venerdì 2 giugno 2023

LA DIVINA COMMEDIA: PURGATORIO - FORESE DONATI GUIDO GUINIZELLI di Silvia Laddomada

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Relazione di Silvia Laddomada

Concludiamo il viaggio di Dante attraverso le balze del Purgatorio.

Dante incontra due grandi amici: Forese e Guido, protagonisti di memoria giovanili e fiorentine. Tutta la salita della montagna é stata l'occasione per ripensare in maniera critica alla sua propria vita, alle sue passioni politiche, alle sue scelte letterarie.

E' il regno in cui é dominante il tema dell'amicizia. A cominciare dall'amico Casella, incontrato sulla spiaggia del Purgatorio, con cui Dante rievoca la frequentazione agli incontri della scuola stilnovistica. E poi Belacqua l'amico pigro, accidioso, e poi Corrado Malaspina imparentato con chi accoglierà Dante nel periodo dell'esilio; ora due amici importanti. Probabilmente, dicono gli studiosi, per addolcire la solitudine dell'esilio e la malinconia dell'uomo maturo, Dante convoca in questo viaggio le ombre di un tempo che non tornerà. In questa situazione di sottomissione a chi può offrirgli vitto e alloggio, Dante ripensa ai suoi affetti, ai suoi sogni, alle sue conquiste politiche, culturali, ma anche alle sue debolezze giovanili.

L'incontro con Forese sviluppa un dialogo intimo, familiare.

Forese é stato protagonista in un particolare momento della vita di Dante. Dopo la morte di Beatrice, Dante ha attraversato un periodo di crisi, religiosa e morale. E' iniziato il traviamento del poeta. Con l'amico Forese ha forse condotto una vita spregiudicata.

E' nota la Tenzone, sei componimenti poetici, tre per ciascuno, in cui i due amici si scambiano offese, insulti, con un linguaggio molto volgare.

La tenzone non é certo un documento biografico e nemmeno un semplice gioco verbale, nel solco della poesia comico-giocosa che prevedeva lo scambio di volgarità e accuse pesanti. La volgarità eccessiva, il linguaggio triviale testimoniano un periodo di crisi di valori morali dei due amici.

Infatti Dante dirà che "se tu riduci a mente / quel fosti meco e qual io teco fu'/ ancora fia grave il memorar presente."

Invece nell'incontro in Purgatorio, consapevoli entrambi degli errori commessi, si sentono entrambi coscienti della necessità di pentirsi, di ravvedersi in tempo.

Comune é l'ansia di purificazione, Forese attraverso la pena da scontare, Dante attraverso un consapevole viaggio interiore di perfezione, che gli sta consentendo ormai di uscire dalla selva oscura.

Dante poi incontra Guinizelli, esponente maggiore dello Stilnovismo, quella corrente letteraria che parla della donna angelo, dell'amore come elevazione spirituale.

E' l'ultimo poeta che Dante incontra.


Nel corso di questo viaggio ultraterreno ha ottenuto numerosi riconoscimenti poetici, ha chiarito la sua poetica, diversa e innovativa rispetto alla scuola siciliana e toscana.

Ha parlato della sua passione politica, e delle amare conseguenze, e ora saprà, attraverso questi ultimi incontri, che a Firenze non c'é più il suo più crudele nemico, Corso Donati, capo dei guelfi neri, responsabile del suo esilio.

Dante rivede la sue vicende personali non più con l'occhio dell'uomo peccatore che é stato, ma con l'occhio del poeta, scelto per una missione universale, per i suoi meriti.

Siamo nella 6^ cornice della montagna del Purgatorio.

Dante, Virgilio e Stazio si imbattono in un albero dai frutti profumati, con rami che si restringono verso il basso, simile a un abete rovesciato. L'albero é irrorato dall'acqua freschissima che sgorga da una roccia.

Forese Donati
Una voce vieta di cogliere i frutti e di bere quell'acqua.

Proseguendo, i poeti sono aggiunti da un gruppo di anime che camminano veloci; sono magre, scarnite. Sono i golosi, che in vita si saziarono di cibi e bevande, ora devono soffrire la fame e la sete, procurate per volontà divina, proprio dal profumo dei frutti e dalle freschezze dell'acqua, che li spinge a desiderare di mangiare e bere. Questo tormento li consuma. La pena, però, é anche sollievo, perché li purifica dalla colpa e li riconcilia con Dio.

Una di queste anime, fissa gli occhi su Dante, ed esclama:

"ed ecco del profondo de la testa 
volse a me li occhi un’ombra e guardò fiso; 
poi gridò forte: «Qual grazia m’è questa?».                
Mai non l’avrei riconosciuto al viso; 
ma ne la voce sua mi fu palese

ciò che l’aspetto in sé avea conquiso".   (vv. 40-45)

(Quale grazia é per me vederti qui? Mai l'avrei riconosciuto dall'aspetto, ma dalla voce mi fu chiara la sua identità, cancellata dal suo aspetto)

E' l'amico di gioventù Forese Donati, fiorentino, guelfo, appartenente alla prestigiosa famiglia Donati, Dante aveva poi sposato la cugina Gemma.

Dante si meraviglia di trovarlo lì; essendo morto da poco (1296), dovrebbe stare ancora nell' Antipurgatorio.

Forese Donati
Forese gli confida che grazie alle ferventi preghiere di sua moglie Nella, donna devota al marito ed esempio di virtù, lui ha meritato di salire nella sua cornice, a espiare la sua colpa.

E qui Danta coglie un'altra occasione per lanciare un'invettiva contro Firenze, contro le donne sfrontate che andavano in giro con i seni scoperti. (E pensare che nella Tenzone il poeta aveva offeso in modo volgare la moglie di Forese).

A sua volta Forese, anche a nome delle altre anime, gli chiede come mai solo lui proietti l'ombra. E Dante gli riassume il suo viaggio oltremontano al seguito di Virgilio e lo aggiorna sulla presenza di Stazio.

canto 24°

Proseguendo la conversazione affettuosa e confidenziale, Forese indica a Dante un'altra anima, il poeta Bonagiunta Orbicciani, da Lucca, il quale riconosce Dante e lo saluta come l'iniziatore di una nuova poesia.

E Dante gli risponde

"E io a lui: «I’ mi son un che, quando 
Amor mi spira, noto, e a quel modo 
ch’e’ ditta dentro vo significando»".
(vv.52-54)

( Io sono uno che quando Amor mi parla, prendo nota delle sue parole e mi sforzo di esprimere ciò che egli mi detta dentro, con assoluta fedeltà).

E' questo il segno distintivo del Dolce Stilnuovo, iniziato da Dante e da altri poeti, che li distingue dai poeti siculo-toscani. L'incontro con Bonagiunta consente a Dante di dichiarare la propria poetica.

In pratica l'ispirazione amorosa, l'esperienza tutta interiore della poesia di Dante é ben lontana dall'imitazione della poetica siciliana e dalla poesia civile di Guittone.

Tra l'altro tra le due poetiche c'era una differenza che riguardava la donna.

Nella Scuola siciliana la donna era amata per la sua bellezza fisica, era la signora irraggiungibile, per lo Stilnovismo la donna era ammirata per la sua bellezza spirituale, era la donna-angelo che innalza l'uomo fino a Dio.

Forese deve lasciare Dante e affettuosamente gli chiede: "Quando ti rivedrò?". E Dante gli risponde che, per quanto lo desideri, non morirà presto; purtroppo dovrà vivere ancora un pò in quella Firenze, che diventa povera di virtù e destinata alla rovina.

E qui Forese accenna a un altro episodio della vita di Dante. Preannuncia la morte di uno che é responsabile della rovina di Firenze, ideatore dell'esilio dei Bianchi, tra cui Dante. Per molti studiosi si tratta di Corso Donati, fratello di Forese.

"«Or va», diss’el; «che quei che più n’ha colpa,
vegg’io a coda d’una bestia tratto 
inver’ la valle ove mai non si scolpa.                             

La bestia ad ogne passo va più ratto, 
crescendo sempre, fin ch’ella il percuote, 
e lascia il corpo vilmente disfatto.                                  

Non hanno molto a volger quelle ruote», 
e drizzò li ochi al ciel, «che ti fia chiaro 
ciò che ‘l mio dir più dichiarar non puote". 
  (vv. 82-90)

(Coraggio, vedo il maggior colpevole trascinato dalla coda di un cavallo verso la valle infernale. La bestia infuriata accellera la corsa, lo travolge, lo massacra e lo abbandona a terra.

Non passerà molto tempo e saprai ciò che le mie parole non possono dire apertamente).

25° canto

I tre poeti salgono quindi per uno stretto sentiero che porta alla 7^ cornice. Dante ha un dubbio che Virgilio incoraggia a palesare, come mai le ombre dei golosi, che sono immateriali, dimagriscono?

Virgilio gli risponde che le ombre sono immagini riflesse dell'anima, esse avvertono il tormento interiore, per questo si assottigliano.

Interviene quindi Stazio, per dare una spiegazione più dottrinale sulla natura dell'uomo.

La prima a formarsi, all'atto della fecondazione, é l'anima vegetativa, da questa si genera quella sensitiva che dà forma agli organi dei sensi e si estende alle altre parti del corpo. Appena nel feto si forma il cervello, Dio infonde l'anima razionale, che é individuale.

Essa si fonde con l'anima vegetativa e sensitiva del nuovo essere e viene a costituire un'anima sola. Quando, alla fine della vita, l'anima abbandona il corpo, l'anima vegetativa e sensitiva restano inerti, quella intellettiva, razionale, potenzia la memoria, l'intelligenza e la volontà e comprende la sua sorte nel mondo in cui viene condotta, o al tevere o all'Acheronte.

Per cui diventa visibile e si modella sui desideri e le passioni che l'affliggono. Per questo le anime dei golosi esprimono, attraverso il dimagrimento, il loro tormento interiore.

Molti studiosi hanno detto che Stazio poteva essere più breve nella spiegazione. Ma in verità é Dante che dà la spiegazione, e quindi é come se volesse fare sfoggio delle sue conoscenze biologiche, dell'esatta conoscenza delle dottrine scientifiche e teologiche della Scolastica.

Del resto Dante si aspettava un riconoscimento ufficiale dalla sua vasta e varia cultura, espressa nella Commedia, per riabilitarsi nel mondo culturale.

Intanto i poeti, conversando, giungono alla settima cornice, dove si trovano i lussuriosi, avvolti nelle fiamme, così come nella vita furono preda del fuoco delle passioni.

26° canto

  I pellegrini camminano lungo il bordo della cornice, perché spesso la fiamma, spinta dal vento, raggiunge la parete della roccia.

Incontrano un gruppo di anime che camminano nel fuoco, senza bruciarsi, e in senso opposto avanza un altro gruppo.

Quando i due gruppi si incontrano, le anime si abbracciano e si baciano fraternamente, poi sopraggiunge il ricordo lacerante del loro peccato, si vergognano e si separano; gridano esempio di lussuria punita e proseguono in senso opposto.

Guido Guinizelli
Un gruppo é formato da lussuriosi eterosessuali e l'altro da lussuriosi "contro natura", sodomiti.

Il primo gruppo, vedendo che Dante proietta ombra chiedono spiegazioni che ovviamente Dante dà, augurando per sè, come uomo, e per loro, di raggiungere presto il Paradiso.

L'anima che ha chiesto spiegazione a Dante e raccontato la natura del peccato di entrambe le squadre, si presenta: é Guido Guinizelli, l'esponente massimo dello Stilnovismo.
Nel sentire questo nome Dante quasi sfida la fiamma del fuoco.

"quand’io odo nomar sé stesso il padre 
mio e de li altri miei miglior che mai 
rime d’amore usar dolci e leggiadre;                            

e sanza udire e dir pensoso andai 
lunga fiata rimirando lui, 
né, per lo foco, in là più m’appressai.                         

Poi che di riguardar pasciuto fui, 
tutto m’offersi pronto al suo servigio 
con l’affermar che fa credere altrui".   
     (vv.97-105)

Quando sentiì il nome del mio maestro e dei poeti migliori di me che hanno scritto dolci e leggiadri versi d'amore, senza sentire più nulla, per ammirarlo meglio, mi avvicinai un pò di più a lui, ma sempre attento al fuoco, giurando che lo avrei servito).

Guinizelli si meraviglia di tanta ammirazione, che ricorderà per sempre e chiede

"dimmi che è cagion per che dimostri 
nel dire e nel guardar d’avermi caro». "  
         (vv.110-111)

(Perchè mi dimostri che io sono tanto caro?)

E Dante

"E io a lui: «Li dolci detti vostri, 
che, quanto durerà l’uso moderno, 
faranno cari ancora i loro incostri».".
  (vv.112-114)

( Il motivo sono le vostre soavi poesie, le quali, finchè durerà il tempo di scrivere in volgare, renderanno cari i manoscritti che le conservano).

Guinizelli si schermisce e indica a Dante un'altra anima che fu

"«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno 
col dito», e additò un spirto innanzi, 
«fu miglior fabbro del parlar materno.                         

Versi d’amore e prose di romanzi 
soverchiò tutti; e lascia dir li stolti ". 
(vv.115-119)

(artefice migliore di me, nella sua lingua materna. Superò tutti quelli che scrissero versi d'amore e romanzi in prosa e lascia dir gli stolti)

Dante ha così avuto l'occasione per dimostrare ancora una volta la superiorità di questi poeti rispetto agli imitatori siculo-toscani.

Guinizelli scomparve nella fiamma, dopo aver chiesto a Dante una preghiera per loro. Dante si avvicina curioso all'anima indicata da Guinizelli e chiede chi sia.

L'anima risponde nella sua lingua materna, il provenzale. Si tratta di Arnaldo Daniello, pochi attimi, la richiesta di una preghiera, di un suffragio e l'anima scompare nella fiamma.

Dante però lo ha reso immortale con i suoi versi, a conferma della stima che provava per questo poeta.

 



 VIDEO:PURGATORIO: STAZIO

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