giovedì 30 novembre 2017

Shelf Marketing, il marketing dello scaffale di Angela Miola

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Dott.ssa Angela Miola
Shelf Marketing, il marketing dello scaffale
Lo Shelf Marketing (il marketing dello scaffale) non è un’arte, ma il risultato di una strategia ben congegnata per attirare l’attenzione del consumatore e indirizzarlo verso l’acquisto con il conseguente incremento delle vendite.
Osserviamo la disposizione negli scaffali dei diversi prodotti, l’inizio e la fine di ogni corsia, gli scaffali ad altezza d’occhio e gli spazi vicini alle casse riservati a generi selezionati con particolare attenzione, così come la merce posta alla destra dei prodotti di grande richiamo.
Questo perché siamo abituati a leggere da sinistra a destra e i nostri occhi tendono naturalmente a seguire questo movimento anche davanti a uno scaffale. Oltre a queste tecniche un contributo importante alla definizione delle strategie di vendita e disposizione dei prodotti arriva dalla tecnologia.
L’istituto ID Magasin, specializzato in ricerche comportamentali e di mercato, ha messo a punto un dispositivo per registrare ciò che il cliente guarda da quando entra a quando esce dal punto vendita scoprendo che l’area più osservata negli scaffali è a circa 20 centimetri al di sotto del nostro orizzonte visivo.
Quindi, un prodotto collocato a un metro e mezzo d’altezza ha la massima percentuale d’essere notato e, spesso, acquistato. Anche le telecamere di sorveglianza consentono di riportare i movimenti dei clienti e di differenziare i percorsi di chi fa la spesa per la cena, per la giornata o per la settimana allo scopo di pianificare il posizionamento dei prodotti e incrementare le vendite.
Partendo da layout e format prestabiliti: frutta, verdura sono posti all’ingresso perché colore e profumo concorrono ad attirare l’attenzione del cliente; i prodotti freschi e i surgelati, generalmente i più ricercati e venduti, sono disposti sul lato opposto rispetto alle casse costringendo il cliente ad attraversare le diverse corsie con scaffali riempiti spesso di prodotti generici.
Pane, latte, uova e beni di prima necessità sono anch’essi sempre lontani dall’ingresso, mentre le acque minerali, che pesano e ingombrano sono sempre alla fine del percorso. Malgrado esistano segnaletiche poste in alto e quindi quasi mai lette, non viene indicato dove si trovano taluni prodotti necessari ma con modeste rotazioni.
Quello generalmente più difficile da trovare è il sale, seguito dallo zucchero, sistemati strategicamente in qualche angolo seminascosto, che obbliga il consumatore a ripercorrere più volte le varie corsie spingendolo “involontariamente” ad acquistare qualcos’altro. Come prodotti di profumeria confusi tra i prodotti per l’igiene personale gravati, inoltre, dal vincolo di un assortimento modesto ed economico onde non contrastare le profumerie vere e proprie sistemate nelle gallerie.
Ovvio che ciò ha per obiettivo precipuo di farci restare all’interno del magazzino il più a lungo possibile perché più prodotti vediamo, più ne compriamo compiendo quello che gli osservatori chiamano “acquisti d’impulso”.
Anche la posizione di giocattoli, patatine, merendine e snack vari non è casuale. Sono disposti nelle isole centrali alla portata dello sguardo dei bambini.
Conclusioni                                                                  


In sintesi, queste sono alcune delle strategie di vendita usate dalla GDO per soddisfare la clientela ma soprattutto per incrementare i propri fatturati. Niente è casuale nell’organizzazione spaziale del supermercato, tutto è disposto e adattato per invogliarci a comprare.
L’ultima parola comunque, nella maggior parte dei casi, spetta noi. Dobbiamo essere noi consumatori a decidere. È solo una questione di volontà e di attenzione quando si va a fare la spesa e non farsi attrarre troppo dalle strategie di vendita che ci inducono a troppi acquisiti, spesso inutili sia per la nostra salute sia per il nostro portafoglio.

I 7 ELEMENTI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEI CONSUMATORI

Vi è mai capitato di chiedervi perché avete comprato un determinato prodotto o servizio oppure perché le persone comprano una marca piuttosto di un’altra? La risposta non dipende solamente da bellezza, qualità, prestazioni, etc. del prodotto o servizio, ma va ricercata anche in altri elementi che influenzano il comportamento di acquisto del consumatore medio.
Analizzeremo, quindi, quali sono questi elementi e come mai influenzano le decisioni d’acquisto dei clienti, riportando alcuni esempi pratici di aziende note che sfruttano questi fattori per rendere più appetibili i propri prodotti.

1. LE EMOZIONI: I PILOTI DELLE DECISIONI 

D’ACQUISTO


nel momento in cui si prende una decisione per il 95% è guidata dalle emozioni. Anche se il prodotto in questione è “peggiore” di un altro, noi sceglieremo comunque il primo se ci ha fatto vivere delle emozioni intense. Non ne siete convinti? Eccovi allora un esempio pratico: PEPSI CONTRO COCA-COLA: UNA SFIDA DI GUSTO ED EMOZIONINel 1975 l’azienda americana Pepsi-Cola produttrice della bibita Pepsi, per capire come mai fosse sempre un passo indietro rispetto alla rivale Coca-Cola, ha imbastito la “Pepsi Challenge:ovvero una prova di assaggio in cui i partecipanti, dopo aver bevuto un sorso delle due bibite, senza sapere quale fosse una e quale l’altra, dovevano comunicare quale prediligevano.
E’ risultato che più della metà dei partecipanti preferiva il gusto della Pepsi. Nonostante questo esito positivo per la Pepsi, comunque, le vendite della Coca-Cola erano superiori. Quindi Pepsi-Cola ha riproposto la “Pepsi Challenge” nel 2003, questa volta però dicendo preventivamente ai partecipanti il contenuto dei bicchieri ed utilizzando delle macchine che “leggono” il cervello. Risultato? Il 75% dei soggetti preferiva la Coca-Cola. Dalle scansioni celebrali è emerso che ai partecipanti si attivava l’area del cervello che controlla le emozioni durante l’assaggio della Coca-Cola. La parte emozionale quindi prevaleva sulla parte razionale (che decretava effettivamente migliore il gusto della Pepsi), in quanto le emozioni hanno sempre la meglio rispetto alla ragione. Da questo punto di vista la Coca-Cola era più coinvolgente perché in grado di far rivivere le emozioni relative ai ricordi piacevoli legati alla bibita (chi non ricorda le famose pubblicità emozionali soprattutto legate al Natale, alle pizzate con gli amici, pranzi e cene in famiglia, etc.).
Quindi i brand che coinvolgono emotivamente, la spunteranno sempre, perché le emozioni sono il modo con cui il cervello codifica le “cose di valore”
                                                                           

2. PRODUCT PLACEMENT
QUANDO IL PRODOTTO E’ AL POSTO GIUSTO NEL MOMENTO GIUSTO


I brand sono sempre più presenti anche nei programmi televisivi, perché ne fanno da sponsor. Ma perché alcuni sponsor vengono ricordati ed aumentano le vendite ed altri no? Lo spieghiamo attraverso uno studio condotto in America.
AMERICAN IDOL: QUANDO GLI SPONSOR FANNO PARTE DELLA TRASMISSIONE”
Nel 2002 è stato trasmesso il programma American Idol (l’equivalente del nostro X-Factor), i cui sponsor erano Coca-Cola, Cingular Wireless e Ford e che partecipavano agli stacchi pubblicitari tramite alcuni spot della durata di soli 30 secondi. I primi due sponsor, inoltre, avevano richiesto che venissero inseriti i loro prodotti anche all’interno del programma. Questa decisione si è rivelata vincente, in quanto permetteva ai brand di bypassare i muri difensivi che la mente crea per proteggerci dal bombardamento pubblicitario. Ciò è stato dimostrato da uno studio condotto su 400 soggetti che sono stati equipaggiati con elettrodi capaci di “leggere” il cervello, per misurare il coinvolgimento emotivo (ovvero l’interesse per ciò che guardano) ed il ricordo.
Ai volontari sono state mostrate alcune immagini dei loghi relativi ai prodotti che comparivano nel programma (definiti branded) ed altre immagini con invece i prodotti presenti nei 30 secondi di pubblicità (chiamati non branded). Successivamente hanno fatto vedere ai soggetti un’edizione speciale di American Idol ed i loghi (branded e non branded) tre volte di fila, in modo da capire se i volontari si ricordavano o meno quali loghi avevano visto durante la trasmissione.
Questa operazione era necessaria perché il ricordo del prodotto è la misura per verificare l’efficacia della pubblicità.
Dai risultati è emerso che, dopo la visione della trasmissione, i prodotti branded, ovvero quelli inseriti nel programma e parte di esso, venivano ricordati maggiormente al punto che avevano cancellato dalla memoria degli spettatori gli altri marchi. Questo successo è stato possibile perché i prodotti branded erano parte integrante nella storia mentre gli altri marchi presenti negli spot da 30 secondi vengono catalogati come pubblicità e quindi rimossi perché non si creava un collegamento emotivo fra concorrenti e marchio e quindi nemmeno fra spettatori e marchio.

3. NEURONI SPECCHIO E DOPAMINA: L’ACQUISTO CHE SCATTA PER IMITAZIONE


I neuroni specchio sono dei neuroni che si attivavano quando si compiono dei movimenti, ma anche quando si osservano le altre persone fare determinate azioni. Questi neuroni spiegano perché a volte si imita il comportamento di altre persone senza rendersene conto (per esempio il bambino replica la linguaccia quando la vede fare dal genitore, capita di sorridere quando qualcuno è felice o di soffrire se invece prova dolore, etc.) e vengono considerati anche i responsabili dell’empatia umana: ovvero ci mettono in sintonia con i sentimenti degli altri perché inviano un segnale alla regione del cervello che governa le emozioni.
Questi elementi incidono anche sul perché compriamo un determinato prodotto o servizio: i consumatori imitano il comportamento d’acquisto delle altre persone, per cui se, per esempio, vedono una modella bella, slanciata, sicura di sè che porta determinati vestiti, coscientemente o meno, verrà loro voglia di indossare gli stessi vestiti della modella per avere il suo stesso aspetto ed atteggiamento.
Inoltre i neuroni specchio collaborano con la dopamina, una sostanza complice di guidare gli acquisti perché provoca un’ondata di benessere, piacere e ricompensa che induce l’istinto a continuare ad acquistare soprattutto quanto i prodotti o servizi possono contribuire a migliorare il proprio status sociale.
Quindi i neuroni specchio, che aggirano il pensiero razionale e inducono le persone ad imitare chi già possiede quel prodotto, insieme alla dopamina che provoca un senso di benessere e di un’immagine di sé migliorata, hanno entrambi un peso molto rilevante sulle scelte d’acquisto.
CASE STUDIES:
ABERCROMBIE&FITCH
Il legame fra neuroni specchio e dopamina si riscontra in quei brand di moda, come per esempio Abercrombie&Fitchche attirano la clientela con immagini di modelli attraenti, i quali a volte presiedono fuori dai negozi. Immediatamente un potenziale cliente, per via dei neuroni specchio, si immedesima in questi affascinanti modelli e la dopamina inizia a circolare creando quel senso di ricompensa e profumo di popolarità che “sotterra” la parte del cervello razionale e fa scattare l’acquisto.



4. RITUALI E SUPERSTIZIONI: RENDERE I PRODOTTI PIU’ COINVOLGENTI EMOTIVAMENTE


Per capire il collegamento fra rituali, superstizioni ed acquisti bisogna prima spiegare cosa sono e perché esistono i rituali e le superstizioni.
Entrambi i due fattori possono essere descritti come delle convinzioni non del tutto razionali che si possa in qualche modo manipolare il futuro mediante determinati comportamenti, nonostante non esista alcuna relazione fra tali comportamenti e relativi esiti. Derivano dall’incertezza che ha portato la velocità del cambiamento del mondo, per cui più diventa imprevedibile il mondo tanto più si cerca un senso di controllo e stabilità. Per questo motivo abbiamo bisogno di schemi solidi e coerenti, di conforto in prodotti familiari ed i rituali legati ai brand ci danno un’illusione di comfort e appartenenza. Di conseguenza rituali e superstizioni possono esercitare un’influenza potente su cosa acquistiamo,.
I rituali ci aiutano a stabilire dei collegamenti emotivi con i brand e rendono memorabili gli acquisti che facciamo. Soprattutto è emerso che i prodotti e marchi a cui sono associati rituali sono molto più adesivi rispetto agli altri che non hanno questo tipo di associazioni, tant’è che a volte acquistare un prodotto è un comportamento più ritualizzato che una decisione cosciente.


5. QUANDO I BRAND FIDELIZZANO I CLIENTI
IL branding  si basa su
SENSO DI APPARTENENZA: nel caso dei brand, sarà successo anche a voi di sorridere al vicino che corre con la vostra stessa marca di scarpe o guida il vostro stesso modello di macchina.
  • VISIONE CHIARA: cioè una missione forte e priva di ambiguità, denominatore comune sia per la religione che per le grandi aziende.
  • POTERE SOPRA AGLI AVVERSARI: la cosiddetta mentalità del “noi contro loro” è una delle forze più unificatrici perché attrae i fan, sollecita alla controversia e crea fedeltà. Per questi motivi viene usata anche nel mondo del consumo: Coca-Cola contro Pepsi o Mastercard contro Visa per esempio.
  • FASCINO SENSORIALE: quando si entra in una chiesa i nostri sensi sono colpiti dalla sua bellezza, dall’odore di incenso e dal suono delle campane. La stessa cosa accade anche con determinati prodotti che evocano sensazioni ed associazioni in base al loro aspetto, tatto e profumo.
  • STORYTELLING: le religioni e i brand si basano su storie e rituali radicati sulle narrazioni.
  • SENSO DI GRANDEZZA:chiese, moschee e tempi sono maestosi, ricchi e variopinti. Così come lo sono alcuni showroom di grandi marche come, per esempio Louis Vuitton a Parigi, Prada a Tokyo o Apple a New York.
  • EVANGELIZZAZIONE ovvero la ricerca di adepti. Un ottimo esempio lo fornisce Google che quando ha lanciato Gmail l’ha reso accessibile solo per invito. Proprio per l’esclusività dell’invito riservato a pochi si può dire che il servizio sia diventato una religione virtuale.
  • SIMBOLOGIE ED ICONE: le religioni e le marche hanno le loro icone e i loro simboli che si affermano, evocano associazioni molto forti e creano un linguaggio istantaneo globale.
  • MISTEROl’ignoto nella religione è potente quanto il noto. Lo stesso vale per i brand, basti pensare alla ricetta della Coca-Cola.
Per dimostrare che brand e religione esercitano lo stesso coinvolgimento emotivo è stato condotto uno studio su 65 partecipanti, dotati di “scanner cerebrali”, i quali dovevano osservare delle immagini di brand “forti”, ovvero coinvolgenti emotivamente, come Ferrari, Guinness ed Apple e di marchi più “deboli” come Microsoft e British Telecom che non coinvolgono ed in alcuni casi provocano emozioni negative.
E’ stato appurato che le immagini religiose e dei brand forti provocavano un’attività intensa nelle aree del cervello deputate alla memoria, alle emozioni ed ai processi decisionali mentre con i brand deboli si attivavano parti del cervello diverse che non influenzano le scelte.
In conclusione i prodotti di maggior successo sono quelli che hanno più elementi in comune con la religione. Prendiamo come esempio di riferimento Appledurante la Apple Macromedia Conference Steve Jobs ha annunciato la fine del PC Newton, lanciandolo nel cestino. I 10.000 fan riuniti sono “impazziti”, alcuni piangevano, altri lanciavano a terra i propri dispositivi.

6. MARCATORI SOMATICI: LE SCORCIATOIE MENTALI PER PRENDERE UNA DECISIONE IN POCHI SECONDI
Solitamente accade che quando si compra un prodotto non sappiamo dare una motivazione a quell’acquisto, soprattutto se è di routine. Quello che sfugge, perché avviene a livello inconscio è che nel momento di decidere cosa comprare si creano delle associazioni infatti il cervello passa in rassegna tantissimi ricordi, emozioni, episodi, fino a giungere ad una risposta rapidissima che condiziona l’acquisto.
Tale risposta viene raggiunta nel giro di pochi secondi tramite una scorciatoia che si chiama marcatore somatico. Questi marcatori servono a collegare esperienze di ricompense, punizioni ed emozioni passate ad una reazione specifica necessaria, in modo da ridurre istantaneamente il campo delle possibilità aperte, permettendoci di prendere una decisione che dovrebbe dare l’esito migliore e facilitando le scelte quotidiane.
Lo stesso concetto si può applicare per le decisioni d’acquisto, che vengono inconsapevolmente influenzate da diverse considerazioni (prezzo, ricordi d’infanzia, forma del contenitore, etc.). I marcatori somatici, non sono solo legati all’infanzia/adolescenza, ma ne vengono generati di nuovi ogni giorno.
CASE STUDIES: MICHELIN
Un esempio molto valido a tal proposito lo fornisce Michelin, nota azienda produttrice di pneumatici: infatti molti clienti, acquistano le gomme Michelin perché probabilmente hanno visto le pubblicità con il bambino che gattona dentro e fuori dai copertoni o con l’uomo Michelin paffuto, simile al rivestimento della gomma. Questi “segnali” che apparentemente non sembrano legati fra loro, in realtà formano delle associazioni positive con il prodottosicurezza per i bambini, resistenza, affidabilità, durata ed esperienza di alta qualità.
Il fattore decisivo per l’acquisto non è tanto il ricordo delle pubblicità, ma i sentimenti intuitivi relativi alle marche per cui risulta che una è migliore di un’altra.

7. SENSORY BRANDING: IL RUOLO IMPORTANTE DEI SENSI
Il segreto per migliorare le strategie di vendita tramite i sensi è associare alla marca il potere sensoriale capace di risvegliare nella memoria dei clienti emozioni ed associazioni infantili. I sensi che permettono di ottenere questo risultato sono soprattutto vista, udito, olfatto e tatto.
La vista ha perso un po’ di efficacia nel generare interesse e spingere i clienti ad acquistare, in quanto visivamente sono iperstimolati ed è difficile catturare la loro attenzione.

L’ESPERIMENTO
Tuttavia la vista conta ancora, come dimostrato da un esperimento che consisteva nel porre un gruppo di donne davanti a due confezioni di maionese. Le partecipanti dovevano semplicemente scegliere quale maionese preferissero a colpo d’occhio: una confezione era larga in basso e in alto e stretta in centro, mentre l’altra aveva una forma come un bulbo, rigonfiato nella parte inferiore. La scelta delle donne è ricaduta sulla prima confezione perché l’associavano alle forme femminili.


L’olfatto è il senso più diretto in quanto punta immediatamente al sistema cerebrale che controlla emozioni, ricordi e senso di benessere, creando associazioni innate che sono uguali anche se le preferenze per gli odori variano a seconda della cultura e generazione. Per dimostrare che l’olfatto è in grado di influenzare una decisioneè stato condotto uno studio nel 2005 su alcune persone che sono state divise in 2 gruppi e fatte entrare in due stanze diverse, in una delle quali c’era un lieve profumo di sapone da bucato. E’ risultato che il 36% dei soggetti nella stanza profumata, alla domanda relativa alle attività che avrebbero svolto quel giorno, ha risposto con un’azione legata alla pulizia, contro l’11% dei soggetti nella stanza senza profumo.
Il tatto non è da meno degli altri sensiLo dimostra un esperimento condotto su 100 consumatori a cui sono stati dati due telecomandi uguali e della stessa marca, uno più pesante e l’altro più leggero. Tutti erano concordi nel dire che il più leggero fosse rotto e comunque di qualità minore, anche dopo la dimostrazione del suo funzionamento.
L’udito gioca un ruolo molto importante nelle decisioni d’acquisto tant’è che alcune aziende note come Kellogg’s e Pringles hanno dedicato molte risorse nella ricerca del “crunch” unico per i cerali nel primo caso e del suono caratteristico del tappo quando si apre nel secondo caso, proprio per far associare il prodotto al brand.
Ma a volte il suono tipico, può rivelarsi controproducente, come nel caso di Nokia.

CASE STUDIES: NOKIA, IL TRATTO DISTINTIVO CHE NON E’ UN PUNTO DI FORZA
La suoneria dei cellulari Nokia rappresenta un po’ il loro tratto distintivo, in quanto è riconducibile al brand. Questo fattore dovrebbe essere un vantaggio per l’azienda, ma uno studio ha dimostrato che invece è proprio il contrario! Durante questo test i soggetti dovevano vedere delle immagini, sentire dei suoni e vedere le stesse immagini mentre sentivano i suoni. In linea di massima la combinazione di immagini e suoni veniva percepita in modo più favorevole. Ma sentire la suoneria Nokia trasformava la vista del cellulare in un marcatore somatico negativo, in quanto la persone erano irritate dalla suoneria, considerata il suono dell’intrusione ed interruzione.

Ti sei ricordato di comprare il latte? E la pasta? Perché hai scelto quelle marche? Hai letto e confrontato tutte le informazioni e i prodotti sullo scaffale in maniera ponderata o hai deciso in pochi secondi mentre passavi davanti alla corsia del supermercato? Normalmente decidiamo velocemente sulla base di pochissime informazioni che a volte non sappiamo nemmeno di avere ma che hanno una grande influenza su di noi.
Se adesso vi chiedessi di giustificare il vostro acquisto sicuramente potreste darmi un’ottima risposta. Se guardassimo con una lente d’ingrandimento nel vostro (e nel mio) cervello cosa scatena una domanda del genere (e con la dovuta dose di fantasia) la prima cosa che vedremmo è il panico della mente razionale che deve giustificare una scelta che non ha fatto perché impegnata in altro. Io mi immagino questo signore in giacca e cravatta (Mr. Corteccia Prefrontale) che sbianca e inizia a correre alla ricerca di informazioni che diano una spiegazione sul perché abbia comprato la pasta x: nessuno vuole apparire irrazionale o sciocco, è una cosa inaccettabile, le nostre azioni devono essere logiche e ponderate.
Questo manager in pochissimo tempo riesce a mettere insieme un report (con alcuni grafici piuttosto accattivanti) che illustrano come quella pasta x in passato abbia dimostrato un ottimo rapporto qualità prezzo, di come il gusto sia migliore di altri, del fatto che le altre fossero molto in realtà più costose e altre dati a supporto. In realtà però luinon sa perché abbiamo preso quel prodotto o se è stata la scelta migliore: nel suo report non c’è un’analisi di mercato completa con tutte le informazioni su tutte le altre paste presenti quel giorno nello scaffale. In quel momento sta solo giustificando una scelta fatta mentre lui era impegnato a pensare alla mail da scrivere per il progetto da consegnare la mattina dopo.
Mentre dal suo completo blu pensava a cosa scrivere, un gruppo di cavernicoli decidevano in pochi secondi che quella scatola blu a 1.99€ era un ottimo affare e il sapore buono, che no, il bambino che urlava non era un pericolo, che la maionese era troppo cara e non era quella che mangiavi da piccolo, che la corsia di sinistra aveva delle cose interessanti, che andavano attivati una serie di gruppi muscolari per deambulare verso la cassa mantenendo l’equilibrio.
Anche se non esistono gli omini del cervello questo, grossomodo, è quello che avviene quando facciamo un acquisto: la componente razionale è impegnata in alcuni (pochi) task e la parte emotiva/istintiva di occupa del resto. Gran parte delle nostre decisioni non sono il frutto di un’analisi approfondita delle informazioni disponibili ma semplici reazioni a determinati marcatori somatici. Una delle definizioni di essere umano che preferisco è quella di Damasio:
siamo macchine emotive che pensano
Ma quali sono gli elementi che influiscono sui processi decisionali che portano a comprare qualcosa? Le informazioni che determinano l’acquisto provengono da varie fonti e contribuiscono tutte, seppur in diversa misura: Marca, Design, Prezzo, Pubblicità, Contestualizzazione del prodotto, Posizionamento del prodotto, Esperienza di consumo personale, Esperienza di consumo degli altri sono tutti 



fattori che entrano in gioco.
Vediamo però di approfondire alcuni elementi che influiscono in maniera diretta sui processi di decisione: dato che gli elementi sono molti (e in alcuni casi richiedono una trattazione approfondita) ho deciso di inserire solo degli accenni e approfondire alcuni aspetti in futuro (magari a seconda di richieste specifiche sul tema che desta maggior interesse).
Comprare per istinto

In generale durante l’acquisto di un bene abbiamo principalmente l’attivazione di due aree cerebrali: da un lato il nucleus accumbens (che anticipa il piacere del consumo) e dall’altra l’insula (che anticipa il dolore del pagamento). Questa tiro alla fune neuronale tra desiderio e dolore è spesso sufficiente a decidere se compreremo o meno ma a volte è possibile che intervenga la corteccia prefrontale e questo avviene soprattutto quando si tratta di acquistare un bene che non conosciamo o particolarmente costoso. In alcuni casi oltretutto se le persone devono motivare le proprie scelte (quindi razionalizzare un istinto) diventano meno soddisfatte del proprio acquisto
Il ruolo della marca
Anche se molti dei nostri acquisti sono istintivi, non sempre è la parte emotiva a guidare le nostre scelte: in alcuni casi infatti la parte razionale si attiva e decide di verificare se il prodotto al quale siamo fedeli è veramente il migliore. Il cambio di marca, l’infedeltà, è un meccanismo di validazione delle proprie scelte: se la nuova esperienza conferma le scelte emotive la fedeltà alla marca ne esce rinforzata, se le aspettative contraddicono quello che sapevamo inizia ad insinuarsi il dubbio o in alcuni casi cessa completamente la relazione tra la persona e la marca. Un altro ruolo della marca è quello di semplificare e rassicurare le persone quando hanno poco tempo. Se siamo di corsa, magari in ritardo per qualcosa, la mente si chiude e si affida a quello che conosce meglio (il fenomeno si chiama mental choking: sotto stress si perde la capacità di ragionare e il campo di analisi si stringe) I consigli degli amici
Quando vediamo qualcuno che compie un’azione in noi si attivano i neuroni a specchio. Questi non si eccitano in funzione di un particolare stimolo, ma si attivano quando siamo in grado di capire cosa fanno gli altri indipendentemente dal canale con il quale percepiamo la loro azione.
Quando riceviamo consigli da parte di amici e parenti possiamo parlare di attivazione dei neuroni a specchio: attraverso l’effetto di trasposizione, ci dicono quello che farebbero al nostro posto. Chi offre un consiglio si immagina e vive in prima persona il beneficio che godrebbe il soggetto destinatario del consiglio. Va da sé che capire cosa fanno gli altri online è molto più difficile rispetto al mondo fisico: se una persona scrive che si è fatta male probabilmente proviamo un minimo di empatia, se vediamo un video di un ginocchio che si rompe, le ossa che si torcono e il sangue tra le urla probabilmente gireremo la testa dall’altra parte con una smorfia di dolore dipinta sul volto (se notate con una descrizione precisa avete riconosciuto lo stimolo e avete empatizzato molto di più).
                                                    Inoltre                                                                                                          le persone sono programmate per prestare una particolare attenzione gli amici e ai parenti: quando interagiamo con loro si attiva la corteccia prefrontale mediale, la parte del cervello che regola il comportamento sociale e ne percepisce il valore. Informazioni credibili
 

Alcuni elementi possono influiscono più di altre nella determinazione della scelta. Ad esempio le informazioni di parte non sono considerate nel processo decisionale al pari delle informazioni oggettive rappresentate dai prezzi e dall’esperienza: da qui emerge che la pubblicità non è influente come si vorrebbe (teniamo presente che prezzi ed esperienza sono elementi propri dell’adulto, quindi lo stesso messaggio esposto a soggetti appartenenti a diverse fasce d’età potrebbe avere esiti molto differenti). Un tweet che ci appare poco sincero, un post sponsorizzato quanto peso avranno nel nostro processo decisionale? Date queste premesse potete già intuire la risposta. Oltretutto, dato che non possiamo conoscere tutto, per riuscire a scegliere in alcuni casi deleghiamo a persone esterne di cui ci fidiamo. Quindi io posso essere influenzato nella scelta su un argomento che non conosco da una persona di cui mi fido e della quale conosco l’esperienza in quel determinato segmento.
L’importanza della vista
La vista è il senso più sollecitato per catturare la nostra attenzione ed è ormai anche quello meno efficace perché la saturazione genera rendimenti decrescenti. In generale, l’effetto saturazione è qualcosa che conosciamo benissimo: è ad esempio quello che ci succede quando entriamo in una stanza con un profumo molto forte. Dopo alcuni minuti non lo sentiamo più: il profumo non è scomparso, il nostro cervello (avendo risorse limitate) ha deciso che essendo quello stimolo costante non rappresentava un elemento a cui prestare attenzione e ha deciso di ignorarlo (se vi interessa si chiama plasticità del cervello).
Le persone decidono molto rapidamente se quello che hanno davanti (persona o  oggetto) è affidabile e lo fanno basandosi sulla vista. All’interno di un sito, fattori come colore, carattere, layout e navigazione sono gli elementi che vengono usati per capire se il sito è degno di fiducia: se supera il primo impatto a quel punto la valutazione si sposta sui contenuti (avendo però di base un atteggiamento positivo. Posizione degli oggetti Facciamo un esempio pratico: in un negozio tutto quello che è a sinistra viene percepito in maniera più rapida ed accurata perché l’emisfero destro è specializzato nell’elaborazione degli stimoli non verbali (gli stimoli nell’emicampo visivo sinistro si riflettono nell’emisfero destro). Provate a vedere quanti oggetti avete comprato dallo scaffale di sinistra l’ultima volta che siete andati a fare la spesa: da domani sono sicuro che tutti farete caso a questo strano fenomeno (vale anche per i mancini). Un ulteriore elemento è la posizione all’interno della corsia. Abbiamo detto più volte che abbiamo risorse limitate: per resistere alle tentazioni (il Nucleus Accumbens che si accende) dobbiamo usare la forza di volontà, una risorsa estremamente limitata. Se ci sono prodotti molto costosi e desiderati all’inizio, esaurirò subito tutto il mio autocontrollo e tenderò a comprare anche oggetti non propriamente utili. Sul tema della resistenza sono molto interessanti gli studi sul fumo e sulla memoria:
  • Quando smettono di fumare  le persone tendono a ingrassare perché il cervello sta contrastando la voglia di fumare e non ha risorse per resistere alla “gola”
  • Durante un esperimento veniva chiesto ad alcuni soggetti di andare dalla stanza A alla stanza B ricordando una serie di 7 cifre.
Se nel percorso veniva messo un carrello di dolci, le persone non riuscivano a ricordare tutte le cifre: resistere ai dolci impegnava risorse.
Meno che più (Less is more)
La ricchezza informativa genera povertà d’attenzione: oltre una certa soglia di informazioni il cervello consapevole perde la sua capacità di cogliere la diversa importanza dei dati e prende decisioni illogiche o semplicemente non riesce a decidere. L’eccesso di scelta induce il consumatore a rinunciare all’acquisto oppure obbliga la persona ad adottare euristiche razionali.
Un esperimento interessante su questo punto è legato agli assaggi in un centro commerciale. Nel primo caso sul banco di prova erano presenti 30 tipi di prodotti mentre sul secondo c’erano solo 7 campioni: si è visto che le persone si fermavano molto di più al banco con più prodotti, ma che compravano da quello con una varietà minore. L’eccesso di possibilità rendeva troppo difficile scegliere e inibiva l’acquisto. Questo è particolarmente importante da tenere a mente anche quando si progettano i siti di e-commerce: riempili di informazioni e ci saranno un sacco di visite, ma poche conversioni.
Occhio non vede, cuore non duole Online si acquista con maggior impulsività dato che la mente emotiva è in grado di anticipare il beneficio derivante dal consumo, ma non il sacrificio necessario per acquistarlo: utilizzando quindi una carta di credito limitiamo il dolore (attivazione dell’insula) causato dalla separazione con il contante.
Questo aspetto vale anche nel mondo fisico, a seconda di quanto abbiamo nel portafoglio (50 €, 10€ o solo la carta di credito) si vedono cambiare nettamente le scelte d’acquisto. Coerenza ad ogni costo La corteccia prefrontale selezione le informazioni in funzione della loro coerenza con ciò che abbiamo deciso a livello emotivo: quando la mente consapevole ha preso una posizione (positiva o negativa) su un determinato prodotto o servizio è molto difficile ed occorre molto tempo per superare questa convinzione nonostante possano presentarsi fatti oggettivi davanti ai nostri occhi. La mente cognitiva frena i nostri impulsi d’acquisto e poi giustifica le nostre scelte e i nostri giudizi anche quando le circostanze cambiano. Pensiamo alle guerre di religione che esistono tra gli utenti di diversi sistemi operativi: a seconda di quello di cui siamo innamorati porteremo sempre argomenti a favore chiedendoci come fanno gli altri a non vedere (o capire) l’evidente superiorità del nostro SO e tenderemo a guardare con scetticismo gli aspetti positivi del sistema concorrente. Si tratta della spiegazione scientifica del perché i costi di acquisizione di un nuovo clienti sono il doppio rispetto a quelli di mantenimento di un acquisito.
Conclusioni
Ho tratteggiato solo alcuni elementi del processo d’acquisto tralasciando di trattare tutto quello che ha a che fare con il prezzo, l’esperienza e il design del prodotto che sono a mio avviso gli elementi che influenzano maggiormente le scelte d’acquisto.
La conoscenza dei processi decisionali sta portando a scoperte importanti: il neuromarketing e la behavioural economics sono materie che lentamente stanno entrando nel panorama dell’ADV con risultati significativi. Esempi particolarmente rilevanti e noti su questi temi sono la campagna J’Adore, celebrata come una delle campagne Dior più efficaci, oppure il redesign della pubblicità delle zuppe Campbell, un’altro caso di successo.
Con un po’ di flessibilità vediamo che gli elementi che ho messo nel grafico sono elementi già noti e che sono stati grossomodo categorizzati già da altre discipline ad esempio, rimanendo in ambito comunicazione, vediamo che le 5P del Marketing Mix (product, price, place, promotion, people) in un certo modo hanno preso in considerazione questi aspetti.
Se andiamo a posizionare su un Ishikawa alcuni degli elementi identificati poco sopra  (dettagliando leggermente alcuni elementi) e usando come categorie le 5p vediamo che pesando possiamo renderci conto della complessità del processo.
Dai grafici si vede che questi processi sono estremamente articolati e dipendono da un insieme eterogeneo di fattori, parlare quindi di influencer come elemento cardine dei processi d’acquisto è quantomeno ingenuo: oltretutto lo schema che ho fatto è solo una bozza generica, i fattori in gioco sono molti di più.

                                     C O M P L E A N N O   A N T O N E L L A
                                                                                 A U G U R I  !!!