mercoledì 18 ottobre 2017

Rivoluzione russa 10 ottobre 1917 (1°parte)

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Relazione di Silvia Laddomada

con il supporto tecnico
di Gabriele Annese


L'Impero russo nel 1800 era lo stato più vasto del mondo.
Si estendeva dalle coste del mar Baltico fino all'Oceano Pacifico; era abitato da popoli di 100 nazionalità diverse, con differenti lingue e culture. Era un Paese agricolo, le terre appartenevano agli zar e a pochi nobili; i 9/10 della popolazione erano contadini, o meglio, servi della gleba, legati alla terra e al padrone per tutta la vita, privi di ogni diritto e costretti a una esistenza miserabile.
Lo zar aveva un potere assoluto, imponeva una rigida censura ai giornali, soffocava le iniziative economiche, si serviva di una burocrazia esasperante e corrotta e, come sistema di repressione, usava deportare in Siberia gli oppositori. l'istruzione elementare era assolutamente trascurata, perché si temeva che, una volta alfabetizzate, le masse potessero ribellarsi al regime. In Russia si viveva come nel Medio Evo, la società era divisa in schiavi e padroni.
Famiglia dello zar Nicola II
Nel corso del secolo questa grave arretratezza faceva crescere il malcontento dei contadini che reclamavano un pezzo di terra, ma soprattutto una maggiore dignità. Lo zar Alessandro II spinto dagli stessi nobili e intellettuali abolì la servitù della gleba (1861), ma solo i Kulaki, cioè i contadini più agiati riuscirono a mettere da parte qualche risparmio, gli altri erano più miseri di prima, e spesso vendevano, per debiti, il pezzo di terra, proprio ai Kulaki, diventando loro servi. Le prime tensioni si ebbero verso la fine dell'800, quando il gruppo dirigente fece qualche tentativo di ammodernamento relativo al trasporto e alle industrie. Furono realizzate ferrovie, la Transiberiana, che attraversava la Russia dal Baltico al Pacifico, furono attivati alcuni stabilimenti industriali, anche se in zone limitate, a San Pietroburgo e a Mosca, grazie a finanziamenti statali, a capitali esteri.

In queste industrie si formavano i primi nuclei di classe operaia, all'interno dei quali era diffuso un certo malcontento, per la mancanza di diritti e per le pessime condizioni di lavoro. Gli stessi industriali chiedevano allo zar una maggiore democrazia e una diversa distribuzione delle ricchezze, sottolineando che l'eccessiva povertà frenava lo sviluppo dell'industria, la quale non trovava a chi vendere i prodotti. Il ceto borghese che stava affermandosi aspirava anche a un sistema politico che si ispirasse alle moderne monarchie occidentali, che erano parlamentari, dove c'erano i liberali che auspicavano riforme sociali moderate e graduali, ma c'erano anche i socialisti, un partito di massa che rappresentava gli interessi di operai e contadini.
Contadine al lavoro
Nel 1875 era nato il partito socialdemocratico tedesco, che si ispirava al pensiero di Marx.
Marx era un filosofo rivoluzionario tedesco che insieme a Engels (filosofo tedesco), esposero il loro pensiero in due opere "Manifesto del partito comunista"(1848) e il "Capitale" (1867), che diventarono la base di un nuovo movimento di pensiero, detto comunista o marxista.
Per loro la storia dell'umanità è una storia di lotta di classe: nell'antichità c'era stato il contrasto tra padroni e schiavi; nel M.E. i nobili feudatari avevano sottomesso i contadini. Nell'età moderna la borghesia dei mercati e delle fabbriche aveva sostituito i ceti nobiliari. Con la rivoluzione industriale la borghesia capitalista aveva imposto i propri profitti, a danno degli operai.
Era giunto il momento in cui le masse operaie e contadine (sfruttate dai latifondisti) avrebbero rovesciato il sistema capitalistico e assunto il potere. L'obiettivo era: far diventare proprietà comune i mezzi di produzione e distribuire i beni equamente nel campo sociale.

In Russia si affermarono, nell'ambito del socialismo, quindi in opposizione al governo degli zar, i "populisti", movimento di studenti e intellettuali al servizio di masse contadine per istruirle, movimento di protesta, che incitava alla rivolta; c'erano gli "anarchici", che ricorrevano alla violenza, invitando le masse a distruggere l'ordine politico e le strutture statali. Populisti e anarchici organizzarono attentati e atti terroristici, in un attentato perse la vita lo zar Alessandro II (1881). Nel 1898 si affermò il partito socialdemocratico russo, sul modello delle socialdemocrazie occidentali, ma ispirandosi a Marx. Era questo il partito più diffuso tra gli operai.

Nel 1903 esso si divise in due diverse tendenze: menscevichi (minoranza) e bolscevichi (maggioranza). I primi volevano un governo moderato e un Parlamento formato da tutti i partiti e pensavano che i tempi non fossero maturi per un cambiamento rivoluzionario (Marx), i bolscevichi ritenevano indispensabile una rivoluzione che portasse al potere i proletari, abbattesse il potere borghese, formando così la società comunista.

Intanto gli zar successivi, Nicola II Romanov (1894) si oppose a qualsiasi concessione di maggiori diritti alle classi popolari. La situazione in Russia precipitò nel 1905, in seguito alla sfortunata guerra tra Russia e Giappone che portò alla perdita di alcuni territori e aggravò la vita economica del paese; l'aumento dei prezzi, scatenò una forte rivolta popolare.
Attacco bolscevico al palazzo d'inverno
il 22 gennaio 1905 una gran folla si radunò davanti al palazzo reale, a San Pietroburgo, chiedendo allo zar maggiori riforme democratiche. Significativa fu la partecipazione femminile agli eventi rivoluzionari. Furono numerose le donne che sfilarono nei cortei, chiedendo la pace e le riforme, fra cui una equa distribuzione delle terre.
La guardia imperiale fece fuoco sul popolo disarmato, provocando centinaia di morti. A capo dei bolscevichi v'era Lenin, che riuscì a salvarsi fuggendo in esilio in Svizzera.
La strage di questa giornata, ricordata come "la domenica di sangue", fu seguita da manifestazioni, sommosse, scioperi, attentati in tutto il paese. In segno di protesta ci fu l'ammutinamento dell'equipaggio delle navi da guerra (Patemkin).
Nel 1906 lo zar, indebolito da queste insurrezioni popolari, concesse l'istituzione di un Parlamento (la Duma), che egli stesso revocava ogni volta che respingeva le proteste.
Nel 1914 ebbe inizio la 1^ guerra mondiale, lo zar nonostante l'impreparazione militare del popolo russo aderì al conflitto, sperando di ricavarne vantaggi territoriali.


Il conflitto però procurò sacrifici terribili alle truppe russe; nel giro di un anno si registrarono oltre quattro milioni di morti, i trasporti erano insufficienti, il rancio al fronte cominciò a non arrivare più, non c'erano più proiettili per sparare ai tedeschi.
In città cominciò a mancare il combustibile per scaldarsi e per cucinare, ai mercati si formavano chilometri di coda, i prodotti della campagna bastavano solo per metà fila, i contadini erano al fronte, la produzione agricola era crollata.
Il 23 febbraio del 1917 il prezzo del cibo risultava sette volte superiore a quello del 1914. A Pietrogrado (non più Pietroburgo, perché in odio ai tedeschi, fu cambiato il nome burgo, che significa città in tedesco con l'equivalente russo grado), le autorità imposero il razionamento del pane. Scoppiarono rivolte spontanee, per la prima volta le truppe inviate a colpire i manifestanti si schierarono con loro. Il Parlamento impose allo zar di abdicare ed elesse un governo provvisorio, presieduto da un principe di casa reale, L'vov, costretto all'esilio e sostituito poi dal socialista moderato Kerenski. Un governo che decise di continuare la guerra, mentre il popolo chiedeva la pace e il pane.
Lo zar e la sua famiglia furono arrestati e trasferiti in un villaggio sui Monti Urali. La Russia era diventata una repubblica democratica borghese, con l'intento di elaborare una costituzione liberale. Il potere era diviso tra un governo provvisorio, debole e indeciso, e i soviet (che significa consiglio), che erano organizzazioni autonome di soldati, operai e contadini, scelti nei reparti militari, nelle fabbriche e nei villaggi, che difendevano i diritti dei lavoratori.
Il più importante era il soviet di Pietrogrado, da cui prendevano ordini i soviet locali.
I bolscevichi, ala rivoluzionaria dei socialisti, erano una minoranza nei soviet.
Alla notizia che lo zar aveva abdicato, Lenin e altri dirigenti bolscevichi, esiliati in Svizzera dal 1905, in maniera avventurosa attraversarono l'Europa e giunsero a Pietrogrado, accolti da una gran folla. Egli fece subito intendere che si doveva abbattere il governo provvisorio di natura borghese, per cui diffuse un documento, noto come "Tesi di aprile", in cui indicava gli obiettivi da raggiungere: nessuna fiducia al governo borghese, la pace immediata, tutto il potere ai soviet, la terra ai contadini, le fabbriche agli operai.
Comizio di Lenin
Lenin mirava a realizzare il programma di Marx; il proletariato avrebbe assunto il potere e gestito la produzione industriale e agricola.
Intanto nel mese di luglio 1917, l'esercito russo in guerra subì una grande offensiva; la situazione era di estremo pericolo: ci fu una nuova ondata di disordini che Kerenski represse duramente. Lo stesse Lenin si rifugiò in Finlandia.
Per bloccare le manifestazioni rivoluzionarie e riportare la disciplina nell'esercito, il generale Kornilov tentò un colpo di stato, marciando su Pietrogrado.
I bolscevichi, approfittarono della debolezza del governo, che a loro si era rivolto, fermarono Kornilov e guadagnarono la simpatia dei soviet.
Lenin, tornato dall'esilio clandestino, ritenne la situazione ormai matura per rovesciare il governo Kerenski. Fece accettare la sua linea a tutto il partito, conquistò la direzione dei soviet di Pietrogrado e Mosca, costituì il 10 ottobre un comitato militare capeggiato da Lenin, Troski e Stalin e attuò il colpo di stato: nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 1917, le guardie rosse occuparono, senza incontrare resistenza, stazione, banche, uffici governativi e il Palazzo d'inverno. Kerenski oppose una debole resistenza, abbandonò la Russia e si rifugiò poi negli Stati Uniti.
A questa azione si da il nome di "rivoluzione d'ottobre".
Era nato lo stato sovietico "comunista" (basato sul potere dei soviet), non "socialista", perché i socialisti avevano appoggiato la borghesia.
Il potere passò ai bolscevichi, che formarono un nuovo governo, affidando la presidenza a Lenin.

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