mercoledì 21 dicembre 2016

“NATALE: LEGGENDA, POESIA, GASTRONOMIA”

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RELAZIONE DI SILVIA LADDOMADA


E’ più importante il Natale o l’Epifania?



Per noi non ci sono dubbi: la nascita di Gesù viene prima, nel calendario e nel significato. I Cristiani dei tempi antichi associano un’idea non proprio identica alla nostra. A partire dal 150 la festa che pensarono di celebrare per prima fu l’Epifania. Il Natale invece due secoli dopo. Dal loro punto di vista era importante che il Salvatore si presentasse al mondo in modo solenne e ufficiale, per questo l’adorazione dei Magi sarà sembrata più adatta del Natale, avvenuto in un’oscura povera Grotta. Epifania in greco significa manifestazione, rivelazione: il momento in cui Cristo venne riconosciuto come sovrano. Per gli antichi solo i grandi personaggi meritano di essere riveriti e onorati con doni ricchi e preziosi, era come se con il loro gesto, i Magi avessero presentato all’umanità il nuovo re. Nei primi secoli l’Epifania era la festa più importante del calendario cristiano, subito dopo la Pasqua. In alcune zone italiane, in versione dialettale il 6 gennaio viene chiamato pasqua dell’Epifania. In Oriente questa festa veniva celebrata per 8 giorni, ricordando altre presentazioni in pubblico di Gesù: il battesimo, con cui Cristo inizia la predicazione e il primo miracolo durante le nozze di Cana.

Poi la ricorrenza del Natale ha un po’ oscurato questa festa, anche se per molti secoli successivi l’Epifania è stato il giorno prescelto da re e dagli imperatori per andare in Chiesa, inginocchiarsi davanti a Gesù Bambino in segno di umiltà e di rispetto, portando doni, come avevano fatto i Magi. Quindi il 6 gennaio non è solo la conclusione delle vacanze invernali. “L’Epifania tutte le feste si porta via”, dice il proverbio. Per il cristiano è il più maestoso e significativo lieto fine del periodo. Dalla ricorrenza sacra deriva il nome della streghetta, che attraversa i cieli notturni a cavallo di una scopa, la Befana. Nella notte in cui i Magi arrivano alla grotta, guidati dalla stella, anche la Befana porta i doni ai bambini. I tre Magi, portatori della sapienza degli antichi Persiani, hanno il vantaggio di essere citati dal Vangelo, quindi fanno parte della storia di Gesù, invece la vecchietta che si diverte a riempire le calze dei bambini, deve accontentarsi di abitare nei libri di antiche leggende. La sua origine si perde infatti nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e dalla cultura popolare. A differenza dei Magi che portano bei doni e quindi simboleggiano il bene, la befana può portare il carbone, che potrebbe rappresentare il male, o il carbone visto come l’energia della terra. Curioso personaggio che ci rimanda ai tempi in cui si credeva che nelle 12 notti fantastiche, delle figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri.

Gli antichi romani pensavano che a guidarli fosse Diana, dea lunare legata alla vegetazione. La Chiesa condannò con estremo rigore queste credenze, ma il popolo non smise di essere convinto che tali vagabondaggi notturni avvenissero. Tali sovrapposizioni diedero origine a molte e diverse personificazioni, che sfociarono nel Medioevo nella nostra Befana. C’è chi sostiene che la sua bruttezza rappresenti la natura spoglia che poi rinascerà, o è l’immagine finale dell’anno vecchio, pronta a sacrificarsi per far rinascere un nuovo periodo di prosperità. In molte regioni in questo periodo si seguono riti simili a quelli di Carnevale, si costruiscono dei fantocci di paglia a forma di vecchia, che vengono bruciati durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio. Anticamente la dodicesima notte dopo il Natale, superato il solstizio invernale (21 dicembre), si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre natura, la quale stanca per aver donato tutte le sue energie durante l’anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevole strega, che volava per i cieli con una scopa e passava però a distribuire doni e dolci a tutti. Questa festa ha assunto nel tempo un significato lievemente diverso. Nella cultura italiana attuale, prima che il ruolo di dispensare doni lo rivestisse Babbo Natale, la Befana era vista come una specie di nonna buona, che premia o punisce i bambini, aveva un potere psicologico forte sui poveri bambini, in quanto i bimbi buoni ricevevano ottimi dolcetti e qualche regalino, ai cattivi era riservato il carbone, che simboleggiava le malefatte dell’anno (quante volte i nostri genitori ci minacciavano dicendo “se non ti comporti bene la Befana ti porterà i carboni”?). Per cui, per scaramanzia, ancora oggi, nonostante i doni ricevuti a Natale, c’è l’usanza anche tra adulti, tra innamorati, di scambiarsi un regalo più modesto, o la classica calza con caramelle e cioccolatini (o un regalo in oro, prima!).

BABBO NATALE

La figura è nota in tutto il mondo; è colui che porta i regali la notte tra il 24 e 25 dicembre. Discende da un personaggio storico esistito: San Nicola, un vescovo di Mira (Turchia), vissuto nel IV sec., i cui resti furono traslati a Bari nel 1087. Nei suoi miracoli i protagonisti sono sempre bambini, fanciulli. Divenne così popolare da far nascere la tradizione dei doni, portati dal Santo la notte di Natale. Nel tempo la figura si è fusa con altri personaggi del folclore nordico, poiché la Chiesa del Nord aveva proibito la venerazione del Santo. Così si è diffusa l’immagine di un vecchio dalla barba bianca, in grado di volare, simile a una divinità pagana preesistente, come il dio romano Saturno o il dio nordico Odino. Nacque così un San Nicola vestito di verde-marrone, molto allegro e festaiolo. La svolta verso il Babbo Natale moderno avvenne negli Stati Uniti, verso la fine del 1.800. Alcuni scrittori di libri per bambini immaginarono un Santa Claus che dal Polo Nord portasse doni ai bambini, su una slitta volante trainata da renne. Thomas Nast, un vignettista rappresentò per la prima volta un Babbo Natale anziano, vestito di rosso, con barba e bordi di pelliccia di colore bianco. Siamo all’inizio del 1900, diverse agenzie pubblicitarie (come la Coca Cola) lo adottarono come simbolo e lo riportarono in Europa. Viene quindi immaginato come un nonno allegro che dalla Lapponia, in Siberia, vola su una slitta trainata da 8 renne: In italiano sono: Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato, Cupido; mentre in inglese: Comet, Dancer, Dasher, Prancer, Vixen, Donder, Blitzen, Cupid.
La nona renna (forse la più famosa) Rudolph, si unì solo in seguito al gruppo.
Babbo Natale la scelse perché, grazie al suo naso rosso luccicante, poteva illuminare la via anche in caso di nebbia o neve.

E per chi volesse imparare i nomi delle renne di Babbo Natale, ecco la filastrocca che fa al caso vostro:

Le renne di Babbo Natale
Non solo fanno la slitta volare
e in ciel galoppano senza cadere
Ogni renna ha il suo compito speciale
per saper dove i doni portare

Cometa chiede a ciascuna stella
Dov'è questa casa o dov'è quella.
Fulmine guarda di qui e di là
Per sapere se la neve verrà.
Donnola segue del vento la scia
Schivando le nubi che sbarran la via.
Freccia controlla il tempo scrupoloso
Ogni secondo che fugge è prezioso.
Ballerina tiene il passo cadenzato
Per far che ogni ritardo sia recuperato.
Saltarello deve scalpitare
Per dare il segnale di ripartire.
Donato è poi la renna postino
Porta le lettere d'ogni bambino.
Cupido, quello dal cuore d'oro
Sorveglia ogni dono come un tesoro.





Le renne di Babbo Natale: ognuna di loro ha un nome



LA GASTRONOMIA
                                                                   A differenza di altre tradizioni natalizie in declino o in rapida trasformazione, la tradizione gastronomica ancora resiste bene. Raccogliersi intorno alla tavola, magari adorna di candele e festoni, apparecchiata con tovaglie vivaci, riaccende sensazioni e ricordi che forse si credevano persi e che proprio in queste circostanze ci si accorge che sopravvivono ancora. Alcuni piatti sono rimasti legati al periodo natalizio e, pur variando da paese a paese, fanno Natale, quasi quanto il Presepe o l’albero addobbato. Nei dolcetti natalizi risiede il meglio della tradizione: porcellini, pettole, cartellate, torrone o copeta, a cui si aggiungono oggi il panettone, il pandoro e la classica bevanda con bollicine: lo spumante o lo champagne. I piatti più gustati la sera della Vigilia sono spesso a base di pesce; dominano il capitone, l’anguilla, ma anche il baccalà. Molto diffuso al pranzo di Natale è il tacchino ripieno, ma oggi si spazia molto tra portate di sapore antico e trionfo di innovazioni.

Soffermiamoci sui dolci: i porcellini (detti anche denti di San Giuseppe) conditi col miele e anisini, i sannacchiutele per Taranto, le cartellate (le fasce del Bambino) condite anche col vin cotto. Le pettole (il cuscino per Gesù Bambino), anch’esse condite con miele, vin cotto o semplice zucchero. Sono pittule, frittelle in latino, il dolce dei poveri, ma per Natale è una prelibatezza che conquista un posto d’onore sulla tavola dei giorni di festa. Ci sono delle leggende su questo dolce. Si racconta di una donna che, distratta dalla musica della banda che passa sotto la finestra, si accorge che l’impasto messo a lievitare per il pane è cresciuto troppo e quindi stacca dei pezzi e li mette a friggere. Oppure si racconta di una donna che si affaccia alla finestra per vedere San Francesco, che passa per le vie di Taranto. Anche a lei l’impasto lievita troppo e quindi decide di friggere alcuni pezzi che diventano gonfi come zampogne, altro strumento tipico delle nenie natalizie. Oggi si consuma tantissimo il panettone. Una leggenda medievale racconta di un falconiere innamorato della bella Adalgisa, figlia di un fornaio che prepara un pane con molto burro e pezzi di frutta. Il dolce piacque al fornaio che concedette la figlia in sposa al falconiere. O un’altra leggenda medievale più nota: alla corte di Ludovico il Moro, una sera il cuoco bruciò il dolce e uno sguattero di cucina, Toni, per salvarlo, ne inventò uno con farina, burro, uova, zucchero e canditi. Il “pan de Toni” ebbe successo, da cui il nome panettone. Molto più soffice è il pandoro, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. C’è chi lo riconduce all’epoca della repubblica veneziana nel 1.500, c’è chi pensa che sia invece la trasformazione di un dolce tipico veronese, a forma di stella, chiamata Nadalin. O forse deriva da un pane di Vienna, ottenuto dalla lavorazione di un impasto ricco di burro. Di sicuro è diventato un prodotto industriale nel 1800, a Verona; partito come prodotto tipico veronese oggi è diventato nazionale, con molte varianti: farcito con crema, con cioccolato, al liquore, ricoperto. E’ sempre gradito, oggi è un classico nelle feste di Natale.

  
                        POESIE SELEZIONATE DA ANNA PRESCIUTTI

 

Bentornato, Gesù Cristo!
Puro 'st'anno hai ritrovati
tutti l'ommini impegnati
ne lo stesso acciaccapisto.
Se sbranamo come cani,
se scannamo tutti quanti
pe' tre grinte de briganti
mascherati da sovrani!
Mentre er Turco fa da palo
uno rubba, l'antro impicca...
Maledetta sia la cricca
che cià fatto 'sto regalo!

Tu, ch'hai sempre messo in pratica
la dottrina de l'amore
e nun mascheri er dolore
pe' raggione dipromatica,
che ne pensi de 'sti ladri
che ficcarono l'artiji
ne l'onore de le madri,
ne la carne de li fiji?
Che ne pensi, Gesù mio,
de chi appoggia sottomano
la ferocia d'un Sovrano
che bombarda puro Iddio?
Fa' in maniera, Gesù bello,
che una scheggia de mitraja
spacchi er core a la canaja
ch'ha voluto 'sto macello!
Fa' ch'armeno l'impresario
der teatro de la guerra
possa vede sottoterra
la calata der sipario.
Fa' ch'appena libberato
da li barbari tiranni
ogni popolo commanni
ne la Patria dov'è nato.
Quanno un giorno azzitteremo
sin'all'urtimo cannone,
ch'imponeva la raggione
d'un Re matto e d' un Re scemo,
solo allora avranno fine
tante infamie e tante pene:
fischieranno le sirene,
fumeranno l'officine!
E, tornata l'armonia
su una base più sicura,
resteremo (fin che dura)
tutti in pace... E così sia!
         *****

Er Presepio - Trilussa

Ve ringrazio de core, brava gente,
pè ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore nun capite gnente…
Pé st’amore so nato e ce so morto,
da secoli lo spargo da la croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto senza ascolto.

La gente fa er presepe e nun me sente,
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.

                *****

Natale de guerra Trilussa

Ammalappena che s'è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s'è guardato intorno.
- Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?
- Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla...
- E l'asinello mio dov'è finito?
- Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
- Er bove? - Pure quello…
fu mannato ar macello.
- Ma li Re Maggi arriveno? - E' impossibbile
perchè nun c'è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile...-
Er Bambinello ha chiesto:- Indove stanno
tutti li campagnoli che l'antr'anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c'è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta...
- Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente...
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi?-
 
Ner dì così la Madre der Signore
s'è stretta er Fijo ar core
e s'è asciugata l'occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more...
               *****

La notte Santa - Guido Gozzano

- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca
lentamente le sei.

- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca
lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.

Il campanile scocca
lentamente le otto.

- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.

Il campanile scocca
lentamente le nove.

- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!


- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...

Il campanile scocca
lentamente le dieci.

- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.

Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...

Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

È nato!
Alleluja! Alleluja!

È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d'un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!

Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill'anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill'anni s'attese
quest'ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore
È nato nel nostro paese!
Risplende d'un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.

È nato!
Alleluja! Alleluja!








mercoledì 14 dicembre 2016

IL NATALE CON I SUOI SIMBOLI E LE SUE TRADIZIONI

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RELAZIONE DI SILVIA LADDOMADA


Il Natale è sempre un evento suggestivo.



Oggi preceduto da illuminazioni sempre più straordinarie per strade, nelle vetrine; nelle strade c’è un’aria festosa, ci sono bancarelle, mercatini, negozi stracolmi di merce. All’interno delle case, anche se oggi lo spirito è più laico, non mancano i momenti in cui tutti si organizzano per riservare un angolo della stanza per realizzare un presepe, per allestire un albero, decorarlo, illuminarlo.

Vi ricordate? Si andava a seguire la novena, nell’incerta luce delle fredde mattinate, nonni e bambini, ci si alzava alle cinque. Nei giorni precedenti il Natale, in casa c’era un’aria particolare: la nonna, le zie, tutte riunite per preparare i dolci, per preparare il pranzo in modo meticoloso, perché doveva interrompere la catena della povertà, della scarsità quotidiana. La notte del 24 si andava a Messa e, una volta tornati a casa,si poneva Gesù Bambino nella mangiatoia del presepe, cantando “Tu scendi dalle stelle”, una melodia, scritta da S. Alfonso Maria Liguori nel 1754, cantata con l’accompagnamento del cembalo.

A pranzo si metteva sul tavolo la tovaglia buona, si tiravano fuori i piatti e le stoviglie gelosamente custoditi tutto l’anno. I bambini ponevano sotto il piatto di papà la letterina di Natale, in cui si prometteva di diventare più buoni. Poi mentre si mangiavano i dolci, i bambini recitavano la poesia (quanti si distraevano pensando alle monetine che avrebbero avuto dopo?).

Il regalino lo portava la Befana. Poi tutti a giocare a tombola, con l’immancabile nonnino che non capiva i numeri e se li faceva ripetere 100 volte.

Oggi spesso questa magica atmosfera non si rinnova più, i giochi sofisticati che i bimbi trovano al mattino li impegnano tutto il giorno, la Tv sempre accesa copre e annulla le conversazioni, spesso il lavoro costringe qualche componente a stare fuori casa; si pranza al ristorante per godere di più della compagnia degli ospiti.  Le tradizioni restano, però, e questo ci conforta.

Quali sono i pilastri della festa di Natale e quale è il loro significato.

Gesù Bambino adagiato in una mangiatoia, all’interno di una grotta, di una stalla, la Madonna e S. Giuseppe in atteggiamento adorante, segno della regalità del neonato. A riscaldarli il fiato di un bue e di un asinello.


Questo il quadretto natalizio.



Fu S. Francesco d’Assisi a realizzare il primo presepe, a Greccio (Rieti) la notte del 25 dicembre 1223; egli celebrò la Messa in una stalla, c’era una cesta piena di paglia e ai lati un bue e un asinello, animali poco intelligenti, ma umili, pazienti, grandi lavoratori.

Queste proverbiali caratteristiche rappresentano il migliore esempio dei seguaci di Cristo: nemici della superbia, capaci di sopportare i sacrifici.

La rappresentazione con statue è avvenuta dal 1300 in poi, statue di legno, poi di terracotta. Si aggiunsero gli Angeli che danno la notizia ai pastori, gente semplice, i primi a saperlo, i primi a correre alla grotta. Nel 1600-1700 gli artisti napoletani hanno aggiunto altri personaggi, creando dei quadretti di vita famigliare, hanno introdotto i personaggi colti nell’attività di tutti i giorni.

In mezzo a questa gente sbalordita, con i loro cammelli ricoperti di mantelli di oro passano i Magi, misteriosi sapienti, astrologi venuti a Betlemme dalla Persia, dal nord Africa, a visitare il Bambino.

Ognuno arriva per conto proprio, raccontano i Vangeli apocrifi, aiutati solo da un’energia soprannaturale, seguendo la stella cometa, un astro nuovo che sconvolge la vecchia disposizione astrale e fa muovere questi uomini dalle loro Terre. Di loro parla solo l’evangelista Matteo, mentre alcuni profeti del Vecchio Testamento avevano preannunciato la presenza della stella e dei Magi. I loro doni: oro, incenso e mirra(resina profumata usata nelle pratiche funerarie e per i riti di purificazione) significavano, oro al re, incenso a Dio, mirra all’uomo. I loro nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Nella lingua araba Melchiorre è il più anziano, colui che ha conquistato la conoscenza; Baldassarre è il re della Luce, Gaspare è il protetto dal Signore. Uomini di razza diversa, uguali davanti a Dio.

Ogni anno noi rievochiamo questo evento, il 25 dicembre.


Storicamente Gesù è nato sotto l’Impero di Augusto (censimento voluto in tutto l’Oriente). Non si sa né la data, né il mese, i Vangeli non ne parlano.
La data del 25 dicembre fu scelta nel 300 d. C. dalla Chiesa, e ufficializzata dal papa Liberio nel 354. Perché questo? La Chiesa intese sostituire il culto pagano della festa del Fuoco e del Sole, che avveniva in occasione del solstizio d’inverno, la notte più corta dell’anno. In questa data il sole tocca il punto più basso dell’ellittica e sembra svanire, fino a risorgere a nuova vita col nuovo anno.

Un periodo che i Romani vivevano con inquietudine, e quindi dal 25 dicembre al 6 gennaio si festeggiavano le libertà di dicembre; gli schiavi erano affrancati, i condannati rimessi in libertà. Ci si scambiavano regali, ossia le strenne, rami sacri colti nel sacro bosco della dea Strenia, per augurarsi un anno nuovo ricco, prospero e felice. Era consentito giocare d’azzardo a fine pasto, dunque le nostre tradizioni della tombola e delle carte. Si è avuta una fusione tra tradizione pagana e cristiana, il Sole è Cristo, che porta luce e purificazione nel mondo.

Nelle nostre case abbiamo anche l’albero, pino, abete, vero o meno.



I romani decoravano le case con rami di pino all’inizio dell’anno. Nel Medio Evo, a Strasburgo, si cominciò ad allestire alberi ornati di frutta, a ricordo dell’albero della conoscenza, posto nell’Eden. Esso era l’asse del mondo, le cui radici erano al centro della Terra e la sommità toccava i cieli, promettendo luce e prosperità.

Nel 1600 furono aggiunti i fiori e altre decorazioni, alberi allestiti di solito nelle case degli aristocratici; divenne una moda diffusa a livello popolare con la regina Margherita; furono aggiunte le luci, che rappresentano la luce di Gesù nel mondo, sfere multicolori e pacchettini, che simboleggiano l’amore che Gesù dona agli uomini. Una tradizione consolidata, tanto che nel 1982 il papa Giovanni Paolo II dedicò all’albero un posto d’onore in piazza San Pietro, facendolo diventare il simbolo ufficiale delle festività natalizie.




Ma ci sono altri simboli, altri significati degli oggetti che noi usiamo come decorazione.








Il cero, che noi accendiamo davanti al presepe: Gesù è luce del mondo.

Il ginepro: pianta della purificazione, augurio di tenere lontano il male.

Il vischio: pianta divina e miracolosa, simbolo di pace.

L’agrifoglio: simbolo di forza, buon augurio(le foglie rappresentano le

spine della corona di Gesù, le bacche il sangue).

Le arance: simbolo di speranza.

Il melograno: simbolo della rigenerazione della natura.

Il ceppo: per tradizione si deve accendere un tronco di legno nel camino, la

sera della vigilia di Natale o di Capodanno. Il suo consumarsi

rappresenta il consumarsi dell’anno vecchio. Accenderlo è segno

di ospitalità e accoglienza, per la venuta di Cristo.

La stella di Natale: legato alla leggenda del bimbo povero che porta al

presepe un mazzo di erbe, ma una sua lacrima su quei

rami li trasforma in uno splendido fiore rosso.

La rosa di Natale: fiore natalizio per eccellenza in Inghilterra, legato alla

leggenda della pastorella che non aveva nulla da

portare, un angelo passa scuote la neve ai suoi piedi e

spuntano delle candide rose, che lei porta al Bambino.

Corona dell’Avvento: risale alla tradizione tedesca pre-cristiana (riti pagani della luce); per i cristiani simbolo dei giorni che precedono il Natale.

Ogni domenica si accende un cero, con un preciso significato:

1° significato- cero dei Profeti

2° significato- Betlemme

3° significato- i pastori

4° significato- gli angeli

Una preghiera e un canto a Maria completano il rito di accensione.

Il presepe più bello, piccolo o grande che sia, sfarzoso o modesto, è quello che ciascuno di noi vive nell’intimità della propria casa o della propria famiglia, soprattutto dove ci sono gli occhi radiosi e incantati dei piccoli, che sono le vere stelle luccicanti sulla grotta di Gesù Bambino.

martedì 22 novembre 2016

“Rivivere Statte”- il nuovo libro di Cosimo Calabretti presentato a Crispiano

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Silvia Laddomada

Il prof. Cosimo Calabretti ha presentato a Villa Maria, a Crispiano, la sua ultima opera sul territorio di Statte: “Rivivere Statte-Recupero della pietra a secco nella geografia rurale della Murgia jonica e rilettura di una passata vita sociale”(Tipografia Piccolo Crispiano, 2016, pp.304).

Alla serata di presentazione sono intervenuti il sindaco Egidio Ippolito, il prof. Pietro Speziale, ex dirigente scolastico; il dott. Vincenzo Colucci, commercialista e cultore del territorio; la dott.ssa Marianna Crivelli, archeologa ed ex alunna di Calabretti della Scuola Media “F. Severi” di Crispiano; Michele Vinci, noto poeta di composizioni in vernacolo crispianese, apprezzato ed applaudito per la sua arte. Ha coordinato la serata la dott.ssa Roberta Criscio, giornalista. Ad allietare i numerosi presenti sono intervenuti “I Musicanti del Vallone”, che hanno eseguito canti e musiche della tradizione popolare pugliese. Protagonista dell’opera di Mimmo Calabretti è la pietra a secco, disseminata nella Murgia jonica, che l’Autore interroga. Quella pietra che “racconta storia di padroni, di servi, di greggi, di rozze costruzioni in cui rifugiarsi, di muri di protezione della propria roba”.
Il desiderio dell’Autore è quello di valorizzare il territorio stattese, di portare la Comunità a riscoprire la propria storia, il proprio passato, che affonda le radici nella primitiva civiltà della pietra, a custodirne la memoria, a combattere l’indifferenza e l’apatia seguita alla grande volontà di rinnovamento, sperato con la raggiunta Autonomia comunale da Taranto nel 1993.  “Dove sono curate le storie e le tradizioni, le bellezze naturali e paesaggistiche, la conservazione e la valorizzazione di manufatti antichi, seppure modesti, c’è da sperare bene per l’avvenire, altrimenti la speranza nell’avvenire è debole”.
Il dott. Vincenzo Colucci ha ricordato le origini greco-romane del borgo stattese e l’ospitalità dei suoi terreni, scelti dai tarantini per le loro ville estive e, nel passato, sede di un imponente insediamento feudale della nobile famiglia Blasi. Con l’industrializzazione Statte ha potuto vantare un bel complesso residenziale. Interrogare le pietre della propria terra – ha detto il prof. Pietro Speziale nel suo intervento – costituisce un modo culturalmente valido e originale, al pari delle testimonianze degli Uomini e degli Eventi, per ricostruire il passato. Le pietre tracciano la storia degli antenati, raccontano i loro valori, le loro aspirazioni, le loro credenze, il loro modo di essere. Altrettanto significative le grandi figure del passato e i piccoli nobili personaggi della vita paesana, che Calabretti ha riportato alla memoria dei cittadini stattesi, che con le loro opere migliorarono la vita del paese, proiettandolo nel futuro.


Nel libro Calabretti riporta anche avvenimenti e figure storiche riguardanti Crispiano, per rendere omaggio alla cittadina che frequenta da tanti anni, per motivi professionali e per interessi culturali, sociali e ricreativi.

Il libro di Mimmo Calabretti(che ha in via di pubblicazione la nuova opera: “2 agosto 1945 – la coraggiosa rivolta popolare lucana del dopoguerra, sua terra d’origine) verrà presentato a Statte, nella Chiesa del Sacro Cuore, sabato prossimo 26 novembre alle ore 19,30, in un secondo incontro a cui parteciperanno il primo sindaco di Statte Orazio Marinò, Domenico Blasi, direttore di Umanesimo della Pietra, Michele Ettorre, dottore nutrizionista e cultore del territorio e Vittorio De Marco, Ordinario di Storia Contemporanea Università del Salento, che ha curato la presentazione dell'opera. 
 


                                                     

                                                                                               

sabato 12 novembre 2016

I D E M O N I - Relazione di don Saverio CALABRESE

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 Introduzione


Don Saverio Calabrese è stato il relatore dell'incontro culturale dell'Università Minerva, sul tema: "La verità sulla possessione diabolica", tenutosi nella Chiesa di S. Maria Goretti, gentilmente messa a disposizione dal parroco don Mimmo Rizzo, davanti a un pubblico attento e interessato.
Un argomento che don Saverio ha trattato con competenza, in qualità di profondo conoscitore dei Testi Sacri e di esorcista della Diocesi di Taranto(compito ora svolto da don Franco Bonfrate).
Citando autori e filosofi greci, ma soprattutto i Libri dell'Antico Testamento e i Vangeli, don Saverio ha tracciato un percorso di caduta e di riconversione del popolo di Dio, individuando passi biblici in cui la presenza del demonio è vista come tradimento della fiducia e della fedeltà a Dio.
"Io non credo nell'esistenza del demonio - ha esordito il relatore - perché credere presuppone una fedeltà a Qualcuno.

 
 L'uomo è peccatore e quindi soggetto a negatività diaboliche non solo quando trasgredisce le leggi di Dio(i dieci Comandamenti), ma soprattutto quando tradisce la fiducia di Dio"
L'uomo moderno, tentato da diverse superstizioni, da tanti idoli e dalla pretesa di conoscere il futuro e il mistero in contesti di suggestioni e stordimenti, offerti da maghi e fattucchiere, può, con la sua intelligenza, allontanare le tentazioni, semplicemente rivolgendo quotidianamente il pensiero a Dio con la preghiera.
Bastano un Padre nostro, un'Ave Maria e un Gloria al Padre.
Quando la medicina e la scienza non risolvono stati particolari a livello psicofisico, occorre ricorrere all' Esorcista".

                                                                                                             Silvia Laddomada
              

                                                                                           
Monteparano accoglie festosamente don Saverio come nuovo Parroco
                                                   
                                                                   

PREMESSE E ORIGINI

Nel Trattato “De diabolo tentatore” di San Giovanni Crisostomo si legge:” Trattiamo di questi fatti, non perché abbiamo piacere di parlare sul diavolo, ma perché a voi sia manifesta in modo sicuro la dottrina che lo riguarda”. Si precisi subito che i termine diavolo o satana e demoni, teologicamente si equivalgono, ma hanno origine e significati differenti a secondo del periodo storico e area culturale, biblica o extrabiblica a cui fanno riferimento. In ambito classico in Omero daimon è sinonimo di nume divino. Esiodo, Socrate, Senocrate, Plutarco credono che daimon siano le anime dei defunti che hanno raggiunto la beatitudine e sono quindi divinizzate, questi daimon eserciterebbero funzioni benefiche nei riguardi degli uomini, di protezione e di ricchezza. Gli stessi nella credenza popolare risultano invece essere i defunti insepolti che non trovando pace, causano malattie, miseria e sventura, da qui l’origine magico rituale di gesti scaramantici o propiziatori e sacrificali per propiziarsi o allontanare le azioni nefaste degli stessi. Platone, Esiodo, Porfirio sono convinti che invece si tratti di entità intermedie, di semidei con ruolo di messaggeri divini e anche di spirito guida e di voce della coscienza. Infine Eraclito e i Pitagorici li concepiscono come forze che regolano gli elementi naturali e l’ordine del mondo.

Don Calabrese-Don Mimmo Rizzo e S.Laddomada
La demonologia biblica è alquanto più complessa rispetto allo sviluppo dell’angelologia celeste, perché se era relativamente facile e ovvio immaginare che JHWH fosse circondato da una corte di esseri celesti e si servisse di essi quali suoi ministri e messaggeri di lieti annunzi, non era altresì facile e ovvio immaginare o ammettere l’esistenza di altri esseri dotati di poteri occulti che dividessero con lui il dominio sul mondo e sugli esseri umani, anche se limitatamente al male. Per tale ragione gli autori più antichi, fino al periodo dell’esilio, (586-538a.C.) evitano di parlare apertamente di demoni, preferendo attribuire a Dio stesso anche varie turbe e mali sofferti dall’uomo considerati tuttavia come strumenti di punizione di Dio. Si legga in tale prospettiva quanto di seguito:

L’insorgere della peste il Sal. 91, 6 e Ab. 3,5
La peste che vaga nelle tenebre,
Lo sterminio che devasta a mezzogiorno (Sal. 91,6)
Davanti a lui avanza la peste
La febbre ardente segue i suoi passi (Ab. 3,5)

L’insorgere della febbre (Dt. 32, 24)
Saranno estenuati dalla fame, divorati dalla febbre e da peste dolorosa (Dt. 32, 24)

Angelo sterminatore Es. 12,23, 2Sam. 24, 16, 2Re 19,35
Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli spiriti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nelle vostre case per colpire (Es. 12,23)

E quando l’Angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per distruggerla, il Signore si pentì di quel male e disse all’angelo che distruggeva il popolo: basta; ritira ora la tua mano (2Sam. 24)

Ora in quella notte l’angelo del Signore scese e percosse nell’accampamento degli Assiri 185.000 uomini  (2Re 19,35)

Spirito cattivo 1Sam. 16, 4-16.23
Lo spirito del Signore si era ritirato da Saul ed egli veniva atterrito da uno spirito cattivo, da parte del Signore.
Quando dunque lo spirito sovraumano investiva Saul, Davide prendeva la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui  (1Sam. 16, 4-16.23).

Per amore di verità e di completezza va tuttavia osservato che anche nel periodo pre-esilio si trovano tracce letterarie che rivelano la credenza popolare nell’esistenza di spiriti cattivi, dai quali l’uomo tenta di difendersi con riti e pratiche magiche, anche se la Torà li condanni esplicitamente:
Lv. 19,31; 20, 6.27: Non vi rivolgerete a negromanti né agli indovini; non li consultate per non contaminarvi per mezzo di loro. Io Sono il Signore Dio vostro.
Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò la faccia contro quella persona.

Dt. 18,10-13: Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore; a causa di questo abominio il Signore tuo Dio sta per scacciare quelle nazioni davanti a te.
Tu sarai irreprensibile verso il Signore tuo Dio, perché le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore tuo Dio.

Nonostante queste proibizioni e prescrizioni si ha traccia di riti e pratiche magiche operate da indovini e negromanti. Si segnalano:
Gli ‘elohim, spiriti dei defunti invocati dai negromanti:
Saul disse ai suoi ministri cercatemi una negromante perché voglio consultarla(1Sam. 28,7).

Gli sedim esseri a vero carattere demoniaco a cui gli israeliti offrirono dei sacrifici:
Hanno sacrificato a demoni che non sono Dio, a divinità che non conoscevano, novità venute da poco, che i vostri padri non avevano temuto” (Dt. 32, 17).
Immolarono i loro figli
E le loro figlie agli dei falsi.
Versarono sangue innocente
Il sangue dei figli e delle figlie
Sacrificati agli idoli di Canaan.” (Sal. 1006,37-38)

Gli se’irim esseri strani e villosi come satiri, che si credeva che abitassero tra le rovine o in luoghi aridi e lontani e per essi si sacrificava:
Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satri, ai quali sogliono prostituirsi” (Lv. 17,7).

Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per demoni e per i vitelli che aveva eretti”. (2Cr. 11,15).

A questi luoghi tenebrosi e inquietanti è legata pure la presenza di due demoni Lilit di sesso femminile menzionata dal profeta Isaia (34,14) di Azazel il demone del deserto verso il quale veniva inviato il capro espiatorio nel giorno solenne del rito dell’espiazione, come si legge in Levitino 16,26

 








 
SVILUPPI



                                                          
Il primo libro canonico in cui si attesta chiaramente la credenza degli Israeliti nei demoni è il libro di Tobia. (VII secolo a.C.)
Si tratta del demone Asmodeo, essere perverso e violento fino al punto da uccidere tutti coloro che vorrebbero sposare Sara da lui vessata. A tale potere, che sembrerebbe forte e incondizionato, si oppone la presenza benevola e antitetica dell’Arcangelo Raffaele che guida e difende il giovane Tobia, indicandogli la strada per sconfiggere e ridurre all’impotenza i malefici di Asmodeo (primo esorcismo Fegato e Cuore di pesce bruciato, incenso e preghiera). A conferma: “Bisogna sapere che Sara era stata data in moglie a sette uomini e che Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. (Tb. 3,8).

Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito cattivo e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà traccia alcuna. (Tb. 6,8).

Tobia rispose a Raffaele: Fratello Azaria, ho sentito dire che essa è stata data in moglie a sette mariti e che sono morti nella stanza nuziale la notte stessa in cui dovevano unirsi a lei. Ho sentito dire che è un demonio che le uccide i mariti. Per questo ho paura: il demonio è geloso di lei, a lei non fa del male, ma se qualcuno le si vuole avvicinare, egli lo uccide (…) Gli disse Raffaele: hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che ti ha raccomandato di sposare una donna del tuo casato? Ascoltami, dunque, o fratello: non preoccuparti di questo demonio e sposala: Sono certo che questa sera ti sarà data in moglie. Quando però entri nella stanza, deponi il cuore e il fegato del pesce sul braciere dell’incenso: l’odore si spargerà per la stanza, il demonio lo dovrà odorare e fuggirà e non comparirà più intorno a lei (Tb. 6. 14-18).

L’odore del pesce respinse il demonio che fuggì nelle regioni dell’alto Egitto e qui fu incatenato in ceppi dall’ Arcangelo Raffaele. (Tb. 8, 2-3).

Nella letteratura extrabiblica si espliciterà ulteriormente la credenza demoniaca fino a farne una realtà rivale di Dio e dei suoi santi spiriti. Vengono denominanti spiriti maligni, impuri, ingannatori, tutti uniti intorno a un capo che porta il nome di Mastena o Belial o Beliar (nella tradizione cristiana avrà il nome di Lucifero o Satana o Beelzebul). Questi esseri demoniaci avrebbero avuto origine dall’unione degli Angeli con le famose figlie degli uomini di cui c'è riferimento in Gen. 6, 2-4: “I figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per moglie quante ne vollero. Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell’uomo. Oppure da una ribellione di angeli a Dio come è attestato in Isaia 14, 13-15:
Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo
Sulle stelle di Dio
Innalzerò il trono
Dimorerò sul monte dell’assemblea,
Nelle parti più remote del settentrione
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
Mi farò uguale all’Altissimo.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
Nelle profondità dell’abisso!

Questi demoni caratterizzati dall’orgoglio e dalla lussuria, tormentano gli uomini, li inducono al male e giungono a possederli nei loro corpi. Si prevede però la loro decadenza nei tempi messianici, quando saranno precipitati e relegati definitivamente nell’inferno.


SATANA E IL SUO ESERCITO
Il nome Satana dall’ebraico satan significa avversario, nemico, accusatore. In greco è stato reso con il termine diàbolos, da cui l’italiano diavolo, con il preciso significato di colui che divide, che porta divisione, opposizione e ostacolo. Questa figura losca e inquietante la si incontra per la prima volta nel libro di Giobbe ai capitoli 1-2.
Satana appare in questo libri come  un angelo della coorte celeste, che svolge un ruolo di accusatore ma con tendenze chiaramente vessatorie nei confronti dell’uomo giusto, di cui mette in dubbio la sincerità, la rettitudine e infine la fedeltà a Dio. Ottiene da Dio il permesso di mettere alla prova il giusto Giobbe: “Ma stendi un poco la mano su di lui e vedrai come ti benedirà in faccia. Il Signore disse a satana: Ecco quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui. (Gb. 1,11).
Pelle per pelle, tutto quanto l’uomo possiede è pronto a darlo per la sua vita: Ma stendi la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia! Il Signore disse a satana: Eccolo nelle tue mani. Soltanto risparmia la sua vita. (Gb. 2,4-6). 
 In 1Cr. 21,1 (epoca persiana) Induce Davide a fare il censimento del suo popolo per stimare la sua gloria e la sua potenza. Il re commette così un peccato di superbia nei confronti di Dio.
In Zc. 3.1-5 Satana pur mantenendo il ruolo di pubblico accusatore, si rivela apertamente avversario di Dio e dei suoi progetti di misericordia verso il suo popolo, finché l’angelo del Signore non lo allontana con un ordine di natura deprecativa: (Mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo del Signore, e satana era alla sua destra per accusarlo. L’Angelo del Signore disse a satana Ti rimprovera il Signore, o satana) (Che il Signore ti reprima, Satana). (Zc. 3,2). (VI secolo a. C.).
Nella letteratura post canonica, in cui si insiste sempre di più sulla netta separazione tra il mondo del bene e del male, luce e tenebra, il ruolo di satana si estende enormemente, al punto che esso viene considerato il principe di un mondo antitetico e il principio di ogni male, con una schiera di demoni suoi servitori e sempre inclini a generare inganni, seduzioni, per attirare a sè l’uomo, per irretirlo dalla grazia e da un positivo rapporto di comunione con Dio. Gli si attribuiscono inoltre i più efferati peccati che l’uomo possa commettere. Di questa attività demoniaca o satanica la bibbia ne denuncia la presenza e la storicità, a cominciare dal famoso peccato delle origini che troviamo in Gn. 3,1-24 e anche in Sap. 2,24: Per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza quanti sono del suo numero.
Per tale ragione anche nel Nuovo Testamento il diavolo viene definito come il malvagio, il maligno, il nemico, il tentatore, il seduttore, il serpente antico (Ap 12,9), il mentitore, omicida fin dal principio (Gv.8,44), principe di questo mondo (Gv.12,31; 14,30; 16,11) e dio del presente secolo (2Cor 4,4).


LA VITTORIA DI CRISTO SU SATANA:
Nel NuovoTestamento la concezione e l’opera del demonio e degli spiriti maligni, non registra alcuno sforzo sistematico, nè evolutivo sulla esistenza e la credenza nel demonio, ma offre  un intervento significativo di un’assoluta opposizione tra Dio e Satana, espresso esplicitamente quando Gesù replica agli scribi, che l’accusavano di scacciare i demoni in nome di beelzebul: Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito Santo, è certo giunto tra voi il regno di Dio (…) Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. Perciò vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né nel secolo futuro.(Mt.12,28,30-32).
Gesù affronta personalmente Satana prima ancora di iniziare il suo ministero pubblico e continua ad affrontarlo per tutta il periodo della sua vita pubblica. Infatti dopo il battesimo presso il fiume Giordano, i sinottici ci narrano che: Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.(Mc. 1,12-13; Mt. 4, 1-11; Lc. 4, 1-13).
Senza soffermarci in un’accurata esegesi dei passi citati dai sinottici, si può tuttavia affermare che Gesù di fatto ha sconfitto definitivamente il demonio e ha dato gli strumenti della Grazia agli uomini perché sappiano sconfiggere le tentazioni demoniache e non solo. Successivamente, nella chiamata dei Dodici, conferisce il potere di scacciare i demoni nel suo nome, ma a condizione che stessero innanzitutto con Lui: “Salì sul Monte, chiamò a se quelli che volle ed essi andarono da lui. Né costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni” (Mc.3,1) Non vi è dubbio alcuno che Gesù per tutto il ministero svolto abbia indirizzato la sua attività salvifica a snidare gli spiriti maligni dall’uomo, che spesso ne subisce il fascino e la suggestione, per ridargli la libertà dei figli di Dio: “La verità vi farà liberi”.
Qualunque sia il giudizio che si voglia dare circa l’opinione comune che legava anche i mali fisici all’influsso malefico degli spiriti immondi o demoni o satana, è fuori discussione che gli evangelisti hanno voluto mostrare e sottolineare, fino all’evidenza, che la centralità del messaggio non è rivolta primariamente all’azione di satana, quanto invece alla Potenza redentrice e assoluta di Gesù, che sottomette il demonio alla sua autorità e impone la sua superiorità su tutte le potenze diaboliche, anche le più ostinate. Si noti tuttavia che Gesù non lega mai il male fisico al demonio, anzi lo esclude: “Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco? Rispose loro Gesù: Né lui, né i suoi genitori, ma è così perché in lui si manifestassero le opere di Dio. (Gv.9,1-3).
Quando poi i discepoli ritornano dalla missione e riferiscono con gioia che il demonio si era sottomesso anche alla loro autorità, nel nome di Gesù, lo stesso Gesù conferma la sconfitta, ma corregge l’entusiasmo, dicendo che la loro gioia primaria e fondamentale deve essere quella che i loro nomi sono scritti nei cieli: I settantadue discepoli tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome. Egli disse: Io vedevo satana cadere come folgore dal cielo. Ecco io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico, nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli.


LA CHIESA Continua nel tempo la lotta contro Satana
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa             (Mt. 16,17).
E’ insito nella missione della Chiesa proseguire l’opera intrapresa da Gesù che, dopo la Resurrezione e prima della sua Ascensione, dà mandato agli Apostoli: Andate in tutto il mondo, ammaestrate tutte le nazioni, battezzando loro nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. (Mt. 28.16-20) e l’Evangelista Marco aggiunge: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Questi i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc. 16, 17-18).
E fin dagli inizi la Chiesa pellegrina nel mondo ha intrapreso quest’opera di evangelizzazione e di lotta contro il potere di satana, che si manifesta: nell’ossessione, nella magia e superstizione, divinazione, nelle false dottrine, negli idoli, talismani, tatuaggi, musica rock, new age, meditazioni trascendentali, credenze popolari, astrologia, cartomanzia, per non parlare di vere congregazioni sataniche con riti di iniziazione e invocazioni. Queste perversioni o abomini sono spesso causa di vere possessioni diaboliche. Per onor di verità, bisogna dire che ci si finisce dentro per proprie responsabilità e per libera scelta. Infatti l’uomo si distingue dalle altre creature non dotate di ragione anche per il fatto che egli non è posto semplicemente come oggetto nello svolgimento dell’evento del mondo e della salvezza, bensì gli avvenimenti diventano storia mediante la sua decisione personale cooperante. Quindi la possessione si determina per libera scelta e non per atto “magico”, una scelta che si colloca nella dimensione etico-religiosa. L’evento però non può essere caratterizzato come magico, se con ciò devono essere diminuiti o sospesi il libero volere e la chiara responsabilità dell’uomo. Il fatto che determina il demoniaco storico è che l’uomo, come il diavolo stesso, può distogliere se stesso da Dio e dal bene del tutto consapevolmente, e rivolgersi con passione accecata e con interiore ostinazione al male. Per questo la storia personale e collettiva viene demonizzata, in quanto gli uomini operanti cadono nella infedeltà colpevole a Dio e entrano volontariamente al servizio del demonio. L’influsso delle potenze demoniache diventa particolarmente efficace laddove gli uomini vengono ridotti a massa. Quest’uomo spersonalizzato è particolarmente debole di fronte alle seduzioni del demonio.
Per difendersi e combattere è necessario vivere in stato di grazia, attraverso la frequentazione assidua della vita sacramentale, essere semplici come colombe e prudenti come serpenti, vigilanti “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi nel mondo subiscono le stesse sofferenze di voi. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi. (1Pt. 5,8-11).
Nella sicura speranza che:
Il Dio della pace lo schiaccerà presto sotto i piedi dei suoi eletti (Rm. 16,20).
Il Signore Gesù distruggerà l’iniquo con il soffio della sua bocca e lo annienterà con la manifestazione della sua parusia (2Ts. 2,8).
La storia della salvezza è nelle mani di Dio e da Lui diretta e custodita, chi si affida a lui non ha nulla da temere. Nei momenti di prova e di sconforto sappiamo abbandonarci nelle sue mani Paterne, pregando con uno dei Salmi di consolazione:
Il Buon Pastore 23 (22)
Il Signore è il mio Pastore
Non manco di nulla
Su pascoli erbosi mi fa riposare
Ad acque tranquille mi conduce
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
Per amore del suo nome

Se dovessi camminare in una valle oscura
Non temerei al con male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
Mi danno sicurezza

Davanti a me tu prepari una mensa
Sotto gli occhi dei miei nemici
Cospargi di olio il mio capo
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
Tutti i giorni della mia vita
E abiterò nella casa del Signore
Per lunghissimi anni

In conclusione desidero richiamare la vostra attenzione che esorcizzare significa in definitiva aiutare l’ossesso o posseduto ad intraprendere un cammino di conversione, che lo aiuti in nome di Dio ad allontanarsi dal demonio e aderire a Dio uno e trino.
Il Catechismo della chiesa cattolica al n 1673 definisce l’esorcismo così:
Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l’influenza del Maligno e sottratto al suo dominio, si parla di esorcismo.
Ministro legittimo è il Vescovo, o un sacerdote da lui designato attraverso un mandato esplicito dato per iscritto: “Nessuno può esercitare legittimamente esorcismi sugli ossessi, se non ha ottenuto dall’Ordinario del luogo peculiare ed espressa licenza” (CIC 1172).
Ultimo richiamo. Anche se nella storia talvolta l’apparenza affermi che il diavolo è il vincitore in questo mondo, per quanto la storia talvolta si presenti a noi demonizzata al massimo grado, si pensi alla grandezza del mistero della Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, che ha sconfitto per sempre il demonio e che alla fine dei tempi sarà precipitato nell’abisso di stagno per l’eternità (Ap. 20,10).
Afferma S. Agostino nel De Civitate Dei: Quando maggiore si presenta ai nostri occhi la potenza del demonio, tanto più fortemente si deve aderire al Mediatore, per mezzo del quale noi ci eleviamo dall’ambito più basso a quello più elevato.


NOTA: in "Gallerie" le altre foto.