P. Castronuovo con G. Salvemini |
Presentazione di Silvia Laddomada
Intervento di Paolo Castronuovo
(Poeta,
scrittore, editor. Tra le sue opere in prosa e poesia troviamo:
Labirinti (Stampalibri, 2009); Filo Spinato (Scorpione, 2010);
Ambaradan (Libro d’Artista, 2014); Streghe Ignifughe (Lupo, 2014);
Labiali (Pietre Vive, 2016); L’insonnia dei Corpi (Controluna,
2018). Di prossima pubblicazione a giugno 2018, La Falla Oscura
(Castelvecchi).
È presente in numerose antologie e
in varie riviste e blog letterari. Alcune sue poesie sono state
tradotte in polacco e spagnolo. Collabora con case editrici come
editor.
Appassionato di surrealismo, beat
generation, neoavanguardia, postmodernismo...).
Giacomo Salvemini è un poeta,
un critico letterario e un attore. Ha pubblicato, fin dal 1979,
numerose raccolte di poesia; con "Via
Convertino 10"
siamo alla decima opera pubblicata.
(Queste le altre opere: "Orme sulla terra insala", 1979; "Strapiombi e raggi d'amore", 1986; "Scogli", 1987; "Al ronzio dei rami in amore", 1993; "Tra labra di marea", 1996; "Promenade" è "Il Canto della Megasttera", 2000; "Venti dell'amore oscuro", 2005; "Dalla tana di tufo", 2009).
(Queste le altre opere: "Orme sulla terra insala", 1979; "Strapiombi e raggi d'amore", 1986; "Scogli", 1987; "Al ronzio dei rami in amore", 1993; "Tra labra di marea", 1996; "Promenade" è "Il Canto della Megasttera", 2000; "Venti dell'amore oscuro", 2005; "Dalla tana di tufo", 2009).
Giacomo ha recitato in diversi
cortometraggi, in opere teatrali e in film.
Ha recitato con Paola Gassman,
con Vanessa Gravina e Marco Morelli, diretti da Rina Lagioia.
La corrente letteraria in cui
si inserisce la produzione del nostro poeta e sostenitore della
nostra Università è quella della Neoavanguardia e del neo
Sperimentalismo. Siamo nel secondo dopoguerra, siamo negli anni
Sessanta, gli anni del boom economico, della televisione, dei mass
media, gli anni del consumismo. Questa società del benessere riduce
l'arte, la cultura a merce, soggetta alle leggi della domanda e
dell'offerta.
Numerosi intellettuali, mossi
da un rinnovato impegno sociale, assumono una posizione critica nei
confronti della massificazione culturale indotta da questa società.
Riprendendo la lezione formale delle Avanguardie storiche del primo
Novecento (Futurismo,
Dadaismo, Surrealismo),
essi si fanno interpreti nelle loro opere di un polemico rifiuto
della "società
del benessere",
denunciandone le storture e i rischi di omologazione delle coscienze
ai modelli proposti dall'industria culturale.
Essi denunciano l'uso del linguaggio banalizzato dai media, e si impegnano nella ricerca di una lingua nuova, in grado di riprodurre il caos e il disordine nella modernità.
Essi denunciano l'uso del linguaggio banalizzato dai media, e si impegnano nella ricerca di una lingua nuova, in grado di riprodurre il caos e il disordine nella modernità.
Prevale successivamente un esasperato sperimentalismo formale, quasi un rifugio nel privato o il rifugio in un'arte intesa come puro gioco intellettualistico. Queste tendenze sperimentali e neo avanguardistiche sono presenti soprattutto in Francia, ma è fondamentale l'esperienza della beat generation (beata, libera da convenzioni), fiorito negli anni '50 a S. Francisco e a New Jork.
In ambito italiano al filone
sperimentale si collega un gruppo di intellettuali che ruota intorno
alla rivista "Officina",
fondata da Pier Paolo Pasolini.
Più innovative, sul piano
formale, sono le soluzioni portate avanti dal "Gruppo
'63". A questo
movimento, che prende il nome di Neoavanguardia, si collegano poeti
sperimentali con Elio Pagliarini, Edoardo Sanguineti, e poi Zanzotto.
a loro si collega il nostro amico Giacomo Salvemini.
Sul versante della narrativa
lo sperimentalismo della Neoavanguardia si manifesta nella tendenza a
far emergere l'incomunicabilità e la solitudine dell'uomo moderno.
Per la poesia, Sanguineti scompone le regole sintattiche del linguaggio tradizionale, non ha alcuna pretesa di comunicazione immediata, in senso provocatorio egli vuol far emergere il senso di profonda alienazione dell'uomo contemporaneo, che il linguaggio poetico corrente non sa esprimere. Egli cerca una nuova lingua, che permetta al poeta di ritrovare ed esprimere l'essenza della realtà, il nucleo profondo del proprio io.
Per rinnovare la lingua
Zanzotto attinge ad ambiti diversi: al linguaggio della scienza,
della psicanalisi, ai giochi fonici, al linguaggio infantile e
pregrammaticale, alle lingue classiche, al lessico aulico della
tradizione letteraria.
Ne nasce una poesia oscura e
complessa, che non scaturisce dal desiderio di provocare la reazione
scandalizzata del lettore, ma si distingue per il suo carattere
lirico, legato all'idea del poeta come ricercatore di una verità
assoluta, convinto che questa ricerca di senso sia destinata a
fallire di fronte all'ostinato non-senso della realtà, o al massimo
permetterà il raggiungimento di verità provvisorie e instabili,
annunciate con amara ironia. Alla poesia è affidato il
compito altissimo di creare e conoscere il mondo, destinato però a
risolversi a un fallimento: l'autore non cessa di inseguire il senso
ultimo delle realtà, ironicamente consapevole che esso non esiste. All’incontro è intervenuto
Paolo Castronuovo, poeta e scrittore, curatore della pubblicazione
del libro, per conto della casa editrice Controluna, Roma, il quale
ha avviato col poeta Giacomo Salvemini un interessante colloquio
poetico, integrato da osservazioni e interventi degli amici presenti
che hanno “interrogato”
il poeta ed espresso le loro interpretazioni e i loro sentimenti.
“Via Convertino 10”
è degno dell’eredità di una penna - scettro zanzottiana, ha detto
Castronuovo. Il titolo può ricordare il famoso “Via
Paolo Fabbri 43”
di Guccini, ma è tutt’altro, c’è in comune solo la residenza
dell’artista come appellativo. Difatti Salvemini struttura il suo
poema, sia nelle strofe che nel numero dei versi, a seconda della
planimetria del condominio nel quale risiede. Si parte dalla rampa
ingresso, per passare al piano rialzato e arrivare ai vari interni,
fino all’interno 9, quello della sua abitazione, dove troviamo un
acrostico che sta ad indicare il suo cognome scritto sul campanello,
e poi il terrazzo.
Sono questi i titoli di alcuni
capitoli, scaglioni pungenti che aprono la carne e lasciano scorrere
flussi joyciani. Il numero dei versi coincide con scalini, numero di
inquilini, grandezza degli appartamenti (un solo verso per “cantina”,
vano piccolo).
“Via Convertino 10”
è un progetto poetico innovativo, che va dal geografico-topografico,
al matematico, ma è pregno di una poesia sperimentale senza
precedenti. Una avanguardia possibile anche alla fine della seconda
decade del 2000, nella quale Giacomo Salvemini ci delizia con la
fantasia del suo verbo, delle sue sperimentazioni letterarie, della
miriade di neologismi usati.
Parla Giacomo Salvemini:
“All’interno di ogni lirica c’è il mio Io interiore”
“All’interno di ogni lirica c’è il mio Io interiore”
“All’inizio
sono state frasi tracciate su fogli riciclati, poi è nata l’idea
di costruire un palazzo, una struttura, un contenitore, in cui ho
inserito il mio pensiero, i miei valori, attraverso un fluire
ininterrotto di parole”.
“La
mia poesia è un microcosmo, che abbraccia l’attualità, il mondo
che mi circonda: vivo nel presente, ma guardo indietro e avanti, se
non riesci ad abbracciare, che poeta sei?”.
“Se
non si protesta, a che serve scrivere? Si scrive protestando, in modo
che si cresca; in una nazione libera, possiamo esprimere liberamente
il nostro pensiero, e da lì ricavare il nocciolo della questione”.
“Il
poeta è un servo della penna, della scrittura”.
“L’assenza
di punteggiatura amplia i significati”.
“Il
poeta è un fallito se si chiude in se stesso. La parola è sacra, è
un macigno, deve far traballare, se il poeta non mette lo sgambetto
non è un poeta, è una scartina”.
“Non
chiedete spiegazioni ai miei versi, leggete più volte, lasciatevi
trasportare dal fiume fluido delle parole”.
Pag. 49 - strofa 6
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