importanza della lentezza e adesso ho imparato che il Paese del dente di leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi".
Il valore della lentezza, quello che stiamo riscoprendo in questi giorni. Nella società della tecnologia, pensiamo che la vita più é rapida, più é felice, più é intensa. Invece bisogna concedersi dei momenti di pausa, guardare i piccoli dettagli, le sfumature del cielo, lo sguardo dei nostri simili, i loro sorrisi, ascoltare le loro sofferenze, le loro gioie. Soffermarsi sulle emozioni e i sentimenti presenti nel vorticoso e frenetico scorrere di un giorno sull'altro. Non dobbiamo farci schiacciare dalla velocità, non dobbiamo accontentarci di quello che si vede, non dobbiamo assecondare le abitudini, perché esse ammazzano la curiosità. Volare alto, superare con coraggio i pregiudizi, le difficoltà, gli ostacoli che impediscono la realizzazione dei nostri sogni. La lentezza ci aiuta a pensare, a riflettere, a non dimenticare chi siamo, ci insegna ad amare l'umanità: un altro mondo é possibile, - ci dice lo scrittore cileno - se la solidarietà, il rispetto, la fratellanza resteranno vivi tra gli esseri umani. "Solo sognando e restando fedeli ai sogni, riusciremo a essere migliori, e se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo?"

Questo l'interrogativo di Sepulveda.

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