Chi sono i borghesi? Nell'11 e
13 secolo i burgenses erano gli abitanti del burgus, cioè di quell'
agglomerato di abitazioni sorte all'esterno della cinta muraria di
una città. Si dedicavano ad attività artigianali e mercantili,
distinguendosi dalla nobiltà terriera e dai contadini. E' la classe
sociale che nei secoli ha sempre guidato la società, sia sul piano
economico che sul piano culturale.
Ma è col trionfo della 2^ rivoluzione industriale (seconda metà dell'800) che la borghesia diventa classe dominante in molti paesi europei. Alcuni borghesi erano ricchissimi, esercitavano professioni prestigiose, come banchieri, grandi industriali, ricchi commercianti. Essi costituivano l'alta borghesia, il loro stile di vita era simile a quello della nobiltà, con cui spesso si imparentavano per mezzo di matrimoni. Poi c'era una media borghesia, formata da avvocati, giudici, notai, professori. E una piccola, formata da impiegati, piccoli commercianti, proprietari di imprese artigianali. Tutti comunque aspiravano a uno stesso modello di vita, basato sul benessere economico (denaro) e sul decoro esteriore (cioè un particolare modo di vestirsi, di comportarsi, di vivere, particolarmente rispettabile e dignitoso). Anche i borghesi di condizione più modesta erano disposti a qualunque sacrificio pur di vivere in modo decoroso, almeno in apparenza. All'interno di questo ceto medio si affermava in maniera netta la separazione tra una sfera definita "pubblica" (in cui si svolgevano gli affari, le relazioni sociali, la vita politica) e una sfera definita "privata" (quella della casa e della famiglia).
Prima la famiglia non era percepita come realtà privata, ma come componente dell'appartenenza sociale e politica: le alleanze tra famiglie determinavano il successo delle varie fazioni; anche i nobili si mostravano in pubblico in occasione di grandi manifestazioni, così come esistevano forme di solidarietà tra le famiglie dei contadini, più che altro per meglio coordinare il lavoro in maniera collettiva.
Ma è col trionfo della 2^ rivoluzione industriale (seconda metà dell'800) che la borghesia diventa classe dominante in molti paesi europei. Alcuni borghesi erano ricchissimi, esercitavano professioni prestigiose, come banchieri, grandi industriali, ricchi commercianti. Essi costituivano l'alta borghesia, il loro stile di vita era simile a quello della nobiltà, con cui spesso si imparentavano per mezzo di matrimoni. Poi c'era una media borghesia, formata da avvocati, giudici, notai, professori. E una piccola, formata da impiegati, piccoli commercianti, proprietari di imprese artigianali. Tutti comunque aspiravano a uno stesso modello di vita, basato sul benessere economico (denaro) e sul decoro esteriore (cioè un particolare modo di vestirsi, di comportarsi, di vivere, particolarmente rispettabile e dignitoso). Anche i borghesi di condizione più modesta erano disposti a qualunque sacrificio pur di vivere in modo decoroso, almeno in apparenza. All'interno di questo ceto medio si affermava in maniera netta la separazione tra una sfera definita "pubblica" (in cui si svolgevano gli affari, le relazioni sociali, la vita politica) e una sfera definita "privata" (quella della casa e della famiglia).
Prima la famiglia non era percepita come realtà privata, ma come componente dell'appartenenza sociale e politica: le alleanze tra famiglie determinavano il successo delle varie fazioni; anche i nobili si mostravano in pubblico in occasione di grandi manifestazioni, così come esistevano forme di solidarietà tra le famiglie dei contadini, più che altro per meglio coordinare il lavoro in maniera collettiva.
La classe borghese tende,
nell'800, a "privatizzare" la vita domestica. La famiglia,
si diceva, doveva garantire "un luminoso, sereno, riposante e
gioioso angolo di paradiso, in un mondo assai poco paradisiaco".
All'interno di questa famiglia i ruoli dei sessi erano ben distinti.
Il marito era il capo indiscusso, la sua autorità su moglie e figli
era riconosciuta da tutti. Il marito borghese riservava a sè le
fatiche, ma anche le soddisfazioni del lavoro, lasciando alla moglie
solo i compiti domestici. Le ricche signore borghesi erano le vere
padrone di casa, come le donne nobili, esse non lavoravano fuori
casa, ma impegnavano il loro tempo a educare i figli, a dirigere la
servitù, ad organizzare opere di beneficenza e ricevimenti mondani.
Incarichi non semplici, dato che si cercava di essere il più
possibile indipendenti da qualsiasi servizio esterno. Il pane, le
conserve erano di fabbricazione casalinga; spesso gli stessi abiti
venivano confezionati a casa dalle donne, che consideravano
quest'arte un divertente passatempo. Nei momenti liberi si dedicavano
anche al ricamo, alla lettura, al disegno, alla musica. I bambini
appena nati venivano affidati a balie, ma molte famiglie preferivano,
col tempo, ospitare in casa la balia, piuttosto che allontanare da sè
il bambino. Alla prima educazione dei figli provvedevano direttamente
le madri, che erano in grado di insegnare a leggere e scrivere.
Nell'alta borghesia l'istruzione proseguiva sotto la guida di
precettori (maestri privati) o di istitutrici, di solito straniere,
che venivano alloggiate in casa. Normalmente l'atteggiamento verso i
bambini era severo e i castighi corporali erano frequenti. Ma già
nell'800 negli ambienti più progrediti si criticava l'uso di
picchiare i bambini.
Alla fine del secolo si cominciò a sviluppare un interesse sempre maggiore per le caratteristiche e i bisogni dell'infanzia. In genere i bambini trattavano sempre con rispetto la madre, o meglio la padrona di casa; la sera si congedavano da lei baciandole la mano. L'accompagnavano ogni giorno a messa, preceduti da un servo che portava in una cesta i libri per la funzione.
Alla fine del secolo si cominciò a sviluppare un interesse sempre maggiore per le caratteristiche e i bisogni dell'infanzia. In genere i bambini trattavano sempre con rispetto la madre, o meglio la padrona di casa; la sera si congedavano da lei baciandole la mano. L'accompagnavano ogni giorno a messa, preceduti da un servo che portava in una cesta i libri per la funzione.
Le donne, in genere, dovevano
essere rispettabili, questo significava prima di tutto essere
riservate, modeste e fedeli nel matrimonio. L'adulterio femminile
nell'800 era severamente condannato dalla legge e dalla società,
mentre era ammesso per gli uomini. Esisteva una doppia morale, cioè
due criteri di giudizio, uno più tollerante (per gli uomini),
l'altro più intransigente (per le donne). La morale del tempo
rendeva difficile la vita delle ragazze madri, e la sorte dei bambini
abbandonati era durissima. Almeno uno su due non riuscivano a
sopravvivere, e gli altri crescevano negli ospizi, circondati dal
disprezzo della società, che vedeva in loro dei probabili futuri
delinquenti (Oliver Twist).
Nonostante le aspirazioni alla privatezza, la borghesia desiderava rendere evidente questo nuovo stile di vita famigliare, desiderava rendere dominanti i valori di quel mondo (il bene, il bello, il giusto), per affermare la propria superiorità morale e politica. La privatezza quindi era fittizia, occorreva dare a quella vita una certa pubblicità, in modo che le classi sociali più alte o più basse, apprezzassero la superiorità dell'etica borghese e dei suoi nuovi modelli di vita.
Nonostante le aspirazioni alla privatezza, la borghesia desiderava rendere evidente questo nuovo stile di vita famigliare, desiderava rendere dominanti i valori di quel mondo (il bene, il bello, il giusto), per affermare la propria superiorità morale e politica. La privatezza quindi era fittizia, occorreva dare a quella vita una certa pubblicità, in modo che le classi sociali più alte o più basse, apprezzassero la superiorità dell'etica borghese e dei suoi nuovi modelli di vita.
L'ambiente famigliare era una
vetrina di esposizione per il mondo e un riparo da essa, mentre i
contadini, che non si curavano della privatezza famigliare,
mostravano la loro pochezza morale.
La rivoluzione industriale, il
pensiero positivistico, la fiducia nella scienza, il ruolo di un
progresso inarrestabile furono condivisi in pieno da questa classe
sociale. Il progetto politico elaborato dalla borghesia fu quello del
liberismo, cioè la piena libertà d'azione degli individui nella
società.
Secondo questo pensiero tutti
sono uguali davanti alla legge; ogni individuo è portatore di
diritti, limitati solo dall'obbligo di non nuocere alla libertà e ai
diritti degli altri: diritto alla libertà di opinione, libertà
sociale (ognuno è libero di spostarsi, di associarsi ad altri per un
fine comune), libertà economica (ognuno è libero di disporre dei
propri beni e di intraprendere iniziative economiche). Lo Stato non
deve limitare la libertà di impresa e di commercio dei privati, ma
deve garantirla e favorirla. Si passa da uno Stato assoluto a uno
Stato di diritto, regolato da leggi costituzionali.
Tra la fine dell'800 e
l'inizio del 900 si visse in modo spensierato, con una carica di
ottimismo, mai conosciuta.
Collezione foto storiche Augusto Liuzzi |
Era la belle èpoque, e
sembrava di vivere nel mondo migliore possibile, l'industria portava
notevoli benefici all'umanità, ma causava anche costi sociali
altissimi. Il sogno di un progresso economico continuo e diffuso,
capace di garantire buone condizioni di vita a tutta la popolazione,
si infranse di fronte alla contraddizioni di tale sogno; cominciò a
salire una protesta sociale, molti intellettuali cominciarono ad
esprimere dei giudizi fortemente critici sulla società borghese,
ritenuta incapace di mantenere le promesse di libertà e uguaglianza
da cui era nata; essa aveva sostituito allo sfruttamento feudale un
nuovo sfruttamento, peggiore e più ingiusto. Gli operai, che
producevano una quota importante della ricchezza collettiva, erano
costretti a vivere in condizioni miserevoli, esclusi dal potere
politico. Molti erano afflitti da povertà e disoccupazione,
all'interno delle fabbriche i bambini venivano sfruttati in modo
vergognoso. Si cominciava a rifiutare l'ordine sociale borghese con i
suoi valori del bello, del buono, del giusto.
L'analisi delle
contraddizioni interne al sistema economico borghese porterà gli
studiosi della questione sociale, cioè i socialisti, sensibili ai
problemi della classe operaia e del proletariato, ad elaborare
diversi pensieri sul modo con cui correggere le storture esistenti,
fino ad auspicare il violento sovvertimento della situazione, con la
rivoluzione comunista di Marx.
Collezione foto storiche Augusto Liuzzi |
Sul piano culturale e
filosofico la fiducia nel razionalismo cominciò ad incrinarsi,
cominciò a vacillare, emergevano spinte irrazionalistiche e dottrine
contrarie al Positivismo. La teoria di Einstein sulla relatività,
quella di Freud, fondatore della psicoanalisi, avevano messo in crisi
l'idea che la scienza fosse l'unico strumento capace di interpretare
la realtà. Per Einstein appariva solo uno dei possibili modelli di
interpretazione della realtà, valido in determinato momento, ma che
poteva quindi essere sostituito da un altro modello, ugualmente
valido. Con la psicoanalisi l'uomo si scopriva incapace non solo di
comprendere e dominare la realtà esterna, ma anche di conoscere e
padroneggiare se stesso; non era più certo della propria identità
personale, perchè governato da pulsioni incomprensibili, provenienti
da una dimensione inconscia, l' Es, spesso in conflitto con le
istanze della ragione e con le regole fissate dal mondo esterno.
La crisi della razionalità e
dell'io individuale si rifletteva anche nell'arte, nella letteratura.
Abbiamo visto le avanguardie
storiche, che seppero esprimere in modo nuovo le inquietudini e i
disagi che percorrevano la civiltà borghese dell'800. Ricordiamo il
Futurismo, con le sue parole in libertà, con il suo linguaggio
irriverente, a volte fatto di slogan, l'Espressionismo, che tradusse
in chiave simbolica l'angoscia e il male di vivere (come diceva
Ungaretti) ricorrendo a forme esasperate tragiche e grottesche (Urlo
di Monck), il Surrealismo, che si esprimeva con tecniche libere le
pulsioni dell'inconscio.
Collezione foto storiche Augusto Liuzzi |
Anche in Italia ci fu questa
contestazione verso la borghesia. A partire dalla seconda metà
dell'800 a Milano era noto il movimento della Scapigliatura, che
rifiutava il perbenismo di una borghesia che non riusciva più a
mascherare, sotto finti idealismi, le sue vere intenzioni, che erano
la corsa al potere e la corsa al profitto.
Gli Scapigliati si
ribellavano alla sua corruzione, alle sue convenzioni, alle sue
falsità, reagendo con atteggiamenti di vita sregolata, rifugiandosi
nei paradisi artificiali dell'alcol, scegliendo spesso la strada del
suicidio. La loro è una polemica esasperata, "non trovando il
bello, ci abbandoniamo all'orrido" (abbracciavano ciò che viene
catalogato come brutto).
Rivendicavano la superiorità
dello spirito sulla materia, erano costretti a praticare un secondo
lavoro redditizio per pagarsi il lusso di scrivere, perchè spesso
rifiutavano di assoggettarsi alle richieste di confezionare notizie e
racconti secondo il gradimento del pubblico borghese.
Altri artisti si rifugiavano
nell'ambito psicologico, o nascondevano la loro polemica verso il
conformismo e la ristrettezza di orizzonti morali della borghesia. I
Crepuscolari, ad esempio, vivono la vita con distacco, tra malinconia
e autoironia, hanno nostalgia di quello splendore ma ne avvertono la
fine, e allora si autocompiangono, "la poesia è una merce di
lusso, bella ma inutile", "il poeta è un malato, non ha
nulla da dire, si vergogna di essere poeta".
Il sogno che si infrange di
più è quello economico e politico: il liberismo e il sistema
democratico imposti in ogni paese europeo iniziarono a cedere il
passo a tendenze autoritarie e reazionarie.
Gli ideali di pace e di
collaborazione mostrarono la loro inconsistenza di fronte alla
diffusione del nazionalismo e dell'imperialismo.
Si arrivò alla rottura degli
equilibri e alla divisione dell'Europa in due blocchi (Triplice
Alleanza e Triplice Intesa).
Tutto questo portò alla
catastrofe del primo conflitto mondiale.
A conclusione sono state lette due poesie del poeta Crepuscolare Guido Gozzano, che riflettono abitudini e stili di vita del ceto borghese.
L'incontro si è concluso con un bouffet a sorpresa. E' stata offerta la tisana di tiglio, accompagnata dalle petites madeleines, per rivivere una pagina dell'opera "La ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust: "la madeleine" (tratta da "Dalla parte di Swann").
n. 67. L’ Università del Tempo
libero e del Sapere ha svolto, con grande partecipazione e interesse, il
suo incontro culturale settimanale “Immagini del passato” all’interno della mostra, con riferimenti ad alcune pagine dell’opera “Ricordi di una vita” di Giovanni Battista Marangi, oggi novantenne, residente a Torre del Lago Puccini (Lucca).
L’esposizione di circa 200 fotografie, hanno fatto rivivere nella
mente dei tanti giovani e meno giovani, che hanno visitato la mostra,
ricordi ormai sbiaditi di vie, strade, angoli suggestivi e persone,
suscitando tante emozioni, motivi di riflessione e considerazioni
sulla vita, sulle aspirazioni, sui desideri di generazioni.
Rivedere la Crispiano di un tempo, con il Canale Lezzitello, che attraversava il centro con l’acqua che scorreva a cielo aperto; la Torre Cacace, con il suo albero di avvistamento sul porto di Taranto; la piazza centrale, piena di gente che chiacchierava sui fatti del giorno, o si attendeva di essere ingaggiati per una giornata di lavoro in campagna; il mercato settimanale e le fiere giù alla “Villa”; via XIV novembre (la vecchia via del Colle), che ricorda la data dell’autonomia comunale; Villa Petruzzi,di proprietà dell’ing. Carlo Natale che ha donato i suoi libri alla Biblioteca Comunale di Crispiano, (oggi proprietà dell’ing. Raffaele Vinci); la Torre Mininni (già Lupoli), dominante nel panorama e suggestiva per il patrimonio storico-artistico in essa conservato.
Tutto questo non può non suscitare interesse per un mondo che ormai non c’è più; è un mondo che è esistito, che ha lasciato traccia di sé, che ha dato i natali alla Crispiano di oggi; che ha visto operare i genitori, gli antenati che, col loro modo di essere, hanno contribuito a far crescere la civica e tranquilla cittadina che oggi vanta Crispiano.
“In quelle foto, in quelle immagini c’ e’ la nostra storia, la nostra cultura , il nostro modo di essere; sono immagini di un passato, del nostro passato, che ci aiutano a scoprire un mondo che non c’è più, ma che è importante per la nostra vita – dice il prof. Speziale – perché ci aiutano a vivere, ci aiutano a crescere, ci aiutano a capire chi siamo veramente e da dove veniamo, ci aiutano ad individuare traguardi utili al nostro avvenire. Testimoniano le opere dei nostri primi amministratori, i sacrifici di quanti hanno dovuto emigrare, di quanti sono restati, di quanti hanno sofferto per un tozzo di pane, per un rifugio, una casa da costruire, un campicello da arare e dissodare”.
Nadia Bombi che ha visitato la mostra, propone di replicare la stessa nelle scuole e commenta: “ho ammirato le vecchie foto esposte e devo dire che siete stati proprio bravi. Il materiale era ottimo ed è stato esposto davvero bene; le didascalie erano semplici ed esaurienti. Un percorso emozionante. Rinnovo i miei ringraziamenti e il mio plauso al prof. Speziale sia per la sua esposizione, sia per la passione profusa, che è riuscita a trasmettere l’emozione di un passato nemmeno tanto remoto”.
Altri visitatori hanno voluto esprimere, sul registro messo a
disposizione, i ricordi e le loro emozioni riconoscendo nelle foto,
luoghi in cui trascorrevano gli anni della fanciullezza e le persone
segnate dal duro lavoro della campagna.
“La reale storia delle nostre passate generazioni – scrive Michele Palazzo – non è altro che il segno tangibile della società, nei caratteri educativi ed esistenziali, che viene tramandata alle nuove generazioni, siamo orgogliosi di aver ricevuto tale dono; si auspica di non dimenticare e soprattutto di imparare, nel doveroso rispetto di quello che eravamo e di quello che siamo”. “Per me dice – Marianna Brandi – questa mostra vuole far vedere la differenza tra il passato e oggi. E’ molto emozionante per me vedere foto antichissime in epoche in cui io non c’ero, vedere com’era il passato prima della mia età, perché io non l’avevo mai vista la mia città. Bella mostra, complimenti ad Augusto Liuzzi e a tutti quelli che hanno partecipato a far sì che questa bellissima mostra potessero ammirarla tutte le persone”.
A conclusione sono state lette due poesie del poeta Crepuscolare Guido Gozzano, che riflettono abitudini e stili di vita del ceto borghese.
“L’Amica
di nonna Speranza” (da I
Colloqui di Guido Gozzano)
Loreto
impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i
fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto),
il
caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i
frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un
qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli
oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco.
Venezia
ritratta a mosaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le
stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le
tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i
dagherrotipi figure sognanti in perplessità,
il
gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e
immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il
cucù dell’ore che canta, le sedie parate adamasco
chèrmisi...
rinasco, rinasco del mille ottocentocinquanta!
[…]
“La
signorina Felicita ovvero la Felicità”
(da I Colloqui di Guido Gozzano)
Signorina
Felicita, è il tuo giorno!
a quest’ora che fai? Tosti il caffè:
e il
buon aroma si diffonde intorno!
O
cuci i lini e canti e pensi a me,
all’avvocato
che non fa ritorno?
E
l’avvocato è qui: che pensa a te.
M’era
più dolce starmene in cucina
tra
le stoviglie a vividi colori:
tu
tacevi, tacevo, Signorina:
godevo
quel silenzio e quegli odori
tanto
tanto per me consolatori,
di
basilico d’aglio di cedrina...
[…]
L'incontro si è concluso con un bouffet a sorpresa. E' stata offerta la tisana di tiglio, accompagnata dalle petites madeleines, per rivivere una pagina dell'opera "La ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust: "la madeleine" (tratta da "Dalla parte di Swann").
Collezione foto storiche Augusto Liuzzi |
Successo della mostra di Liuzzi a Crispiano
Martedì 5 giugno si è chiusa la mostra di foto storiche della collezione privata di Augusto Liuzzi, allestita dall’Associazione “Minerva” nei locali di via R. ElenaRivedere la Crispiano di un tempo, con il Canale Lezzitello, che attraversava il centro con l’acqua che scorreva a cielo aperto; la Torre Cacace, con il suo albero di avvistamento sul porto di Taranto; la piazza centrale, piena di gente che chiacchierava sui fatti del giorno, o si attendeva di essere ingaggiati per una giornata di lavoro in campagna; il mercato settimanale e le fiere giù alla “Villa”; via XIV novembre (la vecchia via del Colle), che ricorda la data dell’autonomia comunale; Villa Petruzzi,di proprietà dell’ing. Carlo Natale che ha donato i suoi libri alla Biblioteca Comunale di Crispiano, (oggi proprietà dell’ing. Raffaele Vinci); la Torre Mininni (già Lupoli), dominante nel panorama e suggestiva per il patrimonio storico-artistico in essa conservato.
Tutto questo non può non suscitare interesse per un mondo che ormai non c’è più; è un mondo che è esistito, che ha lasciato traccia di sé, che ha dato i natali alla Crispiano di oggi; che ha visto operare i genitori, gli antenati che, col loro modo di essere, hanno contribuito a far crescere la civica e tranquilla cittadina che oggi vanta Crispiano.
“In quelle foto, in quelle immagini c’ e’ la nostra storia, la nostra cultura , il nostro modo di essere; sono immagini di un passato, del nostro passato, che ci aiutano a scoprire un mondo che non c’è più, ma che è importante per la nostra vita – dice il prof. Speziale – perché ci aiutano a vivere, ci aiutano a crescere, ci aiutano a capire chi siamo veramente e da dove veniamo, ci aiutano ad individuare traguardi utili al nostro avvenire. Testimoniano le opere dei nostri primi amministratori, i sacrifici di quanti hanno dovuto emigrare, di quanti sono restati, di quanti hanno sofferto per un tozzo di pane, per un rifugio, una casa da costruire, un campicello da arare e dissodare”.
Nadia Bombi che ha visitato la mostra, propone di replicare la stessa nelle scuole e commenta: “ho ammirato le vecchie foto esposte e devo dire che siete stati proprio bravi. Il materiale era ottimo ed è stato esposto davvero bene; le didascalie erano semplici ed esaurienti. Un percorso emozionante. Rinnovo i miei ringraziamenti e il mio plauso al prof. Speziale sia per la sua esposizione, sia per la passione profusa, che è riuscita a trasmettere l’emozione di un passato nemmeno tanto remoto”.
A. Liuzzi, M. Volpe, M. Liuzzi, A Annese |
“La reale storia delle nostre passate generazioni – scrive Michele Palazzo – non è altro che il segno tangibile della società, nei caratteri educativi ed esistenziali, che viene tramandata alle nuove generazioni, siamo orgogliosi di aver ricevuto tale dono; si auspica di non dimenticare e soprattutto di imparare, nel doveroso rispetto di quello che eravamo e di quello che siamo”. “Per me dice – Marianna Brandi – questa mostra vuole far vedere la differenza tra il passato e oggi. E’ molto emozionante per me vedere foto antichissime in epoche in cui io non c’ero, vedere com’era il passato prima della mia età, perché io non l’avevo mai vista la mia città. Bella mostra, complimenti ad Augusto Liuzzi e a tutti quelli che hanno partecipato a far sì che questa bellissima mostra potessero ammirarla tutte le persone”.
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