sabato 26 marzo 2022

giovedì 24 marzo 2022

LA DIVINA COMMEDIA - INFERNO: IL CONTE UGOLINO (Canti 32-33-34) (22.03.2022) di Silvia Laddomada

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 INFERNO: IL CONTE UGOLINO

 

La Divina Commedia – Inferno (canti 32- 33- 34) il Conte Ugolino

Dante è nel 9° cerchio, il più stretto.

Siamo nel fondo dell’Inferno.

Siamo in una palude, il Cocito, reso ghiacciato dal vento prodotto dalle ali di Lucifero, conficcato nel centro, scoperto fino al petto, e circondato dalle figure statuarie e colossali dei Giganti.

In questo luogo sono puniti i traditori che usarono l’inganno e la violenza contro chi doveva fidarsi di loro.

Il tradimento, come il peggiore dei peccati.

Le anime sono immerse nel ghiaccio, allegoria dell’odio che indurisce il cuore.

Emerge solo il volto, o al massimo il collo. Battono i denti per il freddo, in modo bestiale, come cicogne quando battono il becco. Piangono disperate, ma le lacrime si solidificano per il freddo, per cui non vedono chi gli sta davanti.

Dante colloca in questo luogo una ventina di dannati. Tranne alcuni, sono tutti coinvolti in un tradimento di famiglia, di colore politico.

La maggior parte di loro sono contemporanei a Dante, per cui il poeta ci offre un quadro della società del 1200, la quale, per la violenza tra contrastanti partiti nella città, o per la violenza nelle stesse famiglie, era una società piena di corruzione e di tradimenti.

E’ evidente, negli incontri, quel suo sentimento di rabbia, di vendetta, accentuato dalla pena di essere stato, proprio lui, condannato all’esilio.

Una peculiarità di questo nono cerchio è che nessuno ha intenzione di rivelare la propria identità. Sono i compagni di pena a soddisfare la curiosità di Dante. Secondo alcuni studiosi, questi compagni di pena rivelano il nome dei dannati con maligna compiacenza, non per cortesia verso Dante; sono simili a certi cinici delinquenti che accusano volentieri i loro complici.

Il lago Cocito è diviso in 4 settori: Caina, Antenòra, Tolomea e Giudecca.

La Caina prende il nome da Caino, che uccise il fratello Abele. In questa zona sono puniti i traditori dei parenti. Dante incontra due fratelli, che si uccisero a vicenda, rivali in famiglia e in politica, che si odiano anche da morti: le loro teste cozzano l’una contro l’altra, furiosi come montoni, dice Dante.

Ed altri ancora, autori di tradimenti e omicidi in famiglia, per eredità o motivi politici.

Ricordiamo che in questo cerchio Francesca da Rimini condannò il marito Gianciotto, geloso dell’amore tra lei e il cognato paolo. Gianciotto che poi uccise i due amanti. (“Caina attende chi a vita ci spense”).

Dante e Virgilio passano quindi nella seconda zona, l’Antenòra, che prende il nome dal troiano Antenore, il quale permise a Ulisse e Diomede di rubare il Palladio. Si tratta di un simulacro di legno, raffigurante una divinità, che aveva il potere di difendere un’intera città. Il più famoso era custodito nella città di Troia, a cui garantiva l’immunità. La città fu distrutta dopo il furto del simulacro da parte degli eroi greci.

In questo settore sono puniti i traditori della patria.

Mentre proseguono il cammino su questa lastra di ghiaccio, Dante, per caso, per destino, o per fortuna, urta la testa di un dannato, che subito protesta; non si presenta e, dice Dante,

 Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste? 
se tu non vieni a crescer la vendetta 
di Montaperti, perché mi moleste?».   (canto 32, vv. 79-81)

A sentire Montaperti, Dante chiede a Virgilio il permesso di fermarsi, vuole sapere chi é.

Il dannato lo provoca, non lo dirà, Dante stizzito lo tira per capelli, vuole guardarlo in faccia, riconoscerlo; ma il dannato comincia a bestemmiare e a latrare.

quando un altro gridò: «Che hai tu, Bocca? ((v. 106) 

Dante, grazie all'intervento di un compagno di pena, lo riconosce e rende pubblico il nome del traditore di Firenze, nel corso della battaglia di Montaperti (1260), in cui i fiorentini guelfi furono sconfitti dai ghibellini di Siena. Bocca degli Abati, un guelfo fiorentino, durante la battaglia, aveva tradito. Aveva infatti tagliato la mano del portabandiera delle truppe fiorentine, favorendo così la vittoria dei ghibellini.

Bocca vistosi scoperto da Dante si vendica, facendo il nome di tanti altri traditori politici, immersi nel ghiaccio.

Il conte Ugolino e l'arcivescovo Ruggieri

Dante e Virgilio riprendono nuovamente il cammino, quando la loro attenzione viene catturata da un dannato che sta rosicchiando il cranio del suo vicino. I due sembrano formare una massa unica, il capo di sopra sembra un cappello a quello di sotto, dice Dante.

Si tratta del conte Ugolino, che rode il cranio all’arcivescovo Ruggieri. Sono personaggi storici, realmente esistiti. Ugolino della Gherardesca era un nobile feudatario, un grande e prestigioso uomo politico della Toscana, governava Pisa col nipote Nino Visconti. Si comportava come un tiranno, era un uomo ambizioso, senza scrupoli, di lui erano noti difetti e inganni. Per spadroneggiare da solo aveva organizzato una congiura contro il nipote, chiedendo l’aiuto di un altro ambizioso signore, l’arcivescovo Ruggieri, il quale, nonostante la carica religiosa, era uno dei protagonisti della vita politica di Pisa. Entrambi tradirono Nino Visconti.

Nel corso delle guerre tra le città marinare, (Amalfi, Pisa, Genova e Venezia), ci fu la battaglia della Meloria, 1284, vicino Livorno, in cui Pisa venne sconfitta da Genova. Il conte si salvò a stento, ma nominato podestà di Pisa, fece delle concessioni territoriali a Firenze e a Lucca, per staccarle dalla lega con Genova. Nel 1288 la fazione di Ruggieri ebbe il sopravvento. Quindi scatenò una sollevazione popolare contro il conte, che fu accusato di tradimento per le concessioni fatte a Firenze e a Lucca. Per volere dell’arcivescovo, il conte fu catturato, insieme a due figli e ai due figli del nipote Nino Visconti e rinchiusi in una torre per 8 mesi, poi abbandonati senza cibo, né acqua.

Il conte Ugolino e i ragazzi al'interno della Torre della Muda

Questa la storia.

Entrambi traditori, a entrambi la stessa pena; la giustizia divina li ha posti l’uno vicino all’altro.

Abbiamo già visto due peccatori insieme: Paolo e Francesca, associati dall’amore, Ulisse e Diomede, associati nella volontà di ingannare, ora il conte e l’arcivescovo, uniti dall’odio reciproco.

 

Dante non parla del fatto storico. Ciò che gli preme è l’infelice sorte del conte e soprattutto l’immatura morte dei quattro giovani. Dante rivede se stesso. Anche i suoi figli furono costretti all’esilio, pagando da innocenti, le responsabilità paterne.

In questo abisso di ferocia infernale Dante ha collocato l’episodio più patetico dell’intero poema.

Man mano che il conte racconta, non pensiamo quasi più alla pena che sconta nell’Inferno, ma alla sofferenza inflitta a lui e ai figli, quando erano sulla terra.

  CANTO  33°, vv.1-78


La bocca sollevò dal fiero pasto 
quel peccator, forbendola a’capelli 
del capo ch’elli avea di retro guasto.                      3

Poi cominciò: «Tu vuo’ ch’io rinovelli 
disperato dolor che ’l cor mi preme 
già pur pensando, pria ch’io ne favelli.                   6

Ma se le mie parole esser dien seme 
che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo, 
parlar e lagrimar vedrai insieme.                            9

Io non so chi tu se’ né per che modo 
venuto se’ qua giù; ma fiorentino 
mi sembri veramente quand’io t’odo.                    12

Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino, 
e questi è l’arcivescovo Ruggieri: 
or ti dirò perché i son tal vicino.                            15

Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri, 
fidandomi di lui, io fossi preso 
e poscia morto, dir non è mestieri;                         18

però quel che non puoi avere inteso, 
cioè come la morte mia fu cruda, 
udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso.                              21

Breve pertugio dentro da la Muda 
la qual per me ha ’l titol de la fame, 
e che conviene ancor ch’altrui si chiuda,                 24

m’avea mostrato per lo suo forame 
più lune già, quand’io feci ’l mal sonno 
che del futuro mi squarciò ’l velame.                       27

Questi pareva a me maestro e donno, 
cacciando il lupo e ’ lupicini al monte 
per che i Pisan veder Lucca non ponno.                  30

Con cagne magre, studiose e conte 
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi 
s’avea messi dinanzi da la fronte.                             33

In picciol corso mi parieno stanchi 
lo padre e ’ figli, e con l’agute scane 
mi parea lor veder fender li fianchi.                          36

Quando fui desto innanzi la dimane, 
pianger senti’ fra ’l sonno i miei figliuoli 
ch’eran con meco, e dimandar del pane.                   39

Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli 
pensando ciò che ’l mio cor s’annunziava; 
e se non piangi, di che pianger suoli?                        42

Già eran desti, e l’ora s’appressava 
che ’l cibo ne solea essere addotto, 
e per suo sogno ciascun dubitava;                              45

e io senti’ chiavar l’uscio di sotto 
a l’orribile torre; ond’io guardai 
nel viso a’ mie’ figliuoi sanza far motto.                      48

Io non piangea, sì dentro impetrai: 
piangevan elli; e Anselmuccio mio 
disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".                         51

Perciò non lacrimai né rispuos’io 
tutto quel giorno né la notte appresso, 
infin che l’altro sol nel mondo uscìo.                            54

Come un poco di raggio si fu messo 
nel doloroso carcere, e io scorsi 
per quattro visi il mio aspetto stesso,                           57

ambo le man per lo dolor mi morsi; 
ed ei, pensando ch’io ’l fessi per voglia 
di manicar, di subito levorsi                                           60

e disser: "Padre, assai ci fia men doglia 
se tu mangi di noi: tu ne vestisti 
queste misere carni, e tu le spoglia".                            63

Queta’mi allor per non farli più tristi; 
lo dì e l’altro stemmo tutti muti; 
ahi dura terra, perché non t’apristi?                             66

Poscia che fummo al quarto dì venuti, 
Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi, 
dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?".                      69

Quivi morì; e come tu mi vedi, 
vid’io cascar li tre ad uno ad uno 
tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi,                      72

già cieco, a brancolar sovra ciascuno, 
e due dì li chiamai, poi che fur morti. 
Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».                       75

Quand’ebbe detto ciò, con li occhi torti 
riprese ’l teschio misero co’denti, 
che furo a l’osso, come d’un can, forti.                          78


Poscia, più che il dolor poté il digiuno”.

La critica è divisa sull’interpretazione di questo verso.

Ugolino dopo aver pianto disperatamente sui corpi dei figli morti, morì anch’egli di fame? O il conte Ugolino, per sopravvivere ancora, si cibò dei corpi dei figli?

Il conte ritorna poi a mordere il cranio di Ruggieri. Il suo rancore è eterno, così come la sua crudeltà. Sembra che ci sia perfino il permesso di Dio: l’arcivescovo è collocato in eterno proprio davanti al conte. Vittima e carnefice entrambi.

Al termine di questo drammatico incontro, Dante pronuncia un’invettiva contro Pisa, augurandosi che posa essere sommersa dalle acque dell’Arno. Pisa, colpevole di aver crudelmente mandato a morte dei ragazzi innocenti.

I due poeti proseguono ed entrano nel settore Tolomea. Questa zona prende il nome da Tolomeo d’Egitto, il quale fece uccidere Pompeo, che si era rifugiato presso di lui, consegnando la testa a Cesare, (per cui questi spodestò Tolomeo e pose sul trono la sorella Cleopatra).

Secondo altri critici il nome deriva da Tolomeo di Gerico, che in un banchetto fece uccidere a tradimento il suocero Maccabeo con i figli.

Nella Tolomea sono puniti i traditori degli amici e degli ospiti. Qui Dante incontra frate Alberigo Manfredi, un capo guelfo di Faenza che, durante un banchetto, al momento della frutta, fece uccidere tutti i suoi invitati.

E incontra anche un genovese, Branca D’Oria, colpevole di aver fatto uccidere il suocero, dopo averlo invitato a casa.

Dante appare meravigliato, perché ricorda che Branca é ancora vivo. Ma Alberigo gli risponde che solo i corpi sono sulla terra, perché l’anima è precipitata nell’Inferno, ed è stata sostituta da un diavolo. Uno strano caso, un privilegio esclusivo della Tolomea. Dante fa riferimento al comportamento ignobile di una società corrotta, in cui circolavano liberamente uomini che, per i loro tradimenti e le loro malefatte, facevano ormai parte della schiera dei demoni.

Lasciata la Tolomea, i due poeti entrano nella Giudecca, che prende il nome da Giuda, traditore di Cristo.

Lucifero: le tre facce in una sola testa
In essa sono condannati i traditori dei benefattori, completamente immersi nel ghiaccio. Si intravvedono i capelli, ma simili a pagliuzze su un vetro ghiacciato, dice Dante.

Nel centro del pozzo c’e Lucifero, visibile fino a metà petto. Un essere enorme, mostruoso, con tre facce in un’unica testa. E’ l’antitesi della Trinità.

 

 

Sulla schiena ha due grandi ali di pipistrello, che agita continuamente, provocando il vento che fa ghiacciare il lago.

In ogni bocca stritola un peccatore. Uno è Giuda, che tradì Cristo, fondatore della Chiesa. Gli altri sono Bruto e Cassio, traditori di Cesare, che fu fondatore dell’Impero.


Dopo aver osservato Lucifero, Virgilio prende Dante sulle spalle e scivola sul corpo

di Lucifero, che si allunga nell’emisfero australe. 

Attraverso una caverna buia, i due poeti risalgono alla superficie della Terra

"salimmo sù, el primo e io secondo, 
tanto ch’i’ vidi de le cose belle 
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo. 

E quindi uscimmo a riveder le stelle". (canto 34, vv. 136-139)


 



giovedì 17 marzo 2022

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 8° incontro: "IL RITRATTO ROMANO DELL' ERA REPUBBLICANA" - Relatore Antonio Santoro Evento organizzato dall'Università del Tempo Libero e del Sapere Minerva di Crispiano (TA)


 

 

 

 










VIDEO:Il ritratto romano dell'era repubblicana di Antonio Santoro

IL NOVECENTO - Una storia ancora in corso: 1975 - 1980 ( 1^ parte )

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SIAMO NEL 1974. FALLITO IL GOLPE NERO DI BORGHESE DEL 7/8 DICEMBRE 1970, BRUCIATO IL GOLPE BIANCO DI EDGARDO SOGNO (AGOSTO 1974), LONDRA E’ COSTRETTA A RIVEDERE LE PROPRIE STRATEGIE ITALIANE, PER L’ENNESIMA VOLTA.

E SPUNTA UN’ALTRA SORPRESA PER I BRITANNICI.

UNO DEI PROPRI “CLIENTI” PIU’ PRESTIGIOSI, IL PIU’ VOLTE MINISTRO DELL’INTERNO DEMOCRISTIANO PAOLO TAVIANI (EX CAPO PARTIGIANO BIANCO DELLA LIGURIA), HA COMPIUTO UNA SPETTACOLARE VIRATA A SINISTRA.

Silvia Laddomada,Tommaso Chisena
HA IN PRATICA ABBANDONATO LA TEORIA  DEGLI OPPOSTI ESTREMISMI “(IL DOPPIO PERICOLO COSTITUITO DAI NEOFASCISTI DELL’MSI E DAI COMUNISTI DEL PCI) E ORA PROPONE ADDIRITTURA DI SPERIMENTARE IL COMPROMESSO STORICO TRA DC E PCI, ALMENO NELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI.

INFATTI L’AMBASCIATA INGLESE LO INCONTRA A FINE DEL 1974 PER CHIEDERE CHIARIMENTI, TAVIANI LI FORNISCE SPIEGANDO CHE IL VERO PERICOLO E’ ORA RAPPRESENTATO DAI NEOFASCISTI; MENTRE IL PCI DI BERLINGUER HA SUBITO UNA EVOLUZIONE, IN PARTE DETERMINATA DAI CAMBIAMENTI IN ATTO NELLA POLITICA ESTERA DELL’URSS, TUTTA PRESA DAL PROCESSO DI DISTENSIONE CON GLI USA.

IN PRATICA I SOVIETICI NON SONO FAVOREVOLI ALLA PRESA DEL POTERE DA PARTE DEI COMUNISTI IN ITALIA.

QUESTO PORTA IL PCI AD UN MAGGIORE EQUILIBRIO E PRUDENZA, NON ESISTENDO AL MOMENTO LA PROSPETTIVA DI UN GOVERNO NAZIONALE APPOGGIATO DAL PCI DI BERLINGUER, MA PER TAVIANI GLI ACCORDI SI POSSONO COMINCIARE AD ATTUARE A LIVELLO LOCALE.

DELLO STESSO AVVISO E’ ANCHE UGO LA MALFA CHE VEDE NELL’ OPPOSIZIONE SOVIETICA UNO DEI MAGGIORI OSTACOLI ALL’AVVICINAMENTO DEI COMUNISTI ITALIANI AL POTERE.

QUESTO PORTERA’ NEI DECENNI SUCCESSIVI AD UN RAPPORTO SEMPRE PIU’, CONFLITTUALE TRA IL PCI DI BERLINGUER E IL PCUS DI LEONID BREZNEV.

INFATTI, PER LE POSIZIONI CRITICHE GIA’ ESPRESSE NEGLI ANNI SETTANTA CON LA DOTTRINA “LIBERALE DELL’EUROCOMUNISMO”, ENRICO BERLINGUER RAPPRESENTA UNA SPINA NEL FIANCO DELL’UNIONE SOVIETICA E PER QUESTO RISCHIO’ DI ESSERE UCCISO A SOFIA IN BULGARIA NEL 1973.

SE IL PCI ANDASSE AL GOVERNO ATTRAVERSO LIBERE ELEZIONI E RISPETTASSE LE REGOLE DELLA DEMOCRAZIA POLITICA E DI QUELLA ECONOMICA, INCARNEREBBE LA POSSIBILITA’ DI UN COMUNISMO DAL VOLTO UMANO, CON IL RISCHIO DI UN PERICOLOSO CONTAGIO PER I REGIMI COMUNISTI OPPRESSIVI DEI PAESI DELL’EST GIA’ SCOSSI DALLA PRIMAVERA DI PRAGA DEL 1968 DURAMENTE REPRESSA CON I CARRI ARMATI SOVIETICI.

QUINDI MOSCA NON PUO’ ASSOLUTAMENTE CORRERE QUESTO RISCHIO E LONDRA TIRA UN SOSPIRO DI SOLLIEVO SAPENDO DI POTER TROVARE INASPETTATAMENTE UNA SPONDA DAL SUO PIU’ ACERRIMO NEMICO.

MA QUELLO CHE NESSUNO PREVEDE SIA IN ITALIA CHE ALL’ESTERO E PERSINO DALLO STESSO BERLINGUER, E’ LA STREPITOSA VITTORIA DEL PCI ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL 15 GIUGNO 1975.

I COMUNISTI CONQUISTANO QUASI TUTTE LE MAGGIORI CITTA’, SUPERANDO PER LA PRIMA VOLTA IL 30% DEI CONSENSI.

TUTTO CIO’ PROVOCA PANICO ALLA AMBASCIATA BRITANNICA NONCHE’ UN MARASMA TOTALE NELLA DC.

LA PROSPETTIVA APPARE CATASTROFICA DAL MOMENTO CHE TUTTE LE PREVISIONI DANNO PER SCONTATO IL SORPASSO DEL PCI SULLA DC NELLE ELEZIONI POLITICHE DEL SUCCESSIVO ANNO 1976.

PER QUESTO IL 17 SETTEMBRE DEL 1975 L’AMBASCIATORE INGLESE SIR MILLARD INCONTRA UN VECCHIO “CLIENTE” DEL SERVIZIO INFORMAZIONI DI LONDRA, IL SENATORE DEMOCRISTIANO CARLO DONAT-CATTIN (OPPOSITORE DELLA LINEA MORO) ALL’EPOCA MINISTRO DELL’INDUSTRIA.

A DIFFERENZA DI TAVIANI, IL SENATORE TORINESE INDICA A SIR MILLARD L’OBIETTIVO, E, CON IL SENNO DI POI, LE SUE PAROLE ACQUISTANO UN SIGNIFICATO SINISTRO: “LA LINEA MOROTEA E’ PERICOLOSA, DICE, PERCHE’ CONSIDERA IRREVERSIBILE LA CRESCITA DEL PCI: MORO INSOMMA CAMMINAVA SU DI UN TERRENO SCIVOLOSO”.

QUINDI LONDRA MOBILITA DIVERSI “CLIENTI” A CUI AFFIDA IL COMPITO DI ANALIZZARE LE CAUSE DELLA CRESCITA DEL PCI.

NELLA SQUADRA SPUNTANO TRA GLI ALTRI DIVERSI MEMBRI DELL’ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI ( IAI) DI ROMA DESTINATO A SALIRE ALLA RIBALTA DELLE CRONACHE DURANTE IL SEQUESTRO MORO E -SUCCESSIVAMENTE ALLA FINE DEGLI ANNI NOVANTA- ALL’EPOCA DELLO SCANDALO MITROKIN, L’ EX ARCHIVISTA DEL KGB SOVIETICO FUGGITO IN OCCIDENTE CON LA LISTA DEGLI AGENTI E INFORMATORI DEI SERVIZI SEGRETI SOVIETICI IN ITALIA.

TRA I NOMI CHE FANNO GLI INGLESI C’E’ QUELLO DI STEFANO SILVESTRI CHE FARA’ PARTE DEL COMITATO DI ESPERTI COSTITUITO AL MINISTERO DEGLI INTERNI PER GESTIRE IL SEQUESTRO MORO DURANTE I 55 GIORNI, E QUALCUNO LO INDICA COME UNO DEI NOMI PRESENTI NELLA LISTA DI MITROKIN.

UNA DELLE NOVITA’ DELL’INFORMAZIONE ITALIANA SUL VERSANTE SINISTRO DELL’AREA ANGLOSASSOCENTRICA -COME LA DEFINIVA SCALFARI, FU LA NASCITA DEL QUOTIDIANO “LA REPUBBLICA” IL 12 GENNAIO 1976 COME CONTRAPPESO LIBERAL AL QUOTIDIANO “IL GIORNALE” FONDATO DA MONTANELLI NEL 1974 DA UNA SCISSIONE DEL CORRIERE DELLA SERA MOLTO TIEPIDO CONTRO IL COMPROMESSO STORICO.

IN PRATICA TUTTE E DUE I GIORNALI ERANO REFRATTARI AL CATTO-COMUNISMO E RAPPRESENTAVANO IL FRUTTO DI UNA MANOVRA A TENAGLIA CONTRO IL COMPROMESSO STORICO, ALLO SCOPO DI LAVORARE AI FIANCHI LA DC E IL PCI: UNO DA DESTRA E L’ALTRO DA SINISTRA.

TRA IL 1976 E IL 1978 , IN UN CRESCENDO IMPRESSIONANTE DI TENSIONE, SI CONCLUSE L’ULTIMO DRAMMATICO ATTO DELLA GUERRA SEGRETA BRITANNICA CONTRO L’ITALIA.

LA CRONACA DI QUEL PERIODO, CHE PASSO’ ALLA STORIA COME GLI “ANNI DI PIOMBO” ,IN SUCCESSIONE ALLA STRATEGIA DELLA TENSIONE ,E’ NOTA.

AL DI LA DELLE ETICHETTE IN ITALIA CI FU DAL 1969 AL 1978 UN INTERO PERIODO DI VIOLENZA, STRAGISMO , DELITTI POLITICI , ATTENTATI E QUANT’ALTRO IL TUTTO COORDINATO DALLA STESSA MATRICE INGLESE CHE ORA SI SERVIVA DEI NEOFASCISTI ORA SI SERVIVA DELLE BRIGATE ROSSE E TALVOLTA ANCHE DELLA MAFIA E ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI.

TUTTO QUESTO PER FERMARE LA POLITICA DELL’UOMO CHE PIU’ DI TUTTI HA DATO DEL FILO DA TORCERE – PER UN INTERO QUINDICENNIO- DAL 1963 AL 1978- AGLI INTERESSI DELLA GRAN BRETAGNA IN ITALIA OVVERO ALDO MORO. PIU’ VOLTE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI IN PARTICOLARE -TRA GLI ANNI PIU’ CUPI -DAL 1969 AL 1974 MINISTRO DEGLI ESTERI E DAL 1974 AL 1976 CAPO DEL GOVERNO ITALIANO.

LE ELEZIONI POLITICHE DEL 20 GIUGNO 1976 SANCISCONO UN SOSTANZIALE PAREGGIO TRA DC E PCI. CON QUELLE ELEZIONI FINISCE L’ULTIMO GOVERNO MORO NONCHE’ L’ALLEANZA CON IL PARTITO SOCIALISTA DI DE MARTINO.

PERTANTO CON IL CENTRO SINISTRA IN CRISI NASCE IL “GOVERNO DELLA NON SFIDUCIA" UN MONOCOLORE DC PRESIEDUTO DA ANDREOTTI E APPOGGIATO ESTERNAMENTE CON L’ASTENSIONE, DAL PCI , PSI,PRI,PSDI E PLI, DETTO ANCHE GOVERNO DELLA SOLIDARIETA’ NAZIONALE CHE DURERA’ IN PRATICA SINO ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 1979.

TALE GOVERNO AVVICINA I COMUNISTI ALLA MAGGIORANZA PER LA PRIMA VOLTA DOPO QUASI TRENTANNI DALLA ROTTURA -NEL 1947 –TRA DE GASPERI E TOGLIATTI, DEL GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE VARATO NEL 1945, CHE RAPPRESENTO’ IN PRATICA IL PRIMO COMPROMESSO STORICO TRA DC E PCI.

GLI INGLESI, PER EVITARE QUANTO POI ACCADDE, GIA’ DA GENNAIO 1976 METTONO IN CAMPO IN GRAN SEGRETO, I PREPARATIVI DEL GOLPE CHE DOVRA’ METTERE FUORI GIOCO L’ALLEANZA TRA COMUNISTI E DEMOCRISTIANI. SI TRATTA DI UN PROGETTO CON DUE DIVERSE OPZIONI: LA PRIMA ATTRAVERSO UN VERO E PROPRIO GOLPE MILITARE; LA SECONDA ,COME IPOTESI B, UNA AZIONE A SOSTEGNO DI UNA DIVERSA AZIONE SOVVERSIVA.

OCCORRE SUBITO PUNTUALIZZARE CHE IL PROGETTO FU DISCUSSO A LONDRA IN DIVERSE RIUNIONI SEGRETISSIME TRA I RAPPRESENTATI DEI GOVERNI DI GRAN BRETAGNA , STATI UNITI, FRANCIA E GERMANIA E CHE GLI INGLESI, APPOGGIATI DAI FRANCESI, ERANO A FAVORE DELL’IPOTESI “A” OVVERO DEL COLPO DI STATO MILITARE MENTRE GLI AMERICANI E I TEDESCHI SI MOSTRARONO SUBITO PERPLESSI, VISTE LE PROBLEMATICHE INSORMONTABILI (- POLITICHE, SOCIALI ED ECONOMICHE) CHE IL GOLPE AVREBBE PROVOCATO.

PER GLI INGLESI-QUINDI- L’INGRESSO DEL PCI NEL GOVERNO INNANZITUTTO RAPPRESENTA UN GRAVE PERICOLO PER LA NATO.

PERCHE’ PORREBBE SERI PROBLEMI IN MERITO AL CONTRIBUTO DELL’ITALIA ALLA NATO. INFATTI AVERE NEL PATTO ATLANTICO UN GOVERNO CON I COMUNISTI PORTEREBBE ALLA IMBARAZZANTE SITUAZIONE DI DOVER DECLASSARE IL RUOLO DELL’ITALIA , VISTO IL PERICOLO CHE MOLTI SEGRETI E STRATEGIE DELL’OCCIDENTE POTREBBERO ESSERE SVELATE A MOSCA.

CONSIDERATO CHE LA FUNZIONE DELLA NATO E’ QUELLA DI DIFENDERE LE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI DALLA MINACCIA ESTERNA DEL COMUNISMO SOVIETICO, PER LONDRA IL PCI DEVE ESSERE CONSIDERATO UNO STRUMENTO DELLA POLITICA RUSSA E, MALGRADO LA LUNGA STORIA DI CONTRASTI CON MOSCA, LE SUE CREDENZIALI DEMOCRATICHE RESTANO DUBBIE.

NEL FRATTEMPO CONTINUANO LE PRESSIONI SULL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA PER INDURLA AD ASSUMERE UN ATTEGGIAMENTO PIU’ CHIARO.

L’AMBASCIATORE INGLESE SIR MILLARD INCONTRA A ROMA IL SUO COLLEGA AMERICANO JOHN VOLPE A GENNAIO 1976.

PARLANO DI MORO, GIUDICANDOLO UN PESSIMISTA TROPPO INCLINE A DIRE CHE IL COMPROMESSO STORICO SIA UN EVENTO INEVITABILE .

MA VOLPE, A DIFFERENZA DI LONDRA, E’ ALTRETTANTO CONVINTO CHE SARA’ LA STESSA DC A EVITARE IL PEGGIO, MALGRADO LE AMBIGUITA’ DI MORO.

INFATTI GLI AMERICANI - CHE ERANO A FAVORE DI DAR VITA AD UN ALTRO GOVERNO DI CENTROSINISTRA CON I SOCIALISTI- A DIFFERENZA DEI FRANCESI CHE VOLEVANO UN GOVERNO DI DESTRA, AVRANNO RAGIONE PERCHE’ NONOSTANTE TUTTO IL PCI NON ENTRERA’ MAI AL GOVERNO MA -SINO AL 1979 -SI LIMITERA’ AD UN APPOGGIO ESTERNO E CON UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COME ANDREOTTI MESSO A GARANZIA DEGLI STATI UNITI.

A VEDERE CON GLI OCCHI DI LONDRA LA SITUAZIONE E’ DRAMMATICA .

Tommaso CHISENA
SCARTATA DEFINITIVAMENTE L’IPOTESI DI UNA ESPULSIONE DELL’ITALIA DALLA NATO ,ECCO CHE IL FOREIGN OFFICE APPRONTA UN PIANO CHE PREVEDA UN INTERVENTO DIRETTO BRITANNICO NEL NOSTRO PAESE ATTRAVERSO DUE IPOTESI COME DESCRITTO NEL DOCUMENTO (DELL’ARCHIVIO DI KEW GARDENS) DI 19 PAGINE AL CUI PARAGRAFO 21 E’ RIPORTATO UN TITOLO INQUIETANTE: UN POSSIBILE COLPO DI STATO MILITARE , OVVERO UN INTERVENTO MILITARE CONTRO IL PCI, DI CUI OLTRE AL TITOLO SI CONOSCONO ANCHE I DETTAGLI.

MA, NEL CASO NON FOSSE POSSIBILE, ESISTE UN PIANO B – DI CUI SI CONOSCE SOLO IL TITOLO MA MOLTO ELOQUENTE: “ AZIONE A SOSTEGNO AD UNA DIVERSA AZIONE SOVVERSIVA”.

QUALI? : ATTENTATI, CLIMA DI VIOLENZA, OMICIDIO POLITICO?

CON QUALI FORZE? : QUELLE GIA’ ESISTENTI TIPO AUTONOMIA OPERAIA E BRIGATE ROSSE CHE FACEVANO DA TEMPO PARTE DEL PARTITO ARMATO DI FELTRINELLI?

PURTROPPO I DETTAGLI -COME DETTO -NON SI CONOSCONO PERCHE’ SONO OSCURATI A DIFFERENZA DI QUELLI DEL PIANO “A”.

BENE, IL PIANO DEL COLPO DI STATO FU REDATTO DAGLI INGLESI SOTTO LA DIREZIONE DI SIR ALAN CAMPBELL ,IL QUALE -PER ATTUARLO -FU MANDATO IN ITALIA A ROMA IN QUALITA’ DI AMBASCIATORE DI SUA MAESTA’, DOVE VI RESTERA’ DAL 1976 AL 1979.

CIOE’ NEL PERIODO DELL’INGRESSO DEL PCI NELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO, DEL SEQUESTRO E ASSASSINIO DI ALDO MORO E SINO ALLA SUCCESSIVA STABILIZZAZIONE DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO CON LA FINE DELLA SOLIDARIETA’ NAZIONALE.

LA PROPOSTA INGLESE FU DISCUSSA IN DIVERSI INCONTRI RISERVATI A LONDRA CON I RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DELLE QUATTRO NAZIONI : INGHILTERRA, STATI UNITI, FRANCIA E GERMANIA.

DINANZI ALLA PROPOSTA DI UN COLPO DI STATO MILITARE, I FRANCESI SI SCHIERARONO SUBITO A FAVORE DEGLI INGLESI, MENTRE GLI AMERICANI ED I TEDESCHI BOCCIARONO IMMEDIATAMENTE TALE PROPOSTA.

GLI USA ESCLUSERO OGNI MISURA DI INTERVENTO MILITARE IN ITALIA, ANCHE SE NON VEDEVANO DI BUON OCCHIO L’INGRESSO DEL PCI NELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO, SAPENDO BENISSIMO CHE I COMUNISTI PER PRIMI VOGLIONO TENERSENE ALLA LARGA.

GLI AMERICANI SONO INTERESSATI DA BERLINGUER E DAL SUO EUROCOMUNISMO APPREZZANDONE IL REALISMO, E A DIFFERENZA DEGLI INGLESI PUNTANO AD UNA SOLUZIONE PIU’ SOFT E AD UN ASSORBIMENTO DELL’ANOMALIA COMUNISTA .

LA LORO STRATEGIA E’ QUELLA PROGRAMMATA DALLA CIA -ATTRAVERSO IL CONGRESSO AMERICANO – OVVERO FAVORIRE IN TUTTI I MODI LA MARCIA DI ALLONTANAMENTO DEL PCI DALL’ORTODOSSIA SOVIETICA.

QUINDI ALLA PROPOSTA INGLESE DEL COLPO DI STATO, LA RISPOSTA DEL DIPARTIMENTO DI STATO FU ANCORA PIU’ BRUCIANTE, PERCHE’ A LONDRA ERANO CONVINTI DI AVERE GIA’ IN TASCA L’APPOGGIO DI KISSINGER.

PER GLI AMERICANI IL GOLPE SAREBBE IRREALIZZABILE, OLTRE CHE PERICOLOSO.

LA FORZA DEI COMUNISTI ,DEI SINDACATI NONCHE’ DELLE DIVERSE AGGREGAZIONI SOCIALI,CULTURALI E CATTOLICHE, PROVOCHEREBBE UNA RESISTENZA LUNGA E SANGUINOSA E PERSINO UNA GUERRA CIVILE .

L’OCCIDENTE DA TUTTO QUESTO NON AVREBBE AVUTO NULLA DA GUADAGNARE, ANZI LE LORO DEMOCRAZIE AVREBBERO ACCETTATO PIU’ FACILMENTE UN GOVERNO A PARTECIPAZIONE COMUNISTA BERLINGUERIANO PIUTTOSTO CHE UN REGIME AUTORITARIO MILITARE.

TUTTO CIO’ PORTA GLI AMERICANI INSIEME AI TEDESCHI A BOCCIARE LA PROPOSTA INGLESE E FRANCESE RITENENDO SCONSIGLIABILE IL GOLPE MILITARE IN ITALIA.

SONO GIA’ DUE VOLTE CHE GLI AMERICANI, AL DI LA DELLA VULGATA CLASSICA, INTERVENGONO PER FERMARE O SCONGIURARE I GOLPE MILITARI INGLESI: QUELLO DI VALERIO BORGHESE DEL 1970 E QUELLO IN QUESTIONE DEL 1976.

E’ DEL TUTTO EVIDENTE ,QUINDI, CHE LA PREFERENZA BRITANNICA A QUESTO PUNTO RICADA SUL PIANO “B” : OVVERO IL SOSTEGNO AD UNA DIVERSA AZIONE SOVVERSIVA, SAPENDO BENE CHE IL VERO OBIETTIVO DEGLI INGLESI NON E’ RAPPRESENTATO DAL PCI, QUANTO PROPRIO DALLA POLITICA DI MORO E DALLA SUA INFLUENZA ALL’INTERNO DELLA DC.

PROPRIO COME AI TEMPI DI MATTEI.

INFATTI LE ELEZIONI DEL 20 E 21 GIUGNO 1976 SEGNANO UN PAREGGIO TRA DC E PCI, DELINEANDO UNO STALLO VIRTUALE.

ORA PER LE QUATTRO GRANDI POTENZA (USA.UK, FRANCIA E GERMANIA) NON C’E’ PIU’ ALCUN BISOGNO DI ASSUMERE DECISIONI AFFRETTATE.

MA LONDRA E PARIGI INIZIERANNO LO STESSO A DARE ATTUAZIONE AL PIANO “B” PER FERMARE ED ELIMINARE MORO E LA SUA POLITICA AUTONOMA SIA INTERNA CHE DI APERTURA AI PAESI DEL MEDITERRANEO.

INFATTI LA DATA DEL 16 MARZO 1978 CAMBIERA’ DRAMMATICAMENTE IL CORSO DELLA STORIA.
































martedì 8 marzo 2022

LA DONNA E LA GUERRA Intervento a più voci

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Con Silvia Laddomada - Liliana Marangi e Anna Presciutti

Stiamo attraversando un tunnel nel quale ci ha lanciati un evento improvviso e tragico, la guerra.

Silvia Laddomada

Non ci sono parole in grado di esprimere lo sgomento, l'angoscia che proviamo nel vedere in Ucraina, donne con bambini, munite di fagotti, di piccole valigie e camminare sperdute, confuse ma coraggiose, per vari chilometri, in attesa di un rifugio, di una protezione lontana dalle bombe.

I mariti, i padri, i fratelli devono rimanere in patria, devono difendere la libertà democratica, faticosamente raggiunta 20 anni fa; devono resistere.

Uno sforzo assurdo, tanto più spaventoso quanto più soffocante appare l'apparato militare di cui Putin dispone, pronto a disintegrare l'intera umanità, un nuovo Sansone pronto a morire con tutti i Filistei, e non solo quelli.

Ci auguriamo che il conflitto venga fermato e sorga un'alba di pacifica convivenza tra i popoli.

Può sembrare infantile, ingenuo, dire questo, ma in fondo é proprio questo che speriamo tutti.

La nostra solidarietà va certamente al popolo ucraino, ma il nostro affetto va anche ai giovani russi, mandati a uccidere o a morire in un paese dove molti hanno parenti e amici.

Quest'anno, nel celebrare la giornata della donna, abbiamo voluto dedicare la nostra attenzione alle donne ucraine. E' ammirevole la loro fermezza, il loro dolore é tenuto a freno dall'amore per i figli, a cui vogliono alleggerire la sofferenza per un sogno andato in frantumi, il sogno di una vita libera. Sono donne coraggiose, pronte ad assumersi responsabilità superiori alle loro forze, orgogliose: i loro uomini non possono ripararsi, devono rimanere, devono difendere con la propria vita il loro suolo.

Va mio prode cavaliere, e torna vincitore.

Questo forse é stato il saluto che queste donne fragili, ma determinate, hanno rivolto ai loro uomini.

La giornata della donna.

Sottomessa all'uomo fin dalla preistoria e relegata nei millenni successivi a custode del focolare domestico e a generatrice di figli, solo negli ultimi secoli la donna sta lottando per ottenere il riconoscimento delle proprie capacità, del proprio ruolo anche al di fuori dell'ambiente familiare, sta combattendo per conquistare dei diritti spesso violati ancora oggi.

Una maggiore consapevolezza delle capacità femminili emerse nel corso della prima guerra mondiale, quando le donne sostituivano gli uomini mandati al fronte.

Il loro ruolo passò da "angelo del focolare domestico" a membro attivo dell'economia e della società. Molti nuclei familiari erano di origine contadina, le donne oltre ad accudire i figli e a sbrigare le faccende domestiche, si dedicarono improvvisamente ai lavori nelle campagne, per garantire il raccolto, per assicurare il pane alla famiglia.

La grande scrittrice e giornalista Matilde Serao, attraverso le pagine del quotidiano Il Giorno, celebrò negli anni della guerra il mito della donna italiana, virtuosa e onesta lavoratrice. "Lasciate improvvisamente sole dagli uomini chiamati al fronte, fidanzate, mogli, madri si rimboccano le maniche in una situazione di sofferenza estrema e imparano ad affrontare una nuova condizione, che segna l'avvio del processo di emancipazione femminile e della decadenza della società patriarcale italiana.

E' vero che nelle campagne, dice Serao, il lavoro femminile, più o meno sommerso, era stato importantissimo. Si trattava, però, in genere, di un lavoro di sostegno e di supporto alla fatica maschile. Invece negli anni della guerra, il peso delle attività agricole gravò interamente sulle spalle delle donne e degli anziani.

Ma non solo in agricoltura. Nelle famiglie degli operai, le donne andarono a sostituire nelle fabbriche e nelle industrie, i loro uomini. Industrie meccaniche, per produrre armi, industrie tessili, industrie alimentari. Donne che non erano mai uscite nelle prime ore del mattino dalle loro case, ora escono ogni giorno per recarsi alla nuova fatica, al loro nuovo dovere. Donne che imparano, si istruiscono, si fanno abili, diventano migliori degli uomini in certi compiti, in certi uffici".

Questo raccontava Matilde Serao.

Non mancò la diffidenza dei moralisti e dei tradizionalisti. La presenza delle donne era avvertita, dai vecchi operai, come un sovvertimento dell'ordine naturale, come un attentato alla moralità.

Ma queste donne furono anche capaci di andare in guerra; come crocerossine soprattutto, come infermiere, pronte a incerottare e rattoppare uomini da restituire agli eserciti; a volte erano spie, a volte erano inviate.

Molte donne, pur non essendo andate al fronte, attraverso diari, memorie, poesie, hanno raccontato la loro esperienza della guerra, non meno tragica di quella degli uomini, magari con un differente linguaggio rispetto ai soldati-poeti.

Le donne scrissero nei loro versi il dolore per la perdita dei propri cari, scrissero per tenerne vivo il ricordo, scrissero per dare voce a un dolore personale e universale, scrissero per protestare, per ribellarsi, per denunciare il vero volto di una guerra che si accaniva sui deboli.

Scritture poetiche femminili a lungo trascurate dalla critica letteraria.

I loro versi circolavano anche clandestinamente, battuti a macchina o scritti su piccoli fogli di carta, e poi, passati di mano in mano, questi versi scivolavano nei pacchi diretti al fronte e raggiungevano i combattenti.

Reprimere i versi che esprimevano dolore era necessario, "per tenere alto lo spirito bellico".

L'unico sentimento che si poteva manifestare era una sofferenza orgogliosa per il sacrificio eroico del proprio figlio, fratello, marito.

Una sofferenza composta, silenziosa, offerta alla patria.

I pianti delle donne erano considerati una debolezza malsana e demoralizzante, erano sovversivi.

Vera Brittain, un'infermiera ventenne dedica una poesia al fidanzato morto in guerra.

"Forse"

Forse un giorno risplenderà di nuovo il sole,

e vedrò che il cielo è ancora azzurro,

e riscoprirò di non vivere invano

anche senza di te.

Forse i prati dorati sotto i miei piedi

A primavera renderanno liete le ore di sole,

E scoprirò i dolci, candidi fiori di maggio

Anche se tu non ci sei più.

Forse i boschi d’estate brilleranno,

E le rose rosse saranno di nuovo belle,

E d’autunno i raccolti abbondanti nei campi porteranno ancora gioia

Anche se tu non sarai più là.

Forse un giorno non mi ripiegherò più nel dolore

Al finire dell’anno,

E ascolterò ancora le canzoni di Natale

Anche se tu non le potrai udire.

Ma, benché il tempo, generoso, potrà rinnovare molte gioie,

Ce n’è una, la più grande, che non conoscerò

Più, perché il mio cuore per averti perduto

Si è spezzato, tanto tempo fa. (Reilly 1981, 64)


Dopo la guerra, molte donne ritornarono ai lavori domestici, tra privazioni e miseria,

soprattutto se i loro cari erano morti al fronte.

Tuttavia l'idea e la consapevolezza delle potenzialità del lavoro femminile si rafforzarono e imposero negli anni successivi l'avvio di un gran numero di riforme ed iniziative miranti a favorire l'inserimento delle donne nel lavoro.

Eppure nonostante conquiste e battaglie, la vita della donna era segnata da discriminazioni e ingiustizie; lavoravano nelle fabbriche, ma venivano pagate di meno; nei periodi di crisi erano le prime a perdere il posto di lavoro; in caso di gravidanza erano costrette a scegliere tra maternità e lavoro, e spesso rimanevano sole, a far fronte a tutto.

Nel corso della seconda guerra mondiale, le donne svolsero azioni di affiancamento alla lotta di liberazione. Nacquero le figure delle "staffette" partigiane, giovani ragazze che portavano messaggi e armi da un battaglione all'altro.

Si moltiplicarono le infermiere, le crocerossine.

A loro si affiancarono le maestre, le donne a cui era stato concesso un livello più altro di scolarizzazione.

Le maestre, "donne in grado di esplicare quelle doti che ogni donna ha in sè, anche inconsapevolmente. Ossia sacrificio, dedizione, rinuncia, dimenticanza di sè, abnegazione".

Doti messe in luce dalla retorica del tempo.

La retorica fascista però non era propensa a riconoscere il ruolo della donna fuori dalle mura domestiche. La donna avrebbe dovuto provvedere alla riproduzione e all'amministrazione della casa.

La famiglia numerosa e fascista era infatti al centro della propaganda, la maternità era un dovere nei confronti della Patria. Il ruolo che spettava alla donna, era quello di moglie e di madre.

Nei decenni successivi la donna ha cercato di difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici, politici.

Le donne sono entrate negli organismi militari, politici, amministrativi e governativi. Hanno saputo prendere coraggiose iniziative in ogni campo; si sono impegnate in missioni di pace, in azioni di protesta, in azioni di sensibilizzazione a tematiche sociali e ambientali.

Ma non c'é ancora rispetto per la donna. Dove ci sono guerre, le donne sono sempre vittime. La violenza sessuale, gli stupri sono spesso usati come arma, quasi legittimata, per punire il gruppo o il popolo nemico. Non ci sono regole, non c'é umanità. Un tabù radicato che il mondo dimentica.

L'eco degli stupri é una voce che arriva da Kiev, in questi giorni.

La donna oggetto. La donna che é un nulla, per esempio per i talebani, i quali continuano a violare i diritti più elementari. La donna afghana non può istruirsi, non può lavorare nel settore pubblico, non può viaggiare, non può fare sport, non può dedicarsi alla musica, alla poesia. Deve indossare un hijab integrale, che copra il volto e la testa. Perfino nei negozi di abbigliamento sono state tagliate le teste dei manichini che hanno sembianze di donne.

Leggiamo una poesia scritta da una giovane poetessa afghana, Nadia Herawi Anjaman, nata nel 1980, uccisa dal marito che non condivideva la sua passione per la scrittura e riteneva che la poesia fosse una vergogna. Leggeremo "Il diritto di gridare". Versi significativi in cui l'autrice esprime la sua delusione, la sua angoscia, la sua disperazione. Privata della libertà, la parola fu per lei l'unico strumento capace di denunciare le umiliazioni a cui veniva sottoposta.

Liliana Marangi

"Il diritto di gridare"

Non ho voglia di aprire la bocca 

di che cosa devo parlare?

che voglia o no, sono un'emarginata

come posso parlare del miele 

se porto il veleno in gola?

cosa devo piangere,  cosa ridere, 

 cosa morire,  cosa vivere?

 io, in un angolo della prigione 

lutto e rimpianto 

io,  nata invano con tutto l'amore in bocca.


Lo so,  mio cuore,  c'è stata la 

primavera e tempi di gioia 

con le ali spezzate non posso volare 

da tempo sto in silenzio, ma le 

canzoni non ho dimenticato 

anche se il cuore non può che parlare 

del lutto 

nella speranza di spezzare la gabbia,

 un giorno 

libera da umiliazioni ed ebbra di 

canti 

non sono il fragile pioppo che trema 

nell'aria 

sono una figlia afgana,  con il diritto 

di urlare.

Ancora un'altra donna afghana, Meena Keshwar Kamel, una giovane che ha dedicato la sua vita per difendere i diritti delle donne contro il regime talebano. E' stata anche una rappresentante della resistenza afghana contro l'invasione sovietica del 1979, che portò a una guerra civile, durata fino al 1989 e conclusa con il ritiro delle truppe russe e il ritorno dei mujaheddin, dei talebani.

Meena fu uccisa nel 1987 dalla polizia segreta afghana o forse dai fondamentalisti islamici.

"Mai più tornerò sui miei passi"

Sono una donna che si è destata
Mi sono alzata e sono diventata una tempesta
che soffia sulle ceneri
dei miei bambini bruciati
Dai flutti di sangue del mio fratello morto sono nata
L'ira della mia nazione me ne ha dato la forza
I miei villaggi distrutti e bruciati mi riempiono di odio contro il nemico,
Sono una donna che si è destata,
La mia via ho trovato e più non tornerò indietro.
Le porte chiuse dell'ignoranza ho aperto
Addio ho detto a tutti i bracciali d'oro
Oh compatriota, io non sono ciò che ero.
Sono una donna che si è destata.
La mia via ho trovato e più non tornerò più indietro.
Ho visto bambini a piedi nudi, smarriti e senza casa
Ho visto spose con mani dipinte di henna indossare abiti di lutto
Ho visto gli enormi muri delle prigioni inghiottire la libertà
nel loro insaziabile stomaco
Sono rinata tra storie di resistenza, di coraggio
La canzone della libertà ho imparato negli ultimi respiri,
nei flutti di sangue e nella vittoria
Oh compatriota, oh fratello, non considerarmi più debole e incapace
Sono con te con tutta la mia forza sulla via di liberazione della mia terra.
La mia voce si è mischiata alla voce di migliaia di donne rinate
I miei pugni si sono chiusi insieme ai pugni di migliaia di compatrioti
Insieme a voi ho camminato sulla strada della mia nazione,
Per rompere tutte queste sofferenze, tutte queste catene di schiavitù,
Oh compatriota, oh fratello, non sono ciò che ero
sono una donna che si è destata
Ho trovato la mia via e più non tornerò indietro.


Vogliamo concludere qui. Ci sono ancora tante testimonianze poetiche interessanti che vorremmo condividere con voi. Le invieremo al gruppo in questi giorni.

L'invito che rivolgiamo a tutti é quello di considerare con maggiore rispetto la donna, che purtroppo dobbiamo dire é sempre in trincea. Non é forse una guerra quella che scoppia tra le pareti domestiche e fa parlare le cronache?

Il femminicidio, oggi sempre più frequente, non è forse la guerra tra una donna-oggetto e un nemico, figlio, fratello, marito?

Il papa Francesco dice: " Dove le donne sono emarginate c'é un mondo sterile, perché le donne non solo portano la vita, ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre loro, ci trasmettono la capacità di capire il mondo con occhi diversi,, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero".

Leggiamo altre poesie, che esprimono lo strazio di una donna, di una mamma, nello scenario della guerra.

Anna Presciutti

"Donne che fabbricano munizioni"      (Mary Collins)

Le loro mani dovrebbero alimentare la fiamma della vita,

le loro dita dovrebbero porgere

il seno roseo, gonfio di latte alle labbra impazienti del neonato,

o accarezzare dolcemente con tenerezza la calda fronte del bambino

sofferente,

o vagare tra i riccioli di fanciulli e fanciulle

Ma ora le loro mani, le loro dita diventano ruvide nelle fabbriche di

munizioni

Uccidi! Uccidi!

 

"Un ricordo"  (Margaret Sackville)

Non si sentiva alcun rumore, alcun pianto nel villaggio.

Niente di simile a un suono, dopo le armi;

Solo dietro a un muro il sommesso singhiozzare delle donne,

Lo scricchiolio di una porta, un cane smarrito, e nient’altro.

Silenzio che si potrebbe sentire, nessuna pietà nel silenzio,

Orribile, fluido come il sangue, macchia tutte le strade

Nel mezzo della via due cadaveri insepolti,

Lo sguardo fisso di una donna uccisa dalla baionetta nella piazza del

mercato.

Gente umile e rovinata – per loro nessun orgoglio di conquista,

la loro sola preghiera «Oh Dio, dacci il nostro pane quotidiano!»


"Il grido di battaglia delle madri" (Angela Morgan)

Noi che abbiamo dato alla luce i soldati,

Lanciamo il nostro grido fino ai confini della terra

La nostra voce ai confini del tempo sia scagliata,

E possa risvegliare il mondo addormentato.

Carne della nostra carne, ossa delle nostre ossa,

Dolore dei secoli fattosi parola,

Fin dove la voce umana potrà arrivare

Grideremo e pregheremo per il bene dei nostri figli!

Guerrieri! Consiglieri! Uomini sotto le armi!

La cui gloria soffia coi venti di guerra,

Quando la grande rivolta arriverà

Sentirete il ritmo

Di marcia dei nostri piedi

Al suono di milioni di tamburi.

E saprete che il mondo è finalmente desto.

Le poesie sono state lette durante la serata, da Anna Presciutti e Liliana Marangi

 

 

Antonio Santoro

 

 

 

 

 

Giacomo Salvemini

 

 

 

 

 

 

 

 

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