Presentazione di Silvia Laddomada
La notte di Taranto, una triste pagina di Storia.
L’Italia era entrata in guerra il 10 giugno 1940 accanto alla Germania, contro Francia e Inghilterra.
Fino alla data dell’attacco alla flotta tarantina, non c’era stato nessuno scontro tra le formazioni avverse.
L’obiettivo principale di una guerra navale nel Mediterraneo era quello di dare battaglia ai convogli. Sia gli Inglesi che gli Italiani dovevano evitare che giungessero rifornimenti e rinforzi nei rispettivi territori d’interesse: Africa, Albania ed Egeo per l’Italia, Malta, Alessandria e Grecia per l’Inghilterra.
La città di Taranto era una sede strategica per la Marina Italiana, quindi un chiaro obiettivo per le forze atlantiche.
L’ammiraglio inglese Cunningham conosceva l’efficienza della flotta italiana, e l’ammiraglio italiano Campioni era consapevole delle capacità e delle risorse inglesi. Ognuno riteneva che il modo migliore per ridurre la potenzialità dell’avversario fosse quello di agire di sorpresa.
E così avvenne.
Le navi italiane si trovavano nel porto di Taranto da alcuni giorni, per una visita effettuata da Mussolini alle Forze navali. Erano ormeggiate con sufficiente perizia nel mar Grande: le corazzate Littorio, Giulio Cesare, Cavour, Vittorio Veneto, Doria e Duilio.
I continui rilievi fotografici, effettuati da ricognitori inglesi fecero dire a Cunninghan che “ i fagiani erano tutti nei loro nidi”.
Fu prima simulato un bombardamento sulle coste sarde e a Cagliari, ma in realtà molte unità aeree si erano dirette verso lo Ionio. Quando erano distanti 300 km da Taranto, alcune formazioni proseguirono verso il Canale d’Otranto, simulando un diverso obiettivo. In realtà fu attaccato un convoglio di 4 mercantili italiani. Le altre formazioni decollarono precipitosamente su Taranto.
La prima incursione alla base navale avvenne alle ore 23, e durò circa 20 minuti. Nella città il sinistro stridulo delle sirene d’allarme fece uscire tutti dalle case, verso i rifugi sotterranei. I razzi degli aerosiluranti inglesi squarciarono il buio della notte. Taranto era illuminata a giorno. Le sagome delle navi erano ben visibili. Fu un susseguirsi di sibili, di scoppi di mitraglia contraeree. Gli aerei inglesi erano comparsi all’improvviso. Poi, alle 23,50 una seconda incursione.
Un triste bilancio: 85 vittime, di cui 35 civili. 581 invece i feriti.
Cessato l’allarme, la gente si riversò sul Lungomare, per cercare i propri cari, molti dei quali imbarcati nelle navi colpite. Molti si prodigarono per aiutare ufficiali e marinai che avevano perso tutto.
Un brutto momento.
Le gloriose navi, ripiegate su un lato, bruciavano tra fiamme altissime. Il 50% della flotta italiana era fuori uso. Solo la prontezza , la perizia, l'abnegazione dei militari a bordo salvarono le navi dall'affondamento.
Furono poi avviati i lavori di recupero, grazie all'efficienza dell'Arsenale di Taranto. Così le navi ripresero il mare, con una maggiore audacia, riconosciuta dagli stessi inglesi.
Molte furono le case e gli edifici distrutti dalle bombe.
Dopo quella notte, numerosi tarantini si riversarono nei paesi vicini.
A Crispiano, fin dalle prime del mattino, una processione di tarantini sfollati, profughi, arrivò in paese da via Taranto.
Nel Comune si formò un ufficio adatto per accogliere questa gente, per istruire le pratiche e reperire immobili disabitati, oppure locali delle case dei crispianesi, per ospitare queste famiglie.
Ora Nicola Greco racconterà l'incontro della sua famiglia con
alcuni sfollati.
“u’ zij, u’ zij”
Silvia Laddomada racconta: “Un mio prozio, Vitantonio Tagliente, la sera dell’11 novembre, tornava dai mercati ortofrutticoli di Taranto, col biroccio. Colto di sorpresa dai bombardamenti, riuscì miracolosamente a salvarsi; ricordando quella serata, raccontava con brividi, che durante il ritorno di corsa a Crispiano, schivando le bombe, che cadevano fortunatamente, dietro di lui, era inseguito da gente terrorizzata che chiedeva, urlando “u’ zij, u’ zij”, di salvarsi salendo sul biroccio. Pur dispiaciuto, prevaleva l’istinto di sopravvivenza e il bisogno di controllare il cavallo imbizzarrito. La mattina dopo, una moltitudine di gente, una “processione”, si riversò su Crispiano, passando proprio davanti al cancello di casa sua, alla masseria Alezza. Moltissimi tarantini furono accolti da famiglie crispianesi, che mettevano a disposizione, per ordine del Podestà, locali o case sfitte nel paese. I miei nonni, Giuseppe Greco e Addolorata Tagliente, abitavano nella casa colonica in via Taranto, sempre in contrada Alezza, e nei periodi più pericolosi si trasferivano nella loro abitazione di via De Lucrezis, in paese. Anch’essi ospitarono una famiglia di Taranto, in alcune stanze di questa abitazione. Col tempo sono diventati amici e la figlia Esterina è poi rimasta a Crispiano, sposando un crispianese”.
I miei nonni raccontavano anche che nel Villino Pavone, di fronte alla masseria Alezza era presente una guarnigione inglese, le cui tracce sono ancora oggi visibili nelle foto delle cantine del Villino, scattate nell’ambito del progetto “Le cento masserie”. La loro presenza era una sicurezza, soprattutto dalle incursioni di soldati sbandati che si aggiravano nelle campagne. I loro Comandanti spesso chiacchieravano, in inglese-italiano sgangherato, con i nonni e offrivano qualche volta delle saponette o cioccolato, ricevendo in cambio prodotti alimentari nostrani. Una cordialità reciproca che alleggeriva il triste periodo.
S. L.
L'argomento di questa sera aveva il suo fascino anche per chi non era
ancora nato
Suggestivo Il racconto di vita vissuta fatto da
Nicola Greco 👏
Tant'è che mi ha riportato alla mente il
racconto che faceva mio nonno di un episodio di quella
notte...
Sempre dovuto al bombardamento di Taranto, uno
dei palloni frenati, si staccò dal porto e spinto via dal
vento approdò esattamente nell'aia della Masseria dove si trovava
mio nonno e la sua famiglia.
Ebbene, finché è vissuto il
nonno, ha continuato a raccontare che, dalla seta interna di quel
pallone, furono confezionati, successivamente, ben due
meravigliosi abiti da sposa...
La memoria di alcuni episodi va
sempre custodita gelosamente😉
Grazie e buona serata a voi
tutti🙋♀️ LILIANA MARANGI
Durante la guerra, in vico Pontano, dove abitavano mia nonna Carmela Locorotondo e i suoi fratelli furono ospitati degli sfollati, mi sembra una famiglia numerosa. Vivevano in una stanza della casa di uno zio. Le abitazioni avevano in quell'epoca al massimo due stanze ed un cucinino esterno. Ho ricordi frammentari dei racconti di mia nonna ma di sicuro si stabilì un legame forte fra loro ed una vita di condivisione. Mia madre ragazzina teneva spesso i loro bambini in braccio, lo raccontava perché contrasse la scabbia. Non si sono più rincontrati una volta che gli sfollati sono rientrati a Taranto. Nel 2002, negli ultimi giorni in cui la nonna novantenne ha abitato da sola nella sua casa perché ormai quasi cieca, ha ricevuto una visita. Una donna anziana le ha chiesto: sai chi sono? Dopo circa sessant'anni ha riconosciuto la voce, il modo di parlare di una delle persone sfollate. Ha risposto "Rosa!" attribuendo però la voce per sbaglio a quella della sorella più anziana che era deceduta. Mia nonna nel vico Pontano era l'unica ancora in vita che la donna ha potuto incontrare fra i fratelli. Un momento di grande emozione che mi sembrava giusto condividere.
Francesca DE LUCREZIS
Vi voglio scrivere una storia che
mi raccontavano i miei nonni. In quel tempo, quando gli sfollati
tarantini cercavano rifugio a Crispiano, i miei nonni ospitarono una
famiglia. Lui era il capo officina di mio nonno che lavorava
all'arsenale di Taranto. Avendo la casa due piani, vennero sistemati
nelle stanze del piano superiore, diedero loro la stanza da letto, li
fecero dormire sui materassi di crine (i miei nonni si arrangiarono alla
meglio nel sottano) e condividevano i pasti: i legumi, le fave
bianche...i cibi che venivano consumati in quei tempi e forse la gente
di paese se la passava meglio di quella che abitava in città.
Passato un po' di tempo, ritornarono a Taranto.
Mia nonna ripulì la casa da cima a fondo ma...si accorse che gli ospiti
avevano lasciato degli ospiti fastidiosi. Le dissero di accendere lo
zolfo vicino ai materassi così sarebbero morte le cimici. Così fece e
andò nel giardino a raccogliere il caffè selvatico.
Ma mia nonna mise il tegamino di alluminio troppo vicino ai materassi e
questo si incendiò. Difronte alla casa alloggiavano i soldati che si
accorsero del fumo che fuoriusciva dalle porte che davano sul balcone
del primo piano. Gridarono al fuoco, con un salto attraversarono il
vallone e, miracolosamente spensero il fuoco ma i mobili della camera da
letto si bruciarono insieme con i materassi e le cimici!
Mia nonna aveva 38 anni e da allora iniziarono per lei i problemi di salute!
Anna LEO
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