giovedì 14 dicembre 2017

Natale: poesia e tradizioni

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In un clima di convivialità e di calda atmosfera natalizia, il prof. Pietro Speziale ha offerto l’opportunità di rivivere, con nostalgia, i preparativi per Natale di 50 anni fa.

Il Presepe realizzato con le pietre o con i ceppi ricoperti di carta, l’odore del muschio appena raccolto, i personaggi, sempre gli stessi, per più generazioni, non importa se ammaccati. In cucina, odore di miele, di olio fritto in cui galleggiavano i porcellini, da consumare rigorosamente a Natale.

La vigilia, niente pranzo, si cenava alle 17, poi si andava a Messa a mezzanotte, la Notte Santa, che anche i piccoli vivevano con spirito di riverente rispetto per il Bambinello. Al ritorno si accendeva il lumino nella Grotta del Presepe fatto a casa. Al mattino di Natale, era tradizione porgere gli auguri di Natale ai nonni, agli zii. E poi il rito del pranzo, tutta la famiglia riunita, con i dolci, porcellini e le soffici pettole finali, rispettosamente non toccati prima del grande giorno.
E come terminava quel pranzo? Con la letterina del bimbo di turno, nascosta sotto il piatto di papà, da leggere sotto lo sguardo tenero della mamma e il sorriso incoraggiante dei commensali, e la poesia, da recitare in piedi sulla sedia. E infine tutti a giocare a tombola. Che tempi! Si è voluta ricreare quell’atmosfera. Sono state lette poesie sul Natale, di Santa Teresa di Calcutta, di Ungaretti, Pascoli, Rodari, Quasimodo, Heinrich Heine e D’Annunzio. Poi grande tombolata “napoletana”,con premi e bouffet finale.
                                                                   
                                                                          Silvia Laddomada


                                                              

                                                                
E' NATALE
Madre Teresa di Calcutta                                                             
                                         
È Natale ogni volta                                                                                       
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l'altro.
È Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
È Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
È Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.


                                                                                  
Natale di
Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare


 NATALE DI UNGARETTI SPIEGAZIONE - In questa poesia dedicata al Natale Ungaretti racconta del suo ritorno a casa dal fronte della Prima Guerra Mondiale. E' tornato a casa in licenza, ma è stanco e non vuole fingere di dimenticare neanche per un po’ le atrocità della guerra, tuffandosi tra la gente e nella città in festa. E' il Natale del 1916 e Ungaretti è in licenza a Napoli dove, per un po', abbandona i pesaggi di guerra. Nel poeta pero' non c'è voglia di festeggiare: Ungaretti invoca solitudine ed il suo stato d'animo viene trasmesso anche dall'assenza di punteggiatura del testo poetico: un discorso unico composto da segmenti brevi che trasmette nel lettore grande forza evocativa.


                                  Poesia di Giovanni Pascoli
                                           Le Ciaramelle


Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
 

GIANNI RODARI: LO ZAMPOGNARO


Se comandasse lo zampognaro
Che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale? “Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d'oro e d'argento”. Se comandasse il passero
Che sulla neve zampetta,
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso
tutti i doni sognati
più uno, per buon peso”. Se comandasse il pastore
Del presepe di cartone
Sai che legge farebbe
Firmandola col lungo bastone? “Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”. Sapete che cosa vi dico
Io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
Accadranno facilmente; se ci diamo la mano
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l'anno.


IL PRESEPE

di Salvatore Quasimodo *


Natale. Guardo il presepe scolpito
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.

Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.

Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure in legno ed ecco i vecchi
del villaggio e la stalla che risplende
e l'asinello di colore azzurro.


Pace nel cuore di Cristo in eterno, 
        ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.        

* Osserva la pace del presepe, che si contrappone all'inquietudine degli esseri umani.


Poesia di Heinrich Heine
I Tre Santi Magi

I tre santi Re Magi dall’Oriente
chiedono in ogni piccola città:
«Cari ragazzi e giovinette,
dite, la strada per Betlemme è per di qua?»
Né i giovani né i vecchi non lo sanno
e i tre Re Magi sempre avanti vanno;
ma una cometa d’oro li conduce
che lassù chiara e amabile riluce.
La stella sulla casa di Giuseppe
ecco s’arresta: là devono entrare.
Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
e i tre Re Magi prendono a cantare.


 I RE MAGI

di Gabriele D'Annunzio

  La notte era senza luna; ma tutta la campagna risplendeva di una luce bianca e uguale come il plenilunio, poiché il Divino era nato; dalla campagna lontana i raggi si diffondevano....
Il Bambino Gesù rideva teneramente, tenendo le braccia aperte verso l'alto, come in atto di adorazione; e l'asino e il bue lo riscaldavano col loro fiato, che fumava nell'aria gelida.
La Madonna e San Giuseppe di tratto in tratto si scuotevano dalla contemplazione, e si chinavano per baciare il figliolo.
Vennero i pastori, dal piano e dal monte, portando i doni e vennero anche i Re Magi. Erano tre: il Re Vecchio, il Re Giovane e il Re Moro.
Come giunse la lieta novella della natività di Gesù si adunarono.
E uno disse:
- È nato un altro Re. Vogliamo andare a visitarlo ?
- Andiamo - risposero gli altri due.
- Ma con quali doni?
- Con oro, incenso e mirra.
Nel viaggio i Re Magi discutevano animatamente, perché non potevano ancora stabilire chi, per primo, dovesse offrire il dono.
Primo voleva essere chi portava l'oro. E diceva: - L'oro è più prezioso dell'incenso e della mirra; dunque io debbo essere il primo donatore.
Gli altri due alla fine cedettero. Quando entrarono nella capanna, il primo a farsi innanzi fu dunque il Re con l'oro.
Si inginocchiò ai piedi del bambino; e accanto a lui si inginocchiarono i due con l'incensi e la mirra.
Gesù mise la sua piccoletta mano sul capo del Re che gli offerse l'oro, quasi volesse abbassarne la superbia. Rifiutò l'oro; soltanto prese l'incenso e la mirra, dicendo: - L'oro non è per me!


mercoledì 13 dicembre 2017

Grafica e Comunicazione Pubblicitaria

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Francesco Piccolo, designer


Il perno centrale della comunicazione pubblicitaria è il Prodotto, riconosciuto come bene fisico (oggetto tangibile), ma che dobbiamo comprendere come bene immateriale (servizio, app, idea, diritto, valori).

La comunicazione è compiuta dall’Azienda (non solo fabbrica), ma anche da persone, pubbliche amministrazioni, entità politiche e religiose. Il soggetto, con l’intenzione di comunicare, ha nel suo messaggio la finalità di “vendere e diffondere” un Prodotto o un Servizio.

Destinatari dei messaggi siamo tutti noi consumatori (target), bersagli da convincere, motivare e indurre all’acquisto.



Negli ultimi trent’anni il mercato è saturato da una miriade di Aziende concorrenti che con i loro Prodotti si propongono di conquistare l’attenzione del pubblico. La comunicazione pubblicitaria è parte fondamentale del business integrata al processo produttivo aziendale.
Il Marketing identifica nel concetto astratto di Marca i Prodotti o Servizi di uno o più venditori al fine di differenziarli da altri offerti dalla concorrenza. La creazione della Marca avviene attraverso la progettazione, la rappresentazione e la combinazione di questi elementi comunicativi: nome (logo), simbolo/disegno (marchio), slogan (claim), una musica, un’animazione, una confezione, un colore e una forma.
Il designer, l’artista, il consulente di marketing e il grafico sono i creatori dell’Identità dell’azienda e dell’Immagine di marca per i consumatori.

Già nel 1957 l’americano Vance Packard, nel suo libro “I persuasori occulti”, sostenne che i pubblicitari usavano le più sofisticate tecniche psicologiche per indurre il pubblico all’acquisto, facendo leva sulle dinamiche                 incontrollate.
È molto importante, ed anche molto complicato, riuscire a capire che cosa spinge gli uomini a compiere un’azione o una scelta, che cosa può indurre, dunque, un ipotetico consumatore ad acquistare o meno un prodotto e poi a preferire una marca piuttosto che un’altra.

Un riconoscimento percettivo che inizialmente dovrebbe essere razionale (scelta oggettiva per la funzione, per il prezzo...) ma che si trasforma in desiderio (decisione emotiva per simpatia, prestigio, lusso, potere...).

Nella società contemporanea questo tipo di comunicazione è diventato particolarmente complesso: da un lato c’è l’aspetto puramente commerciale di vendita, dall’altro la Pubblicità si muove in un sistema di valori di cui si serve, come idee, motivazioni, sogni, desideri, valori e credenze.

Una delle metodologie utilizzate, perchè molto efficace, è la Campagna Pubblicitaria che veicola messaggi di una stessa idea, ben coordinati tra loro, trasmessi in maniera continua nel tempo.

Prima di iniziare una Campagna, l’agenzia opera dei sondaggi per verificare la comprensione, l’interpretazione e le eventuali associazioni di idee che il messaggio pubblicitario riesce a evocare.

La Pubblicità, dunque, agisce su due piani differenti – il piano comunicativo del messaggio e il piano della situazione d’acquisto – entrambi finalizzati al raggiungimento di obiettivi aziendali concreti. Sul piano del messaggio, gli obiettivi sono: attirare l’attenzione; far comprendere le informazioni; suscitare adesione al contenuto; stimolare una risposta emozionale. Sul piano della situazione d’acquisto, gli obiettivi sono: creare notorietà al prodotto; generare un atteggiamento favorevole verso di esso; stimolare una propensione all’acquisto.
Esistono diversi tipi di pubblicità e differenti mezzi di comunicazione con i quali i consumatori vengono contattati: stampa, video/spot televisivi, cinema, radio, internet, app, social network.
La Pubblicità nel mondo contemporaneo è onnipresente, non solo come rappresentazione della realtà, ma come copia enfatizzata di essa. Modifica pian piano l’immaginario collettivo e stimola la ricerca di nuovi stili di vita, tendendo a uniformare le nostre diversità e individualità ad un unico modello di vita “costruito”.

Abbina ai vari Prodotti immagini e significati immateriali che attinge da un contesto culturale noto e condiviso da tutti o quasi.

Un esempio peculiare è l’uso volgare e spropositato che viene fatto del corpo della donna in pubblicità.

In passato il ruolo femminile in Pubblicità ha subito continue modifiche: da casalinga e mamma allegra e rassicurante fino agli anni ’60, a donna oggetto del desiderio maschile post liberazione sessuale degli anni ’70, a donna “apparentemente” protagonista, libera e dedita a se stessa dagli anni ’90 in poi. Donne con espressioni rassicuranti, se si tratta di prodotti per la casa, cibo o prodotti per bambini, ma anche donne ammiccanti, il cui corpo viene mostrato a “pezzi” e quindi rese oggetto del desiderio maschile.
Siamo passati dai tempi in cui la donna non lavorava ed era sottomessa al ruolo del marito, ai tempi in cui la donna è economicamente indipendente ed è libera nelle proprie scelte: sposarsi, costruire una famiglia, avere dei figli.

Nella Pubblicità attuale, la donna è mostrata finalmente libera... Ma siamo sicuri che sia davvero così?

A tal proposito è opportuno visitare il sito www.iap.it (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) che ha come finalità la tutela del cittadino contro la Pubblicità scorretta e immorale che offende le donne e la società tutta.