sabato 30 gennaio 2016

GLI SCAVI ALL'AMASTUOLA

Print Friendly and PDF

Prof.Gert-JanBurges 

                                                                                       Libera Università di Amsterdam

 

Crispiano, 23 luglio ’08 

Michele Annese 

Per il sesto anno si riscontra grande interesse della cittadinanza crispianese, alla presentazione degli scavi archeologici nella zona Amastuola, curati dall’equipe olandese della Libera Università di Amsterdam.

Relatore della serata sono stati il prof. Gert-Jan Burges, a cui ormai bisognerebbe dare la cittadinanza onoraria e la nostra illustre prof.ssa Grazia Semeraro, docente all’Università di Lecce.
Riportiamo qui di seguito la prima parte della relazione tenuta da Burgers: “stasera ci dedichiamo ad un altro elemento fondamentale della cultura crispianese, alla sua storia, alla sua archeologia. In questo senso il carnevale crispianese appena conclusosi e l’archeologia sono due lati ella stessa medaglia, sono due degli aspetti più significativi che caratterizzano l’identità culturale del paese, almeno dal mio punto di vista. Forse per voi crispianesi, però, il carnevale e un segno molto più evidente di quello dell’archeologia. L’archeologia non si vede, non sembra presente quanto lo è il carnevale. Ma io vi assicuro, l’archeologia è molto presente. Bisogna solo valorizzarla. L’altro giorno mi e stato chiesto di fare un intervento nel consiglio comunale monotematico sull’Area Vasta. E in quell’occasione ho ribadito, come ho fatto anche altre volte, che storicamente e archeologicamente il vostro territorio e uno dei più ricchi che conosco; e tutto da valorizzare, tutto da studiare. Con le nostre ricerche, quelle della Libera Università di Amsterdam e adesso anche quelle dell’Universita australiana di Sydney, l’agro crispianese sta diventando una specie di laboratorio internazionale per la ricerca avanzata del paesaggio archeologico. Tutto questo nel vostro giardino, nel vostro territorio, che veramente è da considerare un gioiello, anche dal punto di vista paesaggistico. Il territorio interessato dalle nostre ricerche è dominato da terrazzamenti calcarei che dal golfo di Taranto salgono gradualmente fino ad arrivare sull’altopiano delle Murge. E’ questa la terra delle cento masserie. E’ questa la terra delle splendide gravine. In quest’area la nostra attenzione si è rivolta alla collina sulla quale è ubicata la masseria ottocentesca dell’Amastuola. L’ubicazione della collina è dominante in quanto da qui si controlla non solo parte della pianura verso la costa, ma anche l’ampia vallata alle sue spalle. Sulla collina la struttura più evidente è la masseria. Meno evidente, ma per i nostri obiettivi più importante, è il fatto che su questa collina sono state evidenziate le tracce di un nucleo di genti greche del VII secolo a.C. Per questo motivo l’Amastuola svolge un ruolo chiave nel dibattito scientifico sul fenomeno storico della colonizzazione greca in Italia, un fenomeno che nell’ottavo e settimo secolo portò in Italia tantissimi immigranti greci che stanno alla base delle famose città greche come Taranto, Metaponto e Sibari. E’ un fenomeno su cui torno a parlare,, perchè potrebbe fornirci una chiave per la valorizzazione del paesaggio moderno. Punto di partenza nel dibattito su l’Amastuola e la leggendaria fondazione di Taranto, città greca di primaria importanza, di cui i resti si trovano ancora sparsi per la città. Secondo alcuni scrittori antichi, Taranto fu fondata alla fine dell’ottavo secolo a. C. da greci della famosa città di Sparta. L’opinione comune è che la colonizzazione fu operata in modo invadente e violento. I greci avrebbero scacciato le popolazioni locali italiche; fondano un nuovo popolo , e conquistano un territorio vasto in pochi decenni. A sostenere questa teoria nel caso del tarantino, sono tradizioni antiche come quella riportata da Strabone nel suo sesto libro, secondo la quale l’oracolo di Delfi avrebbe fatto la seguente promessa agli spartani colonizzatori: ti dono Satyrion e ti concedo anche di abitare il ricco paese di Taranto e di diventare flagello per gli Iapigi”, che sono i pugliesi di allora. Apud Strab., Geogr. VI 3, 2.

Sono testi di questo genere che hanno portato alla tesi che la colonia di Taras alla fine del VIII secolo a. C. fosse stata fondata con forza, che il suo entroterra fosse stato conquistato poco dopo e che le tribu locali, indigeni degli iapigi fossero state espulse, se non eliminate. Sono testi di questo genere che ancora oggi si discutano e non solo in ambito scientifico ma anche nei bar di Cristiano. Infatti, parecchi crispianesi mi hanno chiesto se e vero che le loro origini sono greche. Altri invece si sentono discendenti degli indigeni, degli iapigi, come il signore che l’altro giorno mi chiese: allora sono stati i greci a farci fuori.
Il dibattito e piu intenso nel ambito scientifico pero. Dal punto di vista greco, il sito archeologico a L’Amastuola e sempre stato identificato come villaggio greco. La presenza di elementi greci a l’Amastuola sembra confermare l’oracolo di Delfi in quanto rientra nello schema di espansione coloniale violenta.
Con le nostre ricerche a l’Amastuola abbiamo voluto verificare queste teorie e dobbiamo concludere che le ricerche lasciano spazio ad una lettura del sito diversa da quella corrente. Di questo ne ho parlato altre volte, e ne voglio ritornare oggi, presentando l’ insieme dei dati delle nostre indagini a L’amastuola. Questi dati riguardano sia la collina dell’Amastuola, sia la zona della necropoli, del cimitero a quasi un chilometro dalla collina. Vediamoci questi dati sommariamente. Inanzittutto bisogna sottolineare che l’elemento greco e ben evidente davvero, anche negli scavi di quest’anno. Vediamo per esempio queste lastre di tufo enormi che quest’anno abbiamo messe in evidenza all’Amastuola. Una vera sorpresa, una scoperta eccezionale. Li abbiamo trovati in una buca di grandi dimensioni, completamente fuori contesto. Il caos totale sembrava, come se i blocchi fossero buttati nella buca senza tener conto della struttura originale. Un’enigma quindi, un mistero, finche il mio collega Jan Paul Crielaard ha trovato la soluzione in quanto egli ha dimostrato che i blocchi fanno parte di una struttura simile a qulla trovata nella vicina colonia greca di Siris. Eccola qua, l’originale di Siris. Una struttura simile quindi abbiamo trovato all’Amastuola, ma furoi contesto, distrutta e buttata in una fossa profonda. Ora, in base al paragone di Siris, adesso sappiamo che si tratta di un’edicola connessa ad un culto. Giudicando dai reperti votivi che sono stati trovati nella buca insieme ai blocchi, cioe questi vasetti qua o anche questi oggetti qui con raffiguranti serpenti, il culto potrebbe essere quello dei dioscuroi, cioe dei gemelli Castor e Pollux. E qui bosgna sottolineare che e un culto tipicamente greco. Altro elemento tipicamente greco lo troviamo qua, sono le tracce di una specie di altare in cui abbiamo trovato tantissimi frammenti di ceramica greca, soprattutto coppe e contenitori da consumare vino. Sono le tracce di una festa rituale di origine greca. Negli ultimi anni abbimo trovato altri elementi greci all’Amastuola e non c’e dubbio che davvero hanno vissuto dei migranti greci sul sito.

Ma non e detto che ci abbiano vissuto soltanto greci. Anche l’elemento locale, indigeno e molto consistente. Per esempio, I nostri scavi hanno dimostrato che il perimetro della collina era circondato da un circuito murario difensivo che ci riporta al mondo indigeno. A questi dati dobbiamo aggiungere le capanne contemporanee, che si trovano all’interno del muro e che sono di chiaro tipo indigeno, ma anche le case quasi quadrate che si trovano vicino. In queste case troviamo sia dei vasi greci, sia dei vasi indigeni, iapigi. Anzi, abbiamo anche trovato un’altare simile a quello che abbiamo appena visto, questa volta non con ceramiche greche ma soprattutto con ceramiche indigene, sempre ceramiche connesse al rito del consumo del vino. Sembra che abbiano convissuto greci e indigeni sullo stesso sito, praticando gli stessi riti ma in spazi separati uno dall’altro.
Non solo sulla collina le tracce degli iapigi sono persistenti, anche nella necropoli.
Molto significativa e la scoperta in mezzo alla necropoli di una stele antropomorfa, che ho gia presentato l’anno scorso. Una stele d’altezxzo d’uomo, di tufo locale, e sormontata da due appendici. E’ un tipo di stele molto conosciuto, ma non in ambito greco. Al contrario, questo tipo di stele è di chiaro tipo indigeno e trova un confronto preciso nel Salento, in contesti iapigi a cavallino, Mesagne e altri siti.

In base a tutti questi dati bisogna concludere che a L’Aamastuola il caso in favore di una comunita mista, ibrida, diventa sempre più consistente. E’ difficile negare ormai che ci abbiano convissuto greci e indigeni all’Amastuola. E’ problematico anzi identificare i dati come prova della presenza di una comunità esclusivamente greca a L’amastuola, come spesso si sostiene. La situazione coloniale sembra più complessa, come ci insegnano anche i più recenti studi di fenomeni di colonizzazione in altri periodi storici. Da questi studi si deduce che soprattutto in zone di contatto tra colonizzatori e indigeni si verificano forme di contatto e di convivenza molto differenziate e con identità ambigue. E infatti, così sembra essere nel paesaggio dell’Amastuola che appunto si può definire come paesaggio di contatto. Dopo ritornero su quest’aspetto. Io ritengo, infatti, che il territorio moderno di Crispaino potrebbe essere concepito come un paesaggio del contatto, del dialogo.

Ritorniamo, pero, prima al paesaggio storico, ad un aspetto su cui non mi sono mai fermato ancora nelle mie conferenze a Cristiano, pero che e di estrama importanza, cioe sui dati sempre piu abbondanti sul mondo indigeno contemporaneo. Ritengo che questi dati ci possono aiutare a capire la situazione particolare che trovaiamo a L’Amastuola.. Particolarmente interessanti sono i dati che riguardano la fase pre-greca, che a l’Amastuola viene generalmente trascurata. A questo proposito bisogna sottolineare che l’Amastuola ben si inserisce in un modello identificato dal collega Francesco D’Andria dell’ Università di Lecce, il quale, in base ad un’analisi della distribuzione della ceramica dell’ epoca, per il Salento ha registrato un forte aumento degli insediamenti, fondati in molte zone salentine alla fine del VIII secolo a.C. Ed e quello proprio anche il periodo in cui fu fondato il villaggio sulla collina di L’Amastuola. Infatto, con le nostre ricerche topgraficghe abbiamo dimostrato che il sito e il paesaggio attorno fossero pressocchè disabitato nella fase precedente. Solo alla fine dell’ottavo secolo a. C. appariscono segni di vita sul sito, come e il caso su tanti altri siti secondo D’Andria.

L’eccezionale crescita nel numero dei siti l’abbiamo verificato analiticamente, attraverso le ricognizioni topografiche operate dalla Università di Amsterdam negli anni ’90 in una serie di insediamenti antichi nella piana di Brindisi nel nord-est del Salento. Si tratta dei siti di Valesio, Muro Tenente, Muro Maurizio e Li Castelli di San Pancrazio (fig. 12). In tutti i casi i risultati delle ricognizioni segnalano l’VIII secolo a.C. come periodo di nascita degli abitati. Le ricognizioni effettuate in questi siti hanno dimostrato che l’estensione totale dei singoli villaggi non presenta molte differenze, variando tra i 15 e i 28 ettari. Diverso è il caso di Oria al centro dell’istmo salentino, la cui area di insediamento totale alla fine del VIII secolo sembra raggiungere 90 ettari circa, dato dal quale emerge una gerarchia definita. E’ doveroso sottolineare che Oria è anche l’unico sito in questo territorio, di cui si sa che è stato continuamente occupato anche prima. Infatti, si è trasformato in un importante abitato fortificato durante i secoli precedenti della cosiddetta tarda Età del Bronzo. Sembrerebbe che si sia espanso nuovamente durante l’VIII secolo a.C., questa volta non solo diventando il maggiore agglomerato nella piana di Brindisi, ma anche popolando il proprio territorio con siti effimeri coevi, la cui fondazione molto probabilmente è da considerarsi come conseguenza di Oria.

Argomentazioni simili possono essere avanzate con riferimento alla provincia tarantina. Come Oria, vari siti di quella zona, compreso Taranto/Scoglio del Tonno, Torre Castelluccia, Torre Saturo e Monte Salete, hanno origini che risalgono all’Età del Bronzo e senza dubbio sono state anche abitate da popolazioni indigene durante l’VIII secolo a.C. Sfortunatamente, a causa della mancanza di indagini sistematiche, in quest’area è più difficile arrivare a qualsiasi ricostruzione della configurazione del sistema abitativo. Tuttavia, le ricerche topografiche e gli scavi archeologici di Arcangelo Fornaro nel paesaggio calcareo delle Murge taratine suggeriscono che l’altopiano sia stato caratterizzato unicamente da espansione e popolamento dell’abitato contemporaneamente a quanto succede all’Amastuola.

dobbiamo concludere che, durante l’VIII secolo a.C., le popolazioni indigene del Salento erano impegnate nell’espansione dell’abitato, nel popolamento e nella bonifica di territori precedentemente non utilizzati o utilizzati solo marginalmente. Questi processi sembrano aver coinvolto di fatto tutte le principali unità territoriali del Salento, compresa la provincia di Taranto e il territorio di l’Amastuola. Il sito di L’amastuola sembra essere nato in questo contesto.

In recenti anni, varie ipotesi sono state proposte per spiegare questi sviluppi. I fattori più importanti certament sono la crescita della popolazione, la differenziazione socio-economica e la relativa proliferazione di una elite. Una conclusione quasi inevitabile è che le trasformazioni nella disposizione degli abitati e dei paesaggi indicano una ridefinizione di confini territoriali entro le comunità locali, espansioni territoriali e, di conseguenza, una serie di conflitti tra gruppi indigeni.
Se torniamo ora a discutere dell’arrivo di migranti greci sulle coste dell’Italia meridionale, e in particolare della presenza di greci sul sito di l’Amastuola, questi fenomeni possono essere studiati da un differente punto di vista rispetto a quanto fatto tradizionalmente. Date le mie considerazioni, si può desumere che i greci che vennero a insediarsi nell’area di Taranto dal tardo VIII secolo a.C. abbiano costituito ulteriori elementi nel fermento delle fazioni politiche coeve e che essi siano probabilmente solo alcuni dei tanti partecipanti in un processo molto più ampio di migrazioni ed espansioni territoriali, di colonizzazioni interne e ridefinizioni territoriali sviluppate principalmente da gruppi indigeni.

Altre considerazioni possono sostenere questo argomento, riferendosi alle fonti scritte di cui ho parlato all’inizio che sembrano sottolineare piu che altro una politica aggressiva e espansionistica greca. Recentemente, il nostro collega Douwe Yntema ha affrontato il soggetto da un diverso punto di vista. Attingendo a moderni studi sull’identità sociale, uno dei maggiori argomenti di Yntema è che gli oracoli e i racconti della fondazione coloniale riportati da fonti scritte come Strabone, dovrebbero essere visti come miti che all’origine furono creati o trasformati durante i periodi piu tardi per conformarsi a specifiche circostanze ed eventi socio-politici coevi. Contestualizzando i miti principalmente nelle fasi più tarde, Yntema sostiene che essi vennero ridefiniti o inventati per fornire un passato eroico coloniale ed etnicamente greco alle comunità urbane che si stavano rapidamente sviluppando. Di conseguenza, i testi antichi non possono essere considerati come delle fonti affidabili delle prime fasi della colonizzazione greca dell’VIII e VII secolo a.C. Neppure dovrebbero essere presi letteralmente nel loro ritratto delle imprese coloniali come migrazioni di massa segnate da connaturate aggressioni ed espansioni.

Visti sotto questa luce, i dati archeologici presentano un panorama molto diverso delle prime migrazioni greche nell’Italia meridionale. Sono si presenti dei greci in Italia in questa fase, come ci attestano casi come appunto L’Amastuola, o anche Taranto, Metaponto e altri siti. Pero, volendo sostituire la convenzionale prospettiva greco-centrata con una “indigena”, potremmo supporre che i primi greci erano consapevolmente utilizzati nella coeva arena indigena socio-politica, un’arena contrassegnata da grande fermento. Una associazione con stranieri può non soltanto aver aumentato il prestigio tra la propria e le altre comunità indigene ma i nuovi arrivati possono anche aver giocato un ruolo nelle lotte interne politico-territoriali così come in lotte intra-tribali. Allo stesso modo, potremmo supporre che a piccoli gruppi di greci fosse consentito di effettuare scambi, insediarsi e integrarsi tra le comunità indigene.

Ora arrivo alle conclusioni. Riteniamo che l’interpretazione dei dati di l’Amastuola non si può fare senza tener conto dei fenomeni sopradiscussi. Potrebbero, infatti, spiegare perchè anche qui, in un territorio precedentemente disabitato, alla fine del VIII secolo a. C. viene fondato un insediamento indigeno. Potrebbe anche spiegare perchè questa comunità in seguito si sia associata a dei coloni greci. Davvero noi pensiamo che in zone di contatto come queste tra greci e indigeni si sono verificate forme di contatto e di convivenza molto differenziate e con identità ambigue. E infatti, così sembra essere nel paesaggio dell’Amastuola che appunto noi vorremmo definire come paesaggio di contatto.

Paesaggio di contatto, quest’ e una definizione moderna per un territorio antico, un territorio pero molto vivo ancora, vivace e con tante possibilita di sviluppo. Sviluppo nel senso economico, agricolo ma anche sviluppo nel senso turistico. E se ho capito bene, si sta facendo di tutto per farlo partire questo sviluppo turistico, tra l’ altro con i nuovi progetti regionali area vasta. Ed e giusto cosi. Io l’ho gia sottolineato stasera, e un territorio gioiello, che merita la massima attenzione, che merita di essere valorizzato, che merita di essere visitato da turisti italiani e stranieri di tutto il mondo.
Anche se noi archeologi non siamo turisti, costituiamo l’esempio per eccelenza del straniero che ritorna ogni anno, che viaggia piu di 2000 km per scoprire i tesori di questo paesaggio. E non siamo gli unici e nel futuro ce ne saranno altri, ne sono sicuro. Il vostro territorio c’ha tutte le potenzialità per essere un paesaggio del contatto moderno, del contatto tra culture diverse, quella crispianese e quella forestiera, quella italiana con quella straniera in genere.

Certo che bisogna ancora rendere visitabili questi posti, queste masserie e gravine, questi siti archeologici come l’Amastuola. Bisogna andare pero oltre la tutela ed il restauro. Secondo me bisogna cercare di offrire al visitatore l’opportunità di contattare, di dialogare colla storia, col paesaggio, coll’ambiente e con altri visitatori; A mio avviso, siti come L’Amastuola, se ben una volta recuperati, possono svolgere un ruolo chiave nella valorizzazione del territorio, non solo econonomicamente o turistacamente, ma anche e soprattutto dal punto di vista della percezione di un rapporto nuovo tra centro e periferia, tra abitato e campagna. E sono molto contento che fine in fondo questa filosofia e gia attiva qui a Cristiano. Giudicando il programma estivo del paese con i tanti incontri in masseria e altrove, non posso concludere altro che il territorio vostro davvero c’ho tutte le potenzialità di diventare un punto centrale, dinamico, che offre alla gente tanti spunti per dialoghi culturali ed ambientali. Noi archeologi siamo disposti a collaborare e dare il nostro sostegno.

Ora concludo davvero con alcuni ringraziamenti. Inanzitutto vorrei ricordare l’ospitalita dimostrataci dal sindaco di Crispiano dott. Giuseppe Laddomada, dalla sua Ammninistrazione nuova e dal intero Consiglio Comunale, soprattutto per averci ospitatopresso la scuola Mancini. Sono contento che lámministrazione ha capito bene límportanza del nostro lavoro per la valorizzazione del patrimonio culturale del paesa.
Grazie anche acora una volta ai dipendendenti del Comune che ci hanno dato una mano e in particolare al signor Michele Greco che anche questánno e stato disponibilissimo. Ringrazio anche il direttore Michele Annese ed i dipendenti della bioblioteca comunale per il continuo sostegno dimostratoci, il preside Massimo Romandini ed i bidelli della scuola Mancini per averci ospitato e gli amici da sempre per la loro amicizia. Infine, come sempre, chiedo un applauso forte per l’equipe di studenti, volontari ed archeologi italiani, olandesi e asutraliani impegnati nello scavo e nelle ricognizioni e soprattutto anche per il mio collega Jan Paul Crielaard