venerdì 15 febbraio 2019

LA MEMORIA DELLE FOIBE - Riflessioni

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Il monumento in onore delle vittime delle foibe a Basovizza.


Da 15 anni il 10 febbraio é il giorno dedicato al ricordo di tutte le vittime delle foibe istriane e dell'esodo dei profughi giuliani, istriani, fiumani, dalmati. Perché si parla di vittime delle foibe? un breve cenno ai fatti accaduti negli ultimi anni della 2* guerra mondiale . Le terre istriane e dalmate avevano conosciuto per 20 anni la politica fascista di italianizzazione forzata: i fascisti avevano adottato gli stessi metodi di repressione dei nazisti: internamenti di massa, deportazione, presa di ostaggi, esecuzioni sommarie, distruzione di villaggi. Contro di loro si era organizzato la resistenza slovena di Tito.

Recupero di resti umani dalla foiba di Vines, località Faraguni, presso Albona d'Istria
Dopo l'8 settembre 1943, i partigiani sloveni uccisero 700 italiani, gerarchi e membri del partito fascista, gettandoli nelle foibe. FOIBE= fovea in latino, cavità, fossa. Le foibe sono delle voragini naturali molto diffuse nel Carso,scavate dalle acque nella roccia, estremamente tortuose e profonde fino a 250 metri, con un ingresso stretto e a strapiombo. Quello del '43 é un eccidio che gli storici chiamano "le foibe istriane". Nella primavera del 1945 si arrivò alla resa dei conti. L'Armata rossa e i partigiani di Tito liberarono la Iugoslavia dal nazifascismo; in seguito Tito occupò l'Istria e la Venezia Giulia, con l'intento di annettere queste terre alla Iugoslavia comunista. La popolazione di quelle terre era italiana, e purtroppo il fatto di essere italiani venne considerato equivalente a essere fascisti. I Titini procedettero ad esecuzioni di massa indiscriminati: giovani, vecchi,donne, bambini, finirono nelle foibe; quindi non solo i reduci, colpevoli di aver vestito la divisa fascista, ma anche partigiani che volevano difendere i territori italiani dalle mire espansionistiche di Tito e tanti innocenti, spinti nel baratro da calunnie e maldicenze. Questo secondo eccidio é noto come "le foibe giuliane". Circa 10 mila persone persero la vita in questo modo, altre migliaia di persone finirono internati in campi di prigionia slavi, dove trovarono la morte. Morte atroce quella delle foibe, visto che le persone venivano trascinate all'imboccatura di queste fosse, legate tra loro, a due a due, da un fili di ferro, collegato a pesanti massi, fucilati e, spesso ancora vivi, lasciati cadere giù. Molte volte succedeva che una sola persona veniva fucilata e l'altra ancora viva, veniva trascinata insieme.

Dal 1918 al 1943 la Venezia Giulia e la Dalmazia furono amministrativamente italiane, ma oltre la metà della loro popolazione era composta da sloveni e croati. Durante il fascismo l'italianizzazione venne perseguita seguendo, nelle intenzioni, il modello francese (attraverso una serie di provvedimenti come l'italianizzazione della toponomastica, dei nomi propri e la chiusura di scuole bilingui); nei fatti, il modello fascista. La repressione divenne più crudele durante la guerra, quando ai pestaggi si sostituirono le deportazioni nei campi di concentramento nazisti e le fucilazioni dei partigiani jugoslavi.
Il 10 febbraio 1947, nei trattati di pace , firmati a Parigi, l'Istria e la maggior parte della Venezia Giulia furono effettivamente annesse alla Iugoslavia. Un'altra questione fu la sorte di Trieste, divisa in due zone: la zona A che comprendeva la Città e ospitava 300 mila abitanti, quasi tutti italiani, fu sottoposta a un'amministrazione angloamericana. La zona B , che comprendeva i dintorni di Trieste ed era popolata da 700 mila persone, in gran parte slovena, fu annessa alla Iugoslavia. Nel 1954 la zona A, quindi Trieste, tornò all'Italia. Per Tito, gli abitanti sopravvissuti nelle terre annesse erano pur sempre italiani, cioè fascisti. Si diffuse allora un atteggiamento spietato, una furia sanguinaria, che assunse i contorni di una pulizia etnica. Bisognava ridurre la presenza degli italiani. Cominciò l'esodo degli istriani, giuliani, dalmati, fiumani. Fuggirono 350 mila italiani; il regime concesse loro di portare con sè solo 5 kg. di vestiario e 5000 lire. i loro beni furono requisiti dal regime. Per mesi rimasero accampati sul Carso; alcuni furono poi smistati in capannoni, alla periferia , di Venezia, Bologna, Ancona. Solo quando in Italia si affermò la Repubblica, democratica e liberale, essi riuscirono a trovare una sistemazione e un lavoro. Rimasero però in loro l'amarezza e l'insoddisfazione, perchè l'integrazione nella società italiana, la società della loro madrepatria, era stata possibile cancellando e sottacendo la propria identità d'origine. Gli esuli parlavano dialetti veneti stretti, avevano cognomi di origine slava, tedesca, pur essendo italiani da diverse generazioni. Si definivano vagamente triestini, per evitare offese alla loro sensibilità, esacerbati dalla voluta ignoranza delle loro storie, fingevano di gettare il passato alle spalle, per sopravvivere serenamente tra chi riusciva a comprenderli. Perseguitati dalla Iugoslavia comunista, si sentivano emarginati e maltrattati dall'Italia. In Italia si stese un velo pietoso sulle atrocità commesse dai titini, per calcoli diplomatici e pregiudizi ideologici.

Dove si trovano le principali foibe utilizzate per i massacri. Nella sola Istria si trovano più di 1.700 cavità carsiche, non tutte peraltro sono state usate per scaraventarvi, spesso ancora vivi, i prigionieri torturati e sommariamente processati da parte delle milizie facenti capo a Tito.
Per quasi 60 anni due Italie hanno convissuto separate dall'ignoranza e dal silenzio: l'Italia di chi sapeva ma non lo raccontava, e l'Italia di chi ne era all'oscuro. Dopo appena 15 anni, alcuni rappresentanti dell'ANPI (Associazione nazionale partigiani d'Italia), vogliono non solo ignorare questa tragedia, ma vogliono contestarla, negarla. Questo atteggiamento dimostra come una parte della nostra Storia sia ancora lontana dalla coscienza del Paese. Perché? Nel 1948 Tito si era separato da Stalin, cercando una propria strada al socialismo, quindi gli Stati Uniti non avevano più interesse a infierire contro di lui. Il governo italiano non voleva intervenire, per evitare che la Iugoslavia mettesse sotto processo i fascisti italiani, autori dei crimini commessi negli anni di guerra. La Sinistra italiana non parlava, vista la sottomissione al comunismo internazionale. Con la fine della guerra fredda, nei primi anni del 1990, si ritornò a parlare di questa triste pagina della storia italiana, con notevole imbarazzo tra i banchi del Parlamento.
Nel 2004, il presidente della Repubblica Azeglio Ciampi promosse l'istituzione, per legge, del "giorno del ricordo", quasi a trovare un equilibrio tra la memoria della shoah tedesca e il ricordo della shoah iugoslava.
Purtroppo, non si riesce ancora a comprendere che tutto ciò che é accaduto, deve diventare memoria condivisa, memoria collettiva. Quindi, tocca a noi conoscere, conservare e tramandare la memoria di questa gente innocente, straniera nella sua patria, che aveva perso tutto, fuorchè l'amore e l'onore di sentirsi italiana. E' seguito un interessante dibattito, in cui si é registrato un reciproco arricchimento delle conoscenze storiche, con particolare riflessione sulle attuali tendenze negazioniste, pericolose e strumentali, che ancora di più allontanano le nuove generazioni, proiettate nel mondo virtuale e del tutto demotivate, prive della voglia di conoscere il passato, per capire il presente e costruire il futuro.

































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