MIO NONNO (Piero Sicuro) di Carosino
Pensiero della Nipote Piera Zaccaria (a destra il marito Cosimo Clemente)
Foto, Cartolina e medaglie di Piero Sicuro(Coll. Clemente) |
Croce di guerra e attestato di Piero Sicuro |
Regio Decreto rilasciato a Piero Sicuro |
LA RELAZIONE
La relatrice prof.ssa Silvia Laddomada |
Dopo il racconto dei fatti storici, con focalizzazione sulle vicende
italiane, nella seconda parte sono stati letti documenti e discorsi
relativi alla posizione dell’Italia, sia di esponenti politici
neutralisti che intervenisti , come Giolitti, Salandra, Papini.
“…..Io avevo la convinzione che la guerra sarebbe stata
lunghissima, perché si trattava di debellare i due imperi
militarmente più organizzati del mondo…. Una guerra lunga avrebbe
richiesto colossali sacrifici finanziari, specialmente gravi e
rovinosi per un Paese come il nostro, ancora scarso di capitali e con
molti bisogni...Atteso l’enorme interesse dell’Austria di
evitare la guerra con l’Italia, e la piccola parte che
rappresentavano gli italiani irredenti in un impero di cinquantadue
milioni di popolazione,si avevano le maggiori probabilità che
trattative bene condotte finissero per portare all’accordo...”
(Giovanni Giolitti)
“….La gran maggioranza della popolazione, sparsa per casolari, o
aggruppata in piccoli aggregati di casa, dedita al lavoro dei campi o
alla pastorizia, ha scarsissima cultura; ha una coscienza politica
rudimentale; ed è ignara dei superiori interessi e dei grandi ideali
della nazione. Concepisce perciò la guerra come un malanno simile
alla siccità, alla carestia, alla peste… La gran massa della
popolazione è quasi tutta avversa a ogni specie di guerra: la
moltitudine desidera la pace...” (Antonio Salandra).
“… Noi cattolici siamo per la neutralità e crediamo sia un
delitto contro la Patria quello di gonfiare la portata dei nostri
interessi lesi, al solo scopo di spingere il Paese in avventure da
cui non potrebbe ritrarre che sventure nuove e nuove rovine...”
(Osservatore romano)
“...Compagni, non è più tempo di parlare, ma di fare. Se
l’incitare alla violenza i cittadini è considerato come crimine,
io mi vanterò di questo crimine. Ogni eccesso della forza è
lecito, se vale a impedire che la Patria si perda...” (Gabriele
D’Annunzio).
“...Dei malvagi e degli idioti non mi curo. Restino nel loro fango
i primi, crepino nella loro nullità intellettuale gli ultimi. A voi,
giovani d’Italia, io lancio il mio grido augurale, sicuro che avrà
nelle vostre file una vasta risonanza di echi e di simpatie….. Oggi
una parola paurosa e fascinatrice:guerra!...” (Benito Mussolini)
“…. Ci voleva, alfine un caldo bagno di sangue nero dopo tanti
umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci
voleva una bella innaffiatura di sangue per l’arsura dell’agosto;
e una rossa svinatura per la vendemmia di settembre….. Siamo
troppi. La guerra… fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia
meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un’infinità
di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere,
che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il
coraggio di rifiutare la vita… Amiamo la guerra ed assaporiamola da
buongustai finché dura: La guerra è spaventosa, e appunto perché
spaventosa e tremenda e terribile e distruttrice dobbiamo amarla con
tutto il nostro cuore di maschi… (Giovanni Papini)
Ci si è poi soffermati sulla sofferenza del “fante” e sulla dura
vita in trincea. Sono stati trasmessi alcuni video storici di
archivio e sono stati ascoltate canzoni di guerra di orchestre e di
gruppi alpini.
Il prof. Pietro Speziale |
Molto significativo il contributo dell’amico Pietro Speziale, che
ha letto alcune poesie sulla Guerra scritte dal Maestro Giovanni
Luigi Casavola e alcune pagine del diario di guerra del concittadino
Michele De Lucreziis (nato il 19 ottobre 1885, morto sul campo, colpito da una pallottola nemica, sul Monte Pasubio il 16 novembre 1917).
Tra gli interventi è stata molto gradita la lettura di una poesia,
dedicata al nonno, da parte di una socia dell’Università, Piera
Zaccaria, la quale ha anche fatto visionare a tutti i presenti le
medaglie ed i relativi decreti di riconoscimento assegnati al nonno.
Il prof. Carmine Prisco ha letto alcuni canti di guerra, la signora
Nadia Bumbi ha letto alcune pagine del romanzo “Un anno
sull’altipiano” di Emilio Lussu e il poeta Giacomo Salvemini ha letto alcune poesie di Giuseppe Ungaretti e di Andrea Zanzotto.
A conclusione tutti i presenti hanno intonato la “Leggenda del
Piave” mentre su un’asta oscillava la bandiera italiana.
Il prof. Carmine Prisco |
Soci dell'Università |
IL FANTE E LA TRINCEA
In trincea la vita scorreva con una monotonia insopportabile,
interrotta solo dal grido che tutti temevano, lanciato a giorni
alterni dagli ufficiali dell’uno o dell’altro
schieramento:”All’attacco!”. Questo grido era il segnale
dell’assalto alla baionetta, un rito tanto inutile quanto
sanguinoso, che falciava ogni giorno centinaia di vite umane…..
Lettura di Nadia Bumbi |
Lettura di Giacomo Salvemini |
Soci dell'Università |
Soci dell'Università |
La fanteria doveva arrampicarsi lungo le pareti del fossato, salire
allo scoperto e gettarsi contro le protezioni di fili spinato delle
trincee nemiche, sotto il fuoco di sbarramento delle mitragliatrici.
Quelli che non restavano impigliati tra i fili spinati e non venivano
colpiti dovevano gettarsi nei fossati nemici e colpirne i difensori
con la baionetta, ingaggiando una lotta corpo a corpo. Se superavano
gli avversari delle prime file, dovevano subire il contrattacco delle
seconde e terze file che in genere ricacciavano i superstiti nella
posizione di partenza.
Così milioni di soldati morirono giorno dopo giorni nel corso di
quattro (o cinque) lunghissimi anni.
Nelle trincee i fanti vivevano in condizioni prive di igiene, senza
potersi mai lavare né cambiare. Erano esposti al caldo, al freddo,
alla pioggia, al vento e al bombardamento dell’artiglieria
avversaria.
Rimanere feriti o ammalarsi non era una bella esperienza, anche se,
verso la fine della guerra, divenne la speranza di tutti, perché era
l’unico modo per essere allontanati dalla trincea. Chiunque venisse
ferito, doveva aspettare la notte, per essere prelevato dai
barellieri, i quali dovevano attraversare “la terra di nessuno”,
col rischio che qualcuno sparasse. Molti, purtroppo, che si sarebbero
potuti salvare, morirono dissanguati. Da considerare anche la
frustrazione dei chirurghi: molti feriti, rimasti nel fango,
contraevano il tetano, e non c’era modo di salvarli.
Un altro nemico del fante in trincea erano i pidocchi. Li avevano
tutti, sebbene si rapassero i capelli, ma spesso questi insetti non
si limitavano a procurare prurito, ma generavano il tifo, una
malattia che a quei tempi aveva un esito quasi sempre mortale.
Infine c’era lo stato di shock, una malattia psichica sconosciuta
che derivava dal panico e dall’orrore per ciò che si era visto;
chi ne era colpito ( lo “scemo di guerra”) era completamente
disorientato, sordo agli ordini, a volte paralizzato. Molti ufficiali
lo scambiavano per vigliaccheria e si
rifiutavano di far ricoverare chi ne era colpito. In molti fanti lo stato di shock era diventato una condizione permanente; vivevano in una totale indifferenza; non reagivano agli ordini e, quando veniva lanciato l’attacco, restavano fermi nelle trincee, sebbene la pena per questo comportamento fosse la fucilazione.
rifiutavano di far ricoverare chi ne era colpito. In molti fanti lo stato di shock era diventato una condizione permanente; vivevano in una totale indifferenza; non reagivano agli ordini e, quando veniva lanciato l’attacco, restavano fermi nelle trincee, sebbene la pena per questo comportamento fosse la fucilazione.
Dopo anni di trincea i fanti presentavano quei sintomi che i generali
usavano definire “morale basso delle truppe”. Molti tentavano la
diserzione, altri ricorsero alle automutilazioni, in molti casi ci fu
l’ammutinamento di interi reparti.
Comunicato del gen. Cadorna: ”….Ricordo che non vi è altro mezzo
idoneo per reprimere reati collettivi che quello di fucilare
immediatamente i maggiori colpevoli e, allorché l’accertamento
delle identità personali dei responsabili non è possibile, rimane
ai comandanti il diritto e il dovere di estrarre a sorte tra gli
indiziati alcuni militari e punirli con la pena di
morte...”(provvedimento della decimazione).
Dal "Diario di Guerra" di Michele De Lucreziis (cittadino crispianese a cui è stata intitolata una via).
"29.8.1917 - Il Primo battaglione del 157 Fanteria, mantiene quel tratto di linea che va dal Dente al Corno del Pasubio, la 3a compagnia ha il cosiddetto Cappello del Carabiniere, un cucuzzolo con due vallette laterali, nella Val Caprara, una facile via d'accesso pel nemico che tentasse di venire in forze, per cui è posizione da difendere fino all'ultimo uomo e vi sono i reticolati da gettare nei camminamenti perchè nessuno esca dalla trincea, ed il servizio vi è rigoroso specie di notte. Non mi pareva vero di trovarmi così vicino al nemico il quale nella notte si sentiva lavorare sul suo Dente e da esso rotolava giù detriti e ciottoli tolti a qualche galleria che andava scavando nell'interno. E mi davano un senso di misteriosa stranezza quelle vedette riparate dietro un mucchio di sassi e incappucciate, con l'occhio a scrutare nel buio o nella nebbia dinanzi e con l'orecchio teso a tutti i rumori; la parola d'ordine da esse richiesta al passaggio di chiunque, e poi nella galleria del corpo di guardia quei visi di soldati insonniti rischiarati da una lucerna fioca, alcuni sonnecchiavano seduti, altri fumavano, qualcuno chiacchierava con stanchezza, mentre dei minatori nel fondo della caverna facevano sentire i colpi monotoni e cadenzati del piccone. Veniva poi il giorno, si usciva all'imbocco della caverna a vedere il cielo e godere un po'
di sole; verso mezzogiorno portavano da mangiare in una cesta per me e per l'altro aspirante con cui ero in servizio, e si pranzava in fondo alla galleria dove i minatori avevano smesso di lavorare in una specie di nicchia di circa un metro cubo seduti su delle casse vuote di bombe e rischiarati da una lucerna fatta con una bomba Sipe vuota. Eravamo dunque ritornati all'età della pietra, fra i trogloditi! Ma perchè ci si trovava in quella caverna? E, come mai si era balzati d'un tratto tanti secoli indietro? Tutto mi pareva stranezza e mistero, e avevo delle sensazioni nuove come se fossi rinato ad un'altra vita, in altra epoca remotissima, fra una generazione ancora molto primitiva".
*Da "Giovanni Casavola e la sua Poesia" di Pietro Speziale
Riscossa
Sorgi, o Italia, ai tumulti cruenti
che il tuo fato novello t'impose,
fra le gare di libere genti,
coronata dall'Alpi nevose,
sorgi e salpa coll'anima altera
sul tuo mar che fremente ti serra:
nel fragor de la vindice guerra
la tua Stella a brillare tornò!
......
Vittoria
......
Fummo divisi e deboli,
l'amor ci unì più saldi:
dal Piave i fanti balzano
col cor di Garibaldi...
Fuor dall'Italia, o barbari!
sul sacro suol risuona,
la baionetta luccica,
oltre il Danubio sprona.
......
* Giovanni Casavola, padre di "don Manlio", fu Maestro, Segretario comunale, Esperto in materia giuridica, economica ed amministrativa. Morì il 27 marzo del 1932, all'età di 72 anni.
SU "NOTIZIE, EVENTI ASSOCIAZIONE " (sito Minerva): "Indimenticabile Gianni Brera"
Dal "Diario di Guerra" di Michele De Lucreziis (cittadino crispianese a cui è stata intitolata una via).
"29.8.1917 - Il Primo battaglione del 157 Fanteria, mantiene quel tratto di linea che va dal Dente al Corno del Pasubio, la 3a compagnia ha il cosiddetto Cappello del Carabiniere, un cucuzzolo con due vallette laterali, nella Val Caprara, una facile via d'accesso pel nemico che tentasse di venire in forze, per cui è posizione da difendere fino all'ultimo uomo e vi sono i reticolati da gettare nei camminamenti perchè nessuno esca dalla trincea, ed il servizio vi è rigoroso specie di notte. Non mi pareva vero di trovarmi così vicino al nemico il quale nella notte si sentiva lavorare sul suo Dente e da esso rotolava giù detriti e ciottoli tolti a qualche galleria che andava scavando nell'interno. E mi davano un senso di misteriosa stranezza quelle vedette riparate dietro un mucchio di sassi e incappucciate, con l'occhio a scrutare nel buio o nella nebbia dinanzi e con l'orecchio teso a tutti i rumori; la parola d'ordine da esse richiesta al passaggio di chiunque, e poi nella galleria del corpo di guardia quei visi di soldati insonniti rischiarati da una lucerna fioca, alcuni sonnecchiavano seduti, altri fumavano, qualcuno chiacchierava con stanchezza, mentre dei minatori nel fondo della caverna facevano sentire i colpi monotoni e cadenzati del piccone. Veniva poi il giorno, si usciva all'imbocco della caverna a vedere il cielo e godere un po'
di sole; verso mezzogiorno portavano da mangiare in una cesta per me e per l'altro aspirante con cui ero in servizio, e si pranzava in fondo alla galleria dove i minatori avevano smesso di lavorare in una specie di nicchia di circa un metro cubo seduti su delle casse vuote di bombe e rischiarati da una lucerna fatta con una bomba Sipe vuota. Eravamo dunque ritornati all'età della pietra, fra i trogloditi! Ma perchè ci si trovava in quella caverna? E, come mai si era balzati d'un tratto tanti secoli indietro? Tutto mi pareva stranezza e mistero, e avevo delle sensazioni nuove come se fossi rinato ad un'altra vita, in altra epoca remotissima, fra una generazione ancora molto primitiva".
*Da "Giovanni Casavola e la sua Poesia" di Pietro Speziale
Riscossa
Sorgi, o Italia, ai tumulti cruenti
che il tuo fato novello t'impose,
fra le gare di libere genti,
coronata dall'Alpi nevose,
sorgi e salpa coll'anima altera
sul tuo mar che fremente ti serra:
nel fragor de la vindice guerra
la tua Stella a brillare tornò!
......
Vittoria
......
Fummo divisi e deboli,
l'amor ci unì più saldi:
dal Piave i fanti balzano
col cor di Garibaldi...
Fuor dall'Italia, o barbari!
sul sacro suol risuona,
la baionetta luccica,
oltre il Danubio sprona.
......
* Giovanni Casavola, padre di "don Manlio", fu Maestro, Segretario comunale, Esperto in materia giuridica, economica ed amministrativa. Morì il 27 marzo del 1932, all'età di 72 anni.
SU "NOTIZIE, EVENTI ASSOCIAZIONE " (sito Minerva): "Indimenticabile Gianni Brera"
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